Battesimo e Cittadinanza
I teologi hanno discusso a lungo, dibattuto, analizzato il significato del battesimo nei termini della chiesa. Hanno richiamato l’attenzione sul suo significato nei termini di rigenerazione, purificazione e così via. Tutte queste enfasi sono importanti, e non è nostra intenzione metterle in discussione o sminuirle nel richiamare l’attenzione ad un altro significato di centrale importanza.
Il battesimo è un atto di cittadinanza. Nella prima chiesa era non solo un atto di cittadinanza nel regno di Cristo, ma implicava ciò che agli occhi dell’impero romano era un’affermazione sovversiva. Il Nuovo Testamento ci dice che il battesimo è “Nel nome del Signore Gesù” (Atti 19:5; 1 Co. 6:11; Atti 8:16). Il Nome rappresenta la persona, l’autorità, e la potenza, talché il battesimo nel Nome del Signore Gesù inserisce nella cittadinanza o appartenenza nella sua persona, autorità e potere, e pertanto i cristiani stanno di fronte al mondo come cittadini del regno di Dio e ambasciatori di quel regno.
Nella prima chiesa, i cristiani affrontarono il requisito di Roma che diventassero una religione autorizzata, con un certificato imperiale nel loro luogo d’incontro. Ottenere quel certificato equivaleva ad un’affermazione di soggezione all’impero; la confessione richiesta era: “Cesare è Signore.” Quando a Policarpo fu prospettato il martirio per aver rifiutato di fare quella confessione, il magistrato imperiale, nel fare del suo meglio per persuadere l’anziano cristiano, gli chiese: “Che male c’è nel dire ‘Cesare è Signore’?” Come ha commentato lo storico J. N. D. Kelly: “Sembrerebbe che l’acclamazione Kurios Kaiser sia stata popolare nel culto civile dell’impero romano, e i cristiani erano senza dubbio consapevoli della sua implicita negazione contenuta nel loro Kurios Iesous” (Early Christian Creeds, p. 15). Infatti, la confessione: Gesù Cristo è Signore, era la confessione battesimale della prima chiesa (Atti 8:36-38; Fl. 2:9-11).
Roma si vantava d’essere la conquistatrice del mondo, e i suoi imperatori erano dèi. La prima chiesa contrastava questa pretesa. 1Giovanni 4:15 dichiara: “Chi riconosce pubblicamente che Gesú è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio.” A ciascun credente veniva assegnato un rango più alto di quello di Cesare. Contrapposto all’imperatore come conquistatore del mondo. Giovanni dichiarò: “Chi è che vince il mondo, se non colui che crede che Gesú è il Figlio di Dio?” (1 Gv. 5:5). Poiché uno dei significati di Signore è Dio, le implicazioni della confessione battesimale sono ovvie. Ogni credente confessava una cittadinanza più grande e più alta in un regno che avrebbe conquistato e sopravvissuto tutti gli altri. Nei termini della propria fede ogni cristiano sosteneva: “I regni del mondo sono divenuti il regno del Signor nostro e del suo Cristo, ed egli regnerà nei secoli dei secoli” (Ap. 11:5). La gioia della Pentecoste è inseparabile da questa fede. Talmente intensa era questa fede nel Signore e la soggezione al grande Re dei re, che Ignazio scrisse in una lettera (ai Tralliani 9): “Sii sordo quando qualcuno ti parla indipendentemente da Gesù Cristo.” L’orrore di Roma nell’affrontare questi cristiani si può vedere in parte nell’irritazione di molti statalisti quando affrontano dei cristiani americani, tedeschi o svedesi a processo perché rifiutano il controllo statale sui loro figli.
Roma non riconosceva alcun potere alcuna fedeltà al di sopra di se stessa. Persino gli dèi di Roma erano fatti dèi mediante una risoluzione del senato ed erano pertanto subordinati all’impero. L’idea di una potenza più grande e al di sopra dell’impero romano era anatema. Questa, però, fu precisamente la fede della prima chiesa. I cristiani sostenevano che Gesù Cristo è il Re dei re e il Signor dei signori (1Ti. 6:15). È difficile immaginare una fede che fosse di maggiore affronto a Roma. I cristiani dichiaravano a ciascuno e a tutti che Gesù Cristo è il Signore cosmico universale. Egli è Signore, non solo sulla chiesa, l’individuo e la famiglia, ma sullo stato, le arti e le scienze, l’economia, l’educazione e qualsiasi altra cosa. Tutte le cose devono o servire Cristo il Signore o essere da Lui giudicate. Tanto grande è la sua completa signoria che egli non solo giudicherà tutte le cose nel tempo come Signore e Dominatore, ma, alla fine, nella resurrezione generale dai morti: “Egli giudicherà il mondo” (Atti 17:31). Quando Paolo parlò di questo, gli ateniesi sull’Areopago se n’andarono via; l’idea di un tale Signore era troppo per loro.
