I Samuele 5-7
La caduta di Dagon davanti all’arca non ci mostra prima e soprattutto che Dio è più potente degli idoli pagani. Dobbiamo vederla come una rivelazione del Dio del patto. La sua grazia è più forte delle aspettative idolatriche di qualsiasi uomo, più forte di qualsiasi invenzione della carne. Dagon, insieme con qualsiasi altra cosa la gente usi per nascondersi dal Signore, sarà conquistato dalla grazia che è in Cristo Gesù. Quindi quest’episodio è anche una profezia che indica avanti al Cristo la cui salvezza è rivelata a tutti i popoli.
Questa rivelazione in Ashdod non sarebbe potuta avvenire se il Signore nella sua misericordia non fosse già ritornato al suo popolo. Senza il suo ritorno, l’arca non sarebbe stata un segno della sua presenza. Dobbiamo rammentare che l’arca era un segno del patto. Poiché il Signore aveva lasciato il suo popolo, egli non era più collegato col segno (l’arca), e permise che cadesse nella mani dei filistei. Ma Colui che prende l’iniziativa nel patto ritornò a Israele e perciò congiunse di nuovo a quel segno la sua speciale presenza.
Quando i filistei restituirono l’arca su un carro trainato da due mucche che allattavano, erano giustamente consapevoli che Dio non si era ritirato da questo mondo ma lo stava dirigendo nella sua sollecitudine. Quella sollecitudine era un veicolo della sua grazia, grazia che aveva promesso nel suo patto.
I filistei stavano rischiando un po’; stavano facendo un salto nel buio. Per fede, nel patto, noi rifiutiamo di prendere simili rischi. In fede noi aspettiamo confidenti la guida del Signore. Oggi godiamo di quella guida non in qualche segno speciale ma nella Parola del Signore.
Nella storia della consacrazione dei topi d’oro, il testo ebraico (I Samuele 6:18), presenta alcune difficoltà. Anziché “fino alla grande pietra di Abel” (KJV), si dovrebbe probabilmente avere: “La grande pietra è un testimone” (RSV), “A testimonianza di tutto ciò rimane oggi nel campo di Giosuè a Bet-Sèmes la grossa pietra, sulla quale avevano deposto l’arca del Signore” (CEI). Una simile difficoltà testuale compare nel verso successivo. In vecchie traduzioni si legge che il Signore colpì gli uomini di Beth-Scemesh: “cinquantamila e settanta uomini” (KJV). Probabilmente questa versione non dovrebbe essere accettata. Beth-Scemesh e il circondario non avevano cosi tanti abitanti maschi adulti.
Per 20 anni l’arca rimase a Kiriath-Jearim. Durante quel periodo i filistei oppressero Israele. L’opera di Samuele come giudice non cominciò che più di vent’anni dopo, alla fine di questo periodo iniziato con il raduno e le susseguenti vittorie a Mitspah. Nel frattempo Dio si era rivelato per mezzo di Samuele. Ma solo allora, per la prima volta, Samuele agì come giudice e cominciò a ripristinare Israele ad una corretta relazione con Dio.
Il ritorno del Signore fu anche una preparazione per presentare un re al suo popolo. Avrebbero ricevuto il loro re per mezzo di Samuele.
Concetto principale: Dopo aver abbandonato il suo popolo, il Signore
torna a loro affinché lo temano.
Agitazione tra i filistei. I filistei riuscirono a catturare l’arca perché i peccati di Eli e di tutto Israele avevano fatto sì che Dio voltasse le spalle al suo popolo. Quando questo avvenne, l’arca non era più un segno della sua presenza e potè cadere nelle mani del nemico.
I filistei ora pensarono di avere il controllo permanente su Israele, ovvero, sopra la grazia che Dio mostrava a Israele. In quella convinzione portarono l’arca ad Ashdod e la collocarono nella casa del loro dio Dagon. Credevano di aver troncato tutte le speranze d’Israele per il futuro. La grazia di Dio sarebbe ora stata soggetta al potere dei loro dèi.
Ma il Signore si ricorda del suo popolo. Nel suo favore ritornò a Israele. In quanto Colui che prende l’iniziativa nel patto, poteva farlo ancora e sempre, per amore di Cristo, anche prima che il popolo ritornasse a lui. Poiché Egli era tornato a Israele, l’arca divenne di nuovo un segno della sua presenza di grazia. Quella grazia, riservata a Israele sarebbe ora divenuta manifesta nel paese dei filistei.
