II Re 5-6:7
Sappiamo che Naaman fu curato per fede ma non sappiamo se la sua fede fosse vera fede. Non abbiamo prove che fosse niente di più che una fede nelle potenze magiche. Effettivamente disse: “Ora riconosco che non c’è alcun Dio in tutta la terra, se non in Israele!”. Queste parole certamente risuonano come se la sua fede fosse vera ma non sono conclusive. Anche se fosse stata solo una fede in potenze magiche, per la fede sarebbe ancora una forma genuina.
Non possiamo chiamare superstizione il fatto che volle portare con sé un carico di terra nera d’Israele. In quei giorni il Signore era effettivamente legato con quella terra in modo speciale.
Benché Eliseo abbia detto a Naaman: “Va in pace” non dobbiamo concludere che abbia sdoganato il suo inchinarsi nella casa di Rimmon. Benedì Naaman augurandogli la pace di Dio. Se solo quella benedizione fosse stata accettata per fede!
Certamente Naaman venne in Israele aspettandosi di essere curato da qualche potenza magica. Per mezzo delle parole di Eliseo dovette imparare cosa sia la fede. Successivamente volle ancora ripagare ancora il profeta in qualche modo e con ciò ripagare il Signore per averlo guarito. A quel punto dovette imparare che ciò che il Signore dà è un dono che non può essere ripagato, un dono che deve essere tenuto caro puramente come dono. Nello stesso modo, noi dobbiamo imparare a sottometterci alla grazia.
Quando il discepolo dei profeti perse il ferro della scure, ciò che disse dell’ascia fu che l’aveva ricevuta quando l’aveva chiesta, non che l’aveva presa in prestito. E, a quanto pare, quella è la ragione per cui aveva per lui grande valore. Per mezzo del ritrovamento miracoloso del ferro dell’ascia imparò a possederla come dono del Signore, insieme a tutta la casa che stavano costruendo.
Concetto principale: Ciò che il Signore ci dà può solo
essere accettato come dono.
In cerca di potere magico. In quei giorni, il comandante in capo dell’esercito siriano era un uomo di nome Naaman. Il suo re lo stimava tantissimo, ma era un lebbroso. A quanto pare, in Siria, i lebbrosi non venivano banditi dalla società come lo erano in Israele. Malgrado Naaman fosse colpito con una malattia mortale, era in grado di ricoprire una posizione di rilievo nel governo.
In uno dei loro raid in Israele, una banda di siriani aveva catturato una giovane che poi divenne una schiava nella casa di Naaman. Questa schiava aveva compassione per il suo padrone perciò disse alla sua padrona: “Oh, se il mio signore potesse andare dal profeta che è in Samaria, certamente egli lo libererebbe dalla sua lebbra”. In questo modo la ragazza stava spandendo il messaggio della potenza della grazia che c’era in Israele. Se ella lo comprendesse appieno oppure no, non sappiamo, ma in ogni caso, ella parlò della grazia che, per amore di Cristo, copriva Israele.
Quando Naaman parlò al re del suo desiderio di visitare Israele per trovarvi guarigione, il suo padrone fu felice di lasciarlo andare e gli diede una lettera di presentazione per il re d’Israele. Naaman arrivò a Samaria carico di tesori. È ovvio che Naaman e il re di Siria consideravano il potere del profeta un potere magico. Sicuramente il re d’Israele avrebbe avuto autorità su quel mago!
Quando il re d’Israele lesse la lettera con la richiesta di guarigione per Naaman, si stracciò le vesti. Non si rese conto che il re di Siria alludesse ai poteri magici di Eliseo. Pensò che la Siria stesse cercando un pretesto per dichiarargli guerra.
Eliseo lo venne a sapere e chiese a Joram di mandare Naaman da lui. Non si cercò nessun mago, come nelle nazioni pagane; Naaman dovette andare dal profeta del Signore.
Naaman giunse alla porta di Eliseo coi suoi carri, cavalli e doni. Finalmente avrebbe visto il mago! Quel mago avrebbe probabilmente invocato il nome del suo dio, pronunciato qualche formula magica, colpito le parti malate con le sue mani, e Naaman sarebbe guarito.
Le cose non andarono proprio come Naaman si era aspettato. Uno dei servi di Eliseo uscì e gli disse di bagnarsi sette volte nel Giordano, promettendo che in quel modo sarebbe stato curato. Adirato, Naaman fece dietro front per tornare al suo paese. Se avesse voluto bagnarsi l’avrebbe fatto nei fiumi di Siria che erano molto più puliti delle acque fangose del Giordano!
Che differenza c’è tra la fede nella Parola del Signore e le aspettative dei pagani! Com’è difficile per noi sottometterci in fede a quella Parola e zittire le nostre menti incredule e razionalizzanti!
Un dono per Naaman. In quel momento cruciale, i servi di Naaman parlarono al loro padrone: “Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una grande cosa, non l’avresti fatta? Perché non farne una di semplice?” Senza dubbio anche questi servi si erano aspettati una cura magica. Ma pensarono che la questione era superata e conclusero che valesse la pena provare.
È quasi come se i servi di Naaman ci istruiscano riguardo alla fede. Dobbiamo imparare questa lezione continuamente. Se c’era qualcosa di grande che avremmo dovuto fare per la nostra salvezza saremmo certamente stati disposti a farlo. Allora l’onore per la nostra salvezza sarebbe stato nostro. Ma tutto ciò che il Signore chiede da noi è che crediamo nella sua Parola.
