I Samuele 1-4
La cattura dell’arca avvenne probabilmente prima che Sansone comparisse sulla scena come giudice d’Israele. Se è così, il governo di Sansone come giudice coincise con la prima parte della carriera di Samuele. Nel periodo successivo alla vittoria sui filistei, Dio si fece conoscere in vari modi come il Dio del patto fatto con Israele.
Fu durante questo periodo che il bisogno di un re fu molto sentito dalla gente. In effetti il Signore aveva promesso un re al suo popolo (vedi Deuteronomio 17:14-20). Ciò che era peccaminoso nella loro richiesta di un re era il loro desiderio di riporre la loro fiducia in quel re anziché nel Signore che avrebbe dato loro un re nel tempo perfetto da lui scelto. In sé il desiderio di vedere realizzata la promessa del Signore era buona. A quel tempo tale desiderio era nell’aria.
In questi capitoli è fatta due volte menzione di un re. Anna canta che il Signore avrebbe dato forza al proprio re. E il profeta che annunciò la caduta della casa di Eli parla di un sacerdote fedele che camminerà sempre davanti alla faccia dell’“unto” di Dio.
In ultima analisi, la promessa di un re era un riferimento al Cristo. Più immediatamente, però, questi passi devono essere letti come applicati ai re teocratici come Davide. Ma non dobbiamo dimenticare del Cristo quando parliamo dei re teocratici, perché essi erano governati dal Cristo.
Per la venuta del re dovettero essere fatti dei preparativi. Samuele fu mandato per quello scopo, proprio come Giovanni Battista fu il precursore del Cristo. Il popolo doveva essere reso pronto a ricevere il re, ritornando a Dio e anche volgendo di nuovo il cuore dei figli ai loro padri. Si pensi della relazione tra Eli e i suoi figli, e della degenerazione di Israele sotto la guida dei figli di Eli.
Samuele fu il precursore del re perché fu un giudice, il lui la funzione di giudice fu combinata con la profezia. In Eli troviamo l’ufficio di giudice combinato col sommo sacerdozio.
A quanto pare, questo legame col sacerdozio promosse la crescita di un peccaminoso senso di familiarità col sacro, come constatiamo dal comportamento dei figli di Eli. Portò anche ad un vano affidamento nel santuario, come vediamo dalla sconsiderata decisione di portare l’arca in battaglia senza prima pentirsi.
Il sacerdozio sarebbe stato tolto alla casa di Eli, dichiarò il profeta. Eli era della linea di Ithamar, il secondo di figli rimasti ad Aaronne. Per qualche ragione sconosciuta, il sommo sacredozio era passato dalla linea di Eleazar a quella di Ithamar. Al tempo di Davide, Abiatar, che era della linea di Ithamar, ed era quindi un discendente di Eli, e Tsadok, che era della linea di Eleazar, sono menzionati insieme come sommi sacerdoti (II Samuele 15:24-29, 35; 19:11). Quando Salomone rimosse Abiatar da sommo sacerdote, questa funzione ritornò per sempre alla linea di Eleazar (I Re 2:26-27).
Tuttavia, in questa storia più tarda vediamo solo un compimento parziale del giudizio sulla casa di Eli. Per bocca del profeta, il Signore disse: “‘Io avevo dichiarato che la tua casa e la casa di tuo padre avrebbero sempre camminato davanti a me’ ma ora l’Eterno dice: ‘Lungi da me tal cosa!’” A quanto pare qui il Signore si stava riferendo alla promessa fatta ad Aaronne.
Nel peccato della casa di Eli ci è mostrato come l’intero sacerdozio terreno venisse distrutto dal peccato. È per quel motivo che fu annunciata la distruzione di quel sacerdozio. Quando il Cristo venne e il significato di quel sacerdozio di ombre fu compiuto in lui, egli trovò il sacerdozio terreno in completo degrado.
Quando Anna canta il suo cantico di lode, non canta solo della sua oppressione per mano di Peninna. In quanto credente, è unita con l’intero popolo del Signore nella sua oppressione. Ella canta del Signore che abbassa alcuni e rialza altri. Pertanto, quando canta del popolo del Signore non può fare a meno di cantare del loro Re. Nella sua esaltazione, le fu data una rivelazione di come il Signore dà forza al suo Re. La sua vita personale, la vita dell’intero popolo di Dio e la vita del Cristo sono tutte una nel suo cantico di lode. Il motivo dominante è la vita del Cristo. Lo stesso si può dire dei Salmi. Il cantico di Anna può similmente essere paragonato al cantico di lode di Maria (Luca 1:46-55), nel quale troviamo lo stesso filo conduttore.
