Erasmo, l’eminente studioso del Rinascimento e uomo totalmente europeo, scrisse che a quel tempo la Francia era l’invidia di tutti gli altri regni d’Europa. Per la sua antica dinastia reale e il Re Francesco I, che si definiva “il cristianissimo re di Francia”, la Chiesa Cattolica Romana appellava la Francia come “la figlia primogenita della chiesa”. La prima università d’Europa sorse a Parigi: la Sorbona che ha vantato la principale facoltà teologica del mondo Cattolico per ben tre secoli prima della comparsa della Riforma Protestante nel 1520. Questo bastione molto conservatore del Cattolicesimo Romano tradizionale non trovò divertente il fatto che la Riforma nacque nella vicina Germania e cominciò a traboccare dentro al regno francese. I teologi della Sorbona avevano dietro di sé il potere poliziesco del forte stato francese che usarono prontamente per fermare il movimento di Riforma Protestante tra la loro gente.
Non può essere qui nostro scopo il seguire la complessa storia della Riforma in Francia, con le guerre religiose che ne risultarono, dimostrando tanto il rimarchevole spargersi dei concetti e dell’adorazione Riformata (probabilmente fino a un quarto della popolazione fu in un modo o in un altro toccata dalla Riforma), quanto la soppressione su vasta scala dei Protestanti Francesi. Non posso dire se Robert L. Dabney della Virginia del XIX Secolo abbia ragione circa la storia della Francia successiva alla Riforma (nella sua trattazione su “The Uses and Results of Church History”), ma essendo vissuto in Francia come studente e avendo sempre ammirato immensamente la sua lingua e la sua cultura, ho spesso riflettuto si ciò che ha detto. Dabney suggerisce che il terribile maltrattamento degli Ugonotti Francesi da parte del governo del re nel XVII Secolo sia stato visitato in una sorta di retribuzione divina con la rivoluzione ateista del 1789 che rovesciò violentemente proprio quel trono che aveva ucciso o scacciato i calvinisti dopo il 1685.
Non posso pronunciarmi su tale questione e non tenterò di giudicarla, ma è stato interessante notare un suggerimento non dissimile da una prospettiva piuttosto diversa: un libro ampiamente letto scritto da un ex ufficiale del governo del generale Charles De Gaulle, Alain Peyrefitte: Le Mal Francaise, (pubblicato nel 1976). Peyrefitte (senza entrare nella questione della divina provvidenza) dichiara che una possibile ragione per cui gli “Anglo-Sassoni” sono arrivati per primi sulla luna fu perché il governo francese aveva cacciato i molto talentuosi e creativi Ugonotti nel XVII Secolo che andarono ad offrire i loro talenti alla Svizzera, all’Olanda, all’Inghilterra e agli Stati Uniti dopo la revoca dell’Editto di Nantes nel 1685 (che fino a quel tempo aveva concesso la tolleranza religiosa ai Protestanti calvinisti).
Ciò che chiunque sia famigliare con la storia della cultura francese deve notare è la sua luminosità, bellezza e creatività in molteplici ambiti lungo innumerevoli secoli. Il ruolo che ebbe nel “Revival delle Lettere” (come le innovative pubblicazioni classiche linguistiche e Patristiche di G. Bude), la sua superba poesia (come quella dei membri de “Le Pleiadi”), la sua architettura, musica e i suoi progressi in quasi ogni ambito nel XVI Secolo, lasciano stupefatti.
Da questo contesto brillante e creativo uscì quel gigante della Riforma del XVI Secolo, Giovanni Calvino: un uomo di immensa cultura, erudizione linguistica, diligenza fino all’abnegazione e un insegnante naturale (sebbene personalmente una persona timida). Sembra che Giovanni Calvino si sia convertito alla causa della Riforma intorno al 1532, a ventitré anni. Un simbolo spesso impresso nei suoi lavori post-conversione mostra un cuore in fiamme e sotto di esso queste parole: “Prompte et sincere in opere Domini” (pronti e sinceri nell’opera del Signore). Questa è un’accurata rappresentazione della sua vita cristiana fino alla fine terrena trentadue anni più tardi: una fervente pietà legata a una profonda integrità, brillantezza intellettuale e a infaticabile, generoso lavoro nella buona causa. Poco dopo la sua conversione a Cristo, trovò rifugio dalla persecuzione del governo francese (in quel periodo fortemente leale al papato) nella città di Ginevra. Lì versò letteralmente la sua vita spiegando la Parola di Dio predicando diversi sermoni a settimana, scrivendo vari libretti, trattazioni e commentari biblici e specialmente quel sommario su come interpretare la bibbia più fedelmente: Istituzione della religione cristiana, senza menzionare il volume di lettere, le sue opere di statista cristiano, di leader missionario, di educatore e riformatore sociale, e di attivo pastore e consigliere. Morì nel 1564, consumato all’età di cinquantacinque anni.