I filistei avevano collocato l’arca nel tempio di Dagon. Il mattino successivo, la statua di Dagon fu trovata sul pavimento, con la faccia a terra davanti all’arca. I filistei attribuirono il fatto al caso e rimisero in piedi la statua. Ma il mattino dopo trovarono la sua testa e le sua mani sulla soglia del tempio, come se fossero state troncate via; di nuovo la statua era caduta prostrata davanti all’arca.
Qui abbiamo una chiara rivelazione che Dio nella sua grazia combatte contro le potenze del paganesimo. Proprio come l’idolo era senza testa e senza mani, il paganesimo sarebbe diventato stolto e impotente davanti a Dio, che doveva essere rivelato pienamente in Cristo Gesù. Ogni potenza avrebbe adorato Lui.
In più, la gente di Ashdod cominciò a soffrire di emorroidi. I loro campi, come i campi dell’intero paese dei filistei erano completamente divorati dai topi. La grazia che Dio mostra al suo popolo diventa giudizio su quelli che non se ne curano.
Ci furono problemi anche a Gath e a Ekron. Finalmente i filistei radunarono i loro principi per decidere come sbarazzarsi dell’arca. Avevano già deciso di rimandarla indietro, la questione era: come? Su consiglio di sacerdoti e indovini misero un cesto accanto all’arca e vi posero cinque emorroidi d’oro e tanti topi d’oro quante le città e i villaggi della Filistia invasi dai topi. I filistei speravano di riconciliare il Dio d’Israele per mezzo di quei doni, come se avessero mai potuto fare ammenda di un peccato contro la sua grazia mediante un tale dono!
Egualmente, i filistei non si sbagliavano nell’aspettarsi che sarebbero stati liberati da quella piaga una volta che l’arca fosse stata restituita. Benché non ci fu per loro una riconciliazione eterna, furono costretti a tenere un contegno di rispetto davanti al Dio di grazia.
Non erano completamente certi che le piaghe fossero collegate con la presenza dell’arca nel loro paese. Su consiglio degli indovini, posero l’arca su un carro nuovo al quale attaccarono due mucche che allattavano i cui vitelli furono riportati in stalla. Se le mucche avessero dimenticato i loro vitelli e si fossero incamminate verso il paese d’Israele spontaneamente, i filistei avrebbero potuto essere certi che erano state guidate dal Dio d’Israele. Che consapevolezza della cura di Dio dimostrarono! Percepirono che Dio non ci lascia nell’oscurità ma ci mostra la via! Nel loro modo pagano, rischiarono un atto di fiducia nella guida di Dio, senza pregare e al di fuori del patto del Signore. Le persone oggi fanno la stessa cosa quando cercano di imparare le istruzioni di Dio per loro da un segno, separatamente dalla sua Parola. In quel tempo Dio forniva guida per la vita per mezzo di segni speciali. Anche oggi dà ancora guida ma lo fa per mezzo della sua Parola.
Le mucche, col carro, presero subito la strada in direzione di Israele. I principi dei filistei le seguirono a una certa distanza fino al confine con Israele. Fu chiaro ai filistei che Dio stava di nuovo andando in cerca del suo popolo.
Imparare a temere Dio. Il carro si fermò a Beth-Scemesh. La gente del luogo stava mietendo il grano. Quando videro l’arca gioirono. Il ritorno dell’arca era sicuramente un miracolo di grazia; era un segno che Dio era ritornato al suo popolo!
Le gente di Beth-Scemesh fu entusiasta. Sacrificarono le mucche come olocausto al Signore usando il legno del carro e una grande pietra lì vicina. Fu loro permesso di offrire questo olocausto perché l’arca non era più a Sciloh: avevano il segno della presenza di Dio proprio lì in mezzo a loro. Per mezzo di questo olocausto rinnovarono la loro devozione al Signore. In più, fecero delle offerte di pace e tennero un pasto sacrificale nel quale godettero della presenza del Signore.
Che meravigliosa occasione! Però, a quanto pare la gente di Beth-Scemesh aveva dimenticato chi il Signore è realmente e quanta riverenza è dovuta alla sua presenza di grazia. Senza timore e riverenza non ci può essere fede. Per quanto il Signore venga vicino a noi nel suo patto, egli non è il nostro eguale. Egli è il Signore!
