INDICE:

15: Neppure dove posare il capo.

I Samuele 21-23

Apri il video qui

Durante il periodo in cui fu perseguitato da Saul, Davide è particolarmente un tipo del Cristo nella sua umiliazione. Si ricordi ciò che disse il Cristo: “Le volpi hanno delle tane, e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha neppure dove posare il capo” (Matteo 8:20).

Ma questo non significa che il comportamento di Davide durante questo periodo si stato esente da biasimo. Non fu un tipo del Cristo in tutto ciò che fece. Sbagliò particolarmente quando cercò rifugio fuori dai confini d’Israele. Non avrebbe dovuto esserci posto per lui presso i nemici del Signore. Ogni tentativo di cercare protezione lì implicò una certa infedeltà verso il Signore e verso il suo popolo. Davide avrebbe dovuto arrendersi alla guida del Signore all’interno dei confini della terra santa.

In quei giorni Saul si trasformò in un completo tiranno. Ciò divenne ovvio specialmente quando passò a fil di spada tutta Nob, la città dei sacerdoti. Agendo come se la causa del Signore fosse in qualche modo in pericolo, mise sotto interdetto tutta la città giungendo fino a distruggere tutto il bestiame. Osò identificarsi come l’unto, con la giustizia del Signore, mentre commetteva un arrogante peccato volontario!

Ciò che la gente avrebbe dovuto imparare durante questo periodo era che avrebbero dovuto mollare Saul e scegliere Davide. Ma la gente non era affatto pronta a farlo. Non erano disposti a rinunciare alle errate aspettative con le quali avevano accolto il governo monarchico di Saul. Inoltre, un governante tirannico come Saul era molto più in sintonia con i loro pensieri carnali di un uomo come Davide che sapeva di dover andare dove Dio lo conduceva. Infine, il timore di Saul spesso condusse il popolo a tradire Davide.

L’atteggiamento della gente rafforzò Saul nelle sue vie di peccato. Perciò il popolo condivise la responsabilità col suo re. Davide soffrì l’afflizione del redentore rigettato. E dovette imparare ad aspettare che il popolo scegliesse lui. Mediante questa attesa venne santificato e preparato a diventare il vero re d’Israele.

          Concetto principale: L’unto non ha neppure ove posare il capo.

          Non dai filistei. Dopo aver salutato Gionathan, Davide fuggì lontano dalla corte di Saul. Dove poteva andare?  Già da subito deve essergli sorto il pensiero che non ci fosse posto nella sua nazione dove sarebbe stato al sicuro da Saul. La sola cosa che rimaneva da fare era uscire dai confini. Non lo avrebbero forse accolto i nemici di Israele e di Saul quando avessero visto che Saul lo stava inseguendo come avversario?

Davide era un uomo scaltro, capaci di calcoli astuti. A volte questi calcoli annebbiavano la sua fede fanciullesca. Avrebbe mai potuto essere giustificato per avere cercato protezione tra i nemici di Saul? Dopo tutto, questi erano anche i nemici del popolo del Signore e del Signore stesso. Avrebbe potuto rimanere fedele alla causa del Signore mentre viveva tra i nemici del Signore? Il Signore avrebbe dovuto guidarlo in questa faccenda.

Da Ghibea fuggì a Nob che al tempo era la sede del tabernacolo e del sommo sacerdote Ahimelek. A quanto pare Davide dev’essere stato lì diverse volte nell’esecuzione degli ordini di Saul. In tali occasioni egli consultava la volontà del Signore per mezzo del sommo sacerdote. Questa volta giunse da Ahimelek da solo. Ahimelek tremava quando incontrò Davide  perché aveva paura di venire coinvolto in qualche faccenda segreta o pericolosa. E ciò che Davide gli disse fu che era proprio in missione segreta per il re e che aveva lasciato indietro l’esercito per poter essere solo col sommo sacerdote per chiedergli circa la volontà di Dio.  Chiese di sapere se il Signore sarebbe stato con lui se avesse continuato a intraprendere il corso che aveva iniziato. Ricevette una risposta positiva. Però Davide aveva detto una bugia al sommo sacerdote. Nell’angolo in cui si trovava costretto non vide altra soluzione che mentire.

In più, chiese del pane al sommo sacerdote. Tuttavia, non c’era niente a disposizione eccetto i pani di presentazione che stavano proprio per essere cambiati. Solo i sacerdoti potevano mangiare il pane di presentazione, ma in questo caso di estrema urgenza, il sommo sacerdote non obbiettò a dare il pane di presentazione a Davide e ai suoi uomini. La legge del Signore non deve essere usata contro la vita che Egli stesso ha dato.

