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Elitismo

È un fatto significativo che Karl Marx sia stato l’apostolo dell’egualitarismo mentre era un elitista.  Le due cose vanno assieme. Le persone oneste conoscono i limiti di tutti gli uomini e che eguaglianza e ineguaglianza sono dei miti. Sono essenzialmente dei termini matematici che non possono rendere giustizia alla diversità della vita. Voi ed io possiamo eccellere in certe cose e sentirci totalmente incompetenti in altre aree. Un uomo può essere un genio matematico e anche incompetente con i semplici lavoretti di riparazioni domestiche. Se fossimo tutti eguali saremmo tutti onni-competenti e non avremmo bisogno l’uno dell’altro. Questo è il motivo per cui i regimi egualitari sono così assassini: considerano tutte le persone come facilmente rimpiazzabili e facilmente eliminabili, eccetto per i pochi dell’élite: i filosofi-re.

Il grande manuale dell’élitismo è La Repubblica di Platone. La sua dottrina della giustizia è umanistica fino all’osso: “Ognuno deve compiere quell’una funzione nella comunità per la quale la natura l’ha meglio ritagliato. Ebbene, io credo che questo principio, o qualche sua forma, sia giustizia”. Questa giustizia significa che la società deve essere governata da filosofi-re. Sotto di essi ci sono i guardiani: soldati e pubblici ufficiali. La maggior parte della gente deve costituire le masse; essi sono gli schiavi e la loro virtù dev’essere la temperanza, intendendo auto-limitazione e obbedienza.

Perché questa “repubblica” potesse funzionare, Platone sentì che  dovevano essere eliminati due fattori che promuovono l’individualismo: proprietà e famiglia. La proprietà privata doveva essere abolita, la riproduzione doveva essere regolata e rigidamente controllata.

Ma non è tutto. Alla base della “repubblica” ideale o stato elitista c’è il controllo statale di tutta l’educazione. Questo significa anche il controllo di libri, musica e intrattenimento popolare.

Più tardi gli elitisti raffinarono i controlli. Tommaso Moro, una delle figure più brutte dell’epoca rinascimentale, un uomo che visse male ma morì bene, aggiunse al comunismo di Platone anche il controllo del denaro. L’oro avrebbe dovuto essere usato solo per fare catene per schiavi e pitali. Lenin fu compiaciuto con quest’ultima parte del piano di Moro e l’adottò. Molto dopo, Edward Bellamy, in Looking Backward (1888) voleva che della carte di credito emesse dallo stato sostituissero il denaro. (Questo avrebbe permesso allo stato di affamare i dissidenti fino alla resa.)

Chad Walsh, in From Utopia to Nightmare (1962) citò i principali articoli di fede sostenuti dagli utopisti. Quattro di questi c’interessano. Primo, l’uomo è basilarmente buono. La dottrina del peccato originale è anatema per gli elitisti, perché colloca tutti gli uomini su un terreno comune davanti a Dio; questa è probabilmente l’unica forma valida di egualitarismo. Secondo, l’uomo è plastico; non ha una natura fissa e può facilmente essere modellato per contemperare gli obbiettivi del filosofo-re. La dottrina dell’evoluzione è un mito elitista che “convalida” la visione del mondo elitista. Significa che  l’élite può ricreare l’uomo e il mondo a propria immagine. Molta scienza oggi è devota a tali obbiettivi. Terzo, la felicità individuale è possibile solamente in qualche senso reale se la società viene servita e fiorisce; ricercare la felicità separatamente dagli obbiettivi della società è sovversivo e non è vera gioia. Di qui, nello stato Sovietico, l’operaio che supera gli obbiettivi di lavoro è l’uomo felice, perché vede il proprio bene e la propria gioia nei termini degli obbiettivi sociali. Quarto, l’uomo è un essere razionale che può diventare ancor più sistematicamente razionale. La società fiorirà mano a mano che fioriscono ragione e scienza. Pertanto, i filosofi-re, in quanto ragione incarnata, devono guidare lo stato e le masse dentro la vita della ragione. L’implicazione in tutti questi ordinamenti elitisti è che la sottomissione allo stato e alla sua élite è sottomissione alla ragion pura, e la rivolta contro le élite è irrazionalismo.

In questo modo, in ogni ordinamento elitista, l’élite sostiene che questo è un presupposto fisso: pensa come noi, e sei un uomo sano e razionale; se discordi sei un’aberrazione sociale con un serio problema mentale.

