INDICE:

L’eresia manichea oggi

All’origine, il Manicheismo non era un’eresia ma una religione rivale. La religione di Mani apparve nel medio oriente nel Terzo secolo d. C. e si sparse in tutto l’Impero Romano. L’insegnamento centrale del Manicheismo, una religione affine al Zoroastrismo, è che esistono due dèi rivali, il dio di luce e spirito, e il dio delle tenebre e della materia. L’identificazione della luce con lo spirito e delle tenebre con la materia potrebbe non essere stata presente o fissata nel pensiero di Mani, ma, nel tempo, questo fu il dualismo della fede manichea. Ciò che c’interessa specialmente è che il contrasto nel manicheismo non è tra il bene e il male in quanto condizioni morali ma in quanto condizioni metafisiche. Ciò che questo significa è che l’obbiettivo religioso diventa uno stato dell’essere anziché uno stato della fede e dei suoi requisiti morali. Una semplice illustrazione basterà per spiegare questa cosa almeno in parte. Se è un uomo è nato nero o bianco non può cambiare il suo passato razziale: è lo stato del suo essere. Un uomo può, però, essere trasformato moralmente da un uomo malvagio a uno buono. Detto questo, dobbiamo concedere che il dualismo effettivamente permette qualche grado di cambiamento abbandonando quante più cose materiali possibili e diventando il più spirituale possibile. Questo, comunque, non è un cambiamento morale ma un tentativo di sopprimere un lato del nostro essere, il materiale, in favore dell’altro lato, quello spirituale. Questa enfasi marcava molte eresie e sette manichee medievali come gli albigensi. Dietro la facciata di un apparente cristianesimo, queste persone trovavano salvezza, non in Cristo, ma abbandonando cose carnali per cose spirituali. Supponevano di essere salvati dando ad un aspetto del loro essere la preminenza sull’altro.

Per la fede biblica, la salvezza è per l’espiazione di Cristo e per la sua opera di rigenerazione in noi. Dall’essere ribelli contro Dio diventiamo membri della nuova umanità di Cristo. Questa conversione fa di noi una nuova creazione nel senso morale, non in quello metafisico.

Per il manicheismo, noi abbiamo in noi stessi la sostanza di due dii rivali, l’uno buono, l’altro cattivo. La nostra “salvezza” consiste nel parteggiare col dio o sostanza buona nel nostro essere.

È chiaro che il manicheismo era correlato allo gnosticismo nelle sue varie forme d’espressione quali docetismo e kenosi. L’antica Russia, l’origine del pensiero kenotico dei nostri tempi, fu anche la casa di molte sette manichee. Quella meglio conosciuta dagli americani ( a motivo della colonia canadese) è costituita dai Dukhobor, con i quali Tolstoy fece amicizia e condivise alcune idee, in modo razionalista. Tra le altre cose, i Dukhobor credono nella trasmigrazione delle anime a puro spirito; negano che Gesù fosse di vera carne e sangue, e vedono l’anima umana quale immagine del vero dio. Come riportò Frederich C. Conybeare, in Russian Dissenters (1921), essi credono e dicono: “C’è un Dio, Egli è Spirito. Egli è in noi, noi siamo dio”. Nel loro essere spirituale gli uomini sono di una sostanza con Dio. Quelli che abbandonano la carne pertanto si concentrano sull’essere o parte buona nella loro natura.

Questo è il manicheismo come religione, come rivale del cristianesimo. Nel mondo occidentale in massima parte è però scomparso come religione rivale ed è ricomparso nei ranghi del cristianesimo come eresia al pari dell’umanismo.

Il marchio distintivo del manicheismo come eresia è che definisce le questioni che affrontano l’uomo, non come antitesi morali, ma come antitesi dell’essere. Se l’antitesi è morale, qualcuno ha chiaramente bisogno di cambiamento. Il cristianesimo perciò insiste sulla necessità della conversione. Quando un uomo è nato di nuovo, non è un altro essere; è lo stesso uomo ma con un cuore nuovo, con uno spirito di fede e d’obbedienza, non di ribellione e disobbedienza.

Se l’antitesi concerne la sostanza dell’essere la ricetta per la cura è la morte, la distruzione di tutto l’essere malvagio. Questa ricetta è basilare al moderno manicheismo.

Un classico esempio di questa fede è Jean-Jacques Rousseau. Per Rousseau l’antitesi dell’essere è tra l’uomo naturale, che è buono, e la civilizzazione, che è malvagia. Ciò significa che gli uomini “troppo civilizzati” sono disperatamente malvagi. Cambiando la natura dell’antitesi tra il bene ed il male dalla moralità all’essere, Rousseau introdusse l’era della rivoluzione. Nei termini di Rousseau, e cominciando con la Rivoluzione Francese, gli uomini hanno cominciato a smantellare la civilizzazione e ad esaltare la salvezza per morte, la ghigliottina.

