Sebbene i culti siano diversi ed infiniti, ed ogni luogo abbia il suo proprio idolo, per cui quello che è denominato dio non è capace di passare nella regione limitrofa per persuadere i vicini ad adorarlo, che anzi, a mala pena è adorato tra i suoi — nessun altro infatti adorava il dio del vicino, ma ciascuno custodiva il proprio idolo considerandolo il signore di tutti —, solo Cristo è uno solo presso tutti e il medesimo ad essere adorato in ogni luogo. E quello che la debolezza degli idoli non ha potuto fare, e cioè persuadere gli abitanti delle regioni vicine, Cristo l’ha fatto: egli ha persuaso non solo i vicini ma assolutamente tutta la terra, ad adorare un unico e medesimo Signore e attraverso di lui Dio suo Padre.
Atanasio L’Incarnazione del Verbo [46]
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IL RISTABILIMENTO D’ISRAELE
Il vecchio Israele è stato scomunicato, tagliato fuori dal patto dal giusto giudizio di Dio. In apparenza, ciò presenta un serio problema. Che ne è delle promesse di Dio ad Abrahamo, Isacco e Giacobbe? Dio aveva giurato che sarebbe stato il Dio del seme di Abrahamo “in tutte le loro generazioni, per un patto eterno” (Ge. 17:7). Se la salvezza è passata dai Giudei ai Gentili, che ne è della fedeltà di Dio alla sua parola? C’è un posto per l’Israele etnico nella profezia?
Queste domande ricevono la loro risposta più diretta nella Scrittura dall’Apostolo Paolo in Romani 11.
La reiezione d’Israele Non è Totale
Paolo evidenzia che Dio non ha mai rigettato totalmente l’Israele etnico. Dopo tutto, Paolo stesso era “un israelita, discendente d’Abrahamo, della tribù di Beniamino” (v. 1). E Paolo non è un caso isolato. Di fatto, com’egli dimostra, corrisponde con la storia d’Israele che solo pochi furono veri credenti nella fede biblica. Come esempio, egli cita la storia di Elia (1 Re 19), che protestò con Dio di essere l’unico Israelita fedele rimasto. Dio rimproverò Elia con la dichiarazione che egli s’era messo da parte settemila fedeli in Israele, uomini che non avevano piegato le ginocchia a Baal. Similmente, dice Paolo: “anche nel tempo presente, è stato lasciato un residuo secondo l’elezione della grazia” (v. 5). Nella sua grazia sovrana Dio ha scelto di salvare alcuni da Israele, anche se ha condannato Israele nel suo insieme, cosicché “Israele non ha ottenuto quello che cercava, ma gli eletti l’hanno ottenuto, e gli altri sono stati induriti” nella loro incredulità, come l’empio Faraone d’Egitto (v. 7, cfr. 9: 14-18). Alla maggioranza dell’Israele etnico: “Dio ha dato loro uno spirito di stordimento, occhi per non vedere e orecchi per non udire, fino a questo giorno” (v. 8; cfr. Atti 28: 25-28). Su questi scomunicati dal Patto verranno le maledizioni del Vecchio Testamento: “la loro mensa diventi per loro un laccio, una trappola, un intoppo e una retribuzione. Siano oscurati i loro occhi da non vedere, e piega la loro schiena del continuo” (vv. 9-10). Nondimeno, Dio aveva lo stesso i suoi eletti in mezzo all’Israele etnico. Come Paolo, sarebbero stati salvati. La reiezione d’Israele da parte di Dio non era totale.
La reiezione d’Israele non è finale
Non solo è vero che ci sarà sempre una minoranza fedele tra quelli d’Israele, ma la parola di Dio insegna pure che un giorno una maggioranza tra l’Israele etnico sarà salvata. Il popolo d’Israele, nel suo insieme, ritornerà alla fede dei loro padri e riconosceranno Gesù Cristo come Signore e Salvatore. La loro caduta nell’apostasia non è permanente, dice Paolo. Poiché proprio come la loro scomunica risultò nella salvezza dei Gentili, la salvezza dei Gentili un giorno risulterà nella restaurazione d’Israele: Io dico dunque: “Hanno inciampato perché cadessero? Così non sia; ma per la loro caduta la salvezza è giunta ai gentili per provocarli a gelosia. Ora, se la loro caduta è la ricchezza del mondo e la loro diminuzione la ricchezza dei gentili, quanto più lo sarà la loro pienezza? Infatti io parlo a voi gentili, in quanto sono apostolo dei gentili; io onoro il mio ministero, per provare se in qualche maniera posso provocare a gelosia quelli della mia carne e salvarne alcuni. Infatti, se il loro rigetto è la riconciliazione del mondo, che sarà la loro riammissione, se non la vita dai morti?” (vv. 11-15).
L’ordine degli eventi sembra quindi essere come segue:
L’Olivo
Fin dal principio, Dio ha sempre avuto il suo un popolo pattizio. La Chiesa del Nuovo Testamento è semplicemente la continuazione del “vero Israele di Dio” (Ga. 6:16), dopo che il falso Israele fu tagliato via. Paolo mostra come questo sia avvenuto usando un’illustrazione. I gentili credenti furono “innestati” nel tronco del popolo di Dio, mentre i rami israeliti venivano strappati.