Quasi tutte le nazioni sono oggi governate da elitisti. Quando gli uomini s’allontanano dal cristianesimo, abbandonano la gerarchia, che significa il sacro governo nei termini della parola-legge di Dio, per il governo umano da parte degli elitisti. Questi elitisti hanno di più in comune l’uno con l’altro che con i loro popoli. Gli elitisti amano gli elitisti, o quantomeno li preferiscono. I nostri elitisti degli Stati Uniti hanno fatto di noi a tutti gli effetti degli alleati della Cina Rossa e dell’Unione Sovietica, ma non della Repubblica del Sud Africa. Benché la RSA abbia con loro molti punti in comune, il controllo economico per menzionarne uno, comunque puzza troppo del vecchio ordinamento Europeo e deve essere distrutta. La Cina Rossa ha una delle leggi sull’aborto più assassine al mondo, ed estensive politiche di fame creata dallo stato, ma nessuno propone di disinvestire nella Cina Rossa salvo una manciata di studenti. L’Unione Sovietica ha i suoi campi di lavoro nei quali esercita la schiavitù e i suoi genocidi pianificati, ma dove sono le richieste che si disinvesta nell’USSR?

Gli elitisti amano altri elitisti; professano di amare le masse e sono egalitari militanti in legislazione e snob di persona. L’elitista ama i luoghi “esclusivi”; sarà deliziato cliente abituale di un fine ristorante  se pochi lo conoscono ma, lascia che diventi troppo popolare, ed è “guastato”. Ama viaggiare in luoghi fuori dal comune e li decanta, ma se alcune “persone comuni” cominciano a godere lo stesso luogo, lo vede come “commercializzato” e guastato.

L’elitista odia il libero mercato perché a modo suo fornisce una buona forma di democrazia. In una economia di libero mercato, la maggior parte delle persone, se le vogliono, possono guadagnare abbastanza per un’automobile, una televisione e la loro propria casa. In questo modo escono dalla classe di servi (“È così difficile trovare buoni domestici, di questi tempi”) diventando benestanti, e questo significa un’indipendenza dalla élite. Il grande male che il Puritanesimo e Cromwell hanno fatto all’élite Inglese è stato che la “Allegra Inghilterra” è stata “distrutta” visto che ora non c’era più una folta classe di servi che s’inchinava e strofinava davanti a loro. Da allora, per alcuni, la restaurazione di un tale ordinamento è stato un sogno, mentre i loro ex-servitori in molti casi vogliono colpire la “classe dirigente” anche se ciò distrugge la nazione nel procedimento.

L’elitismo è comune  a tutte le sfere. Le sue origini sono comunemente in Platone per il quale i veri universali sono astrazioni, o idee, o principi, non l’universale concreto: il Dio trino. Recentemente, durante un viaggio, una persona seria, mi ha chiesto con qualche perplessità: “Io conosco la mia bibbia, so che Gesù Cristo è il mio Signore e Salvatore, e cerco di vivere secondo la parola di Dio, ma cosa sono questi principi dei quali il direttore della nostra scuola continua a parlare?” Né Cristo né la bibbia possono essere ridotti ad un’astrazione o un principio greco: nella Scrittura non c’è mai nulla di astratto. Furto, omicidio, adulterio, falsa testimonianza e altro sono proibiti, non in ragione di qualche principio astratto perché Dio lo comanda. Dare la decima è richiesto, il riposo del sabato è obbligatorio, e debiti solo a breve termine e altro, sono la legge di Dio, non in virtù di qualche principio astratto, ma perché noi siamo creazione e proprietà di Dio, ed Egli ci comanda. I principi ci portano verso un’altra religione, la fedeltà ci porta a Dio.

L’elitismo prende anche altre forme nella chiesa. La bibbia ci dà tipi e simboli legittimi e ordinati da Dio che sono specifici e concreti: fanno riferimento a Cristo, alla nostra salvezza, alla santificazione, ecc. La tipologia biblica è comprensibile a tutti i credenti; non è esoterica. La teologia simbolica è elitismo. Chi, se non quegli studiosi che conoscono le religioni cultiche della fertilità e hanno studiato sotto uno o due professori di seminario esoterici potrà mai vedere, nelle chiare parole della Scrittura, i significati nascosti ed esoterici nel conflitto tra Mosè e Sefora sulla circoncisione? E quale credente, nel leggere il resoconto della prima Pasqua in Egitto, potrebbe mai immaginare che i due stipiti della porta rappresentano le gambe di una donna, e il traverso la sua zona pubica, e il sangue dell’agnello il sangue dell’imene della donna nella sua prima notte di nozze? Quando la bibbia ci dice che Cristo è l’agnello pasquale di Dio, quale credente andrà in cerca di un simbolo o di una principio astratto?

