Benché la parola “sangue versato” (Diodati, Luzzi Riveduta) “colpevolezza per il sangue versato” (la maggior parte delle traduzioni in Inglese) compaia solamente una volta nelle Scritture (Sal. 51: 14), il concetto stesso è basilare ed è presente attraverso tutta la Bibbia. Poiché la colpevolezza per il sangue versato è così basilare al pensiero Biblico, è importante che l’dea venga brevemente analizzata per poter comprendere il suo significato.
Il primo esempio importante (dopo Genesi 4: 10, 11) si trova in Genesi 9: 1-7, in cui a Noè viene dato il permesso di mangiare animali, o carne, ma non il relativo sangue; più avanti, viene enunciata la legge contro l’assassinio:
Io chiederò certamente conto del sangue delle vostre vite; ne chiederò conto ad ogni animale e all’uomo. Chiederò conto della vita dell’uomo alla mano di ogni fratello dell’uomo. Chiunque spargerà il sangue di un uomo, il suo sangue sarà sparso per mezzo di un uomo, perché DIO ha fatto l’uomo a sua immagine (Gen. 9: 5-6).
Primo, questo passo asserisce che la colpevolezza di sangue per assassinio richiede la pena capitale, sia di animali (Es. 21.28, 29) sia di uomini che uccidano un essere umano. Secondo, il riferimento al “fratello” è equivalente al pronome reciproco “l’un l’altro” o uno per l’altro [1], cosicché tutti gli uomini sono coinvolti nella colpa se trascurano di punire l’assassino nella loro nazione. Terzo, benché la legge sia stabilita da Dio, l’uomo, per mezzo del governo civile, deve spargere il sangue dell’assassino, deve far valere la legge di Dio.
In Levitico 17. 1-7, a meno che ogni animale ucciso per la carne sia portato davanti al Signore, al santuario, “sarà ritenuto colpevole di sangue; ha sparso del sangue e tale uomo sarà sterminato di mezzo al suo popolo” cioè sarà scomunicato. Prima dell’entrata in Canaan, la necessità del viaggio al tabernacolo fu lasciata decadere; Gli animali uccisi potevano essere offerti al Signore nei campi (Dt.12: 20-25). In questi requisiti diventa chiaro che perfino prendere la vita di un animale senza l’ordine di Dio e senza la copertura della sua espiazione incorre la colpevolezza del sangue versato.
Uno dei testi centrali sulla colpevolezza di sangue è Ezechiele 22, che nei primi sedici versi, è una chiamata in giudizio della “città sanguinaria”, cioè della città colpevole di sangue versato, la parola sangue compare sette volte. È importante citare le accuse di Ezechiele nel capitolo 22 per poter vedere cosa sia implicato nella colpevolezza di sangue. I reati sono espressi schiettamente:
Ora la cosa peggiore riguardo a Gerusalemme era che mancava questa condizione indispensabile per il recupero. Nessuna voce si levava dal lato della giustizia, nessun uomo osava contrastare l’ondata di malvagità che inondava le strade. Non semplicemente che essa dava riparo dentro le proprie mura a uomini colpevoli di incesto e ladrocinio e assassinio, ma il fatto che la sua classe dirigente fosse demoralizzata, lo spirito pubblico fosse marcito nei suoi cittadini, la segnavano come incapace di riforma, essa era una “terra non lavata” “non bagnata dalla pioggia in un giorno di indignazione” (ver. 24). Le fonti della sua virtù civica erano prosciugate e un avvizzimento (un influsso malefico) si era sparso attraverso tutte le sezioni della sua popolazione [2].
13. Tutto questo, inoltre, veniva commesso “nel nome del Signore”. “La forma di idolatria a cui Israele era più portata era una riduzione di Jehovah al livello di un dio della natura” [3]. La loro idolatria era praticata nel nome di Dio.
Dall’ampiezza di questa incriminazione contro “la città sanguinaria”, diventa evidente cosa implichi la colpevolezza di sangue versato. Si tratta chiaramente di assassinio ma molto di più che assassinio. Qualsiasi controllo della vita, che sia di toglierla o di risparmiarla, e qualsiasi aspetto della vita vissuto separatamente dalla legge di Dio incorre la colpevolezza di sangue. Così, la laicità è colpevolezza di sangue, nel fatto che asserisce che vaste aree di vita, se non tutta, che siano nello stato, nella scuola o nella vocazione lavorativa, possono essere vissute ignorando la legge di Dio. Tutta la vita separatamente dalla legge di Dio e dalla copertura della sua espiazione, è colpa di sangue. La vita non può essere né risparmiata né tolta senza rifarsi alla legge di Dio. Ancora, la vita non può essere né vissuta né arresa separatamente dalla legge di Dio. Inoltre, la colpa per il sangue versato, una condizione cronica del mondo moderno, richiede uno dei due: o il giudizio o l’espiazione.
Il significato di sangue è acclarato in Levitico 17. 11 “ La vita della carne è nel sangue. Per questo vi ho ordinato di porlo sull’altare per fare l’espiazione per le vostre vite, perché è il sangue che fa l’espiazione per la vita”. Qualsiasi cosa guasti la relazione dell’uomo a Dio pregiudica la vita dell’uomo e quindi, o viene offerta una espiazione di sangue in Cristo, o si incorrerà nella colpa di sangue. Qualsiasi tentativo da parte dell’uomo o di qualsiasi Stato, di stabilire la vita nei termini dell’uomo, è perciò colpevole di sangue, colpevole passibile di morte.
