INDICE:

67: Il legame coi perduti

Luca 15

In queste tre parabole dobbiamo dare particolare attenzione al terzo punto di comparazione. La misericordia o l’amore di Dio per il quale va in cerca dei perduti non è il retroterra qui. Tale misericordia non è implicata nella parabola della donna che cercava la moneta perduta. Stava semplicemente cercando qualcosa che le apparteneva. Il mondo e l’umanità, anche ciò che vi è perduto in essi, appartiene a Dio secondo il patto della sua grazia in Cristo nel Quale Egli abbraccia il mondo e la razza umana. Fintantoché le persone sono ancora in questa vita Egli fa loro sentire questa rivendicazione. Per amore del suo patto non ha ancora finito con loro anche se per un tempo ha permesso che i pagani camminassero nelle loro vie (Atti 14:16).

Queste parabole trattano innanzitutto con quelli che si sono allontanati dal popolo pattizio, i collettori di tasse e i peccatori. Con una certa plausibilità molti hanno applicato queste parabole anche ai pagani. C’è sempre un legame tra Dio e i perduti in considerazione del suo patto. È nel nome del Padre che Cristo, contrariamente ai Farisei, continua la sua ricerca dei perduti.

Con Dio questo legame implica sempre un certo amore. Il patto non ha  mai l’aridità di una transazione commerciale. Pertanto dobbiamo parlare dell’amore di Dio, specialmente nel caso della prima e della terza parabola. Tuttavia, sarebbe errato parlare della misericordia e dell’amore di Dio e dimenticare il patto che governa l’intera situazione. Dio va in cerca di ciò che gli appartiene, ciò che è giustamente suo secondo il suo patto.

Perciò dobbiamo stare attenti e non coinvolgerci in speculazioni circa la pietà per la pecora perduta o enfatizzare le condizioni miserande di quella pecora. Questa non è la parabola della pecora perduta, ma del legame che c’è tra il pastore e le sue pecore, anche e in modo particolare con quella perduta. Che questo sia il nocciolo della parabola è chiaro anche dall’enfasi che Cristo pone sulla gioia quando la pecora è ritrovata. Il pastore ha recuperato ciò che gli appartiene. Quello è il motivo della gioia. La stessa cosa vale per la terza parabola. È ritornato proprio il figlio del padre. Anche la famiglia è governata da un patto. In esso ciascun membro ha la propria collocazione, anche i figli adulti. E il padre si dona alla propria famiglia con tutto il suo cuore. Il figlio più vecchio non lo ha mai compreso. Non era mai stato veramente un figlio ma sempre un servo, com’è evidente da ciò che disse del capretto che non gli era mai stato dato. Tutto ciò che il padre possedeva era suo; il cuore di suo padre gli apparteneva. Trascurò tutto questo per un solo dono. Era stato un servo salariato per tutto il tempo e non aveva mai visto il patto in cui le persone danno se stesse. Nella relazione pattizia apparteniamo l’uno all’altro prima che facciamo qualcosa l’uno per l’altro.

          Concetto principale: Per amore del suo patto il Signore è ancora
                                                  legato ai perduti in questo mondo.

          Il legame del pastore con una pecora perduta. Proprio come in Galilea, i Farisei e gli scribi nella regione in cui il Signore Gesù stava adesso erano sdegnati per la considerazione che mostrava a collettori di tasse e ad altre persone considerate refusi della società. Accettava perfino i loro inviti e mangiava con loro. I Farisei non volevano avere niente a che fare con con quei peccatori che avevano rotto con la loro idea di nazione. Dio, pensavano, li aveva abbandonati e loro li guardavano con disprezzo. I Farisei non avevano alcun dubbio che loro stessi invece meritavano il favore di Dio.

Il Signore Gesù sapeva cosa stava facendo quando andò in cerca dei perduti. Lo faceva su comando di suo Padre perché Dio non aveva ancora tagliato i rapporti con quelli che erano perduti. In origine erano appartenuti al popolo pattizio. Peccando pubblicamente avevano effettivamente rigettato il patto, ma Dio li rivendicava lo stesso proprio in virtù del suo patto e voleva affermare quel diritto. Questa è la ragione per cui Lui e il Signore Gesù andavano in cerca di loro. Ancora una volta lo rese chiaro con parabole. Un pastore che si cura di cento pecore e ne perde una non la abbandona al suo destino. La conosce come pecora sua, parte del gregge di cui è pastore. Malgrado quella pecora si sia ostinatamente allontanata dal gregge, è ancora legata a lui. Lui ne ha la responsabilità e rivendica quella pecora e pertanto non la lascia preda di bestie feroci.

Il pastore pensa specialmente alla pecora perduta, più ancora che alle novantanove che sono al sicuro con lui. Il legame con quella che è persa è quello che sente di più. Perciò lascia il gregge nel deserto per cercare quella che è persa finché la trova. Poi se la mette gelosamente sulle spalle e la riporta indietro al gregge. Quando, la sera, ritorna dal suo gregge, chiama i suoi amici e i vicini a festeggiare per aver ritrovato ciò che era perduto.

