I Samuele 27-31
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In queste storie, dobbiamo stare molto attenti alla posizione in cui il popolo d’Israele veniva a trovarsi. Non stiamo trattando solo con Saul e Davide. A quel tempo anche il popolo stesso stava passando attraverso tempi particolarmente bui.
Mentre i filistei stavano marciando contro gli israeliti, il loro futuro re era nell’accampamento dei loro nemici e il re che stava ancora regnando era sgattaiolato da una medium o negromante. A quel punto gli israeliti non erano sostenuti né da colui che era stato unto nel passato né da colui che era stato unto per il futuro. Erano realmente abbandonati: nell’infedeltà di entrambi, Saul e Davide, il Signore aveva abbandonato il suo popolo.
Il popolo era stato dimenticato affinché il Signore potesse rivelare che si sarebbe ricordato di loro di nuovo in Davide per pura grazia. Il governo monarchico di Davide e la liberazione per mano sua erano radicati non nella sua eccellenza ma nel favore di Dio. Davide fu un anti-tipo del Cristo molte volte. Qualsiasi cosa positiva fosse diventato per il popolo lo sarebbe diventato solo per mezzo del Cristo.
Ciò che avvenne a Endor può essere spiegato completamente nei termini che gli spiritisti chiamano “animistico”. La figura di Samuele viveva ancora nella forte impressione che aveva fatto nella mente di Saul. Per telepatia, Saul trasmise quell’immagine alla mente della medium. Saul non vide egli stesso Samuele uscire dalla terra; la medium lo fece. Ella diede forma a ciò che Saul aveva trasmesso alla sua mente. È degno di nota anche che non appena “vide Samuele” riconobbe Saul. In quel momento si era messa in contatto con la mente di Saul — anche nella sua auto-consapevolezza del suo contrasto con “Samuele”.
Data questa cornice, la conversazione tra Saul e “Samuele” deve essere intesa come una conversazione che Saul ebbe con se stesso. Saul fece la propria domanda e si diede la risposta nella sua mente; la figura di “Samuele” e le risposte date da “Samuele” furono creazioni della mente di Saul, che a quel punto furono convogliate per mezzo della medium. La consapevolezza che Saul aveva del reale stato di cose e dei terribili eventi che lo aspettavano era una risposta alle domande della sua coscienza.
A volte anche noi creiamo qualcuno nei nostri sogni, qualcuno che risponde alle nostre domande. Talvolta le risposte che riceviamo sono sorprendentemente vere. La voce che ci parla in quelle occasioni è la voce della nostra coscienza.
Tuttavia, dobbiamo assumere che qui Dio abbia usato questa attività nella mente di Saul per fare il pronunciamento finale del suo giudizio su di lui. La certezza con cui “Samuele” sembra aver risposto a Saul deve essere attribuita alla mente profetica di Saul stesso. La domanda fatta da “Samuele” (Perché mi hai disturbato facendomi salire?”) Non è in conflitto con questa interpretazione. Questa auto-accusa deve essere stata presente nella mente stessa di Saul.
Non dobbiamo assumere che Saul, o la negromante o chiunque altro possa disturbare quelli che sono morti in Cristo. Fare appello all’apparizione di Mosè ed Elia sul Monte della Trasfigurazione è ovviamente fuori luogo perché lì fu Dio stesso a rivelare Mosè ed Elia. Quando la medium dichiara: “Vedo un essere sovrumano uscire dalla terra” (l’originale ha “dio”) dobbiamo interpretare le sue parole a significare che vide un essere sovrannaturale.
Ci è detto che quando Saul consultò il Signore, il Signore non rispose mediante l’Urim (I Samuele 28:6). Ciò pone un problema: in precedenza abbiamo letto che il sommo sacerdote Abiathar era fuggito all’accampamento di Davide portando con sé l’efod, l’Urim e il Thummim. Di conseguenza, sembrerebbe che Saul non avrebbe potuto consultare il Signore per mezzo dell’Urim. Ora, questo testo enigmatico potrebbe concepibilmente essere interpretato a significare che il Signore non rispose a Saul in nessun modo; tuttavia, le parole del testo sembrano puntare verso un’altra direzione.