Un altro esempio di questa fede è Karl Marx. Per lui l’umanità era divisa in due classi, una buona, l’altra cattiva. La sua soluzione fu rivoluzione e morte, e i suoi seguaci, come Trotsky, Lenin e Stalin divennero grandi sostenitori del terrore totale, cioè la morte per i “nemici” della classe lavoratrice. L’eresia manichea non risolve i problemi, anzi li aggrava. Una volta eliminata la vecchia “classe dominante” continua a trovare evidenze di questo male irrimediabile nei propri ranghi in tutti quelli che discordano. La prescrizione marxista non è la conversione ma il campo di lavoro e la morte.

Il razzismo provvede un altro caso di moderno manicheismo. Il male è visto come incarnato in una razza particolare, nera, bianca o gialla; negli ebrei o nei gentili; nel loro gruppo, non nel nostro. Nella versione liberale del razzismo, tutti gli uomini sono buoni per natura (eccetto i cristiani), ed è l’ambiente della religione e della famiglia ad essere malvagio. Non sono pochi gli aderenti all’ Anglo-Israelismo che sono convinti che tutti quelli che non sono membri delle tribù “scelte” siano “progenie del serpente”, demonici. Questo è manicheismo.

A motivo del manicheismo, i problemi dell’uomo moderno non possono essere risolti senza un ritorno alla fede biblica. Se il mio nemico può essere convertito, posso pregare per lui, essere paziente con lui, e fare tutto ciò che è moralmente possibile per lavorare con lui pacificamente. Non mi riduco a sua vittima, ma lavoro per evangelizzarlo. Però, se un uomo vede la realtà con presupposti implicitamente manichei, come la maggior parte delle persone fa oggi, non la conversione ma la soppressione e la morte sono la soluzione. Per molti dei nostri uomini di stato umanisti, il male è il cristianesimo; perciò, operano per sopprimerlo e distruggerlo. Allo stesso tempo, quali che siano le differenze tra loro, sentono d’avere coi marxisti un’identità essenziale  e sono pronti a lavorare con loro. Per il manicheismo la pace è una pratica altamente selettiva; è applicata solo verso coloro che sono dalla parte della vera spiritualità o dell’intelligenza.

Dovrebbe essere facile, per i cristiani, confrontare, demolire, e convertire questi manichei. Tutte le armi dell’arsenale biblico li equipaggiano con i mezzi più efficaci per portare a queste persone una salvifica conoscenza di Cristo. Il problema, però, è che troppi uomini di chiesa sono essi stessi infettati da questo implicito manicheismo.

All’interno della chiesa, il manicheismo occulto dell’uomo moderno prende un’altra forma, una più vecchia. Anziché avere un’antitesi morale tra la fede e l’obbedienza a Gesù Cristo, (“Li conoscerete dai loro frutti.” (Mt. 7:20), da un lato, e la ribellione dell’uomo contro Dio e il suo tentativo di essere il proprio dio (Ge. 3:5), dall’altro, questi uomini di chiesa hanno un’altra antitesi. Questa falsa antitesi  è tra  spiritualità e materialismo. Molti uomini di chiesa si opporranno ad una chiarezza dottrinale della fede; preferiscono essere generici e vaghi su questioni come infallibilità e inerranza, espiazione e incarnazione, e sono zitti riguardo a cose come il creazionismo in sei giorni, la predestinazione e la legge di Dio. Allo stesso tempo vocalizzano molto la necessità di maggiore “spiritualità”, un termine vago che spesso significa essere più di chiesa.

Nella chiesa oggi, la parola “spirituale” copre una moltitudine di peccati. In alcune chiese, membri molto forti e attivi sono considerati “poco spirituali” perché non partecipano a uno dei molti incontri o gruppi di preghiera, ma troppo spesso queste riunioni di preghiera sono dominate da pii ipocriti le cui logorroiche preghiere precludono la partecipazione di nuovi venuti. (Nostro Signore parlò di tali farisei in Matteo 6:5). Ai suoi tempi, Moody, ha “sistemato” una di tali persone durante un incontro pubblico in Inghilterra.

Questi cristiani “spirituali” spesso non sono di alcun bene terreno nel trattare con i bisogni tra i fratelli, o nella loro comunità, ma sono dedicati alle forme della religione. Mi sovviene di un uomo che non poteva mai contare su un pasto in orario o d’avere del vestiario pulito perché sua moglie dava così tanto tempo alla chiesa; lei a sua volta considerava il marito  molto “poco spirituale” perché si lamentava!

