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37: La terra intera è mia

II Re 3

La grande difficoltà in II Re 3 risiede nelle parole: “Vi fu allora grande indignazione contro quei d’Israele” (v. 27). Questo non può significare che Israele si indignò per il sacrificio umano fatto dal re di Moab, infatti perché si sarebbero poi ritirati da Mesha e dalla sua capitale anziché distruggere Moab per cotale abominazione? Il testo deve significare che il Signore s’indignò con Israele. Israele non era senza colpa in questo sacrificio umano. Con la loro sistematica distruzione di Moab spinsero Mesha a questo gesto estremo.

Questo ci mostra quanto peccaminosa fu la distruzione di Moab da parte di Israele. È vero che Israele stava agendo su consiglio di Eliseo, nei versi 16 e di nuovo a 17 si legge: “Così dice l’Eterno”. In quei testi, che promettono un rimedio per la mancanza d’acqua, Dio aveva parlato. Eliseo poi concluse da sé, e la sua conclusione era corretta, che il Signore avrebbe anche consegnato i moabiti nelle mani degli israeliti.

Ma quando Eliseo procedette a consigliare Israele di distruggere totalmente la terra di Moab, parlò in modo contrario alle intenzioni del Signore. Solo i canaaniti dovevano essere distrutti totalmente, ma anche la loro terra non fu distrutta: Israele ci visse. Dopo tutto, tutta la terra è del Signore e non deve essere distrutta inutilmente. Israele era stato chiamato ad essere una benedizione per la terra. Quando il Signore adottò fra tutti i popoli Israele come sua particolare possessione, disse espressamente: “Tutta la terra è mia” (Esodo 19:5).

In aggiunta, il consiglio di Eliseo contraddiceva il comandamento della legge di Mosè che dice che gli alberi da frutto devono essere risparmiati (Deuteronomio 20:19-20). C’è un parallelo tra questa futile distruzione di terreno da parte di Israele e Mesha che sacrifica suo figlio a un idolo: ambedue sono privi di significato.

Qui si solleva la domanda: come ha potuto Eliseo dare in consiglio così contrario alle intenzioni del Signore? Non aveva ricevuto una doppia porzione dello Spirito che era stato su Elia? Per trovare la risposta a questa domanda, dobbiamo osservare altri due dettagli nella storia. Come era accaduto che Eliseo stesse marciando con l’esercito, apparentemente senza ordini da parte di Dio? Il suo bisogno di un suonatore non indica forse da parte sua una mancanza di disponibilità a ricevere la rivelazione di Dio?

A quanto pare un’ondata di nazionalismo aveva colpito Israele ed  aveva avuto i suoi effetti anche su Eliseo. Considerò questo suo nazionalismo in linea con la sua chiamata profetica, e in un certo senso lo era, perché parte della sua vocazione era fare in modo che Israele si elevasse in faccia ai suoi nemici stranieri. Quell’elevazione sarebbe dovuta avvenire nel nome del Signore. Ma quanto facilmente tale elevazione nazionale diventa profana! Allora non è più una questione del Signore ma della nazione in sé.

Qualcosa di questo spirito deve aver fatto presa anche su Eliseo. Per questa ragione era in marcia con l’esercito e per questa ragione ebbe bisogno del menestrello. Preso in questo spirito diede un consiglio che era nazionalistico nel senso peggiore della parola.

Eliseo era solo all’inizio della sua carriera di profeta e dal modo in cui la campagna terminò aveva ancora molto da imparare. Sembra che l’indignazione del Signore si sia dimostrata nel numero dei caduti nella coalizione. Per mezzo di questi eventi, Eliseo fu purificato come profeta.

Giosafat era già stato ammonito in precedenza per la sua alleanza con Achab. Fu anche punito per quella con Achazia (vedi II Cronache 19:2; 20:35-37). Ma qui il caso è in qualche modo diverso. In un certo senso, questa alleanza non fu una questione di scelta arbitraria da parte sua; fu necessaria per proteggere gli interessi di Giuda. Se Moab avesse potuto mantenere la propria indipendenza da Israele, quanto facile sarebbe stato per Edom dichiarare la propria da Giuda! Da tutti i lati, i nemici stavano minacciando di liberarsi e di fare guerra.

È possibile che Giosafat abbia chiesto la volontà del Signore prima di imbarcarsi in questa campagna militare. Giosafat potrebbe aver fatto riferimento a questo quando esclamò: “Ahimè, l’Eterno ha chiamato insieme questi tre re, per darli nelle mani di Moab!”. In ogni caso, il favore del Signore era su questa campagna almeno all’inizio, come rende chiaro la liberazione dalla prima difficoltà.