Ma nei secoli a venire la sua poderosa influenza crebbe sempre più forte in molte nazioni. Non può esserci dubbio che le libertà “Anglosassoni” debbano in misura significativa il loro sviluppo al poderoso fluire dell’insegnamento biblico di Calvino (generalmente conosciuto come “Calvinismo”). La benefica influenza del “Calvinismo” nel suo insieme sulla cultura fu probabilmente meglio presentato dal teologo e statista Olandese Abraham Kuyper nelle sue “Stone Lectures” del 1898 a Princeton, New Jersey, sotto il semplice titolo: Lezioni sul calvinismo.
Quel che posso dire è che Calvino non può essere riassunto equamente sotto nessuna dottrina particolare (una procedura che fu assai popolare tra gli storici tedeschi del XIX Secolo). Leggere i suoi sermoni e altri scritti lascia con la principale impressione che sopra ogni cosa egli desideri essere fedele a tutte le parti della Sacra Scrittura; presentarla tutta in modo ordinato in modo che la trasformante verità dell’ispirata rivelazione di Dio possa risplendere nelle menti e nei cuori di uomini e donne ordinari quanto nelle persone più educate e privilegiate. Egli cercò di portare il tutto della vita umana e ogni aspetto della cultura sotto la santa luce della Parola scritta di Dio in ogni sua parte. Credeva che (come usava dire l’espositore scozzese del XX secolo, William Still) “Tutto il Cristo è in tutta la Parola” e così, per trovare la sua pienezza, si deve scorrere attraverso tutta la Parola per essere affetti da ogni angolo e ogni attributo del suo carattere divino e umano e della sua grazia nella più ampia portata di tutte le verità di Dio in tutti i sessantasei libri della Bibbia. Fu così che la sua influenza spinse il Nord-Europa verso il cielo.
Ovviamente, egli pensava che la Parola scritta debba essere sempre accompagnata dalla potenza dello Spirito santo per essere resa efficace. Infatti, fu lui a dare origine alla pratica dell’incontro di preghiera del mercoledì notte nella cattedrale di San Pierre a Ginevra all’inizio del suo ministero lì (come si può vedere dal Vol. I di The Registers of the Concistory of Geneva, pubblicato solo nel 1996). Sapeva che lo Spirito è concesso in risposta alla preghiera (Luca 11:13) e pertanto che “la spada dello Spirito, che è la Parola di Dio” e “l’arma (o la potenza) di ogni preghiera (cfr. 6:12 s.) avrebbe trasformato vite umane spezzate, auto-centriche e avrebbe spinto la cultura e, a tempo debito, le nazioni stesse verso il Dio vivente.
Benché io voglia resistere la tentazione di incapsulare Calvino sotto qual che sia punto teologico (perché egli è troppo completamente biblico e troppo “cattolico”, nel miglior senso di quella buona parola, per una simile limitazione), diventa evidente da anni di lettura del suo materiale che esso abbia un modo di portare dentro la vera presenza di Dio. So di un traduttore talentato di Calvino che fu in effetti convertito mentre traduceva alcuni del suoi scritti importanti! Ne conosco molti ancora i cui occhi e cuori sono stati aperti per vedere tutti gli aspetti dell’ordine creato (e la loro propria collocazione in esso) come la meravigliosa creazione di Dio, ben degna dei migliori sforzi creativi delle loro brevi vite terrene, che sia in teologia o in scienza, agricoltura, politica, letteratura o quant’altro. Da questa prospettiva, non è certo un’esagerazione dire che la vita di Calvino e il corpo di scritti che ha lasciato ai successivi 500 anni sono stati peculiarmente “teocentrici”. Quelli che seguono sulle sue tracce hanno un modo di vedere da lì in poi tutta la vita nei termini di ciò che Davide scrisse in Salmo 68:8 “Io ho continuamente posto l’Eterno davanti ai miei occhi; poiché egli è alla mia destra, io non sarò mai smosso”.