A quanto pare, dopo l’assassinio dei sacerdoti a Nob e la fuga di Abiathar, il servizio nel santuario era stato ristabilito. Se fosse così, deve essere stato costituito di nuovo un sommo sacerdote. Abiathar era della famiglia di Eli e quindi un discendente di Ithamar, il secondo dei figli rimasti ad Aaronne. Che sia possibile che Saul abbia istituito come sommo sacerdote un uomo della famiglia di Eleazar? E che possa essere questa la ragione per cui successivamente troviamo Tsadok e Abiathar menzionati insieme come sommi sacerdoti? (II Samuele 15:24-29, 36; 19:11). Questa sembra essere la soluzione più probabile al dilemma circa la collocazione dell’Urim.
Concetto principale: Il popolo è abbandonato da Signore e poi
cercato di nuovo nell’unto.
Davide rinnega il popolo del Signore. Volta dopo volta il Signore aveva liberato Davide dalle mani di Saul in modo meraviglioso. Tuttavia, Davide cominciò a dubitare di poter sopravvivere a lungo in quel modo. Il braccio di Saul raggiungeva ogni angolo del piccolo paese di Canaan. Di sicuro un giorno avrebbe catturato Davide.
In queste deliberazioni Davide dimenticò che il braccio del Signore era più lungo di quello di Saul, e che il Signore poteva sempre salvarlo dalle sue grinfie. In quelle situazioni la fede di Davide fu indebolita dalle sue paure e dal suo desiderio di salvarsi con la sua propria astuzia.
Davide decise di cercare di nuovo rifugio presso Akhish di Gath. A questo punto i filistei dovevano aver saputo della persecuzione di Saul nei confronti di Davide quanto basta per convincersi che Davide sarebbe stato loro alleato. Questo piano funzionò esattamente come Davide aveva sperato. Akish ricevette Davide amichevolmente e permise che lui, i suoi uomini e le loro masserizie stessero a Gath. Ma Davide chiese ad Akish se avesse invece voluto lasciargli Tsiklag. Originariamente Tsiklag era appartenuta agli israeliti ma a quanto pare era stata catturata dai filistei ed era ancora disabitata. Akish acconsentì. (Da quella volta, questa città rimase proprietà della famiglia di Davide).
Davide e i suoi uomini vissero a Tsiklag per un anno e quattro mesi. Attaccarono svariate volte nemici come gli amalekiti che vivevano e girovagavano lungo il confine meridionale di Canaan. Quando battevano questi nemici, non facevano prigionieri e non lasciavano superstiti affinché nessuno potesse raccontare ai filistei ciò che stavano facendo.
Davide stesso disse ad Akish che stava combattendo contro Giuda. Akish deve essere stato soddisfatto di sentire che Davide era diventato un nemico permanente del proprio popolo. L’obliterazione degli amalekiti non era una crudeltà ingiustificabile perché il Signore aveva già ordinato a Saul di distruggerli completamente.
È vero che Davide stava rinnegando il proprio popolo — se non con le sue azioni, almeno con le sue parole. Nel farlo stava anche negando il Dio del suo popolo. Dichiarò di essere un nemico del popolo che Dio aveva scelto. Come ha potuto rinnegare il suo popolo davanti ai nemici del Signore? Il Signore Gesù Cristo non rinnegò mai il suo popolo, né in parole né in opere: in parole e in opere confessò che erano il suo popolo e il popolo di Dio.
Per amore di Cristo, il Signore ebbe misericordia di Davide e lo salvò dalle difficoltà in cui si era aggrovigliato. Davide, in quanto il liberatore del suo popolo, non fu abbandonato da Dio malgrado avesse rinnegato Dio in modo vergognoso. Come Pietro, che con le sue parole rinnegò il Signore, Davide fu restaurato al suo ufficio.