          Concetto principale: Il Signore dà la grazia al suo popolo
                                                   per benedire la terra intera.

          Orgoglio nazionale. Dopo il suo breve regno il figlio di Achab Achaziah fu succeduto al trono da suo fratello Jehoram. Durante il regno di Jehoram ci fu un’ondata di nazionalismo. Jehoram non permise che il culto di Baal, che era stato importato da altre nazioni, continuasse. Israele aveva il proprio Dio nazionale, cioè Yahweh, e Lui era adorato in forma nazionale a mezzo dei vitelli d’oro a Dan e Bethel. Così, Jehoram eliminò le immagini di Baal dal paese  ma il Signore era per lui solo un dio nazionale come gli dèi che le nazioni adoravano. L’abominio del culto alle immagini (i vitelli d’oro) rimase.

I moabiti avevano già dichiarato la loro indipendenza da Israele dopo la morte del re Achab e Achazia non era stato capace di punirli per questo fatto. Quando fu chiaro che il tributo di 100.000 agnelli e la lana di 100.000 montoni non sarebbe arrivato, Jehoram decise di muovere guerra a Masha, re di Moab. Mobilitò il suo esercito e uscì da Samaria. A quanto pare il popolo era entusiasta di questa campagna militare. Avrebbero ripristinato l’onore d’Israele! A loro interessava l’onore d’Israele, non quello del Signore.

Jehoram mandò messaggeri a Giosafat, il re di Giuda, chiedendogli di scendere in campo con lui. Giosafat accondiscese subito pensando che se Moab poteva ribellarsi impunemente contro Israele, anche Edom avrebbe un giorno potuto dichiarare la propria indipendenza da Giuda.

Quando Giosafat chiese quale strada per Moab avrebbero dovuto prendere, Jehoram suggerì di seguire la riva meridionale del Mar Morto. Sarebbe stato possibile passare da nord del Mar Morto, che sarebbe stato più corto, ma da quella parte Moab aveva solide fortificazioni e sarebbe stato in allerta. La via meridionale richiedeva una marcia di diversi giorni attraverso il deserto, ma si pensò che in quel periodo dell’anno (tarda primavera) ci sarebbe ancora stata acqua nei ruscelli. E, dal lato sud, Moab era completamente scoperto.

Israele e Giuda marciarono insieme attraverso il deserto e fecero scendere in campo con loro anche il re di Edom e il suo esercito. Benché non fosse un alleato affidabile, così almeno potevano tenerlo d’occhio in modo che non li attaccasse inaspettatamente dal retro.

          Per amore di Davide. Marciarono insieme attraverso il deserto per sette giorni. Quando, ai confini di Moab, non trovarono acqua, furono colti dalla paura. Gli eserciti stavano morendo di sete, se i moabiti li avessero attaccati adesso, sarebbero stati indifesi.

Jehoram, che aveva progettato la campagna fu i primo a disperarsi. Si lamentò che il Signore avesse messo insieme i tre eserciti per darli nelle mani dei moabiti. Così biasimò il Signore per la loro situazione, dimenticando che la convocazione alla battaglia era venuta da lui e non dal Signore. Probabilmente la cooperazione di Giosafat lo aveva convinto che questa campagna fosse in accordo con la volontà del Signore. Quanto poco conosceva il Signore, e quanto poco riusciva a trovare forza in lui in tempo di bisogno!

Giosafat chiese se ci fosse un profeta del Signore al seguito degli eserciti. Un profeta avrebbe potuto chiedere al Signore cosa fare.  Un profeta con l’esercito c’era: Eliseo.

Come gli era successo di essere lì? A quanto pare si era unito all’esercito di propria volontà. Dopo tutto, in ballo c’era la causa d’Israele. Anche Eliseo era stato influenzato da entusiasmo e orgoglio nazionale. Ma ci vedeva chiaro a sufficienza per cui gli fu permesso di darsi alla causa d’Israele solo per amore del Signore? È evidente dal resto della storia che Eliseo non vedeva più questo punto con chiarezza.

Sotto la guida di Giosafat i tre re andarono da Eliseo. Non lo mandarono a chiamare: onorarono la Parola del Signore, che era con lui, andando loro da lui.

Eliseo si rivolse per primo a Jehoram dicendogli che avrebbe fatto meglio ad andare dai profeti di Baal. Ma Jehoram negò il suggerimento. Il fatto era che lui aveva eliminato i Baal e credeva di essersi così guadagnato il favore del Signore. Ma perché il Signore lo aveva ora portato lì per dare lui e i suoi alleati nelle mani dei moabiti? Siccome c’era coinvolto così tanto imbroglio e incomprensione, Eliseo ignorò Johoram e giurò per il Signore che avrebbe preso in considerazione la loro richiesta di conoscere la volontà del Signore solo per amore di Giosafat.

