Il porto del Protestantesimo è un grande e storico ormeggio con attraccate talmente tante navi che sono troppo numerose per poterle contare. Ma ci sono alcune navi prominenti che meritano menzione. Due, che catturano immediatamente l’occhio, sono le navi “Battista” e “Carismatica.” Si somigliano in diversi modi. Sono ambedue navi assai grandi e nessuna delle due è nella migliore delle condizioni essendo recentemente rientrate da battaglie sul mare.
La nave Battista è la nave più grande nel Porto Protestante. Le navi battiste hanno gli equipaggi più numerosi, il che, naturalmente, è oggetto di grande orgoglio per i capitani battisti.
I battisti hanno una strategia inusuale per far crescere le navi. Si tratta fondamentalmente di prendere il largo con la strategia, non di distruggere le navi nemiche, ma di convincere il maggior numero possibile di persone dell’equipaggio nemico di saltare da una nave all’altra e unirsi a loro. Nel tempo hanno avuto un relativo successo nel riempire le loro quote di reclutamento. Hanno, di gran lunga, il miglior ufficio di reclutamento nel porto.
Attraccata vicino alla nave Battista c’è la nave “Carismatica.” Questa è una nave in qualche modo stravagante perché non somiglia proprio ad una nave, ma, effettivamente è una nave. Nel Porto Protestante c’è un criterio accettato di come dovrebbe sembrare una nave, ma il capitano Carismatico non segue quella tradizione preferendo trovare qualsiasi nave possano trovare, cambiare il suo nome, aggiungere dei cannoni, e prendere il mare.
Di solito c’è un sacco di concitazione sulla nave Carismatica. Mentre molte altre navi hanno un manuale standardizzato per le operazioni navali, la nave Carismatica fa senza. Essi hanno un senso di orientamento che affermano provenire dall’ “Ammiraglio Generale”, una sorta di conoscenza interiore che li dirige nelle loro scelte al timone. A volte hanno successo, altre non esattamente.
Una cosa molto encomiabile dell’equipaggio sulla nave Carismatica è che è stato loro insegnato d’ingaggiare. Quando suona l’adunata, tutti arrivano e si posizionano ai posti di combattimento. La loro nave sembra essere sempre in mare, e al contempo sembra essere sempre in porto per riparazioni.
Osservatori attenti del Porto Protestante notano anche che ci sono navi che non sono mai ritornate. Queste tendono ad essere quelle navi più vecchie che furono grandi ai loro tempi e molto fedeli all’Ammiraglio Generale, ma che nel tempo hanno abbandonato le istruzioni del Vecchio Manuale Navale solo per cominciare a fare acqua e affondare negli abissi.
LA BUONA NAVE PRESBITERIANA
C’è un’altra nave che sembra sempre catturare lo sguardo delle persone nel porto. È chiamata la Buona Nave Presbiteriana. La gente si ferma ad ammirarla per la sua bellezza. Le sue linee sono precise e la vernice è perfetta senza i segni di usura e di ammaccature soliti delle navi. Tutti notano come risplende nella sua bellezza e quanto bene è mantenuta.
I passanti notano anche l’equipaggio. Malgrado l’equipaggio non sia numeroso, ognuno è vestito impeccabilmente con tutto in ordine. È di gran lunga la nave più organizzata perché il suo capitano ha il miglior manuale di tutte le altre navi. Dal capitano al mozzo, il manuale è memorizzato e messo in pratica.
L’equipaggio è inoltre molto competente sul Vecchio Libro perché il capitano insegna il Vecchio Libro pagina par pagina. Essi conoscono il Vecchio Libro meglio di tutti gli altri capitani del porto. Però, nelle loro istruzioni, è data un’enfasi speciale su come evitare i conflitti in mare.
Osservando più da vicino, si notano due cose della Buona Nave Presbiteriana: che questa vecchia, grande nave da guerra è stata ristrutturata in nave passeggeri e che la stanno verniciando di nuovo. Sembra che parte della loro tradizione sia di dare una nuova mano di vernice ogni anno, ne abbia bisogno o meno.
