Luca 2:40-52
Gesù è il Cristo, l’Unto, il responsabile dell’incarico, il Mediatore. Proprio perché è il Cristo, lo riconosciamo come vero Dio e come vero e giusto uomo (vedi domenica 5 e 6 del Catechismo di Heidelberg)
Cristo deve aver avuto questa consapevolezza fin dalla sua infanzia. Era consapevole della sua unicità e della sua comunione col Padre. Deve aver visto già fin da bambino il contrasto tra la comunione che aveva col Padre e le vita intorno a sé. Gradualmente, ma fin dalla tenera età, deve aver compreso la sua chiamata a liberare la vita.
La colpa dei nostri peccati fu caricata su di lui fin dal principio. Il concetto che portò per noi l’ira di Dio fin dall’inizio della sua incarnazione c’è proprio nella nostra confessione. C’è anche in ciò che troviamo scritto in Luca 2:40 dove leggiamo che si fortificava nello spirito. Divenne forte nella sua vita di comunione con Dio in modo da essere capace di sopportare il peso.
Anche quando era ancora un bambino sapeva di essere il Redentore. Specialmente ciò che sua madre gli raccontò delle circostanze che accompagnarono la sua nascita deve aver contribuito a questa auto-consapevolezza. E perché era proprio sua madre che doveva allevarlo per la sua speciale vocazione – nella misura in cui questo poteva essere fatto da un essere umano – non avrà potuto tenerlo all’oscuro sui fatti della sua nascita. Il fatto che Gesù fosse ripieno di sapienza rese più facile parlare con lui di queste cose. E quando divenne consapevole della sua speciale vocazione, il significato della sua nascita miracolosa deve essergli divenuto più chiaro.
Poiché Gesù riconobbe la sua speciale vocazione, fece l’opera di suo Padre ogni giorno della sua vita – e non solo al tempio a Gerusalemme. In altre parole, era preso dalla sua vocazione e in essa conobbe la comunione col Padre. In questa comunione, la grazia di Dio fu su di lui.
Eseguire l’opera di suo Padre non entrava in conflitto con la sua obbedienza ai genitori. Al contrario, quando si sottomise ai genitori stava adempiendo anche il nostro dovere a questo proposito. Per la sua speciale vocazione divenne come noi in tutte le cose.
Quando consideriamo ciò che avvenne nel tempio, non possiamo dire che Gesù disobbedì i genitori perché sentì di dovere una antecedente obbedienza a suo Padre in cielo. L’autorità genitoriale non è mai assoluta, il suo compito è di allevare il figlio in modo che sia preparato per la vocazione speciale che riceve da Dio. Maria e Giuseppe dovettero tenerlo presente in particolare col ragazzo Gesù. Il rimprovero che lui rivolge loro fu che non lo stavano tenendo a mente.
Avrebbero dovuto essere sempre pronti alla rivelazione dell’elemento speciale della sua vocazione. Non fu mancanza di considerazione da parte del ragazzo Gesù non avvertire i genitori che rimaneva indietro, non fu una negligenza che sarebbe stata peccato. Faremo meglio a parlare di negligenza da parte di Giuseppe e di Maria. Lo lasciarono fare da solo come uno che era in un certo senso indipendente. Ancor più dunque, avrebbero dovuto prendere in considerazione l’unicità della sua vocazione.
Concetto principale: Cristo è sempre occupato nell’opera di suo Padre.
Rafforzato nello spirito. Giuseppe e Maria ritornarono a Nazareth col loro piccolo bambino. Egli crebbe in quella tranquilla, umile, piccola città. Non sappiamo molto della sua gioventù a Nazareth, ed è dubbio che la nostra immaginazione possa aiutarci gran che. Dio non ci ha rivelato queste cose perché non è niente che abbiamo bisogno di sapere.
Sappiamo invece che cresceva forte nello spirito, vale a dire nella sua vita di comunione con Dio. Era ciò di cui aveva bisogno più di qualsiasi altra cosa. Viveva in questo mondo in modo diverso dal nostro perché era nato santo. Ogni peccato gli era estraneo, un abominio. Noi spesso non notiamo il peccato in noi stessi e in altri semplicemente perché, triste a dirsi, il peccato è diventato pervasivo come l’aria che respiriamo. Noi non sperimentiamo che vivere in mezzo al peccato sia particolarmente grave.
Come deve aver sofferto Gesù quando vedeva il peccato intorno a sé e anche in quelli che gli erano più cari! Da bambino deve essersi interrogato intorno a questo mondo e alla propria collocazione in esso. A casa sua udì ciò che i suoi genitori gli insegnarono del patto di Dio e della promessa, e nella sinagoga udì la lettura delle Scritture. In questo modo giunse a comprendere che era il Redentore che doveva liberare questo mondo dal peccato. Già allora prese su di sé il giogo della colpa dei nostri peccati. Che pesò sopportò, perfino da bambino e come gli causava dolore quel peccato! Effettivamente ebbe bisogno di essere rafforzato nello spirito più di qualsiasi altra cosa.
Dev’essere stato molto difficile per lui determinare la propria collocazione nel mondo e la sua relazione con gli altri, in particolare con i suoi genitori. Li vedeva come pieni di peccato e tuttavia come suoi genitori ai quali doveva obbedienza. Ma Dio gli diede la saggezza di cui aveva bisogno. Fu obbediente in tutto a suo Padre in cielo e pertanto trovò a quanto pare in modo naturale, il modo in cui doveva comportarsi. A motivo della sua obbedienza il favore di Dio era sopra di lui e la pace di Dio era nel suo cuore.
