Genesi 48-50
Apri il video qui
In tutta la profezia c’è prospettiva; le linee della profezia vengono tracciate sempre più dentro al futuro. Così Giacobbe deve aver visto immediatamente che il popolo della sua linea avrebbe posseduto Canaan. Ma vide anche più in là nel futuro. Oltre al possesso di Canaan da parte di Israele c’era qualcosa di più grande: un giorno il popolo di Dio possederà il mondo intero. Quello sfondo è ciò che rese così meraviglioso il possesso di Canaan da parte di Israele.
Questa prospettiva nella profezia di Giacobbe riguardante i suoi figli è evidente specialmente dalla profezia circa la venuta di Sciloh, ovvero del portatore di pace. Il compimento di quella profezia cominciò con la costruzione del santuario di Sciloh; da quel luogo la pace irradiava su Israele. Ma il significato di quella profezia su Sciloh fu adempiuta ulteriormente nella casa di Davide, specialmente nel figlio di Davide: Salomone. (Salomone deriva dalla stessa parola di Sciloh.) Ma Salomone, come re di pace, profetizzò della venuta di Cristo e conseguentemente dello spargimento dello Spirito santo: in quel “dimorare di Dio con l’uomo” la pace è stata data. E dietro a tutto questo c’è la seconda venuta di Cristo con la quale sarà stabilito il suo regno di pace.
La stessa prospettiva si trova nelle parole di Genesi 49:1, dove Giacobbe annuncia ai suoi figli “ciò che vi accadrà nei giorni a venire”. In realtà, il versetto dovrebbe essere reso con “negli ultimi giorni”. Qui la profezia si occupa degli ultimi giorni; in altre parole, sta trattando del futuro.
Giacobbe adottò come suoi ambedue i figli di Giuseppe. Facendo questo, prese per sé la posterità di Giuseppe per salvarla dal pericolo che venisse assorbita in Egitto. Diede inoltre a Giuseppe una porzione doppia che equivaleva alla porzione di un primogenito e che era maggiore della porzione data a qualunque degli altri fratelli. In questo modo la porzione del primogenito andò al primogenito di Rachele l’amata moglie di Giacobbe anziché a Ruben, il primo figlio di Lea. Questo era in linea col significato di Giuseppe come preservatore della vita per la casa di Giacobbe.
Tuttavia Giuseppe non ereditò il diritto del primogenito di stare a capo della casa di suo padre nel futuro. Quel diritto fu dato a Giuda. Anche qui è chiaro che il fattore determinante non era la superiorità di Giuseppe ma l’elezione di Dio. Pertanto, nessuno era nella posizione di vantarsi davanti a Dio. Non molto tempo dopo la leadership sarebbe passata da Giuseppe a Giuda, ma lo scettro non sarebbe mai dipartito da Giuda. Giacobbe non vide ancora lo speciale significato della tribù di Levi in Mosè e nel sacerdozio.
Dopo la morte di Giacobbe, la promessa che Sciloh sarebbe sorto dalla tribù di Giuda avrebbe sostenuto la casa d’Israele, mantenendo vive la sua fede e la sua speranza. Quella promessa era intesa per aiutare a preservare l’unità dei discendenti d’Israele e trattenerli dal mescolarsi con gli Egiziani.
Concetto principale: La profezia concernente Sciloh porta luce alla
casa di Israele.
La doppia porzione di Giuseppe. Alcuni anni dopo Giuseppe venne a sapere che suo padre era malato. Siccome fu ovvio che la sua malattia avrebbe portato alla morte, Giuseppe portò i suoi due figli Manasse ed Efraim presso il letto di suo padre.
Benché Giuseppe fosse il governatore dell’Egitto, non desiderava essere considerato un Egiziano. Si vedeva come appartenente alla casa di Giacobbe. Ma cosa ne sarebbe stato dei suoi due figli che erano nati da una donna egiziana? Sarebbero stati persi per Israele e non avrebbero avuto parte nella promessa del patto? Giuseppe credette diversamente, che è la ragione per cui portò i suoi due figli davanti al letto di morte di suo padre. Voleva che ricevessero la loro porzione della sua benedizione.
Quando Giacobbe seppe che Giuseppe stava arrivando, raccolse tutta la sua forza. A questo punto le Scritture lo chiamano di nuovo Israele, il portatore della promessa. Ricevette Giuseppe sedendo sul suo letto e gli disse: “Dio ha dato a me la sua promessa, ed ora io la passo ai tuoi due figli Manasse ed Efraim. Pertanto saranno calcolati come miei figli. Assieme ai miei figli, essi saranno capi delle tribù d’Israele”. Così Giuseppe avrebbe avuto non una ma due tribù in Israele. I figli che sarebbero nati a Giuseppe dopo questi due sarebbero stati contati come parti delle tribù di Efraim e di Manasse.