E se pure alcuni rami sono stati troncati, e tu che sei olivastro sei stato innestato al loro posto e fatto partecipe della radice e della grassezza dell’olivo, non vantarti contro i rami, ma se ti vanti contro di loro ricordati che non sei tu a portare la radice, ma è la radice che porta te. Forse dunque dirai: “I rami sono stati troncati, affinché io fossi innestato”. Bene; essi sono stati troncati per l’incredulità e tu stai ritto per la fede; non insuperbirti, ma temi. Se Dio infatti non ha risparmiato i rami naturali, guarda che talora non risparmi neanche te. Vedi dunque la bontà e la severità di Dio: la severità su quelli che sono caduti, e la bontà verso di te, se pure perseveri nella bontà, altrimenti anche tu sarai reciso (Ro. 11:17-22).
Quelli che sono infedeli e disobbedienti al patto sono tagliati via, nonostante la loro posizione precedente o l’eredità genetica, mentre quelli che credono sono innestati. Questo contiene un importante avvertimento per tutti coloro che professano la religione Cristiana a continuare nella fede. I Giudei che voltarono le spalle al loro Signore non poterono campare diritti alla benedizione e al favore di Dio; e, come Paolo rimarca, lo stesso vale per i gentili cristiani. Dio richiede obbedienza e perseveranza, come disse Calvino. Una vita di continuo pentimento. “State attenti, fratelli, che talora non vi sia in alcuno di voi un malvagio cuore incredulo, che si allontani dal Dio vivente, ma esortatevi a vicenda ogni giorno, finché si dice: ‘Oggi’ perché nessuno di voi sia indurito per l’inganno del peccato. Noi infatti siamo divenuti partecipi di Cristo, a condizione che riteniamo ferma fino alla fine la fiducia che avevamo al principio” (Eb. 3: 12-14).
Ma la reiezione d’Israele non ha da essere il capitolo finale della sua storia. Benché il corpo d’Israele fu scomunicato per incredulità, la restituzione al patto avverrà attraverso il pentimento e la fede: “E anche essi, se non perseverano nell’incredulità, saranno innestati, perché Dio è potente da innestarli di nuovo. Infatti, se tu sei stato tagliato dall’olivo per natura selvatico e innestato contro natura nell’olivo domestico, quanto più costoro, che sono rami naturali, saranno innestati nel proprio olivo (vv. 23-24). Si noti attentamente che il testo non solo dice che Dio può ristabilire l’Israele “naturale”, ma dice che lo farà. Questo punto è rinforzato nei versetti seguenti:
Perché non voglio, fratelli, che ignoriate questo mistero, affinché non siate presuntuosi in voi stessi, che ad Israele è avvenuto un indurimento parziale finché sarà entrata la pienezza dei gentili, e così tutto Israele sarà salvato come sta scritto: “Il liberatore verrà da Sion, e rimuoverà l’empietà da Giacobbe. E questo sarà il mio patto con loro quando io avrò tolto via i loro peccati” (vv. 25-27).
Come abbiamo visto sopra, Dio ha indurito il popolo d’Israele nell’incredulità (vv. 7-10). Ma questo indurimento era solo temporaneo, poiché Israele nel suo insieme ritornerà al Signore, come Paolo dichiara altrove:
Ma le loro menti sono diventate ottuse; infatti, nella lettura dell’antico patto lo stesso velo rimane senza essere rimosso, perché il velo viene annullato in Cristo. Anzi fino ad oggi, quando si legge Mosè un velo rimane sul loro cuore. Ma quando Israele si sarà convertito al Signore, il velo sarà rimosso (2Co. 3: 14-16).
L’indurimento giudiziale e la reiezione d’Israele non durerà per sempre. Un giorno il velo sarà sollevato, e il popolo nel suo insieme sarà ri-convertito alla vera fede. Ma Israele non ritornerà finché non sarà entrata la pienezza dei gentili – in altre parole, finché i gentili nel loro insieme siano stati convertiti a Cristo (si compari l’uso della parola “pienezza” nei versi 12 e 25). E dunque, dopo la conversione della massa dei gentili, tutto Israele sarà salvato, in adempimento delle promesse di Dio al suo antico popolo. Malgrado Israele sia stato infedele, Dio rimane fedele al suo Patto. Israele è oggi un nemico del vangelo, eppure Dio li ama ancora a motivo dei loro padri. I privilegi che ha conferito su di loro non sono stati ritirati per sempre, e a motivo delle sue promesse, la chiamata d’Israele nel patto è alla fine irrevocabile. (vv. 28-29). Paolo ripete la lezione fondamentale: “Come infatti pure voi una volta foste disubbidienti a Dio, ma ora avete ottenuta misericordia per la disubbidienza di costoro, così anche costoro al presente sono stati disubbidienti affinché, per la misericordia a voi fatta, anch’essi ottengano misericordia” (vv. 30-32).
Riassunto
Il nostro studio di Romani 11 è stato necessariamente breve. Chi desideri un esame più approfondito dovrebbe consultare i commentari di Robert Haldane, Mattew Henry [quest’ultimo disponibile anche in Italiano], Charles Hodge e John Murray, come pure l’estesa esegesi nell’importante opera di Iain Murray: The Puritan Hope. I seguenti punti, comunque, sono chiaramente emersi dal nostro esame del testo:
In quel giorno Israele, il terzo con l’Egitto e con l’Assiria, sarà una benedizione in mezzo alla terra. L’Eterno degli eserciti li benedirà dicendo: “Benedetto sia l’Egitto mio popolo, l’Assiria opera delle mie mani e Israele mia eredità!” (Is. 19:24-25).