Concetto principale: Il Signore prepara i cuori della gente del suo popolo
per la venuta del re.
La nascita del precursore. Al tempo dei giudici, quando Israele era oppresso dai filistei, ancor prima che il Signore mandasse Sansone, c’era un levita di nome Elkanah che viveva nella regione montuosa di Efraim. Elkanah aveva due mogli: Anna e Peninna. Ciò non era in accordo con la volontà di Dio. L’infelicità è sempre l’inevitabile risultato del prendere più di una moglie.
Così la tristezza era discesa sulla famiglia di Elkanah. Peninna aveva avuto figli, ma Anna no. Poiché Elkanah amava di più Anna, Peninna usava ogni opportunità per contristarla. Spinta dalla gelosia a causa dell’amore di Elkanah per Anna, Peninna la tormentava. Derideva Anna in modo particolare quando andavano a Sciloh per le grandi festività di culto. Sembrava come se la presenza del Signore facesse emergere il peccato nel cuore di Peninna con maggior vigore. E durante il pasto scarificale Elkanah peggiorava le cose dando ad Anna una porzione maggiore di quella che dava a Peninna o ai suoi figli dopo il sacrificio di rendimento di grazie. Satana dava il suo meglio per rovinare la comparizione di questa famiglia davanti al Signore nel suo santuario.
Un giorno la famiglia di Elkanahh fu di nuovo a Sciloh per celebrare una certa festività. Peninna derise Anna tutto il tempo della festa. Anna pianse. Suo marito cercò di confortarla dicendole che il suo amore avrebbe dovuto valere più di dieci figli, ma Anna non ne fu confortata. Sapeva che nella sua sterilità non stava contribuendo alla crescita del popolo di Dio. Non ci sarebbero stati suoi discendenti sulla terra quando il Messia sarebbe finalmente venuto. Piena di amarezza si alzò dal pasto sacrificale e versò il suo cuore davanti a Dio nel santuario. Questo le diede sollievo.
Anna pregò il Signore per un figlio e giurò che se il Signore avesse ascoltato la sua petizione avrebbe consacrato il figlio al Signore fin dalla sua fanciullezza. Sarebbe stato un nazireo a vita. Mentre stava pregando, Eli, il sommo sacerdote, stava seduto alla porta del tabernacolo.
Anna stava pregando in silenzio; si muovevano solo le sue labbra. Quando Eli la notò, pensò che fosse ubriaca e le disse di andare a smaltire la sbornia. Che Eli abbia assunto che fosse ubriaca mostra quanto in basso erano precipitate le cose in Israele. Dimostra inoltre che a Eli mancava la capacità di discernere l’opera dello Spirito del Signore. Dopo che Anna gli spiegò la ragione della sua presenza nel santuario, lo spirito di profezia si risvegliò in lui che profetizzò che il Signore le avrebbe concesso ciò che aveva richiesto in preghiera. Anna credette e chiese ad Eli di ricordarla nella sue preghiere perché sapeva che la profezia si sarebbe avverato solo attraverso la preghiera. Poi si alzò, una donna cambiata. Anna viveva per fede.
Dopo aver pregato alla presenza del Signore, Elkanahh e la sua famiglia tornarono a casa. Il Signore adempì la sua promessa e diede ad Anna un figlio maschio che ella chiamò Samuele, cioè ascoltata da Dio. Esattamente come aveva promesso non tornò a Sciloh finché non potè lasciare lì suo figlio in custodia ad una delle donne che servivano nel santuario. Con un sacrificio e un dono, Anna e suo marito portarono il bambino a Eli, e Anna rammentò ad Eli chi lei fosse. Eli glorificò il Signore per essersi rivelato così gloriosamente in Israele.