Questo deve essere giunto a Giuseppe come una vera sorpresa. Non solo i suoi figli avrebbero avuto una parte nella benedizione di Israele, ma fu loro accordato lo stesso grado d’onore di Ruben e Simeone e tutti gli altri. La grazia di Dio fu veramente grande perché Giacobbe fece questo nel nome del Signore. Anche Giuseppe stesso fu onorato da questa benedizione. Attraverso i suoi figli aveva ricevuto la porzione di un primogenito, il doppio della porzione dei suoi fratelli. La porzione più grande andò non a Ruben, il figlio maggiore di Lea, ma a lui, il primogenito di Rachele.
Con questa speciale benedizione veniva onorata Rachele, la moglie amata di Giacobbe. Perciò Giacobbe menzionò anche Rachele. Immaginò se stesso ancora una volta davanti alla sua tomba, proprio come vi era stato molto tempo prima con Giuseppe che al tempo aveva sedici anni.
Solo a quel punto Giacobbe vide i figli di Giuseppe perché la sua vista si era indebolita con gli anni. Quando Giuseppe gli disse chi erano i due giovani, Giacobbe li abbracciò. Poi lodò Dio perché non solo aveva visto Giuseppe di nuovo ma aveva avuto anche il privilegio di vedere i figli di Giuseppe e gli fu permesso di adottare quei figli come suoi propri.
Venne il momento in cui Giacobbe doveva benedire i figli di Giuseppe. Per prima cosa Giuseppe si chinò fino a terra perché era come se fossero in presenza di Dio stesso. Giuseppe pose Manasse dalla parte della mano destra di Giacobbe ed Efraim da quella sinistra, ma Giacobbe incrociò le braccia e pose la sua mano destra su Efraim e la sinistra su Manasse. In quella postura passò la benedizione del patto di Dio.
Quando Giuseppe vide Giacobbe posare la mano destra su Efraim, il figlio più giovane, cercò di correggere il padre, ma Giacobbe disse di averlo fatto intenzionalmente. La posterità di Manasse sarebbe stata grande ma quella di Efraim lo sarebbe stata ancora di più. Anche questo era in accordo con l’elezione di Dio. Ma in entrambi i casi, la benedizione sarebbe stata così grande che più tardi gli Israeliti avrebbero coniato questo detto: “Possa Dio farti diventare come Efraim e Manasse”.
Che straordinario privilegio per Giuseppe e la sua posterità! Avevano ricevuto la benedizione e i figli di Giuseppe, giovani di circa 20 anni, avevano accettato quella benedizione per fede. Volevano essere Israeliti anziché Egiziani.
In riferimento a quella doppia benedizione per Giuseppe, Giacobbe promise ai discendenti di Giuseppe anche una parte speciale del paese di Canaan. Parlò di “un pezzo di terra che conquistai dalla mano degli Amorei con la mia spada e il mio arco”, con cui intese un pezzo di terra che un giorno i suoi discendenti avrebbero preso dagli Amorei. Per lui la promessa di Dio era così certa da essere già una realtà. Nello spirito, era lì egli stesso presente che vedeva la terra presa dagli Amorei.
In questo modo la promessa del patto fu confermata a Giuseppe ancora una volta. E Giuseppe fu rafforzato nella sua speranza che lui e i suoi discendenti sarebbero appartenuti al popolo d’Israele. Anche per noi, la cosa più importante è appartenere al popolo pattizio e portare il segno del patto mediante il battesimo.
Giuda è quello! Poi Giacobbe chiamò attorno a sé tutti i suoi figli per benedirli e annunciare loro cosa sarebbe accaduto nel futuro. Disse che si era aspettato molto da Ruben perché era il suo primogenito, ma era risultato che Ruben non era superiore: aveva violato l’onore di suo padre. Malgrado Ruben fosse effettivamente il primogenito non fu chiamato ad essere il capo del popolo.
Neanche Simeone e Levi ricevettero quell’onore a causa dell’abominio che avevano commesso contro Sichem. A quel punto Giacobbe guardò a Giuda ed esclamò: “Giuda, tu sei quello!” Giuda fu chiamato ad essere il primogenito, colui che avrebbe avuto la leadership d’Israele.
Era vero. A Giuseppe era stata data una porzione doppia, la porzione di un primogenito, ma Giuda aveva ricevuto la chiamata. I suoi fratelli si sarebbero inchinati davanti a lui perché il Cristo sarebbe nato dalla sua linea. Giuda avrebbe conquistato i suoi nemici e avrebbe governato fino alla venuta del Cristo, il Re. Ma il Cristo sarebbe stato un Re di pace; sarebbe stato lui Sciloh, ovvero, il Re che porta pace eterna con Dio. Perciò la tribù di Giuda avrebbe ricevuto ricche benedizioni terrene come segno delle benedizioni che sarebbero state portate dal Redentore.