Saul in potere di satana. In quei giorni i filistei tornarono a combattere contro Israele. Si accamparono a Shunem. Saul mobilitò il suo esercito e si accampò a Ghilboa, di fronte al nemico. Da Ghilboa Saul poteva vedere l’esercito filisteo.
Raramente Saul era stato veramente impaurito, ma questa volta ebbe una paura spasmodica. Era stato abbandonato da Dio. Il terrore del Signore, che nel passato era sceso suoi nemici, ora piombò su di lui. Allora si ricordò come era stato uso consultare il Signore prima di combattere. Volle farlo anche prima di questo combattimento. Si era dimenticato che aveva rotto completamente col Signore e il Signore con lui.
Il Signore non rispose, né per mezzo di sogni, né mediante i profeti e nemmeno con l’Urim. Per Saul, questa prova che era stato abbandonato fu pura agonia. Per lui non c’era ritorno; era troppo tardi. Si era lasciato degenerare troppo nei suoi desideri peccaminosi.
Ai vecchi tempi, il desiderio che Saul aveva di consultare il Signore nasceva dal desiderio di udire la voce del Signore, un desiderio di avere il Signore a condurlo per mano. Ora, l’unico desiderio di Saul era di conoscere il futuro, il risultato del combattimento. Tale desiderio in sé è sempre profondamente peccaminoso. È l’esatto opposto di sottomettersi al Signore in fede.
Questo desiderio peccaminoso indirizzò Saul da una medium. Seppe dai suoi servi che ce n’era ancora una in circolazione a Endor, non molto lontano dall’accampamento. In tempi precedenti, quando difendeva l’onore della Parola del Signore, Saul aveva ordinato che tutti i medium fossero espulsi o sterminati. Ora ne cercò uno lui stesso.
Il Signore aveva rifiutato di farsi consultare dal re d’Israele. Samuele era morto. Davide viveva tra i nemici d’Israele. Sembrava che la Parola del Signore fosse inaccessibile per Israele.
La donna cercata da Saul temeva che gli uomini alla sua porta fossero venuti a spiarla per ucciderla. Saul fece un solenne giuramento che non le sarebbe accaduto nulla di male — un giuramento che fece nel nome del Signore! Come potè fare una cosa del genere?
La donna non riconobbe Saul. Saul le chiese di evocare Samuele. Presto ella affermò di vedere Samuele nella sua mente. Nello stesso istante ebbe un contatto così ravvicinato con la mente di Saul tanto da riconoscerlo. Urlò di paura. Saul la riassicurò di nuovo. Le chiese cosa avesse visto. Lei rispose che vedeva una figura soprannaturale che usciva dalla terra. Dalla descrizione che ne fece, Saul pensò d’aver riconosciuto Samuele. Poi udì “Samuele” lamentarsi di essere stato disturbato da Saul. Saul ammise di essere impaurito e che Dio lo aveva abbandonato. Allora “Samuele” volle sapere perché avesse convocato lui visto il Signore gli aveva voltato le spalle. Lì Saul fu confrontato con l’apostasia della sua vita. Gli fu detto che il Signore avrebbe consegnato gli israeliti e il loro re nelle mani dei filistei e che il giorno successivo lui e suo figlio sarebbero stati tra i morti. A causa del peccato di Saul, anche Israele sarebbe stato dato nelle mani del nemico. Qui Saul fu un perfetto anti-tipo del Cristo, per amore del quale il popolo sarebbe stato salvato.
Quando Saul udì queste parole stramazzò a terra, in parte perché era debole per il digiuno. Solo dopo che la medium e i suoi servi insistettero con lui, mangiò ciò che gli fu preparato da lei. Poi se ne andò in totale disperazione, un uomo rigettato. Il re d’Israele era sotto sentenza di morte. Quella sentenza non fu solo un giudizio sul peccato di Saul ma anche sui peccati del popolo stesso, perché spesso gli israeliti aveva camminato nelle orme del loro re.