Guidata dallo Spirito, Anna cantò un cantico nel quale parlò della sua gioia nel Signore che glorifica se stesso nelle sue azioni ed è un rifugio per i suoi. Il Signore le aveva concesso di trionfare sui suoi nemici che erano anche nemici della grazia di Dio. Questo è sempre il modo di operare del Signore. Abbassa quelli che commettono ingiustizie e opprimono altri ed esalta gli oppressi. Un giorno avrebbe esaltato anche il Re che aveva promesso al suo popolo. Così Anna cantò del Cristo, il vero Re d’Israele, col quale Israele e tutto il popolo di Dio sarà esaltato. L’esaltazione di Anna era esempio e prova di quell’esaltazione.
Corruzione in Israele. Benché Anna non lo sapesse ancora, suo figlio avrebbe avuto una vocazione meravigliosa in Israele. Avrebbe preparato il popolo a ricevere il re che Dio avrebbe loro dato. La gente avrebbe dovuto tornare al Signore e ricevere il loro re dalla mano di Dio. In caso contrario quel re non sarebbe stato una benedizione per Israele.
La situazione nel popolo d’Israele stava degenerando da anni. E la cosa peggiore era che la corruzione aveva origine nel santuario. Gli stessi figli di Eli, Hofni e Fineas, profanavano la sacre funzioni e rubavano al Signore. Non prendevano dalle offerte solo ciò che era loro diritto secondo la legge di Mosè; quando qualcuno stava cuocendo un pasto sacrificale prendevano tutto quello che potevano pescare dalla pentole con un forchettone. E rendevano le cose ancor peggiori quando usavano la forza per rubare alla gente che offriva sacrifici: prendevano il grasso e le parti migliori dell’animale che erano invece da dedicare al Signore sull’altare. Provocavano il Signore volontariamente.
Samuele crebbe in questo ambiente. Miracolosamente fu trattenuto da questo peccato. Il favore di Dio lo stava custodendo. Quella fu una risposta alle preghiere di sua madre. Ogni anno sua madre gli faceva una piccola tunica, indumento che era necessario al ragazzo per il suo servizio nel santuario. Ogni volta la nuova tunica era un segno della sua volontà di adempiere il suo voto. La tessitura della tunica era accompagnata da molta preghiera. Vedendo tale fede ed obbedienza Eli benedì Elkanahh e Anna e pregò per loro chiedendo al Signore di dare loro altri bambini. Anche quella preghiera fu concessa: il Signore diede loro altri tre figli e due figlie.
Nel frattempo, l’empia condotta dei due figli di Eli continuava. Commettevano adulterio con le donne che venivano al tabernacolo e portarono Israele lungo il sentiero del peccato. Molti del popolo li seguirono arrendendosi al peccato. Ovviamente, Eli udì da alcuni del popolo le proteste contro i suoi figli. E in effetti li avvertì. Disse loro che se un uomo pecca contro un altro uomo, ci saranno dei giudici che lo giudicano ma avrà sempre la possibilità di pregare Dio per il perdono, ma proseguì ammonendo che quando un uomo interferisce con le cose sacre del Signore e indurisce il suo cuore contro di lui, allora non c’è più spazio per la preghiera.
I figli di Eli non gli diedero retta. Per loro il tempo della misericordia era passato. Il Signore voleva farli morire perché la loro vita era stata corrotta dal peccato troppo profondamente. Anche Eli era da biasimare: benché quand’era divenuto vecchio avesse messo in guardia i propri figli, non aveva mantenuto una rigida disciplina quando stavano crescendo.
Infine venne da Eli un profeta che annunciò nel nome dell’Eterno che la famiglia di Eli era destinata a cadere. Dio avrebbe rimosso l’ufficio di sommo sacerdote dalla linea di Eli e l’avrebbe sostituito con un sacerdote fedele che avrebbe servito il Signore insieme al re che sarebbe venuto. La forza della casa di Eli sarebbe stata stroncata: nessun uomo della sua casa sarebbe diventato vecchio. Chiunque fosse rimasto della casa di Eli quando quel fedele sacerdote avrebbe assunto il proprio ruolo sarebbe venuto da quel sacerdote mendicando un lavoro e un tozzo di pane.
Quel giudizio fu successivamente compiuto quando il Signore chiamò qualcuno da un’altra famiglia all’ufficio di sommo sacerdote. Il nuovo sommo sacerdote servì il Signore insieme al re. Infine, la promessa implicita in quel giudizio fu compiuta nel Cristo che è contemporaneamente sia sommo sacerdote che Re.