Un dettaglio di questa bellissima nave che il suo capitano non discute mai è che la Buona Nave Presbiteriana non è mai stata in mare. È stata nel bacino di carenaggio per quasi un secolo e mezzo.
Quelli delle altre navi si arrovellano: “Quando mai prenderà il mare la Buona Nave Presbiteriana?” Malgrado le chiacchere, il capitano presbiteriano non è preoccupato perché essi sono piuttosto felici di essere nel bacino di carenaggio e di passare i loro giorni organizzando, discutendo e ammirando la bellezza della nave.
Così, i capitani presbiteriani, liberi dalle preoccupazioni delle battaglie navali e delle strategie di guerra, passano molto del loro tempo studiando il manuale della nave. I capitani amano insegnare il manuale al loro equipaggio. I capitani presbiteriani tengono inoltre molte conferenze e seminari sulla costruzione delle navi, teoria navale, e storia delle navi. Nessuno ha un programma d’istruzioni navali migliore di quello dei capitani presbiteriani.
Occasionalmente, sulla Buona Nave Presbiteriana, qualche membro dell’equipaggio comincia a mugugnare e a chiedersi “Chissà quando mai prenderemo il largo?” I capitani rispondono ricordando all’equipaggio che la loro vocazione nel Porto del Protestantesimo è d’insegnare ingegneria navale, non prendere il mare. Ricordano loro inoltre, che in questo periodo l’anno prossimo la nave avrà bisogno d’un’altra mano di vernice.
Così, passano gli anni e la Buona Nave Presbiteriana sembra ancora affascinante, all’asciutto, sotto manutenzione permanente.
SENZA SPERANZA
I capitani della nave presbiteriana sono pure esitanti a portare la nave fuori al largo perché, in fondo in fondo, credono che non prevarranno sulle navi nemiche, così preferiscono restare in porto dove sono al sicuro.
Hanno infatti insegnato al loro equipaggio che essi, e il resto delle navi protestanti, non vinceranno mai la grande battaglia nel mare, perciò confortano l’equipaggio con la superna vocazione di lavorare alla manutenzione della nave. Nei loro molti incontri, i capitani propongono nuovi piani ed incoraggiano l’equipaggio a migliorare il loro lavoro di pulizia e manutenzione della già ben preservata nave.
Questo fanno sapendo pur bene di tutte le grandi storiche vittorie in mare delle navi presbiteriane più vecchie. Sanno anche bene che nel Vecchi Libro delle Navi, l’Ammiraglio Generale ha dichiarato ripetutamente come le sue navi nel tempo e nella storia vinceranno contro le navi ribelli e malvagie. Ma, nonostante il Vecchio Libro e la loro stessa storia, i capitani di oggi non credono che il Grande Generale prevarrà perciò stanno rifugiati nel porto sperando d’essere lasciati in pace.
AUTO ESAME
Suppongo che il lettore avrà intuito la rotta di questa parodia. In quanto presbiteriano conservatore, apprezzo molto della nostra fede e della nostra storia e non mi propongo di abbandonare la nave. Ma allo stesso tempo, penso che sia sano per ciascuna nave nel Porto Protestante fare un po’ di auto esame e di critica dello stato delle cose nella loro nave. Ecco il motivo per la mia parodia de Lo Stato della Buona Nave Presbiteriana.
Un amico riformato ha descritto la prassi del moderno presbiterianesimo conservatore dicendo: “Se non è ben definita, pulita e prevedibile, non se na faranno coinvolgere.”
Egli si chiede se l’attuale dirigenza presbiteriana si sarebbe posta dalla parte di Lutero, Zwingli e Farel nella Riforma in Germania e Svizzera nel Sedicesimo Secolo. Egli pensa che sarebbero rimasti nelle retrovie perché la battaglia era troppo caotica, troppo difficile, e senza certezza di vittoria. Credo abbia ragione. C’è oggi nella dirigenza presbiteriana conservatrice una reale e visibile timidezza riguardo al prendere la propria fede ed applicarla alla vita e alla cultura.