Poi Giacobbe procedette a benedire i suoi altri figli, incluso Giuseppe, la cui tribù avrebbe ricevuto da Dio benedizioni speciali. Mentre stava benedicendo i suoi figli, Giacobbe esclamò: “Io aspetto la tua salvezza, oh Eterno!” Nella sua mente vide già le benedizioni che il Redentore avrebbe portato.
La casa di Israele avrebbe dovuto vivere alla luce della promessa che Sciloh sarebbe un giorno venuto a regnare in pace nella terra della promessa. Perciò Israele avrebbe dovuto rimanere separato e non mescolarsi con gli Egiziani. In Sciloh sarebbero state benedette tutte le tribù incluso Giuseppe.
Quella promessa è stata compiuta? Il Cristo è venuto, e ha portato pace ai cuori di quelli che chiama suoi, ma non ha regnato in pace nella terra promessa. Un giorno, comunque, verrà di nuovo. Allora stabilirà il suo Regno di Pace sulla nuova terra di cui Canaan è solo una profezia. Poiché crediamo che è venuto la prima volta, dobbiamo vivere aspettando il suo ritorno.
Giacobbe mostrò ai suoi figli quanto certo era del compimento della promessa di Dio ordinando che lo seppellissero nel paese di Canaan, nella grotta di Makpelah, dove erano seppelliti Abrahamo, Sara, Isacco, Rebecca e Lea. Volle essere coi suoi nella morte. Allo stesso tempo, la sua tomba in Canaan avrebbe vincolato di nuovo la sua posterità al paese di Canaan. Poi Giacobbe morì pacificamente, credendo la promessa di Dio.
La sepoltura di Giacobbe. Giuseppe fece imbalsamare suo padre. Dopo 70 giorni di lutto, lui e l’intera casa di suo padre salirono in Canaan per seppellire il patriarca. Una lunga processione di Egiziani li accompagnarono.
Viaggiarono attraversando la Transgiordania per prevenire uno scontro con i popoli che vivevano nella parte meridionale di Canaan. Di là del Giordano accesero un grande falò come segno di lutto in modo che le popolazioni circostanti potessero vedere il motivo per cui erano venuti. Poi attraversarono il fiume Giordano e seppellirono il loro padre nella grotta di Makpelah. Lì i figli di Giacobbe si ritrovarono uniti attorno alla sua tomba. Erano riconciliati ed erano di nuovo legati a Canaan. Giacobbe non aveva creduto invano poiché il futuro dei suoi discendenti ora era chiaro. Poi la processione tornò in Egitto.
La fine di Giuseppe. Mentre Giacobbe era ancora vivo, aveva detto ai suoi altri figli che quando sarebbe morto avrebbero dovuto di nuovo chiedere perdono a Giuseppe per il male che gli avevano fatto. Perciò dissero a Giuseppe ciò che il loro padre aveva detto e si inchinarono davanti a lui chiedendo perdono nel nome di Dio di cui ora erano tutti servi.
Fu per certo una meravigliosa testimonianza. Giuseppe si commosse nel profondo al pensiero che essi avessero ancora paura. Disse loro che aveva eliminato quel peccato dalla sua mente molto tempo prima e preferì focalizzare sulla mano di Dio dietro a quegli eventi: mediante quel peccato, Dio aveva realizzato il bene di Israele. Così, Giuseppe li confortò e rimase il loro sostegno in Goscen.
Giuseppe visse fino a 110 anni e vide la sua razza aumentare grandemente. Questo era un compimento della benedizione di cui Giacobbe aveva parlato perché tutti questi nipoti appartenevano a Giacobbe. Appartenevano tutti a Israele e non all’Egitto. Tutti furono inclusi nel patto.
Quando Giuseppe morì, fu imbalsamato e messo in un sarcofago in Egitto che un giorno, quando gli Israeliti sarebbero tornati, avrebbe dovuto essere portato con loro a Canaan per essere sepolto. Anche quel sarcofago mantenne vivo il pensiero di Canaan nella casa di Israele e rafforzò gli Israeliti nella loro convinzione che un giorno ci sarebbe stato un esodo, una liberazione.
Infine gli Israeliti avrebbero preso possesso di Canaan e lì sarebbe apparso Sciloh. Poiché vissero alla luce di questa aspettativa, furono capaci di aspettare Dio. Ora che il Cristo è venuto anche noi dobbiamo imparare ad aspettare il completo compimento.