Il giudizio sulla casa di Eli fu un giudizio della misericordia di Dio sul suo popolo. Siccome la casa di Eli aveva portato Israele ad allontanarsi dal Signore, sarebbe stata punita severamente. L’onore del Signore, cioè, l’onore della misericordia del Signore sul suo popolo, era stato profanato dalla casa di Eli. Per quella ragiona sarebbe perita. Il Signore è fedele al suo patto col suo popolo.
La chiamata del profeta. In quei giorni il Signore parlava col suo popolo solo molto raramente. Non era rimasto alcun profeta. Non c’era nessuno che potesse parlare a nome del Signore e far conoscere al popolo la sua parola. Però, il Signore intendeva chiamare Samuele come profeta. Per mezzo di lui il Signore avrebbe di nuovo parlato al suo popolo. Ma Samuele non aveva mai sentito il Signore parlargli. La prima volta che il Signore gli si rivolse fu per lui una strana esperienza.
Una notte, ancor prima che la candela che bruciava nel santuario si spegnesse, il Signore chiamò Samuele. Samuele andò direttamente al fianco del letto di Eli, pensando che Eli, che nella sua vecchiaia era diventato cieco e invalido, lo avesse chiamato. Ciò avvenne tre volte. Finalmente Eli comprese che era il Signore a chiamare Samuele. La quarta volta Samuele rispose come gli aveva insegnato Eli: “Parla, Signore, perché il tuo servo ascolta”. Allora Samuele udì la prima rivelazione che il Signore gli fece e fu una rivelazione terribile. Il Signore disse che sarebbe presto venuto il giorno in cui avrebbe eseguito il suo giudizio sulla casa di Eli. Era troppo tardi per fare qualsiasi cosa a quel riguardo. Il giudizio sarebbe stato così terribile che sarebbero rintronate le orecchie di chiunque l’avrebbe udito.
Presto Samuele avrebbe dovuto far conoscere questa profezia ad Eli. In questa primissima occasione, egli imparò quanto possa essere difficile fare ciò che il Signore ha comandato, e quanto possa andare contro le nostre inclinazioni di carne e sangue. Ma se la Parola del Signore è veramente giunta a noi e ha preso possesso di noi, non possiamo liberarci dalla sua influenza. La prima chiamata del Signore fu pertanto decisiva per l’intera vita di Samuele. Sebbene noi non udiamo la chiamata di Dio in questo modo e non riceviamo una chiamata particolare a servire in qualità di profeti di Dio, il Signore ci chiama effettivamente mediante la sua Parola a servirlo nel tutto della vita.
Al mattino Samuele prese tempo mentre apriva le porte sul cortile. Non trovava alcun stimolo nel prospetto di dire a Eli ciò che il Signore gli aveva rivelato. Allora Eli chiamò Samuele. Notò che Samuele era riluttante così gli ordinò di dirgli tutto ciò che aveva udito dal Signore. E Samuele lo fece. A quel punto Eli chinò il capo e disse: “Lui è il Signore. Faccia quello che gli par bene”. Quando udiamo tali parole da uno che aveva dedicato la sua intera vita al servizio del Signore, percepiamo in esse la vittoria della fede. Anche il Cristo, conquistò quella vittoria quando disse: “Sia fatta non la mia, ma la tua volontà”. Che sia possibile che Eli non avesse combattuto abbastanza nella sua vita?
Dopo quella prima occasione, il Signore continuò a rivelarsi a Samuele ed è chiaro che adempì tutto ciò che aveva annunciato al popolo per mezzo di Samuele. Il popolo intero cominciò a vedere che il Signore aveva dato loro un profeta e Samuele cominciò a ricondurre il popolo al Signore, a ricondurlo al suo patto e alla sua Parola. Con ciò avrebbe potuto cominciare a preparare il popolo a ricevere il re che il Signore avrebbe dato loro. Proprio in tal modo Giovanni Battista fece i preparativi per la venuta del Signore Gesù Cristo. Il governo di grazia dello Spirito del Signore Gesù Cristo nei nostri cuori come verrà se non per la sua Parola?