Ad un epoca che è abituata al secolarismo, e per la quale Dio è solo una parola, la dichiarazione di questa premessa biblica sembra ridicola e remota dalla realtà. L’ironia della situazione è che gli orgogliosi laicisti sono presi nell’inesorabile giudizio di Dio nel loro laicismo ma, nella loro cecità, semplicemente estendono la loro pianificazione passo dopo passo, per corroborare ogni nuovo disastro con un’altra sniffata di pianificazione.
L’essenza della pianificazione è questo tentativo di essere come Dio, di sostituire Dio e la Sua predestinazione con l’uomo e la sua predestinazione. Sotto il narcotico della pianificazione, il sogno della ragione aspira a circoscrivere ogni uomo ed ogni eventualità dentro le braccia onnipotenti della Grande Società, il Regno dell’Uomo. Il Piano è una rete per irretire Dio che invece irretisce l’uomo. Il suo proposito è di imprigionare la creazione e il suo Creatore dentro ai decreti della Città dell’uomo, rendere l’uomo supremo, ma l’unica cosa controllata è l’uomo: Dio rimane sovrano. La politica della colpa di sangue è perciò lo statalismo. Poiché l’uomo non può governare il cielo, e poiché l’uomo può governare l’uomo solo con la coercizione, non per creazione, rigenerazione, e legge interiore, l’uomo, quando cerca di essere come Dio, deve creare uno stato totalitario per poter governare. Il reame dell’uomo è sulla terra e, poiché il cuore dell’uomo è territorio alieno ad ogni altro uomo, egli è costretto a governare con la forza per poter conseguire il totale dominio. Il reame e la sovranità di Dio come Creatore sono universali. Egli è a casa propria in ogni territorio dovunque nell’universo, altrettanto in comando nel cuore di ogni uomo come lo è in cielo. Per Dio non c’è territorio alieno, e perciò non c’è coercizione. Egli semplicemente esercita la propria volontà sul proprio dominio e creazione in ogni anfratto dell’universo, e nel cuore di ogni uomo. Dovunque lo Stato si muova oltre il territorio assegnatogli da Dio, è in territorio alieno, come certamente lo sono tutti gli uomini e tutte le istituzioni dovunque e ogniqualvolta trasgrediscono i confini loro assegnati. Poiché Dio, che ha fatto tutti gli uomini e le nazioni “ha determinato le epoche prestabilite e i confini della loro abitazione” (Atti 17:26).
L’uomo è su territorio alieno dalla sua espulsione dal paradiso, ma ogni suo tentativo di riguadagnare il paradiso per mezzo dall’azione dello stato, o per mezzo dell’anarchia dell’umanesimo, non fa altro che collocarlo sempre più lontano in territorio alieno.
Il distacco da Dio segna anche la disintegrazione dell’uomo e della sua società. Se l’uomo non ha riguardi per i diritti di Dio il Creatore, avrà ancor meno riguardi per i diritti dell’uomo, poiché ha in essenza negato il concetto di legge e di diritto. L’enfasi sulla benedizione e sull’ordine sociale di Malachia 3: 7-12, nella sua richiesta che fosse pagata la decima, è qui essenziale. Dio ha un diritto di proprietà sull’uomo e la decima è un pegno di questo. È inevitabile che una cultura che nega i diritti di proprietà di Dio finirà col disprezzare anche i diritti di proprietà dell’uomo.
Tutta la legge di Dio è una affermazione ed una manifestazione dei suoi diritti di proprietà sull’uomo. “La natura della legge è riassunta nella dichiarazione: la legge è il buon proposito di Dio. Non essere soggetti alla legge è perciò inimicizia verso Dio (Rom. 8: 7)” [4]. Questa inimicizia incorre nella colpa di sangue, che solo l’espiazione può cancellare, restituendo l’uomo alla fede in Dio e all’obbedienza alla Sua legge.
Gli scopi dei diritti di proprietà di Dio, come sono manifestati nella Sua legge, sono totalmente buoni. Similmente, le intenzioni dei pianificatori umanistici, quando emanano le loro leggi totali sull’uomo, sono totalmente buone, ma queste “buone intenzioni” non annullano una volontà totalmente malvagia, un desiderio di essere buoni con la proprietà di altri. È significativo che nell’U.S.S.R. fosse proibito a chiese e persone fare doni caritatevoli ad individui. Il dare caritatevole era rigidamente proibito. In altre parole, la carità onesta, dalla proprietà di una persona, è illegale. La carità o il welfare deve provenire da proprietà rubata dallo stato. La carità onesta è vietata perché scopi onesti sono vietati. La legge di Dio è il suo buon proposito verso l’uomo, la sua volontà di condurre l’uomo a compimento, pace e felicità in Dio il suo Creatore. Il proposito della legge statalista è apparentemente il welfare dell’uomo, ma è in realtà potere, l’aspirazione ad essere come Dio. È quindi totale peccato in relazione a Dio, e l’essenza del peccato è anomia, questa ostilità alla sua legge che incorre in colpevolezza di sangue in ogni sua azione, perché è in ogni suo pensiero ed in ogni suo atto un’offesa contro la vita dell’uomo. Quando la vita dell’uomo è implicata in anomia, in ostilità alla legge di Dio, è inevitabile che la sua politica sarà la politica della colpa di sangue versato.
Note:
[1] H. C. Leupold: Exposition of Genesis, p. 333. Columbus Ohio. Wartburg press, 1942.
[2] John Skinner: The Book of Ezekiel.p. 202s. New York: G. H. Doran, nd.
[3] H. L. Ellison: Ezechiel: The Man and His Message,p. 88. Grand rapids, Michigan: Eerdmans, 1956.
[4] Hermann Kleinknecht e W. Gutbrod: Law, p. 106. London: Adam and Charles Black, 1962.