Per tutte queste ragioni, in particolare perché il Dio sovrano in Cristo è sempre disposto a fare grazia e a benedire, trasformare e liberare quelli che “cercano la sua faccia” (cfr. Salmo 27) nella Parola scritta e nello Spirito santo (che in origine la ispirò e ora la illumina i cuori alla ricerca), sospetto che l’influenza di Giovanni Calvino possa solo diventare nei prossimi 500 anni più forte di quanto lo sia stata nei 500 anni dopo il suo ritorno a casa. È perché le nostre facce sono rivolte alle opere vittoriose di Dio nella futura espansione della cristianità che apprezziamo la pietra miliare epocale dell’opera del francese Pierre Courthial durante il XX Secolo ora concluso. Si è provato essere uno dei più veri eredi, dei più fruttuosi e percettivi interpreti, e dei più evangelistici trasmettitori dell’intero lascito di Giovanni Calvino per gli ultimi cento anni nel paese natio di Calvino (e di fatto per l’intero mezzo millennio a partire dalla nascita di Calvino). Con ciò Courthial indirizza l’intera Chiesa Cristiana verso un futuro luminoso.
Pierre Courthial nacque in una casa acculturata e religiosa a St. Cyr-au-Mont-d’Or nel 1914. Suo padre apparteneva alla chiesa Riformata di Francia e sua madre era cattolico-romana, ma il giovane Pierre fu allevato un Protestante. Fu membro comunicante della “Eglise Reformee de France”, la chiesa dei suoi avi; una chiesa che guardava in massima parte a Giovanni Calvino come il proprio principale progenitore umano (l’influenza principale dietro alla sua confessione centrale era quella di “La Rochelle” del 1571, composta non molto dopo la sua morte). Il dr. Courthial dichiara che dall’età di tredici anni cominciò a spigolare nel campo delle Sacre Scritture, e dai sedici, cominciò a studiare i Dottori della Chiesa (come Agostino e Anselmo) quanto a diventare familiare con l’Istituzione di Calvino e Instruction chrestienne en la doctrine de la loy et de l’Evangile di Pierre Viret (Riformatore Svizzero di Losanna e collega di Calvino).
Avendo sentito una chiara chiamata al ministero, Pierre Courthial studiò dal 1932 al 1936 presso la Facoltà Protestante di Teologia di Parigi. Quella prestigiosa facoltà aveva da tempo subito l’onni-pervasiva influenza della teologia liberale che accompagnava la “Critica Testuale” che usciva dalla Germani del XIX Secolo e, dietro a quella, il secolarismo e l’incredulità dell’Illuminismo europeo, specialmente del XVIII Secolo. Molto simile alla mia esperienza quarant’anni fa (verso gli anni 60 del secolo scorso in Virginia), Courthial nella Facoltà parigina del 1930 dovette interagire intellettualmente col puro liberalismo sebbene trasmesso attraverso professori protestanti tecnicamente “Riformati”, ove Imparò parecchio circa la visione del mondo moderna naturalistica. Il suo totale rigetto di quella visione non risiede nel suo non conoscerla.
Ma c’erano altre influenze complessivamente più ad onore di Dio nella sua istruzione teologica nella Parigi degli anni 30. Da studente, pervenne felicemente sotto l’influenza dello studioso calvinista giustamente famoso, autore e professore Auguste Lecerf. Sebbene il calvinismo fosse stato ampiamente rigettato molto tempo prima da così tante persone nella Chiesa Riformata di Francia, nell’interesse di apparire “illuminati” (nei termini della filosofia illuminista del XVII Secolo e della Critica Testuale delle Scritture del XIX Secolo), mediante il suo insegnamento e i suoi scritti Lecerf continuò a esibire una luminosa fiamma della verità centrata su Dio, ripiena di vibrante speranza per il futuro. Courthial “gioì in quella luce” che rifletteva la bellezza del vangelo di Cristo e il proposito globale (onni-comprensivo) del Dio trino.