L’elitismo governa la comunità accademica del nostro tempo. Nei seminari, i professori tendono a guardare con disprezzo quegli studenti che intendono diventare pastori; gli studenti preferiti sono i potenziali professori. Per loro, la religione è spesso qualcosa da anatomizzare e discutere, non ordini di marcia dal Signore Dio. Per questa ragione, la maggior parte dei seminari tendono a fare più male che bene ai loro studenti. È significativo che oggi le chiese che stanno crescendo più velocemente siano quelle che non richiedono la formazione seminarile.

Licei e università sono scuole di elitisti. Sono ostili, spesso nei confronti dei veri studiosi quanto della maggior parte degli studenti. La teoria sostenuta dagli intellettuali è che la loro intelligenza li apparta e rende distinti. Però, come un professore, un vero studioso, mi ha rimarcato una volta, pochi ambienti sono governati dalle regole del branco di lupi più dell’università. Non è l’intelligenza a fare forti e indipendenti gli uomini, ma sono piuttosto la fede e il carattere.

Come abbiamo notato, l’elitismo dà molta importanza all’educazione, ma è educazione umanistica. Tale scolarizzazione non produce né libertà né indipendenza ma un’enfasi sul gruppo. La gente quindi è governata dalle pressioni di gruppo. Quando un bambino comincia ad andare nella scuola statale, egli è molto presto governato dalle pressioni di gruppo dei suoi compagni: gli altri studenti; e le direzioni date al gruppo provengono dagli educatori statalisti. Il risultato è un crescente distacco tra il bambino e la  sua famiglia.

L’elitismo, inoltre, ha una forte propensione verso stili, mode e tendenze. Queste possono riguardare vestiario, alimentazione, idee, divertimenti, ed altro. Ci sono continui cambiamenti in ciò ch’è accettabile, perché l’élite vuole essere differente, e le masse che le imitano vogliono seguire le loro tendenze. È ironico che per l’elitismo il consenso dei governati, secondo Platone, e “quando il desiderio della moltitudine inferiore sarà controllato dai desideri e la saggezza dei pochi”. Ora che le élite determinano le tendenze per le masse, bramano essere differenti, e alterano i loro stili e gusti per esibire la loro diversità.

Come abbiamo visto, per Platone ( e Socrate), la giustizia è una dottrina elitista. Significa che tutti del popolo fanno ciò che le élite sentono sia meglio per loro fare. Nelle parole di Platone: “Noi abbiamo stabilito, come principio universale, che ciascuno debba eseguire quell’una funzione nella comunità per cui la sua natura l’ha meglio ritagliato. Ebbene, io credo che questo principio, o qualche sua forma, sia giustizia”. Si noti che Platone, l’elitista, stabilisce un principio, una premessa razionalistica. Dissentite e andrete nel campo di lavoro o alla pena di morte. Dio ci dà invece comandamenti e leggi che noi dobbiamo ubbidire. Questi non sono idee da discutere e cercare di capire ma ordini di marcia per la vita. Le leggi di Dio sono più intelligenti di tutto l’intellettualismo di Platone e di ogni elitista da allora, perché la parola-legge di Dio stabilisce la via della vita, della fede, e dell’intendimento. Ci è detto chiaramente: “Il timore dell’Eterno è il principio della conoscenza, ma gli stolti disprezzano la sapienza e l’ammaestramento” (Pr. 1:7). E ancora: “Poiché l’Eterno dà la sapienza; dalla sua bocca procedono la conoscenza e l’intendimento” (Pr. 2:6). Questo non è un principio: è un fatto della vita. Presuppone che Dio ha fatto il mondo e tutte le cose che contiene, e tutta la creazione è governata e giudicata da lui. L’elitismo presuppone un mondo che si è creato da sé, ha prosperato sul mito dell’evoluzione. In quel mondo di cruda fattualità, non c’è parola-legge di Dio. L’uomo perciò modella idee o principi coi quali propone di governare e dominare il mondo. Quando il cristianesimo cerca di combinare insieme Dio e i principi, cerca di unire ciò che non può essere unito.

In anni precedenti, ho pensato che il concetto ellenico di idee o principi fosse avviluppato nella nostra forma mentis troppo in profondità per poter essere sradicato. Da allora sono giunto alla convinzione che sia sbagliato compromettere con questa cornice di pensiero o cercare di usarla e indirizzarla, come avevo fatto in precedenza. Il nostro dovere è di essere fedeli; i risultati sono nella mani di Dio.

R. J. Rushdoony Ottobre, 1985.


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