Dovrebbe adesso essere evidente cosa il battesimo significasse per la prima chiesa, e per Roma. Era un atto di appartenenza, di cittadinanza nel Signore Gesù Cristo. Era la dichiarazione pubblica di una lealtà più alta e di una più alta obbedienza. Era battesimo dentro a Cristo e al suo regno, del quale, la chiesa locale era un visibile avanposto. È pertanto un’enfasi seriamente fuori luogo parlare di essere battezzati dentro la chiesa; questo è l’aspetto secondario. Il battesimo è essenzialmente in Cristo e nel suo regno. Dopo il battesimo una persona era considerata essere “in Cristo” o “nel Signore.”
La cittadinanza nell’impero romano, nell’epoca del Nuovo Testamento, era un privilegio altamente ambìto; la maggior parte delle persone erano soggetti, non cittadini. Quando il tribuno a Gerusalemme venne a sapere che Paolo era cittadino romano, egli disse: “Io ho acquistata questa cittadinanza con gran somma di denaro,” Paolo disse: “Io invece l’ho di nascita” (Atti 22:28). Mettere le mani su un cittadino romano poteva essere pericoloso: costui era una persona privilegiata. Ma ora questi cristiani stavano reclamando una cittadinanza più alta con maggiori poteri, e una che è disponibile ad ogni uomo!
Paolo in Filippesi 3:20 dichiara: “La nostra cittadinanza infatti è nei cieli, da dove aspettiamo pure il Salvatore, il Signor Gesú Cristo.” La King James traduce cittadinanza con “conversation.” Il greco politeuma che significa cittadinanza o comunità. La parola “conversazione” è un’aspetto del suo significato. I membri di una famiglia hanno una vita comune, conversazione, cittadinanza. Essere un cittadino del cielo e del regno di Dio è avere conversazione col Signore e con gli altri membri in Lui, essere membri di Lui e l’uno dell’altro, ed essere insieme una comunità e regno ed esserne cittadini.
Di qui, la chiamata al battesimo è una chiamata alla rigenerazione e alla cittadinanza in Cristo e nel suo regno. Pietro in Atti 2:38 dichiara: “Pentitevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo …” Nome significava persona. Essere battezzato nel nome di Gesù Cristo significa essere battezzato nel suo Corpo, nella sua vita, in cittadinanza e appartenenza al suo regno.
Questo ci dice pure cosa significava confessare: “Cesare è Signore,” Kurios Kaisar. Significava confessare che Cesare è dio, e che la nostra fedeltà ultima è a Cesare. Questa è una confessione che stanno facendo alcuni pastori e alcune chiese; nel farlo stanno implicitamente negando che Gesù Cristo sia il loro Signore. A quel tempo, e fino a non molto tempo fa, l’invocare un Nome era invocare il proprio signore. Ne abbiamo una reminiscenza nella vecchia espressione: “Aprite nel nome della legge” cioè nel nome del potere governativo. Invocare il Nome era giurare fedeltà al proprio re e Signore. Poteva essere pure un’invocazione d’aiuto e di protezione, e i servi del re potevano reclamare le immunità del re dichiarando di agire nel Nome del re. Perciò i cristiani pregano nel Nome di Gesù, il Nome che ha potenza davanti al trono, uno si dice cristiano e quindi reclama la protezione del Nome e la cittadinanza nel regno del Signore.
Dire veramente che “Gesù Cristo è il Signore” è rivelare la nostra fedeltà ed obbedienza a Lui. Significa che la nostra conversazione o cittadinanza è manifesta in tutto il nostro essere con parole, pensieri e azioni. Inoltre, come Paolo acclara: “Nessuno può dire: «Gesú è il Signore», se non per lo Spirito Santo” (1 Co. 12:3); è la rivelazione della potenza del regno in Lui e per mezzo di Lui. La vita di tutti tali cristiani è una manifestazione del Signore, ed essi sono come uomini “Che hanno il nome di suo [dell’Agnello] Padre scritto sulle loro fronti” (Ap. 14:1). I battezzati confessavano la loro cittadinanza nel Nome, nel Signore e in tutto il loro essere.
La cittadinanza richiede dedicazione, lealtà, fedeltà al Signore del reame, il quale a sua volta li confessa, conosce e protegge. Paolo perciò dice: “Tuttavia il saldo fondamento di Dio rimane fermo, avendo questo sigillo: «Il Signore conosce quelli che sono suoi», e: “Si ritragga dall’iniquità chiunque nomina il nome di Cristo” (2Ti. 2:19). La Didaché, prima di dare le istruzioni riguardo al battesimo, parlava a lungo delle due vie, la via dell’obbedienza a ogni parola di Dio (Mt. 4:4), la via della vita, contrapposta alla via della morte, e poi diceva: “Ora, riguardo al battesimo, battezzate come segue: Quando avete ripetuto l’anzidetto insegnamento.” In altre parole, il battesimo è dentro a un modo di vivere com’è esibito nella Persona di Cristo, e la giustizia di Dio — la sua legge. Pietro parla di questo in 1 Pietro 3:21, quando scrive che il battesimo “non è la rimozione di sporcizia della carne”, cioè non meramente una pulizia esteriore del corpo come un bagno, ma una nuova vita in Cristo: “ La richiesta di una buona coscienza presso Dio … mediante la resurrezione di Gesù Cristo.” Cristo, avendo fatto espiazione per noi, ci dà anche la nuova vita della resurrezione; perciò, in quanto popolo fedele e obbediente del Signore, abbiamo una buona coscienza, perché manifestiamo la giustizia di Dio come è presentata nella sua parola-legge e con ciò seguiamo Cristo come membri della sua nuova umanità.