Si potrebbe dire molto di più. La chiesa oggi è così coinvolta con questa enfasi manichea della spiritualità che dimentica che la vocazione cristiana è d’essere fedeli. La religione biblica è intensamente pratica. Cotton Mather è assai maltrattato ai nostri giorni, ma quel vecchio puritano riassunse la vita cristiana nel titolo di uno dei suoi libri: Essays To Do Good -(Saggi Sul Fare il Bene). William Wilbeforce nel suo studio: A Practical View of the Prevailing Religious System of Professed Christians Contrasted With Real Christianity  Uno Sguardo Pratico sul Sistema Religioso Prevalente dei Professanti Cristiani Messo in Confronto col Cristianesimo Vero – (1797), negò che la partecipazione ai riti religiosi fossero evidenze di fede sufficienti. Quanto reale sia la fede di una persona, disse Wilbeforce, diventa evidente in quanto seriamente considera l’educazione nella fede dei suoi figli. “Non ci si può aspettare, che quelli che sono così poco attenti a questo grande obbiettivo nell’educazione dei loro figli, lo siano di più in altre parti della loro condotta dove sono meno fortemente stimolati dall’affetto, e meno ovviamente carichi di responsabilità”. Se in quest’area chiave — la famiglia, non prendiamo seriamente i nostri doveri cristiani, le nostra pretese di essere spirituali altrove sono malvagie. È un fatto significativo ma soppresso, che uno dei capi evangelici più potenti di questo secolo, che morì alcuni anni fa, fosse completamente detestato dalla sua pia famiglia.

Un’altra forma di falsa spiritualità è un solenne e severo cospetto e maniere, come se la spiritualità significasse un contegno pomposamente austero. La risposta a questo tipo di comportamento era espressa  splendidamente in un vecchio inno: “Perché i figli di un re dovrebbero far cordoglio tutti i loro giorni?”

Ciò che le Scritture ci presentano non sono due dèi in interminabile, eterno conflitto, ma l’un vero Dio che ha fatto tutte le cose e le ha fatte molto buone (Ge. 1:31). Le cose sono sconvolte, non perché la materia è malvagia ma perché l’uomo ha peccato. Se la materia fosse il problema, non ci sarebbe rimedio perché noi viviamo vite materiali tutti i nostri giorni, e abbiamo la prospettiva della resurrezione dei nostri corpi alla fine della storia. Se la spiritualità fosse la risposta, la venuta di Cristo non sarebbe stata necessaria perché molte religioni mettono in rilievo il bisogno di spiritualità. (Ambedue Socrate e Platone misero in rilievo la spiritualità e ambedue erano omosessuali che vedevano il loro vizio come un amore spirituale).

Il manicheismo è stato l’occulto influsso che ha governato il mondo occidentale. La sua influenza sia dentro che fuori la chiesa è stata enorme. Denis de Rougemont, in Love In The Western World (1939), ha tracciato la sua influenza sull’idea di amore romantico. Poiché vede l’uomo fatto di due sostanze, l’una buona e l’altra cattiva, per il manicheismo non c’è reale soluzione al problema dell’uomo. Per quanto “spirituale” diventi, rimane un essere fisico, materiale. Il risultato è frustrazione. Mario Pratz l’ha chiamata, l’afonia romantica nel suo libro dallo stesso titolo: The Romantic Agony. 

La nostra cultura e le nostre nazioni manichee sono perciò nella morsa di un’ideologia di guerra perpetua. Più profondamente le nazioni diventano coinvolte con la fede nel conflitto d’interessi, più profondamente affonderanno nel pantano di un continuo combattimento in una guerra che non può finire. Il manicheismo postula un irreconciliabile conflitto d’interessi. In questo conflitto, da una prospettiva manichea, la soppressione e la morte sono sia necessarie che futili. Per più di mezzo secolo, l’Unione Sovietica ha continuato ad uccidere “classi nemiche”, ma sembravano spuntare tanto velocemente quanto venivano fatte lavorare a morte nei campi di lavoro. La soluzione manichea è soppressione e morte, ma è una soluzione fallimentare perché il “nemico” è una parte egualmente essenziale dell’essere.

La soluzione cristiana è la conversione. Ciò di cui abbiamo bisogno è una depurazione di tutti gli elementi di questo occulto manicheismo dalla chiesa. Allora la potenza di Dio per la salvezza diventerà chiaramente manifesta.

(Giugno, 1984)


Altri Libri che potrebbero interessarti