Probabilmente Naaman aveva sentito parlare del Dio d’Israele e del suo profeta dalla sua giovane schiava. Ora si asciò persuadere dai suoi servi. Le loro parole lo fecero vergognare. In fede si aspettò la guarigione dal Dio d’Israele. Si bagnò sette volte nel Giordano e fu mondato della sua lebbra; la sua carne, devastata dalla malattia divenne come quella di un piccolo fanciullo. Così Dio purificherà le nostre vite mediante la fede. Per amore del Cristo, in Israele c’era questo potere miracoloso.
Pieno di gioia, Naaman tornò da Eliseo e confessò: “Ora riconosco che non c’è alcun Dio in tutta la terra, se non in Israele”. Riconobbe il Signore come l’unico vero Dio, il Dio al quale doveva la sua guarigione.
Quella fu fede da parte di Naaman. Tuttavia, voleva ripagare il Signore per mezzo del profeta. Ma il profeta, invocando il nome del Signore, rifiutò i doni che Naaman gli aveva offerto. Naaman doveva imparare ad accettare ciò che Dio gli aveva dato come un puro dono, un dono che non avrebbe mai potuto essere ripagato. E doveva tesorizzarlo come dono. Doveva imparare a vedere la grazia di Dio donata.
Naaman giunse a vederla interamente in quella luce? Egli disse che non voleva più servire nessun altro dio, e chiese il permesso di riportare indietro con sé un po’ della terra d’Israele. Non era forse il Signore legato a quella terra in modo speciale nel suo patto?
Naaman chiese anche che non gli fosse imputato come peccato quando, nel servire il suo padrone, si sarebbe dovuto inchinare nella casa del dio Rimmon. Tutto ciò che Eliseo rispose fu un laconico: “Va in pace”. La pace del Signore doveva posarsi su Naaman! E quella pace sarebbe effettivamente stata con lui se l’avesse accettata in fede, se avesse accettato in fede qualsiasi cosa il Signore gli avrebbe dato.
Non il momento di accettare doni. Ghehazi, il servo di Eliseo, aveva assistito alla discussione. La sua avidità si era eccitata per i doni che Naaman aveva offerto. Inseguì il carro, raccontò una bugia a Naaman, e ricevette da lui due talenti d’argento e due sontuosi vestiti. Prima di ritornare in città, Ghehazi licenziò i due giovani che avevano trasportato i doni e nascose il bottino in casa sua.
Ritornò da Eliseo e fece finta di niente. Ma il Signore aveva rivelato tutto al profeta. Quando Eliseo chiese a Ghehazi dove fosse stato, egli gli diede una risposta fuorviante. Allora Eliseo lo rimproverò, chiedendogli: “Era forse il tempo di accettare doni?” Il Signore aveva voluto insegnare a Naaman di accettare il suo dono puramente come dono. Naaman doveva imparare a vivere per fede nella grazia donata dal Signore.
Ghehazi aveva ostacolato l’opera della grazia del Signore nella vita di Naaman mentre avrebbe dovuto essere il servo del profeta e, come tale, servo della grazia del Signore. Per quella ragione la lebbra adesso si sarebbe attaccata a lui. Lasciò la presenza di Eliseo da lebbroso, bianco come la neve. Che sarà di noi se ostacoliamo la grazia del Signore e la rigettiamo per incredulità?
Il dono ai discepoli dei profeti. In un certo luogo dove vivevano alcuni discepoli dei profeti, l’abitazione era diventata troppo piccola. Questi uomini vivevano molto sobriamente, talvolta in povertà, a seconda di ciò che la gente era incline a dare loro. Chiesero ad Eliseo il permesso di costruire una nuova casa presso il Giordano. Avrebbero tagliato il legname essi stessi. Su loro richiesta, Eliseo andò con loro.
Mentre uno di loro era intento a tagliare un tronco, il ferro della sua ascia volò via dal manico e cadde nell’acqua. Allora l’uomo effuse il suo lamento davanti ad Eliseo. Era doppiamente deplorevole che l’ascia fosse andata persa perché era stata un dono. Quest’uomo dava valore a un dono.
Allora Eliseo gettò in acqua un pezzo di legno e il ferro dell’ascia venne in superficie dove il discepolo del profeta poteva afferrarla. Le forze della natura non funzionano separatamente da Dio, neppure la forza di gravità che aveva fatto affondare il ferro dell’ascia. Le forze della natura operano come il Signore intende che operino e le rende tutte ancillari alla sua grazia verso il suo popolo. Qui ci è dimostrato che la grazia di Dio in Cristo governa tutte le cose. Per amore di Cristo tutte le cose saranno per il nostro bene.
Dopo questo avvenimento, l’uomo che aveva perso il ferro dell’ascia deve aver posseduto la sua ascia in uno spirito differente. Deve essergli stata ancor più preziosa in quanto dono della grazia del Signore, una prova del suo favore. Questo valeva non solo per l’ascia, ma anche per la nuova casa. Tutti questi discepoli dei profeti impararono a vedere la loro nuova casa, il loro ufficio profetico, e le loro vite intere alla luce della lezione che avevano imparato dalla storia dell’ascia. Così, noi dobbiamo in ogni cosa imparare a vedere e possedere il miracolo della grazia di Dio in Cristo. C’è qualcosa che possiamo non accettare come dono di quella meravigliosa grazia?