Durante quei determinanti anni di studio, e susseguentemente nel ministero parrochiale, Courthial lesse il grande calvinista Pierre du Moulin quanto gli olandesi Abraham Kuyper, H Dooyeweerd e K. Schilder, gli scozzesi William Cunningham e John Murray e gli statunitensi Charles Hodges e Corneluis Van Til e molti altri. Nel suo ministero parrocchiale a Parigi stette per anni in un gruppo di lettura che attingeva profondamente dai padri e scrittori Cattolici e Ortodossi d’oriente. A Parigi ebbe il privilegio di essere un collega dell’illustre pastore e scrittore calvinista Pierre Marcel. I due furono colonne portanti che profusero una testimonianza fortemente biblica e calvinista nella Chiesa Riformata di Francia malgrado fossero una minoranza. In questo modo, mentre fu sempre un calvinista tipo della Riforma, Courthial è stato allo stesso tempo un vero “cattolico” un esponente della tradizione cattolica principale vecchia di secoli, fondata sulle Scritture e affermata e salvaguardata nei credi e nelle confessioni storiche dei primi cinque secoli della Chiesa indivisa. Egli si considera un vero seguace di Giovanni Calvino in questo aspetto “cattolico” (quanto senta altrettanto necessario criticare completamente alcune delle aberrazioni della Chiesa del Medio Evo e della Controriforma). Ma la sua critica, seppure aperta, indomita e diretta, è caritatevole e mai cattiva (sia riguardo ai Cattolici Romani che i Liberali Protestanti). Mi pare che la sua critica contenga sempre una tenera supplica e una tranquilla speranza di cose migliori a venire.
Sono particolarmente compiaciuto che Courthial ( che ha collaborato alla ripartenza del Seminario Evangelico-Conservatore e Riformato di Aix-en-Provence in Francia negli anni 70 e ha servito molti anni come suo decano apportandogli così considerevole credibilità tra i Protestanti Riformati in Francia) abbia scritto Le Jour Des Petits Recommencements, e che sia stato tradotto in inglese abilmente e con bellezza letteraria (come A New Day of Small Beginnings) da un mio ex studente- assistente e buon amico, il rev. Mattew Miller dell’Erskine Theological Seminary a Greenville, Carolina del Sud […] . Per diversi anni ho utilizzato parti di questa traduzione come testo obbligatorio nella mia classe di “Teologia del Patto” presso il Reformed Theological Seminary in Charlotte, NC. Fu molto apprezzato dall’ampia classe di studenti.
Questo libro: A New Day of Small Beginnings, dovrebbe contribuire a rendere disponibile la testimonianza Teo-centrica che scorre in una corrente viva dalla teologia di Giovanni Calvino in un modo vitale, intelligibile e di vasta portata a future generazioni di molti rami della Chiesa cristiana. Egli rende il senso della grandiosa globale storia della redenzione sia nelle sacre Scritture sia nei duemila anni di storia della chiesa a partire dall’Epoca Apostolica e, sopra ogni altra cosa, egli applica l’ampia portata della verità divina al tutto della vita e del dovere umano. Questo volume segue in modo robusto la testimonianza di Giovanni Calvino: presenta il Cristo intero nel mondo intero nel contesto dell’unico Patto di Grazia e tutto ciò nel seno della Chiesa cristiana storica. La sua ferma comprensione della verità biblica storica è la ragione per cui è così vivo di confidente speranza per il presente ed il futuro.
Courthial riconduce tutti i patti delle sacre Scritture sotto l’unico generale Patto di grazia: da Adamo e Noè, attraverso Abrahamo, Davide e Mosè, fino al Nuovo Patto che è basato su “migliori promesse” (Ebrei 8:6), effettuato in “un tabernacolo più grande e più perfetto” (Ebrei 9:11); cioè la natura umana del Dio-uomo che adempì alla perfezione tutti i tipi (le figure) del Vecchio Testamento, ed eseguì in lettera e spirito tutti gli aspetti della legge divina talché dopo che il suo sacrificio “una volta per tutte” fu autenticato dal Padre, lo Spirito santo fu mandato nella pienezza per prendere dimora nella Chiesa cosicché immediatamente, dal di dentro, “conosce il Signore” (cfr. Geremia 31:34: Ebrei 8:11) e lo fa conoscere ad altri a loro eterna salvezza (cfr. 28:18-20).