Il ristabilimento di Davide. I trucchi e le sconfessioni di Davide lo impegolarono in difficoltà sempre maggiori. Quando i filistei andarono in guerra contro Israele, fu costretto a unirsi all’esercito di Akish. Quando Akish avvertì Davide della prospetta campagna di guerra, Davide gli diede una risposta ambigua: ora Akish avrebbe scoperto cosa Davide era capace di fare.
Davide era un maestro di false apparenze. Tuttavia si trovò in una orribile situazione. Eccolo lì, che coi suoi uomini stava marciando nell’esercito dei filistei. Stavano già attraversando la terra santa. Davide poteva vedere da sé come i filistei saccheggiavano e bruciavano città e villaggi. L’uomo che era stato chiamato ad essere il liberatore si trattenne dall’attaccare i nemici d’Israele; lasciò la propria spada nel fodero. Questo da solo fu un ripudiare il suo popolo! E presto sarebbe stato costretto a usare le armi contro il popolo del Signore! Che ansietà deve aver sentito!
Il Signore stesso salvò Davide da questa situazione. I principi dei filistei non si fidavano di Davide e Akish fu costretto a rimandarlo indietro. Akish si scusò con lui per questo affronto. Davide fece l’offeso ma nel suo cuore deve esserci stato un cantico!
Quando ritornò a casa coi suoi uomini, trovò che Tsiklag era stata saccheggiata e bruciata dagli amalekiti. Le loro mogli e i loro figli erano stati rapiti. A quanto pare gli amalekiti si erano vendicati dei suoi raid contro di loro.
Sconvolti dal dolore, gli uomini di Davide minacciarono di lapidarlo. È probabile che da lungo tempo avessero sollevato obiezioni circa il loro vivere tra i filistei. L’inutile girovagare al seguito dell’esercito dei filistei deve aver punto anche le loro coscienze. Avevano perso tutto a causa della maledetta astuzia di Davide. Sembrava che il Signore li avesse abbandonati. Davide si sentì abbandonato da tutto e tutti, incluso il Signore.
Ma in queste circostanze minacciose fu rivelato cosa possa fare la grazia. Mediante lo Spirito del Signore, fu permesso a Davide aggrapparsi al Signore in fede. In un lampo, deve essergli passato per la mente che era stato su un corso sbagliato e che ora era di fronte ai risultati delle sue azioni. Ad ogni modo, sentì che Dio, nella fedeltà della sua grazia, perdona e vince il peccato. Così trovò nuova forza nel Signore suo Dio.
Forte nel Signore, riuscì anche a riguadagnare il controllo dei suoi uomini. Per mezzo del sommo sacerdote chiese al Signore se avesse dovuto inseguire i ladri amalekiti e se il Signore glieli avrebbe dati nelle mani. Dopo aver ricevuto una risposta favorevole, si mise all’inseguimento degli amalekiti. Ma duecento dei suoi uomini erano troppo esausti perfino per cominciare l’inseguimento e rimasero indietro.
Nel percorso trovarono uno schiavo malato che gli amalekiti avevano lasciato indietro a morire. La forza dello schiavo gli ritornò presto quando gli uomini di Davide si presero cura di lui ed egli indicò loro la strada per l’accampamento degli amalekiti. Gli amalekiti erano incauti dopo la loro vittoria: sparsi attorno, mangiavano, bevevano, danzavano. Furono facile preda per Davide che li sconfisse. Tutto il bottino preso a Tsiklag fu recuperato. Non mancava nessuna delle donne e dei bambini. In più, Davide e i suoi uomini s’impossessarono di tutto ciò che apparteneva a quegli amalekiti. Dopo che furono tornati a Tsiklag, Davide comandò che il bottino fosse condiviso egualmente con i duecento uomini che erano rimasti indietro. Da quella volta in poi, la legge in Israele richiese che il bottino di guerra fosse diviso in quel modo.