A quanto pare Eliseo non era nella condizione mentale adatta per ricevere la Parola del Signore. Chiese perciò un menestrello, un suonatore d’arpa che desse riposo alla sua mente. Gli fu concesso ed Eliseo riuscì a proclamare la Parola del Signore. Nel nome del Signore ordinò che fossero scavate molte buche nella valle. Profetizzò che queste buche sarebbero state riempite d’acqua benché gli eserciti non avrebbero visto né vento né pioggia. Dalla promessa di questo miracolo di grazia, Eliseo trasse  giustamente la conclusione che il Signore avrebbe anche dato i moabiti nelle loro mani.

Molto presto, il mattino dopo, quando nel tempio veniva fatta l’oblazione di cibo, l’acqua venne dalla direzione di Edom e riempì le buche. A quanto pare il Signore aveva fatto piovere sulle montagne di Edom durante la notte. L’acqua scese a valle e riempì le buche. Così furono dissetati uomini e bestie.

Quel mattino stesso i moabiti marciarono contro gli eserciti alleati. Dalle alture guardarono giù nella valle da distante: proprio in quel momento il sole che stava sorgendo risplendeva sull’acqua facendola sembrare rossa. A quanto pare gli eserciti nella valle si tennero ben nascosti. Questo portò i moabiti a pensare che i tre re e i loro eserciti avessero litigato e avessero cominciato a uccidersi a vicenda. Assunsero che le pozze rosse fossero pozze di sangue, speravano infatti che Edom si sarebbe ribellato contro Giuda. Pertanto pensarono che il bottino fosse lì a disposizione e bastasse scendere a prenderlo. Senza sospettare discesero nella valle. Gli israeliti invece si levarono e li uccisero.

Il Signore mostrò al suo popolo questo favore specialmente per amore di Giuda e di Giosafat, il figlio di Davide — e in fin fine per amore del suo patto con Davide, cioè per amore del Cristo. La sua grazia era sul suo popolo di nuovo.

          La terra intera è mia. Eliseo consigliò ai re di distruggere tutte le città, di abbattere gli alberi da frutto, turare i pozzi e rovinare i campi riempiendoli di pietre. Disse loro di trasformare il paese di Moab in una landa desolata.

Come potè Eliseo aver esortato i re a compiere tale insensata distruzione? La terra di Moab apparteneva al Signore, proprio come la terra intera gli appartiene. Quando Eliseo diede quel consiglio, non era più profeta del Signore. Trasportato da fervore nazionalista, voleva che Israele sfogasse la sua ira su Moab. Quell’ira non era l’ira del Signore.

Gli eserciti alleati fecero come aveva consigliato Eliseo. In breve tempo la maggior parte del paese fu distrutto. Solo la capitale. Kir-hareseth era ancora intatta e fu circondata. Dagli altopiani attorno alla città i frombolieri la tempestarono di sassi. Mesha cercò di farsi strada attraverso gli eserciti d’Israele e di Giuda per giungere a quello di Edom nella speranza che Edom avrebbe tentato la fortuna con lui ma fu rigettato indietro.

Messo all’angolo, prese il suo figlio primogenito, erede al trono, e lo scarificò sulle mura come olocausto al suo idolo Chemosh. Certo questo dio avrebbe ora provveduto liberazione! Le mura stesse erano state trasformate in altare, ragionò Mesha, e perciò ad esse nulla poteva accadere. In quel momento l’ira di Dio dilagò nell’esercito d’Israele. Molti soldati morirono e gli eserciti dovettero ritirarsi.

Israele, non aveva forse parte della colpa per questo abominevole sacrificio umano? Gli israeliti, non avrebbero dovuto essere stati appagati quando i moabiti erano stati sconfitti ed erano stati di nuovo resi loro soggetti? A quel punto lo scopo della loro campagna era stato raggiunto.

Quest’inutile distruzione suscitò l’ira del Signore. Dopo tutto, si trattava della sua terra! I tesori che erano stati distrutti appartenevano a lui! Israele era forse meglio di quel re pagano che aveva sacrificato suo figlio invano?

Israele dovette imparare che la le terra è del Signore. Anche Eliseo, il profeta del Signore, dovette imparare questa lezione. La grazia che il Signore esibisce al suo popolo per amore di Cristo non ha come obbiettivo la distruzione; il suo scopo è la benedizione e la salvezza di tutta la terra.


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