Quando pensiamo a ciò che il Signore Gesù ha fatto per noi, spesso pensiamo solo alla porzione finale della sua vita sulla terra. Fu obbediente al posto nostro in tutta la sua vita sulla terra. Noi abbiamo rovinato le nostre vite fin dall’inizio, ma la sua totale vita d’obbedienza e di sofferenza è sostitutiva proprio di questo. Con la sua vita ci ha liberati dall’ira di Dio.
Consapevole della propria vocazione. Fin da piccolo Gesù era andato con i suoi genitori a Gerusalemme per le festività più importanti. Quando ebbe dodici anni entrò anche nell’obbligo di farlo che era dettato dalla legge. Fu sottoposto alla legge fin dal principio per poter liberare il suo popolo dalla schiavitù alla legge. La legge nel Vecchio Testamento portava ancora con sé una certa servitudine, perché l’espiazione per il peccato non era ancora stata fatta e lo Spirito santo non era ancora stato effuso. Il popolo nel Vecchio Testamento doveva essere istruito nella legge ad attendere la gloriosa redenzione di Dio. In questo senso Gesù liberò il suo popolo dalla schiavitù alla legge perché compì lui stesso la legge in obbedienza.
Come dodicenne, Gesù assunse una responsabilità propria nei confronti della legge. È evidente che i suoi genitori se ne fecero una ragione. Quando quell’anno celebrò con loro la festa pasquale a Gerusalemme gli concessero una certa libertà. Il servizio nel tempio deve aver affascinato Gesù e tuttavia l’intero servizio sacerdotale sarebbe stato compiuto in lui quale vero sommo Sacerdote. Oltretutto, lui stesso sarebbe stato l’agnello per un’espiazione del peccato. A motivo del suo sacrificio Dio non avrebbe più dimorato nascosto dietro la cortina. L’accesso al Signore sarebbe invece stato aperto. Come deve aver assorbito la rivelazione che gli pervenne lì, nel tempio di Dio!
Finita la festa i genitori di Gesù fecero ritorno in compagnia di molti altri celebranti ma Gesù rimase indietro a Gerusalemme da solo. I suoi genitori non s’accorsero che non era nel gruppo fino alla fine della prima giornata di viaggio. Il giorno dopo tornarono indietro chiedendo di lui per tutta la strada. Non era con nessuna delle altre comitive. Il terzo giorno lo cercarono dappertutto a Gerusalemme. Finalmente lo trovarono nel cortile del tempio seduto davanti ai dottori ad ascoltare le istruzioni degli scribi e a fare loro domande.
Tutti quelli che stavano lì seduti erano meravigliati della sua perspicacia delle Scritture che traspariva dalle domande che faceva. Gesù ascoltava e comprendeva le Scritture in modo diverso da chiunque altro perché era il Messia di cui le parlano Scritture. Per mezzo di lui sarebbe giunta la completa salvezza.
L’ansia di Maria l’aveva contrariata e così lo rimproverò: “Figliolo, perché ci hai fatto questo. Perché ci hai fatto prendere uno spavento?” Ma Gesù fu sorpreso e dovette correggere sua madre per essere stata preoccupata. Non lo sapeva che lui aveva una vocazione speciale dal Padre e doveva essere sempre occupato a fare l’opera di suo Padre? Di sicuro lei sapeva che Gesù camminava nella via di suo Padre e non le avrebbe causato problemi inutili! Potevano contarci di sicuro! Dio gli indicava la via da percorrere sulla terra.
La permanenza a Gerusalemme era stata molto importante principalmente per il Signore Gesù stesso che vi fu rafforzato nella consapevolezza della sua vocazione. Successivamente affrontò la vita a Nazareth in modo diverso da prima.
Fece anche conoscenza con la dottrina degli scribi e la loro cecità alle Scritture. Malgrado la loro grande istruzione non vedevano la grazia di Dio. Tra lui e gli scribi in futuro sarebbe nato un grande conflitto. Questo contatto fu importante anche per gli scribi: furono confrontati con una sapienza da alto, una sapienza che comprende la grazia.
Maria sarà stata ancor meglio preparata a rispettare la sua speciale vocazione. In quella vocazione Gesù era attivo quotidianamente nell’opera di suo Padre.
Sotto l’autorità dei genitori. Gesù ritornò a Nazareth con i suoi genitori. Come prima, si sottomise alla loro autorità. E tuttavia ora l’obbedienza era diversa. Poiché vedeva la propria vocazione chiaramente davanti a sé, sapeva ancor meglio che stava rendendo questa obbedienza al posto nostro. Nel suo essere sottoposto ai suoi genitori, Gesù era anche obbediente al Padre in cielo e stava compiendo la sua speciale vocazione in nostro favore. Mentre era Signore su ogni creatura nondimeno si sottomise volontariamente ai requisiti di Dio per la sua vita. Con la sua obbedienza cercò di fare espiazione per la nostra disobbedienza in un’ampia varietà di relazioni
Maria e Giuseppe non compresero il significato di ciò che disse loro a Gerusalemme. Ma Maria si ricordò di quelle parole, quanto di ogni altra cosa che accadde. Ripose tutte queste cose nel suo cuore aspettando su di esse la piena luce del Signore.
Il Signore Gesù crebbe in sapienza man mano che divenne più vecchio e la gente si meravigliava di lui. Benché abbia condiviso pienamente la nostra vita, è stato speciale in ogni cosa. Non fuggì dalla vita. Non era venuto proprio per fare espiazione per la vita e redimerla? Si rendeva conto sempre più che il favore di Dio era su di sé. Godeva anche il favore della gente di Nazareth. Si dava a loro ed entrava nella loro vita con empatia in un modo che nessun altro prima di lui aveva fatto. Fin dal principio portò i nostri dolori e le nostre pene.