Ikabod. Il compimento del giudizio sulla casa di Eli e di Israele giunse in modo diverso e molto prima di quanto la maggior parte della gente si aspettasse. In quel tempo gli Israeliti erano ancora oppressi dai filistei. Forse gli israeliti erano diventati un po’ più coraggiosi a motivo delle azioni di Sansone. In ogni caso, misero insieme un esercito e marciarono per ingaggiare battaglia nel territorio di Beniamino. Ma i filistei sconfissero gli israeliti; 4000 uomini furono uccisi. Ora per gli israeliti si affacciava la prospettiva di una completa soggezione ai filistei.
Tornando all’accampamento, gli anziani si chiesero perché il Signore avesse abbandonato Israele. Non maturarono la sola vera e ovvia risposta, ovvero le abominazioni che avvenivano in Israele. Fintantoché ci è possibile coprire la realtà e cercare la causa delle nostre disgrazie al di fuori di noi stessi, lo facciamo.
Gli anziani considerarono di portare l’arca in battaglia. Allora sì che il Signore sarebbe stato con loro. Che peccaminoso e superstizioso concetto! L’arca era certamente il segno della presenza del Signore, ma il Signore rivelava e si donava in quel segno solo a un popolo che si stringeva a lui in fede.
L’arca fu portata sul campo di battaglia accompagnata da Hofni e Fineas. Come osarono farlo questi uomini che avevano profanato il servizio del Signore? Gli israeliti avevano introdotto un segno abominevole nell’accampamento. Come avrebbero presto scoperto in effetti stavano supplicando il Signore che si rivoltasse contro di loro completamente.
Quando l’arca fu portata nell’accampamento, l’intero esercitò lanciò un grido di gioia. I filistei udirono le grida. Quando seppero il motivo per quel giubilo tra gli israeliti, ebbero paura. Ma quello non era il terrore del Signore che li avrebbe paralizzati. Al contrario, si dissero l’un l’altro: “Siate forti, agite da uomini!”
La battaglia terminò in una grande sconfitta per Israele. Caddero trentamila fanti, l’arca fu catturata e Hofni e Fineas furono uccisi. La catastrofe colpì. La cosa peggiore di tutte era che l’arca era stata persa: era caduta nelle mani del nemico. Questo non era mai accaduto prima nella storia d’Israele. Quando gli israeliti persero il possesso dell’arca, il Signore dipartì da suo popolo. L’onore di Israele, il suo onore come popolo del patto della sua grazia, era perso. Che ne sarebbe stato ora del popolo?
Come risultato di questa catastrofe, la speranza d’Israele doveva spegnersi. Un beniaminita corse a Sciloh per portare notizia del disastro. Quando la gente udì la notizia, l’intera città si mise a piangere. Eli chiese cosa fosse tutto quel trambusto. Con che ansia stava attendendo il risultato della battaglia! E ora udì che il suo popolo era stato sconfitto, che i suoi figli erano morti, e che l’arca era stata catturata dai filistei. Quando udì la notizia peggiore di tutte fu così sconvolto che cadde all’indietro e si ruppe l’osso del collo.
Anche la moglie di Fineas, che stava spettando un bambino, udì la notizia. Anche lei fu sconvolta soprattutto per la perdita dell’arca. Mentre dava alla luce il figlio, morì di puro orrore per tutto l’accaduto. Le donne che la stavano aiutando cerarono di instillare in lei della speranza dicendole che aveva partorito un maschio. Ma la speranza non poteva più vivere in lei. Mentre moriva, chiamò suo figlio Ikabod, vale a dire: la gloria s’è allontanata.
Tenebre totali erano discese su Israele. La speranza doveva morire. Tuttavia sia Eli sia la moglie di Fineas furono sconvolti più di tutto dalla notizia che l’arca era stata catturata dal nemico. Questo dimostrava che la vera vita e il timore del Signore non eran ancora interamente morti.
Eli fu migliore in morte che in vita. E quando la moglie di Fineas morì si guadagnò gloria immortale. Dio non avrebbe abbandonato l’opera delle sue mani in Israele. Da questa morte Israele sarebbe sorto di nuovo, per amore del Cristo, che fu morto e ora vive. Un giorno, per mano di Samuele, Israele avrebbe ricevuto dal Signore un Re per la sua liberazione.