La vecchia umanità del primo Adamo ha una vita comune, conversazione e cittadinanza nel peccato e nella morte. La nuova umanità dell’ultimo Adamo ha una vita comune, conversazione e cittadinanza in Gesù Cristo. I dominatori della vecchia umanità riconoscono solamente una fedeltà e una cittadinanza, quella a se stessi. A tutti gli uomini, dice Giovanni, è intimato da questa potenza mondiale di riconoscere il suo potere e di essere contrassegnati o marchiati come proprietà di questa potenza umanistica. Questa antica potenza vuole il controllo totale dell’umanità, un controllo esclusivo, al punto che “nessuno può comprare o vendere,” o avere una chiesa o una scuola cristiana, se non sotto il suo controllo (Ap. 12:16-18).
Però, la prima chiesa vedeva tutti gli uomini come creazione di Dio e perciò sotto Dio e la sua legge, e pertanto sotto il giudizio di Dio. Per loro, la parola di Dio su questa questione era chiara: “I regni del mondo sono divenuti il regno del Signor nostro e del suo Cristo, ed egli regnerà nei secoli dei secoli” (Ap. 11:15). Questa è la ragione per la gioia in cielo, dice Giovanni, perché il trionfo del Signore è certo.
Questo significa che mediante il battesimo tutti i cristiani sono membri di Cristo e cittadini del regno di Dio; essi sono pertanto “più che vincitori” in Cristo (Ro. 8:37).
Nell’antichità, gli uomini indossavano gli abiti del loro rango, cioè, il loro abbigliamento era un segno distintivo di chi fossero, di quale fosse la loro condizione sociale. Le leggi suntuarie richiesero lo stesso tipo d’identificazione fin dentro all’era moderna e rendevano illegale per un uomo o una donna vestirsi in modo superiore al proprio rango. San Paolo fa uno stupefacente riferimento a questa pratica. In Galati 3:27, egli scrive: “Poiché voi tutti che siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo.” Questo significa che noi indossiamo i segni dell’appartenenza e della cittadinanza nella casa reale del Re dei re e Signor dei signori! La parabola dell’abito da nozze ci dice la stessa cosa (Mt. 22:1-14). Nessun uomo ha posto alcuno nella corte reale a meno che non sia uno che indossa le vesti del re, è un membro cioè della famiglia del re in parole, pensieri e opere. Il battesimo è pertanto un atto di cittadinanza, di appartenenza.
In quanto cittadini del grande regno di Dio, noi paghiamo la nostra tassa, la decima, al Re e alla sua opera e, al di sopra e oltre la tassa, portiamo i nostri doni e le nostre offerte. Poiché apparteniamo al Re, anche i nostri figli gli devono essere offerti, e sono suoi da prendere ed usare insieme con noi, e questo è il vero significato della circoncisione dei bambini e più tardi del battesimo. Come cittadini del reame del Signore, noi collochiamo tutte le altre lealtà sotto il nostro dovere al Signore. In questo modo, noi obbediamo i ministri del governo civile, non perché essi lo richiedono, ma perché il Signore lo richiede e solo nella misura in cui lo permette la sua parola. La nostra obbedienza è in questo modo non in ragione dello stato, ma “per ragione di coscienza” (Ro. 13:5), come parte del nostro requisito battesimale d’obbedienza per “una buona coscienza davanti a Dio” (1 Pi. 3:21).
Come abbiamo visto, nell’antichità, pochi erano cittadini d’una nazione. Solo pochi privilegiati avevano quello status, e il potere e la ricchezza che marcava la cittadinanza. Paolo ci dice che il marchio del battesimo è il dono dello Spirito e tutta la ricchezza e la potenza che il Re dà alla famiglia reale. “Ora noi tutti siamo stati battezzati in uno Spirito nel medesimo corpo, sia Giudei che Greci” (1 Co. 12:13). Il senso dei primi cristiani della ricchezza, potenza, gioia nel loro Salvatore-Re era così grande che Paolo potè dire ad Agrippa: “Volesse Dio che in poco o molto tempo non solo tu, ma anche tutti quelli che oggi mi ascoltano, diventaste tali, quale sono io, all’infuori di queste catene” (Atti 26:29)! Fu questo riconoscimento della potenza che fece diventare i primi cristiani “più che vincitori.” Solo la stessa fede e cittadinanza può trionfare oggi.
(Febbraio 1983)