Similmente, ci sono persone che si sono smarrite. Non vogliono avere più niente a che fare col patto di Dio e con la chiesa. Hanno completamente perso di vista il gregge, il popolo di Dio, e non odono più la voce di Dio, il loro pastore. Questa era la situazione coi collettori di tasse e i peccatori di quei giorni. Ma Dio non li lascia andare e non li dimentica. Dopo tutto, gli appartengono, ha un diritto su di loro: è il Pastore. Egli li cerca mediante la Parola che fa loro proclamare e anche mediante la molte circostanze in cui li conduce. Afferma i suoi diritti su di loro. È ciò che il Signore Gesù fece allora; è ciò che Dio fa ora.

Dio gioisce quando mette di nuovo le sue mani su uno di quelli che erano perduti e lo ode riconoscere il diritto che Dio ha su di lui, il diritto del suo amore! Il cielo è ripieno con quella gioia. E colui che era perduto ed è ritrovato partecipa in quella gioia. Sa di essere portato a spalle da Dio come la pecora fu riportata a spalle dal pastore. Dio recupera il peccatore che era perduto e è attirato a lui perché era perduto. Pertanto, c’è più gioia per il ritorno di un peccatore smarrito che per il rimanente che non si è mai allontanato.

          Il legame di una donna alla dramma perduta. Gesù disse che un caso simile era costituito da una donna che aveva dieci dramme e ne aveva persa una. Quella singola piccola moneta le era preziosa. Perciò accese la lampada e spazzò l’intera casa finché ritrovò la moneta. Allora invitò amici e vicini a festeggiare con lei perché aveva recuperato parte del suo tesoro. Era fuori di sé dalla gioia per il fatto che la sua moneta perduta era miracolosamente ricomparsa!

Dio ha gli stessi sentimenti quando perde ciò che ha di prezioso. Quando le persone diventano talmente poco caritatevoli da non aver niente a che fare coi collettori di tasse, i peccatori e con tutti quelli che sono ignoranti del patto di Dio, nemmeno costoro conoscono Dio, perché Dio afferma ancora i suoi diritti su questi emarginati. Immaginate come gioiscono gli angeli in cielo quando Dio ha successo nel recuperare ciò che era suo. Gli angeli sono uniti a Dio in tale festeggiamento e anche noi lo siamo.

          Il legame tra un padre e il figlio perduto. Gesù volle rinforzare il valore di un peccatore ritornato e perciò raccontò al popolo ancora un’altra parabola. Un Padre aveva due figli. Li amava entrambi seppure ciascuno aveva un posto speciale nel suo cuore. Ciascuno ha il proprio posto e il proprio valore e tuttavia sono tutti uniti nell’amore del padre. Tale famiglia è un patto in cui tutti sono legati insieme da quell’unico amore.

Col figlio più vecchio i padre non aveva difficoltà. Sembrava condiscendente in tutto. Il più giovane era più volubile. A volte desiderava un cambiamento e pascoli più remoti. Sapeva che suo fratello più vecchio, secondo il costume israelitico, avrebbe ricevuto due terzi dell’eredità inclusa la fattoria, mentre lui avrebbe ricevuto un terzo. Con la propria parte voleva stabilire subito la propria indipendenza e contemporaneamente vedere un po’ del mondo.

In sé il suo desiderio d’indipendenza non era sbagliato ma nasceva da una mancanza di apprezzamento per la casa di suo padre e per i legami famigliari. Una tale attitudine finisce sempre male. Noi dovremmo lottare per diventare indipendenti apprezzando quel legame famigliare che è un dono di Dio. Quando un giovane sbatte dietro di sé la porta di casa dei suoi genitori dicendosi: “Io non vi ritornerò mai più!”, nella vita si smarrirà di sicuro. È ciò che accadde a questo giovane. Non divenne indipendente e scialacquò tutto il suo denaro.

Quando tutto il denaro fu terminato, nel paese in cui viveva scoppiò una carestia. Alla fine si ridusse a vivere presso un uomo che lo assunse per badare ai suoi maiali. Guadagnava talmente poco che sarebbe stato felice di mangiare ciò che mangiavano quegli animali. Che umiliazione per un giudeo che considerava i maiali animali impuri!

Nella sua miserevole condizione gli sovvenne la casa del padre e si ricordò di come gli aiutanti salariati erano trattati lì. Suo padre aveva a cuore anche i suoi servi. L’amore per suo figlio non sarebbe stato più grande? Ma lui aveva respinto quell’amore e tagliato il legame. Sentiva di non meritare più di essere figlio, tuttalpiù avrebbe potuto chiedere di diventare lì un uno dei servi salariati. Decise di ritornare e riconoscere il fatto davanti a suo padre. Aveva distrutto il cuore di suo padre e Dio ne era stato testimone.