Sgombri di un senso di modestia e riverenza, alcuni abitanti di Beth-Scemesh guardarono dentro all’arca. La grazia del Signore non è oggetto di curiosità che possiamo usare per soddisfare i nostri istinti inquisitivi! Come risultato, 70 abitanti di Beth-Scemesh morirono,
Quando ciò avvenne, la gente di Beth-Scemesh non potè più sopportare la presenza del Signore. Ma non osarono mandare l’arca a Sciloh. Non era Sciloh forse contaminata dai peccati dei figli di Eli? Mandarono invece messaggeri a una vicina città più grande: Kiriath-Jearim. Il popolo di quella città venne a a prendere l’arca e la portò a casa di Abinadab, il cui figlio, Eleazar fu quindi designato perché ne avesse cura. Lì fu dimostrato al Signore il rispetto che richiede. In quel modo la gente dovette imparare di nuovo a temere il Signore.
L’inizio del governo di Samuele come giudice. Il ritorno dell’arca non significava ancora che Israele fosse riconciliato col Signore. È evidente che la gente non aveva la più pallida idea di cosa fare con l’arca. Benché tutto Israele debba aver udito del suo ritorno, l’arca fu lasciata dov’era. Il popolo non convocò un’assemblea degli anziani per decidere, alla presenza del Signore, cosa si dovesse fare.
Questa situazione si protrasse per 20 anni. Nel frattempo i filistei continuarono ad opprimere gli Israeliti. Finalmente tutto Israele cominciò a lamentarsi col Signore. Adesso era ora che Samuele, il precursore del re, assumesse l’ufficio di giudice in Israele. Egli mandò un messaggio per tutto il paese che le persone ritornassero al Signore con tutto il loro cuore e buttassero gli idoli che stavano servendo. Se si fossero rivolti esclusivamente al Signore per aiuto e avessero servito lui solo, egli li avrebbe liberati dai filistei.
Quando si rese conto che la gente gli dava ascolto, Samuele decise che era giunto il tempo della liberazione. Perciò radunò il popolo insieme a Mitspah, ove avrebbe avuto luogo la riconciliazione tra Dio e il popolo. Samuele pregò per il popolo, e fu versata dell’acqua davanti alla faccia del Signore. Con questo gesto la gente indicò che il loro cuore e la loro vita erano liquefatti sotto la giusta ira di Dio. Il popolo digiunò come segno che aveva perduto ogni diritto ai doni di Dio e confessò i suoi peccati. Così il popolo fu ripristinato alla giusta relazione col Signore, ed egli perdonò i loro peccati.
Quando i filistei udirono che il popolo d’Israele s’era riunito a Mitspah, si misero in marcia per affrontarlo in battaglia. Gli Israeliti ebbero paura. Erano troppo abituati ad essere più deboli dei filistei. Chiesero perciò a Samuele di non stare in silenzio ma di gridare al Signore a nome di tutti. Come avevano bisogno di un mediatore! Samuele fu in grado di assumere il ruolo di mediatore a motivo dell’unico mediatore, Gesù Cristo. Quando ci appelliamo a lui in nostro appello non è mai invano.
Samuele sacrificò un agnellino appena nato come olocausto al Signore. Quell’agnello, che offrì intero, era un segno dell’Israele appena nato. Israele sarebbe stato di nuovo consacrato al Signore come un tutto indiviso. Qui non dobbiamo dimenticare che Israele potè consacrarsi al Signore solamente perché il Cristo si sarebbe consacrato al Signore per Israele. In effetti, l’agnello indicava il Cristo.
Mentre Samuele stava offrendo il sacrificio, i filistei si avvicinarono per attaccare. Ma il Signore rispose immediatamente terrorizzando i filistei col fragore della sua voce. Il Dio d’Israele portò confusione sui filistei ed essi fuggirono. Tutto ciò che gli uomini d’Israele dovettero fare fu inseguirli.
Tra Mitspah e Shen Samuele eresse una pietra e la chiamò Eben-Ezer, che significa pietra d’aiuto. Quella pietra era un segno dell’inizio dell’aiuto di Dio. Il paese oppresso fu liberato e Israele ebbe sollievo.
Da quel momento in poi Samuele fu giudice. Ogni anno attraversava il paese insegnando alla gente le leggi del patto. Poi ritornava a Ramah, dove a quanto pare aveva preso la sua residenza dopo la caduta della casa di Eli. Da lì fece conoscere a tutto Israele la Parola del Signore. Il Signore si era volto di nuovo verso il suo popolo. Essi erano stati ripristinati alla giusta relazione con Lui e avevano un giudice di nuovo.
Tuttavia, tutto questo era temporaneo. Il popolo del Signore deve essere guidato da Cristo loro Re. Per mezzo di lui sono mantenuti nella giusta relazione con Dio. Tra non molto Israele avrebbe ricevuto un miglior tipo (figura) del Cristo nel re che fu comandato a Samuele di consacrare.