ASTRAZIONE AL DI SOPRA DI APPLICAZIONE
Molta della responsabilità si può ascrivere ai pulpiti presbiteriani. I suoi moderni ministri preferiscono insegnare alla loro gente concetti teologici astratti piuttosto che toccare concetti che vanno ad incidere sulle questioni della vita del quotidiano. Domenica dopo domenica scorrono metodicamente attraverso la bibbia, verso per verso, capitolo per capitolo, con studi espositivi, confrontando un versetto con un altro, ma la gente torna a casa senza applicazioni pratiche e ben poca istruzione su come vivere e ancor meno su come portare la loro fede dentro la cultura e cambiare il mondo alla gloria di Dio.
Un amico mi ha detto della sua chiesa presbiteriana conservatrice: “Se una persona fosse stata seduta sui nostri banchi di chiesa gli ultimi 15 anni, non potrebbe dire, da ciò che ha udito dal pulpito, se la nostra chiesa sia contro l’omosessualità.” Come un ministro protestante riesca di questi tempi ad evitare di trattare questo soggetto è incomprensibile.
Così, anno dopo anno, nessuna delle questioni importanti nella vita dei membri di chiesa e nella cultura è mai trattata dal pulpito. L’omosessualità, i mali del sistema educativo statale, compromessi delle nostre donne con le ideologie femministe, la visione cristiana del mondo e della vita, l’ordinamento famigliare, il debito, ecc., tutti sono evitati. Lo stesso vale per le questioni del ruolo della bibbia nel governo civile, debito pubblico, welfare, sessualità, economia, denaro a corso forzoso, sistema carcerario, interventi militari ingiusti e molto altro non sono mai toccati.
Le congregazioni sono lasciate a informarsi da sé stesse per scoprire la volontà di Dio su questi soggetti perché non riescono a ricevere istruzione dai propri pulpiti. Le persone vanno affamate dai loro pastori per ricevere direzione per la loro vita, famiglia e regno di Dio, ma tornano a casa con qualche boccone di astrazione spirituale.
I ministri presbiteriani ricordino che Gesù ha congratulato il servo fedele con “Ben fatto” non con “Ben detto”. Nel regno di Dio l’obbedienza ha più valore della conoscenza.
INGAGGIARE, INGAGGIARE!
C’è una scena nel film con Tom Cruise Top Gun nella quale il protagonista ha individuato un aereo nemico nel cielo e, a motivo delle proprie questioni personali, non ingaggia battaglia. Nel frattempo il comando di controllo da terra gli sta gridando nelle cuffie: “Ingaggia, ingaggia!” Finalmente Cruise riprende i sensi ed ingaggia.
Questa è la condizione del moderno presbiterianesimo. La chiesa affronta molteplici battaglie tutt’intorno ma i leader non ingaggiano. Non porteranno la loro fede nel mondo e nella cultura per combattere i nemici di Dio. La loro stessa storia li condanna per la loro codardia.
CONCLUSIONE
Le persone riformate delle chiese presbiteriane hanno così tanto da dare alla causa di Cristo nel mondo se solo i loro capi prendessero un po’ di coraggio ed entrassero “in battaglia.” Tutta la loro profonda conoscenza teologica, ricche tradizioni bibliche, e la loro storia molto influente non ha valore se tenuta nascosta sotto monastica timidezza.
Potrebbero cambiare il mondo come hanno fatto i loro antenati se lo volessero, ma non sono interessati. Sembra preferiscano spendere i loro giorni eseguendo gesti ecclesiali che danno loro un senso d’aver fatto il loro dovere religioso.
Che ne sarà della Buona Nave Presbiteriana? Si sveglierà dalla sua irrilevanza, scioglierà gli ormeggi e prenderà il mare? Sembra che questa decisione dipenda dai loro capitani. Accoglieranno ancora una volta la vocazione, la causa e la visione di quelle grandi navi presbiteriane della storia? La storia lo dirà.