Nella Parte Prima, discute la grazia e gli obblighi richiesti (e tuttavia provveduti per grazia) dei vari patti nel loro ordine storico-redentivo. Mentre la grazia è il tema in ognuno di essi (specialmente nella promessa pattizia centrale: “Sarò il loro Dio e saranno il mio popolo”), include costantemente la risposta personale della fede e l’obbedienza, richiesta da – e data a – tutto il popolo eletto di Dio attraverso le lunghe epoche. In ogni parte dimostra che Dio tratta con noi come persone create a sua immagine e non come mere macchine dalle quali non è richiesto responso. Al contrario, siamo stati creati e redenti per funzionare nei termini del suo santo carattere. La grazia non elimina quel responso ma ne rende possibile un sostanziale compimento per mezzo della Parola scritta e della presente potenza dello Spirito santo nella comunione dei santi.
La Parte Seconda riassume perspicacemente i grandi momenti della storia della redenzione dal peccato e la ribellione alla grazie alla gloria per mezzo di una focalizzazione sui “monti di Dio”: Eden (dove abbiamo “peccato in Adamo”), Ararat (dove si posò l’arca di Noè e la razza umana fece un nuovo inizio), Moriah (dove Isacco avrebbe dovuto essere sacrificato prima che fosse provveduto un sostituto), Sinai (dove la santa legge fu rivelata per mezzo di Mosè e furono istituiti i sacrifici espiatori e il sacerdozio rappresentativo), e Sion (o il Calvario, dove Cristo pagò il supremo sacrificio, in base al quale il velo del tempio fu squarciato in due dando al popolo di Dio immediato accesso al Signore stesso). Così, l’insieme delle Scritture è raggruppato alla luce del piano eterno di Dio di redimere un popolo per sé e di rinnovare il cosmo intero.
La Parte Terza apre “il nuovo ordine del mondo” che va dall’epoca apostolica al ritorno di Cristo in gloria. Qui si troverà una delle più illuminanti discussioni della corretta collocazione del dogma nella chiesa e nella vita di ogni vero credente. Qui la sua ampia e profonda conoscenza di fonti Ortodosse d’Oriente, Cattoliche d’Occidente, e Riformate (sia antiche che moderne) fa sentire tutto il suo peso. Come Calvino e altri Riformatori (e più tardi Puritani come John Owen, cordialmente accetta ed incorpora i concili ecumenici e i credi dei primi cinque secoli (da Nicene a Calcedonia), ma decisamente rigetta (come infedeli al chiaro insegnamento delle Scritture) il settimo concilio ecumenico: il Secondo Concilio di Nicene (con la sua approvazione del culto delle immagini). Fa queste valutazioni in accordo col capitolo 2 della “Confessione Elvetica Posteriore” del 1566, riportata dentro la Confessione Francese di La Rochelle (1571). Questa parla della relazione Protestante Riformata con la dottrina degli antichi Padri della Chiesa e dei teologi medievali come segue: “Noi modestamente ci asteniamo dal concordare con loro ogni qual volta troviamo che propongano qualcosa molto lontano dalle Scritture o contrario ad esse”.
Courthial gioisce nella chiara scoperta e nella poderosa esposizione della giustificazione per grazia mediante la fede della Riforma del XVI Secolo (una scoperta che portò a un ampio revival nel Nord Europa e aprì la strada per una nuova espansione missionaria della fede apostolica in tutto il mondo). Egli crede che una certa intuitiva comprensione della salvezza per grazia sia sempre stata da qualche parte nel cuore della Chiesa, ma la sua spiegazione coerente da parte dei Riformatori (che distinsero completamente la giustificazione dalla rigenerazione e santificazione) aprì la strada per una rinnovata predicazione del vangelo accompagnata dalla gioia della certezza della salvezza e di una vita liberata dalla paura per essere “zelanti in buone opere” in modo tale da aprire un dialogo, come mai prima, con donne e uomini perduti di tutte le nazioni. A questo proposito calca ogni dovuta enfasi sulla necessità della dottrina della “imputazione” (una dottrina ora criticata da molti nella “the New Perspective on Paul”).