Ci sono molte persone che nella stesso modo hanno abbandonato il circolo pattizio, la comunione del suo amore. Come possono cominciare a vedere l’errore in cui si sono incamminati se non cominciano a vedere la gloria dell’amore di Dio che ci lega tutti insieme in quel patto e in quella comunione? Dio può condurli per sentieri di miseria per renderli consapevoli di ciò che hanno lasciato.

Nel frattempo il padre aveva pensato al figlio ogni giorno. Ogni giorno scrutava l’orizzonte aspettandolo. Dopo tutto, era suo figlio. Non importa cosa suo figlio avesse fatto di sbagliato: era ancora suo figlio. E adesso lo aveva perso. Con lui aveva perso una parte della sua vita. Ora che aveva perso suo figlio era sempre più assorto nei suoi pensieri: Sarebbe mai ritornato? Sarebbe mai stato in grado di provare gioia nel riceverlo indietro? Poteva trascurare e perdonare tutto.

La trepidazione del padre spiega perché lo vide ritornare quando era ancora lontano. Mosso a compassione, corse ad incontrarlo, lo abbracciò e lo baciò. Era suo figlio e lo aveva di nuovo. Non era tornato solo perché non era riuscito ad avere successo da solo altrove: aveva visto il valore della casa e dell’amore di suo padre. Questo fu chiaro dalla sua confessione di peccato. Ma suo padre non lo lasciò neppure terminare. Quando udì che il cuore di suo figlio era tornato a casa, ordinò un banchetto in suo onore perché, disse: “Questo mio figlio era morto e ora è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. Aveva recuperato ciò che era suo.

Similmente Dio nel suo amore paterno e nel suo patto, per amore di Cristo non ha ancora finito coi perduti in questo mondo e con tutti quelli che vivono fuori dal cerchio della sua comunione. Lo hanno abbandonato, o magari i loro antenati avevano già rigettato il suo patto; spesso non sono nemmeno stati battezzati. Eppure Egli continua a cercarli. Andava in cerca dei collettori di tasse e dei peccatori di quel tempo perché li rivendica tutti secondo il patto della sua grazia. Il suo amore ha un diritto su di loro e lui vuole affermare quel diritto.

Come gioisce Dio quando una persona persa viene ritrovata, quando una persona che era morta a Dio diventa di nuovo viva, quando una persona che si era allontanata torna indietro. Non c’è rimprovero ma solo perdono dei suoi peccati e la restaurazione al patto di Dio per lui: può godere l’amore paterno di Dio.

Quando il figlio più giovane tornò, quello più vecchio era ai campi. Quando fu vicino a casa udì il clamore della festa. Uno dei servi gli riferì cosa era successo. Si levò in lui un forte risentimento e rifiutò di dare il bentornato a suo fratello e partecipare alla festa.

Suo padre lo venne a sapere, uscì fuori e lo supplicò di entrare e partecipare alla gioia. Allora il ragazzo più vecchio svuotò il proprio cuore. Era stato al servizio di suo padre per così tanti anni ormai e suo padre non gli aveva mai permesso di fare una festa coi suoi amici. Ma ora, che suo fratello che aveva scialacquato una fortuna era tornato, era stato organizzato un grande banchetto.

Il figlio più vecchio tradì una misera relazione col padre. Era stato come un servo, aveva lavorato nella casa di suo padre per un salario. Non aveva mai compreso l’amore di suo padre, il patto spirituale che esiste in una famiglia attraverso il quale il padre si dà ai suoi figli e i figli sono uniti nell’amore del padre. In tale patto i membri appartengono completamente gli uni gli altri con tutto ciò che possiedono. Aveva trascurato questo fatto; si era lamentato che non gli era stato dato un capretto. Come era spiritualmente povero! Che mancanza di comprensione di ciò di cui consiste l’amore! Che delusione per suo padre! Aveva davanti suo figlio più vecchio che non gli aveva mai causato nessun problema ma che evidentemente non aveva mai conosciuto il cuore di suo padre. “Figlio”, gli disse, “tu sei sempre stato con me e tutto ciò che è mio è tuo. Non c’è forse una perfetta comunione tra me e te? Tuo fratello più giovane si era separato da questa comunione ma ora vi è ritornato. Non dovresti anche tu esserne ripieno di gioia?”

Questa è la storia che Gesù raccontò. Nella parte finale di questa parabola stava pensando in modo particolare ai farisei che erano dispiaciuti che collettori di tasse e peccatori tornassero alla comunione col Padre. Dimostravano di non aver mai compreso l’amore del Padre, non avevano mai conosciuto il patto in cui Dio ci dona se stesso insieme a tutto il resto. Non erano stati figli di quel Padre: anche loro avevano servito per un salario.  Erano servi che volevano guadagnare la propria salvezza. Non avevano mai goduto del mistero dell’amore di Dio che si dona gratuitamente nel suo patto. E quanti ce ne sono ancora che non sono figli ma servi che lavorano per un salario. In ogni caso, tale atteggiamento implicava un rigetto dell’amore paterno di Dio in Cristo.


Altri Studi che potrebbero interessarti