Davide chiese inoltre una lancia o una spada, È evidente che era fuggito senza arma alcuna. Non c’era lì altra arma che la spada di Golia che era tenuta nel santuario. Alla richiesta di Davide il sommo sacerdote gliela consegnò. Avvenne che Doeg, un edomita che aveva una posizione importante sotto Saul, si trovava nel santuario, forse allo scopo di diventare un israelita. Egli vide tutto. A causa di quest’uomo, le conseguenze della bugia di Davide si sarebbero fatte sentire.

Da Nob Davide fuggì direttamente nel paese dei filistei. Sperò di non essere riconosciuto come quello che aveva ucciso Golia. E dove avrebbe potuto trovare protezione migliore che tra gli acerrimi nemici di Saul?

Ma come avrebbe mai potuto giustificare il suo cercare protezione lì? I filistei non erano forse i nemici tradizionali d’Israele e del Signore? Come avrebbe potuto rimanere fedele alla causa del Signore mentre viveva tra i filistei? La paura di Saul era forse più forte del suo aborrimento per i nemici del Signore? Anche se intendeva ingannare quei nemici, aveva la libertà di fingere di far causa comune con loro?

Il Signore frustrò i calcoli di Davide. Fu immediatamente riconosciuto  come l’uomo che aveva ucciso Golia dai servi di Akish, il re di Gath. In Israele egli era un principe, uno nel quale il popolo aveva riposto la sua speranza.

Quando Davide si rese conto di essere stato riconosciuto, cadde in uno stato di estrema ansietà. Allora pensò che il solo modo che aveva per salvarsi era fingersi pazzo. Con questa strategia sfuggì dalle mani di Akish. Ma il futuro re e liberatore d’Israele era sfuggito in modo assai indegno. Il suo affidamento sulla sua astuzia aveva offuscato la sua vista di fede.

          Non dai moabiti. Da lì Davide fuggì e si nascose nella grotta di Adullam. Lì si unì a lui tutta la famiglia di suo padre, suo padre, sua madre e i suoi fratelli. Non si sentivano più sicuri sotto Saul. In più, molti emarginati dalla società si unirono a lui. Il risultato fu che si radunò intorno a lui un piccolo esercito di quattrocento uomini. Più tardi questa banda aumentò a seicento uomini.

Da un lato, questo dev’essere stato per Davide un conforto nella sua  solitudine. Dall’altro, creò l’impressione che fosse un capobanda in ribellione contro il proprio re. Ma Davide non poteva cambiare le circostanze. Qui, nella grotta di Adullam, conobbe il conforto della comunione col suo popolo, di essere circondato da uomini che dipendevano da lui nei loro guai. In questo. sperimentò il conforto del Signore.

La presenza di tutti questi seguaci gli rese più difficile nascondersi. Non si sentì più sicuro nella grotta. Allora pensò di cercare rifugio tra i moabiti. Questi non erano nemici tradizionali degli israeliti quanto i filistei. C’erano persino legami di parentela tra Israele e Moab. (I moabiti erano discendenti di Lot, il nipote di Abrahamo.) Tuttavia, il futuro re d’Israele non avrebbe dovuto essere in obbligo in alcun modo coi popoli circonvicini perché di tanto in tanto le nazioni intorno ad Israele si ergevano come nemiche del Signore e del suo popolo.

In Moab trovò effettivamente rifugio e protezione, specialmente per suo padre e sua madre, per i quali chiese specificamente la protezione del re. Tuttavia, il Signore non lo lasciò in pace per molto tempo. Il profeta Gad, che a quanto pare stava con Davide, gli disse nel nome del Signore che doveva ritornare in terra di Giuda. Davide obbedì e andò nella foresta di Hereth. Il Signore lo stava conducendo in una situazione pericolosa. Era ora che Davide fosse messo alla prova.

          La maledizione del tiranno. Saul seppe che i suoi uomini erano al corrente di dove fosse Davide ma non gliel’avevano detto. La considerò infedeltà. In un’adunata all’aperto, egli diede sfogo alla sua amarezza a questo proposito. I suoi servi erano quasi tutti uomini della sua tribù, la tribù di Beniamino. Saul li aveva collocati in posizioni importanti. Saul si lamentò: “Il figlio di Isai darà a ciascuno di voi gli stessi onori e privilegi? Perfino mio figlio sta dalla sua parte!”

Allora Doeg, l’edomita, rivelò ciò che aveva visto a Nob. Saul mandò immediatamente a chiamare Ahimelek e la sua famiglia e tutti i sacerdoti che erano a Nob. Saul accusò Ahimelek di tradimento. Ma Ahimelek era completamente innocente, non sapeva del conflitto tra Saul e Davide. Inoltre, egli testificò: “Davide è il più fedele dei tuoi servi ed è anche tuo genero. Non era certo la prima volta che consultavo il Signore per lui. L’ho fatto diverse volte quando stava compiendo uno dei tuoi incarichi”.