Nell’ultima parte di questa terza sezione, Courthial ci conduce attraverso il declino della fede del Medio Evo e dentro all’umanesimo laicista dell’XVIII e XIX Secolo che è ciò che abbiamo affrontato negli ultimi cento anni e nel cui contesto dobbiamo predicare e vivere l’immutabile vangelo. Una questione centrale qui è la collocazione della mente umana al di sopra di Dio e della sua Parola, una mente che si suppone non decaduta e una Parola che non è una completamente vera rivelazione di Dio. Courthial dimostra come il programma anti-teistico di molta della “critica storica” delle Scritture sia stato una via importante che i seguaci dell’Illuminismo Umanista hanno seguito per svirilizzare l’autorità finale delle sacre Scritture dentro alle chiese occidentali per facilitare il loro rimpiazzo funzionale con la parola statalista dell’umanità liberata (o meglio delle élite che dichiarano di rappresentarla). Uno dei valori di questo libro è che il suo autore fa molto più che offrire del criticismo dell’eresia e della prosperante incredulità: provvede lucidamente una coerente risposta della fede riguardo l’autorità, la canonicità e la corretta interpretazione della Bibbia. Su questo soggetto della vera storia del testo delle Scritture e di come dovrebbe essere fedelmente interpretato, Courthial è più sensato di qualsiasi altra cosa io abbia mai letto. Questo è caratteristico del suo libro: in certi punti egli è negativo in ordine di esibire una gloriosa alternativa positiva. Probabilmente questa è la ragione per cui il libro (diversamente da alcuni scritti conservatori) è così libero da amarezza, rancore e disperazione. Solleva anziché deprimere.
Con in mente questo scontro di autorità, possiamo vedere che fin dalla Rivoluzione Francese del 1789, l’approccio generale delle ricche nazioni occidentali è stato di voltarsi dall’altra parte dei loro peccati, di rigettare la santa legge di Dio e l’assistenza dello Spirito santo per camminare alla sua luce in favore di una moltitudine di legislazioni statutarie, architettate da legislature umanistiche in regimi che stanno prendendo sempre maggiore controllo su ogni aspetto della vita dei suoi cittadini. Il rimedio per tutto questo sta in Cristo. La Rivoluzione Francese del 1789 e la Rivoluzione Marxista del 1917 erano intese portare le nazioni del mondo in una sorta di paradiso statalista in virtù della pianificazione totale da parte dello stato onni-competente. Il sogno (o incubo) marxista fu in gran parte rigettato dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989 e la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991. Ma come il grande filosofo cristiano dell’ateismo, Augusto Del Noce indicò verso alla fine del XX secolo, malgrado il marxismo abbia fallito, l’ateismo laicista è ancora la filosofia dominante della nostra opulente società occidentale. Egli suggerì che né gli “aspetti religiosi” del marxismo, né il cristianesimo storico fossero accettabili per mantenere il nostro ricco auto-centrismo: solo l’ateismo è desiderato dalle nostre élite multinazionali come fondamento della vita e della legge. Qualsiasi altra cosa, qualsiasi autorità più alta, potrebbe trattenerli dai loro progetti. Si vede qui il riapparire del tentatore ai nostri primo genitori: “Sarete come Dio conoscendo il bene e il male”.
Una delle grandi virtù di Un nuovo giorno di piccoli inizi è che affronta con occhi ben spalancati l’ateismo e lo statalismo che caratterizzano le società in cui viviamo. Non gioisce meramente nel denunciarlo: indica una via migliore in avanti in compagnia con l’antica e sempre viva tradizione cristiana. Al posto dell’uomo che pretende di essere come Dio vorrebbe che ci inchinassimo e vivessimo le nostre vite alla presenza del solo Dio vivente e vero: la santa trinità, nostro Creatore, redentore e Signore; un Signore sovrano che ha rivelato l’intera estensione della sua volontà per mezzo di legge, profeti e apostoli: e supremamente nell’Incarnazione e nel Vangelo del suo Figlio unigenito. Nel suo lucido spaziare le molte parti costituenti le sacre Scritture, Courthial ci rammenta dell’interconnessione divinamente fornita in tutte queste parti tra il vangelo della salvezza gratuita e le onni-comprensive discipline della vita vissuta nei sentieri della santa legge di Dio e nella potenza dello Spirito santo. Egli è l’Invisibile che scrive quella legge nei nostri cuori e produce il frutto del carattere del Dio che lo ha dato mentre abitiamo in unione vitale col Cristo risorto che egli, in modo soprannaturale, ci rende presente. L’autore ha tracciato in modo intrigante questa interconnessione tra il vangelo e la legge attraverso i vari patti biblici nella prima sezione del suo libro; la sua sezione conclusiva dimostra come sia manifestato nella vita cristiana oggi in un mondo caduto e ribelle e come sia la soluzione ai corrosivi “acidi della modernità” che stanno divorando il volto e il vero cuore della nostra cultura laicizzata.
