Marco 9:2-13
Per alcuni momenti Cristo sperimentò l’esaltazione che avrebbe ottenuto con la sua obbedienza per sé e per i suoi. Luca dice che era sul monte a pregare. Arrendendosi in preghiera alla sua vocazione sperimentò la trasfigurazione. Fu come se già avesse avuto dietro di sé la colpa e il peso del peccato. Ma fu solo una temporanea anticipazione di ciò che sarebbe avvenuto alla conclusione della sua sofferenza obbediente. Questo Pietro non lo comprese.
(Marco 9:12 potrebbe contenere il seguente malinteso condiviso da tutti gli scribi: se prima deve venire Elia a restaurare ogni cosa, perché sta scritto del Figlio dell’Uomo che soffrirà molte cose e sarà trattato con disprezzo? La domanda riflette l’opinione sostenuta dagli scribi che Elia stesso sarebbe venuto a preparare il Regno del Messia, senza alcuna umiliazione per Elia. Non sorprende che non potessero vedere il compimento della profezia riguardante Elia nella vita di Giovanni Battista che terminò in umiliazione.)
Concetto principale: Attraverso la sua obbedienza nell’umiliazione
Cristo ottenne la gloria.
L’esaltazione. La tensione tra Gesù e il popolo, in particolare con i loro capi, stava aumentando sempre più. Questo gli mostrò ancor più chiaramente l’approssimarsi della sua morte. Si ritirò coi suoi discepoli nella regione di Cesarea di Filippo per prepararli per quella sofferenza. Disse loro chiaramente che sarebbe stato ucciso, che sarebbe morto e risorto. Ma essi non lo compresero affatto: le loro menti rifiutavano d’accettarlo. Era più di quanto potessero comprendere.
Tuttavia, in quei giorni Gesù stava pensando parecchio al suo calvario. Un giorno salì su un monte portando con sé solo tre discepoli, i tre che erano stati presenti anche alla resurrezione della figlia di Giairo. È evidente che sapeva che su quel monte sarebbe successo qualcosa di speciale.
Sul monte pregò. Davanti a Dio lottò con la prospettiva della sua morte pregando per la forza di rimanere obbediente alla volontà del Padre anche ora che la croce si stava avvicinando. La sua preghiera fu udita. Gesù era completamente uno col Padre, talmente completamente che vide la fine della sofferenza e la gloria che avrebbe ottenuta con la sua obbediente sofferenza. Nello spirito condivideva già in quella gloria. Allora quella gloria cominciò a manifestarsi nel suo aspetto fisico. La sua faccia risplendette e le sue vesti divennero bianche, lucenti come la neve. I suoi discepoli ne rimasero attoniti.
Che beatitudine per il Signore Gesù! Stava temporaneamente sperimentando la gloria che avrebbe ottenuta. La colpa e l’angoscia del nostro peccato lo opprimevano ancora e lui aveva le sembianze di uno schiavo, proprio come noi appariamo in catene sotto il giogo della nostra miseria. Per un momento, però, trascese ogni sofferenza. Questo lo rafforzò per il compito che era a venire.
I discepoli videro un uomo trasfigurato. È dunque possibile che un uomo nello stato di umiliazione sia trasfigurato nella gloria. Ciò destò grandi speranze nei discepoli, speranze giustificate. Per mezzo della fede vediamo quella gloria e culliamo le stesse aspettative.
Come nostro Capo. Non fu glorificato solo per sé. La sua trasfigurazione prefigurò la trasfigurazione nella gloria di tutto il suo popolo. La momentanea trasfigurazione profetizzò la gloria in cui noi tutti condividiamo.
Il fatto che lui fu glorificato come Capo del suo popolo si poteva vedere dal fatto che improvvisamente non era più solo. Nella luce che radiava da lui i discepoli videro due altre figure che erano loro stesse piene di gloria. I discepoli sapevano chi fossero. I discepoli avevano formato un’idea degli uomini più prominenti nella storia d’Israele e lo Spirito rivelò loro che questi due erano Mosè ed Elia. Elia era stato assunto corporalmente in cielo. Mosè invece era morto e il suo corpo era stato seppellito da Dio, ma Dio lo aveva probabilmente fatto risorgere dai morti. Ambedue apparvero ora al Signore Gesù nel loro corpo.
Conversarono con lui della sofferenza che lo attendeva e e della via alla gloria attraverso la sofferenza. Essi lo riconobbero come loro Mediatore e Capo. Essi stessi erano stati due dei capi più prominenti dell’Israele del Vecchio Testamento .
Cosa gli avranno detto? Fu probabilmente qualcosa del genere: “A noi, come capi del popolo, è stato concesso di completare l’opera della nostra vita, sebbene nella debolezza. Abbiamo avuto il privilegio di soffrire e di vincere e siamo stati glorificati. Ma tutto ciò che abbiamo avuto il privilegio di fare e tutto ciò che abbiamo ricevuto fu a motivo di te perché tu finirai il tuo lavoro in obbedienza e riceverai la gloria. Tu farai espiazione per il peccato e darai alla vita la sua vittoria”.
Anche noi dovremmo guardare a Gesù in questo modo. Fu anche per noi che fu disposto a soffrire. Mediante la fede in lui anche noi porteremo a completamento il nostro lavoro in fedeltà al Signore e alla sua chiamata. Un giorno saremo glorificati con lui. È certo che avverrà sebbene anche noi dovremo soffrire umiliazione.