Saul non si fece convincere, perciò ordinò ai suoi servi di uccidere i sacerdoti del Signore. Quando i suoi uomini rifiutarono, lo fece Doeg su suo comando. Il re non era ancora soddisfatto; procedette a far uccidere tutti gli abitanti di Nob bambini inclusi. Perfino il bestiame fu distrutto. Saul trattò la città di Nob come se l’interdetto del Signore fosse stato pronunciato su di essa. Tutto questo per vendetta personale. In realtà, egli si era ritirato dal Signore, e la sua causa non era più la causa del Signore. Pertanto Saul divenne una maledizione per il popolo.

Solo Abiathar, figlio di Ahimelk, si salvò. Fuggì da Davide con l’Urim e il Thummim. Davide lo accolse con gioia. Riconobbe che era stato per la sua bugia che questa calamità era caduta su Ahimelek e la sua casa. Da quel momento in poi il destino di Abiathar sarebbe stato unito a quello di Davide.

          Tradito da popolo. Il popolo si strinse ancora intorno a Saul. Davide stette principalmente in Giuda, con la sua tribù, ma anche lì non era proprio sicuro. Quanto ci sarebbe ancora voluto prima che il popolo fosse disposto a mollare Saul e scegliere Davide, colui che era stato scelto dal Signore per essere il liberatore d’Israele?

Davide ricevette la notizia che i filistei stavano attaccando Keilah e rubando dalle aie. Davide si sentì immediatamente sollecitato a liberare il suo popolo dal peso di questi tradizionali nemici di Israele. I suoi uomini obbiettarono a causa del pericolo che li minacciava dal parte di Saul. Ma, siccome Abiathar s’era unito a Davide, il Signore poteva essere consultato. Su direzione del Signore Davide si mise in marcia  e liberò Keilah.

Quest’azione, però, non gli vinse il sostegno del popolo. Che medicina amara da inghiottire per Davide! Saul marciò contro Keilah. Quando Davide chiese al Signore se la gente di Keilah l’avrebbe consegnato a Saul, la risposta fu un definitivo sì. Perciò Davide fuggì da Keilah e Saul ritornò a casa.

Davide e i suoi uomini si nascosero nella foresta di Zif. Qui Gionathan gli fece visita. Gionathan predisse che suo padre Saul non sarebbe stato capace di trovarlo e di ucciderlo perché Davide sarebbe certamente diventato re come Saul stesso era ben consapevole. Allora Gionathan sarebbe stato secondo nel regno di Davide. Come si era completamente arreso Gionathan alla decisione del Signore, e come deve essere stato confortato Davide dal loro patto che rinnovarono quel giorno!

Gli zifei tradirono Davide e rivelarono a Saul il suo nascondiglio. In tragica auto-commiserazione, egli li lodò per avergli dimostrato compassione. Comandò loro di spiare attentamente le mosse di Davide. Nel frattempo, Saul venne con un esercito. Nel deserto di Moan, circondò Davide e i suoi uomini. Non c’era più alcuna via di fuga. Ma proprio in quel momento, Saul ricevette la notizia che i filistei avevano invaso il paese. Dovette lasciare il posto in gran fretta. In questo modo il Signore liberò Davide dalla mano di Saul.

Ma questa persecuzione era spaventevole per Davide. Non aveva un posto dove posare il capo ed essere certo di essere al sicuro. Tutto questo avveniva nel paese in cui un giorno avrebbe governato come re. Davide percorse questa strada di sofferenza come unto del Signore. In questo aspetto somigliò al Cristo che un giorno si sarebbe lamentato che le volpi hanno tane e gli uccelli del cielo hanno nidi mentre Lui non aveva posto su cui posare il capo. Alzò questo lamento sulla terra che un giorno avrebbe governato in gloria come Re.

Il Cristo dovette pervenire al trono lungo un cammino di sofferenza. Anche Davide dovette fare quel percorso. Non sono forse tutti i credenti degli stranieri sulla terra, quella terra che è stata  loro promessa? Non sono essi forse stranieri perché il peccato è ancora così tanto potente intorno a loro e in loro? La storia di Davide ci insegna che dopo che è passato il tempo dell’umiliazione, il Signore certamente esalterà i suoi. Li esalterà perché il Cristo, nella sua umiliazione, ha ottenuto questa esaltazione per loro. Per quella ragione Davide fu esaltato anche lui.


Altri Studi che potrebbero interessarti