Courthial propone che la Chiesa contemporanea possa essere sul punto di un più pieno sviluppo della sua tradizione teologica. Lo chiama lo sviluppo del “dogma teonomico”. Non c’è dubbio che questa parola (“teonomia”) abbia amaramente diviso molti buoni cristiani riformati negli Stati Uniti durante gli anni 70 e 80, specialmente in reazione agli scritti di R. J. Rushdoony. Come regola generale, la maggior parte dei cristiani riformati americani ha rigettato la teonomia considerandola una ruvida imposizione di leggi civili del Vecchio Testamento agli stati moderni che segnerebbe un ritorno di ogni sorta di reati capitali in una sorta di moderna teocrazia imposta politicamente. Ma se ho letto Courthial correttamente, non è ciò che sta realmente propugnando.
Egli definisce ciò che pensa sarebbe questo dogma teonomico: “Dio solamente, il Padre, il Figlio e lo Spirito santo, è Signore e salvatore e non c’è alcun altro accanto a lui” (p. 256). Courthial crede che il riformatore svizzero Pierre Viret, più di Calvino, lo esponga (nel suo Instruction Cretienne en la doctrine de la Loi et de l’Evangile del 1564). Courthial lo riassume così: “Dio solamente, nella sua Scrittura, ha sovranamente definito e decretato, una volta per tutte, le fondamenta dell’etica e della legge” (271). Facendo riferimento al Commentario sul Deuteronomio di Calvino (CR 52, 49, 131), cita: “Dio non è sottoposto a leggi perché è egli stesso la legge per se stesso e per tutti gli altri” (263). Perciò Courthial scrive che la sacra Scrittura è “la legge morale rivelata da Dio a Israele, il popolo pattizio”, e che è normativa per tutti gli uomini e tutte le nazioni” (270).
Egli ammette chiaramente che c’è una importante discontinuità tra Israele e le nazioni (270, 284), e in quello spirito pare accettare ciò che il capitolo XIX, paragrafo 4 della Confessione di Westminster dice riguardo all’applicazione delle leggi civili del Vecchio Testamento agli stati moderni: “Dio ha dato loro, in quanto corpo politico, anche diverse leggi giudiziarie che non sono più in vigore da quando quella nazione ha cessato di avere un’organizzazione politica [uno stato], non obbligando ora più nessuno, al di là di ciò che esse esigono [postulano] nei termini di principi generali [comuni] di equità [e giustizia]”. Assumo che questo sia ciò che intende quando dichiara (dopo aver affermato la triplice divisione della legge nelle Confessioni Riformate in morale, cerimoniale e civile), riguardo alle leggi socio-politiche e cerimoniali: “sebbene non abbiano più un’applicazione diretta e alla lettera” queste leggi “mantengono un’indiretta e tipica autorità” (272). E a questo proposito fa un utile riferimento ai primi otto capitoli di The Shadow of Christ in the Law of Moses di Vern Signore Poythess (1991). Così è evidente che Courthial sta cercando di operare “i principi generali di equità della legge”. Rende assolutamente chiaro che non sta cercando uno stato fatto funzionare dalla chiesa ma piuttosto uno stato e una chiesa che riconoscono nei loro diversi modi la fonte di ogni legge e di ogni diritto nel santo carattere di Dio (220, 278). Tuttavia nella sua sezione sulla legge penale, mi pare si spinga molto più avanti di Calvino e della maggior parte dei Riformatori (280-284).