Ascoltatelo! Tuttavia la trasfigurazione fu solo temporanea. Per un momento fu come se avesse già conquistato la vittoria mentre in realtà stava ancora di fronte alla sua sofferenza. Per un solo momento fu sollevato sopra la colpa e il giogo dei nostri peccati che aveva preso su se stesso. In quel breve momento ebbe comunione con quelli che, per causa sua, avevano raggiunto la loro beatitudine in cielo. Sulla terra la gloria non può durare perché la maledizione per il peccato ancora rimane.
I discepoli non compresero che quel glorioso momento non poteva durare. Furono attoniti e rapiti eppure allo stesso tempo in apprensione per questa gloria celeste che era ancora così estranea per loro. La tensione che produsse divenne quasi insopportabile. Dovettero in qualche modo esprimere le loro sensazioni, specialmente Pietro.
Non riuscendo a capire, Pietro disse a Gesù che era bene per loro tre essere lì e suggerì di erigere tre tende e così continuare quella comunione sulla terra. In effetti, questo è esattamente ciò che avverrà quando la gloria di Dio verrà sulla terra in modo permanente ma la terra deve prima essere redenta dalla maledizione. Al presente è semplicemente impossibile. Per ora teniamo la gloria in forma di speranza nel nostro cuore. Ma viene il tempo in cui la vita dell’uomo sarà glorificata.
Pietro non ricevette una risposta diretta ma una risposta giunse nella forma di una nuvola che li adombrò. Era la nuvola della gloria della grazia di Dio che era andata davanti a Israele nel deserto e che occasionalmente aveva riempito il tabernacolo o tempio. La gloria di Dio si manifestò in modo unico durante la trasfigurazione sul monte. Che esperienza deve essere stata per i discepoli! E nella presenza di Dio, Pietro ricevette una risposta. La vita umana sulla terra è glorificata solo dal favore di Dio che Gesù avrebbe dovuto prima ottenere mediante la sua sofferenza.
Ma Gesù era completamente pronto a sottoporsi a quella sofferenza. Questa è la ragione per cui il Padre gli fu vicino lì. Come pegno del suo amore il Padre disse: “Questi è il mio amato Figlio, ascoltatelo!” Sentire queste parole fu un conforto per Gesù ma fu anche un’indicazione ai discepoli e a noi che la vita sulla terra non può ancora essere glorificata perché è ancora una vita per fede nella Parola che Gesù ha portato.
I discepoli ne sperimentarono la cruda verità subito dopo. La nuvola fu tolta, la gloria rimossa, Mosè es Elia scomparsi, e loro videro solo il Signore Gesù com’era stato prima. Dovevano vivere per fede, non per visione.
Lo stato d’umiliazione. Il segno che i farisei avevano chiesto in precedenza era avvenuto sul monte. Avevano chiesto un segno dal cielo ed ora era venuto e andato. Tuttavia, un segno non viene dato all’incredulità ma alla fede. Quelli che avevano ricevuto il segno furono non i Farisei ma i discepoli.
Non tutti i discepoli, comunque, avevano visto la gloria discendere dal cielo, solo tre di loro. Tra i discepoli c’era ancora un incredulo e pertanto il segno non potè essere condiviso. Chi avrebbe creduto senza avere visto? I tre discepoli stessi ne erano rimasti confusi. Non sarebbero stati in grado di comprendere fino a che il Signore Gesù non avesse completato la sua sofferenza e fosse entrato nella gloria. Pertanto Cristo intimò ai tre, mentre scendevano dal monte con lui, di non dirlo ad alcuno finché lui non fosse resuscitato dai morti (verso 9).
Sebbene non avessero capito cosa aveva detto riguardo al risorgere dai morti, si tennero la cosa per sé. Sconcertati, si misero a discutere tra loro cosa significasse resuscitare dai morti.
Avevano anche un’altra domanda scottante. Avevano appena visto Elia. Aveva qualcosa a che vedere con l’idea degli scribi che, prima della venuta del Messia, sarebbe dovuto venire Elia a ristabilire la libertà a Israele? L’apparizione di Elia poteva aver qualcosa a che vedere con questa idea? Non sarebbe dovuto rimanere sulla terra per ristabilire Israele di nuovo?
Alla fine si fecero coraggio quanto basta per chiedere a Gesù. Egli mostrò loro l’assurdità della credenza degli scribi. Se fosse stato lo stesso Elia glorificato a dover portare la libertà a Israele, cosa intendevano le Scritture quando dicevano che prima il Figlio dell’Uomo avrebbe dovuto soffrire mediante la sofferenza redimere il suo popolo?
Secondo le Scritture qualcuno sarebbe dovuto venire nello spirito e nella potenza di Elia, ma il suo corso sulla terra, come quello dello stesso Signore Gesù, sarebbe stato un corso di sofferenza e umiliazione. Quell’uomo era già venuto, come stava scritto, e il popolo lo aveva disprezzato e rigettato. I discepoli ebbero il sentimento che stesse riferendosi a Giovanni Battista.
La via per la gloria per il Signore Gesù fu una via d’umiliazione, portare la nostra colpa per poterla espiare. Sebbene abbia fatto riconciliazione per il suo popolo, anche per loro la via alla gloria è una via di umiliazione e afflizione. Seguendo quella via il loro affidamento su se stessi morirà e vivranno per sola fede. Quella fu la strada che Giovanni Battista dovette percorrere e così dobbiamo fare anche noi se abbiamo il privilegio di servire Gesù.