Davide non fu solo ristabilito a ciò che possedeva e al comando dei suoi uomini, trovò anche di nuovo la comunione e il favore del suo Dio. Dopo i giorni bui, nei quali Israele era stato abbandonato sia da Saul che da Davide, c’era nuova speranza per il popolo in questo glorioso ristabilimento di Davide. La misericordia di Dio per amore di Cristo non era dipartita dal suo popolo — e perciò neppure da Davide.
Davide mandò parte del bottino alle città di Giuda col messaggio: “Ecco un dono per voi dalle spoglie prese dai nemici del Signore.” Lo fece per vincere il favore della sua tribù. Per gli uomini di Giuda e per Israele fu un segno che Davide non si era dimenticato di loro. C’era ancora speranza per Israele.
La morte di Saul. Per certo Israele aveva bisogno di questa luce, infatti la battaglia tra gli israeliti e i filistei sul monte di Ghilboa era terminata in una disfatta per Israele. I figli di Saul erano stati uccisi, incluso Gionathan sul quale si erano posate le speranze d’Israele.
Durante la battaglia Saul si trovò separato dai suoi uomini. I filistei, e in particolare gli arcieri, lo inseguirono. Quando Saul si rese conto che sfuggire era impossibile, chiese al suo scudiero di ucciderlo per non essere catturato vivo e schernito dai filistei. Quando lo scudiero rifiutò, Saul si gettò sulla propria spada. Il suo scudiero fece lo stesso.
Questa fu la fine di Saul, l’uomo per il quale c’erano state grandi aspettative. Quanto era giunto vicino al regno di Dio! Il Signore gli si era avvicinato ma lui non si era arreso alla sua grazia in fede; anzi aveva glorificato se stesso a fronte di quella grazia.
Poi le cose erano andate di male in peggio. Il peccato di Saul divenne una maledizione per tutto Israele, infatti i filistei vittoriosi inseguirono gli israeliti, occuparono gran parte del loro territorio e vissero nelle loro città. Cos’era rimasto della potenza d’Israele? Il nome di Israele sarebbe stato spazzato via se il Signore non fosse intervenuto.
Il giorno successivo all’attacco, alcuni filistei che stavano saccheggiando il campo di battaglia trovarono i cadaveri di Saul e dei suoi tre figli. Li decapitarono e mandarono come trofei le loro teste assieme alle loro armi nelle città della Filistia come segno di vittoria. Saul, l’uomo che avevano tanto temuto, era sconfitto. Posero infine le armi nel tempio dei loro dèi come offerta votiva. Queste divinità sembrarono essere più potenti della grazia di Dio verso Israele.
I filistei appesero i cadaveri di Saul e dei suoi figli sulle mura di Beth-Shan, una città situata nel cuore d’Israele, ma ora occupata dal nemico. Il Signore avrebbe permesso che ciò rimanesse invendicato? Le speranze di Israele erano ora poste su Davide.
La gente di Jabesh di Galaad seppe ciò che i filistei avevano fatto a Saul. Non avevano dimenticato le liberazione che il Signore aveva concesso loro per mano di Saul. Protetti dall’oscurità, i loro guerrieri tolsero i cadaveri di Saul e dei suoi figli dalle mura di Beth-Shan. Li bruciarono a Jabesh e seppellirono le ossa lì, sotto degli alberi. Piansero la morte di Saul e digiunarono per sette giorni.
Era rimasta ancora della compassione per Saul e la sua casa. Tuttavia, il giudizio era sceso su di lui, il capo del popolo che aveva voltato le spalle a Dio. Quel giudizio fu un giudizio della grazia di Dio verso Israele. Poiché il Signore era rimasto fedele al suo popolo, Saul fu rimosso.