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13. Il popolo del Signore

Matteo 17:24-18-35

Stava diventando gradualmente chiaro che non tutto Israele avrebbe scelto in favore del Cristo.  Il vero Israele, il residuo, sarebbe stato salvato. Insieme ai credenti tra i Gentili, il residuo avrebbe formato il popolo di Dio del Nuovo Testamento.

I principi della vita nella nuova comunità cominciarono a prendere forma nella raccolta di discepoli da Israele. Cristo stava già dando ordini per la vita del nuovo popolo di Dio.

          Concetto principale: La nuova comunità verrà formata mediante il
                                                  vangelo del Regno.

          Come figli che sono esenti. Un po’ alla volta stava diventando chiaro che non tutti in Israele avrebbero scelto in favore del Signore Gesù. Da Israele e d’in fra le nazioni il Signore avrebbe raccolto per sé un nuovo popolo. Gesù cominciò a preparare i suoi discepoli per il compito che li attendeva. In varie occasioni parlò loro della vita del suo nuovo popolo.

Un giorno Gesù venne di nuovo a Capernaum con i suoi discepoli. Era tradizione che ogni Israelita dai diciannove anni in su pagasse una tassa del tempio di due dracme. A causa della sua lunga assenza, la tassa per quell’anno non era ancora stata pagata da Gesù e a quanto pare nemmeno da Pietro. Non appena giunsero in città, gli uomini che raccoglievano la tassa ne parlarono a Pietro chiedendo se il suo Maestro, che aveva un comportamento così peculiare, avrebbe rifiutato di pagarla. Pietro rispose che Gesù era uso pagarla e che pertanto questa questione sarebbe stata risolta.

Quando Pietro ritornò a casa, il Signore Gesù sollevò la questione chiedendogli da chi i re prendessero le tasse: dai loro figli e dai membri della loro famiglia, o dagli estranei? Pietro rispose: “Dagli estranei”. Il Signore Gesù quindi disse: “I figli dunque sono esenti”.

Nel regno dei cieli Gesù e i suoi discepoli erano come figli che sono esentati dal pagare le tasse. Nel periodo del Vecchio Testamento Israele era ancora in uno stato di schiavitù. Perciò dagli israeliti  veniva esatta una tassa per il servizio del tempio. Per il popolo di Dio del Nuovo Testamento non ci sono tasse di questo genere. Ma figli che sono esenti daranno volontariamente da ciò che posseggono al servizio del loro re.

Nondimeno il Signore Gesù e i suoi discepoli si sottomisero a leggi del Vecchio Testamento tutto i tempo che il vecchio patto fu ancora in vigore. Non pagare la tassa del tempio avrebbe potuto fornire ai giudei un pretesto per allontanarsi da Gesù. Perciò Gesù mandò Pietro a pescare; il primo pesce che avrebbe pescato avrebbe avuto in bocca una moneta d’argento, l’equivalente della tassa del tempio per due persone. Sarebbe bastato a pagare la tassa per il Signore Gesù e per Pietro. Pietro fece come il Signore gli aveva comandato e pagò la tassa. Come figli che sono esentati dal pagare le tasse Gesù e i suoi discepoli avevano tutto a loro disposizione. Per loro ci fu questa moneta persa e un pesce che la teneva in bocca. Se per fede nel Signore Gesù Cristo siamo diventati figli che sono esentati nel Regno di Dio, tutte le cose sono per noi anche se a volte sembra invece che ci siano contro.

          Come piccoli fanciulli. In quel tempo i discepoli ebbero una disputa su chi fosse il più grande nel Regno dei cieli. Cosa avrebbe dovuto essere o fare una persona per conseguire quell’onore? Che fossero impegnati in questa discussione dimostra che tutti loro smaniavano di essere riconosciuti come il maggiore.

Tale desiderio non è nello spirito del Regno della grazia. Perciò non dovrebbe mai sorgere in mezzo al popolo di Dio. Chiunque sia un cittadino di quel regno semplicemente riceve e trasmette ciò che ha ricevuto ma non si gloria della propria posizione in quel regno. Sa che Dio si prende cura di lui e ha determinato la sua posizione nel Regno affinché porti a Dio la massima gloria.

I discepoli non vedevano alcunché di male nella loro disputa. Pertanto decisero di portare la questione davanti al Signore Gesù. Gesù prese un piccolo fanciullo e lo pose in mezzo a loro. Poi disse ai suoi discepoli che sarebbero dovuti diventare come un piccolo fanciullo che non è ancora preoccupato per la propria posizione ma ha fiducia che suo padre si prenderà cura di lui. I discepoli non vivevano in quel modo, non appartenevano al Regno. Non c’è altro modo d’essere cittadini del Regno. Chi diventerà dipendente e fiducioso come un piccolo bambino sarà il maggiore nel Regno.