Ma separatamente da dettagli significativi come questo (ove molti calvinisti probabilmente disconverranno con alcuni aspetti della sua tesi), credo che la maggior parte sarà in grado di concordare con questo punto principale che dovrebbe essere sia chiaro sia convincente per tutti quelli che sostengono l’autorità di Dio che parla nella sacra Scrittura. Il punto è questo: la Parola di Dio scritta, col suo vangelo salvifico, la sua potenza dello Spirito santo nella Chiesa, e con la guida della legge morale e con la generale equità di tutti i suoi altri tipi di legge, è la luce nella quale dobbiamo universalmente camminare, tanto nella chiesa che nello stato, a casa e fuori. La legge umanista, se e quando sia contraria ai principi della Parola divinamente rivelati, deve essere resistita e, ove possibile, sostituita. Questo è ciò che Courthial vede come la continua controversia tra la rivoluzione umanista e la Riforma cristiana:
Le rivoluzioni di origine umana, sono dei colpi di stato suscitati dalla “religione del potere”, e violano apertamente le leggi di Dio, si fanno beffe delle libertà e finiscono con l’insediare dittatori intenzionati a raggiungere i loro obiettivi a tutti i costi, anche se ciò significasse il sacrificio cruento di molte vite umane. Il sistema che instaurano è una vera e propria forma di schiavitù. Il loro odio per gli uomini creati a immagine e somiglianza di Dio rispecchia l’odio per Dio stesso. Le riforme di origine divina, invece, perseguono pacificamente e pazientemente l’estensione del regno di Dio sulla terra e una più profonda comprensione della sua legge, da loro diligentemente osservata e praticata. Alla fine, queste riforme liberano progressivamente gli uomini dalla schiavitù, puntano a un rinnovamento della cultura, dedicano grandi sforzi a tutti i tipi di educazione e di assistenza che servono non solo a soddisfare i bisogni a breve termine, ma anche a migliorare le condizioni sul lungo periodo. A quel punto ci sarà una cristianizzazione della società, una nuova cristianità, che sorgerà dal gran numero di coloro che si convertiranno e torneranno alla fede come conseguenza della comunicazione fedele della Parola-vangelo-legge di Dio sotto l’opera sovrana dello Spirito Santo (300-301).
Qui vediamo le due diverse correnti che fluiscono dalla gigantesca, creativa influenza della Francia: l’ateista “madre” rivoluzione e il socialismo umanista che ancora fluisce da essa contro la santità teocentrica di riformatori come Giovanni Calvino, Theodore Beza e il loro erede spirituale: Pierre Courthial. Ambedue queste correnti bagnano ancora le nazioni del nostro mondo e hanno molto a che vedere coi frutti che portano. Una conduce alla schiavitù umanista e l’altra alla libertà e al rinnovamento cristiani. Se seguiamo la corrente giusta, quella così bellamente incanalata da Courthial con tale pronta accessibilità per la nostra cultura, il nostro futuro può essere luminoso quanto le promesse di Dio e molti di noi potrebbero ancora vivere (nelle parole di uno dei titoli che Jonathan Edward ha dato alle sue relazioni sul revival della Nuova Inghilterra) Una narrazione di sorprendenti conversioni e dopo di quella, una rinnovata e aggiornata Storia dell’opera di redenzione. Courthial sarebbe sorpreso che non fosse così perché sapeva che “se infatti non ci stanchiamo, raccoglieremo a suo tempo” (Galati 6:9) come, per fede evangelica, procediamo in amorevole obbedienza, invisibilmente uniti al Signore della messe, il rivelatore di ogni verità, il salvatore delle anime nostre, il rinnovatore delle nostre culture e il sovrano dispensatore dello Spirito santo che è da tempo immemore nell’attività di “fare nuova ogni cosa” (2 Corinzi 5:17).
Se leggere Courthial avrà in voi lo stesso effetto che ha avuto in me, vi farà “alzare gli occhi ai monti: da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dall’Eterno, che ha fatto i cieli e la terra” (Salmo 121:1,2). Sarete in buona compagnia mentre seguite l’autore sulle montagne di Dio, da Eden a Sion, finché vi troverete a contemplare per fede “la città che ha i fondamenti, il cui architetto e costruttore è Dio” (Ebrei 11:10). Quelli che maggiormente ricercano la loro cittadinanza in quella città hanno un modo di fare le più grandi benefiche differenze nelle città e nelle culture quaggiù.
Il Signore ha chiamato a casa questo grande vecchio santo il 22 aprile 2009 dopo una lunga e fruttuosa vita cristiana. Salmo 94:14 descrive in bellezza la sua vita: “Porteranno ancora frutto nella vecchiaia e saranno prosperi e verdeggianti”, come lo fanno queste parole in Ebrei 11:4 (dette di Abele): “… benché morto, egli parla ancora”.
Douglas F. Kelly
Reformed Theological Seminary
Charlotte, North Carolina
Gennaio, 2018