          Il valore di bambini. Le persone che sono diventate come fanciulli in questo modo sono di grande valore agli occhi del Signore. Chiunque riceve uno di tali fanciulli riceve il Signore stesso. Gesù lo intese realmente quando parlò del piccolo fanciullo — ma come similitudine di persone che sono diventate come fanciulli davanti a Dio. A noi piace ricevere persone di spessore e di prestigio ma disprezziamo quelli che sono piccoli davanti a Dio e insignificanti nel mondo. Il Signore Gesù stava dicendo: Guai a noi se facciamo così! Così si fanno le cose fuori dal suo Regno. Lì gli insignificanti sono calpestati sotto i piedi. Nel suo Regno ciò non può mai accadere. Se qualcuno avesse dei pregiudizi contro chi è minore sarebbe meglio per lui che fosse fatto annegare nel mare con una macina legata al collo talché non sarebbe più trovato neppure il suo cadavere.

Se noi stessi apparteniamo a quei minimi davanti a Dio, dobbiamo stare attenti non diventare superbi. Se ci fosse qualcosa che ci previene dall’essere umili davanti a Dio, dovremmo abbandonarla, anche se avesse per noi un grande valore. È meglio essere poveri e mutilati in questa vita e salvati per l’eternità che ricchi e sani ora e perduti per sempre.

Disprezzare i piccoli sulla terra sembra di scarsa importanza, ma in realtà non lo è. Hanno i loro angeli in cielo che sono mandati da Dio a servirli. Tanta è la grandezza della cura che Dio ha per loro. E ciò che dirime la questione è che il Signore Gesù è venuto a salvare quelli che erano perduti. Che grande gioia c’è in cielo per ciascuno di loro che è salvato!  È come la gioia di un pastore che aveva perso una delle sue cento pecore e la cerca finché la trova. Ogni pecora gli è preziosa. Altrettanto prezioso a Dio, infatti anche più prezioso, è ciascun fanciullo che è salvato. Dovremmo forse disprezzare uno di questi piccoli e farlo peccare?

          Comunione santa. Il peccato non può essere tollerato in chiesa, la comunità dei santi radunata da Dio. Se il peccato si fa vedere lì, deve essere punito. E se il peccatore non recepisce la punizione e non rompe col suo peccato, deve essere bandito dal circolo del popolo di Dio. Noi non possiamo disprezzare tale persona benché stia al di fuori del Regno di Dio. Dobbiamo cercare di recuperarla.

Nel popolo di Dio ci deve essere disciplina. Il Signore Gesù ha dato ai suoi discepoli il potere di dichiarare cosa è conforme con lo spirito del Regno e cosa non lo è. Se nel popolo di Dio tutti sono di una sola mente e di un solo cuore nell’esercitare la disciplina e la preghiera, Dio li benedirà e darà loro ciò che il loro cuore desidera. Se alcuni, non importa quanto pochi, sono riuniti nel nome del Signore Gesù Cristo, Egli sarà in mezzo a loro, porterà le loro preghiere presso il trono di Dio e benedirà il loro agire.

          Misericordia infinita. Il tema della disciplina stimolò Pietro a chiedere al Signore Gesù quante volte avrebbe dovuto perdonare il fratello in Cristo che peccasse contro di lui, Forse sette volte? Il Signore Gesù rispose: “Settanta volte sette”. In altre parole, sempre. Questa è la regola del regno dei cieli perché è il regno ove Dio perdona sempre ed è infinitamente misericordioso. Anche in questo aspetto dobbiamo dimostrare di essere figli del Padre.

Il Signore Gesù lo rese chiaro mediante una parabola. Un certo re fece i conti con i suoi servi. Uno di essi, che a quanto pare deve aver avuto una posizione importante, era indebitato per milioni. Il suo padrone stava pensando di vendere lui e tutto ciò che possedeva per ripianare il debito, ma l’uomo lo implorò in ginocchio di avere pazienza. Allora il padrone gli perdono l’intero debito. Lo stesso servo uscito di lì fece mettere in prigione uno dei suoi conservi perché gli doveva cinquanta euro e non riusciva a ripagarli. Quando il padrone seppe questo fatto si adirò moltissimo. Ritirò il suo perdono e condannò il servo ai lavori forzati finché avesse restituito tutto, il che significava l’ergastolo.

Come può Dio perdonarci se noi non perdoniamo di cuore quelli che ci hanno fatto del male? Se non perdoniamo semplicemente dimostriamo che non accettiamo in fede la grazia di Dio che perdona. E se accettiamo veramente quella grazia in fede essa ci ambierà ad immagine del Padre. Allora anche noi saremo felici di perdonare. Proprio come Dio perdona infinitamente, così dovremmo fare anche noi.


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