Il Settimo Comandamento
5. La Legge Della Famiglia
Uno strano passo della Scrittura indica un fatto giuridico comunemente trascurato. Caino, nell’udire da Dio la sentenza per omicidio, si lamentò, dicendo:
Il mio castigo è troppo grande perché io lo possa sopportare. Ecco, tu mi scacci oggi dalla faccia di questo suolo e sarò nascosto dalla tua faccia; e sarò vagabondo e fuggiasco per la terra, e avverrà che chiunque mi troverà mi ucciderà».
L’Eterno gli disse: Perciò, chiunque ucciderà Caino, egli sarà punito sette volte». E l’Eterno mise un segno su Caino affinché nessuno trovandolo, lo uccidesse.
Allora Caino si allontanò dalla presenza dell’Eterno e dimorò nel paese di Nod, ad est di Eden (Ge. 4:13-16).
Poiché Dio non cambia, i suoi propositi ultimi sono sempre impliciti nelle sua azioni precedenti, e perciò parte della cornice della sua dichiarazione a Caino è il suo ordine-giuridico. Vengono dunque immediatamente in mente alcune domande: Di chi aveva timore Caino? Chi temeva lo avrebbe ucciso? Che la paura fosse più che psicologica è evidente dal fatto che Dio “mise un segno su Caino affinché nessuno trovandolo, lo uccidesse.” È ovvio che Caino aveva bisogno di questa protezione. E ancora, perché Dio che fin da molto presto rese chiaro il suo requisito della pena di morte per omicidio (Ge. 9:6) agì qui per proteggere un assassino?
Prima di trattare queste domande, è importante fare un breve esame del testo. Leupold rende Genesi 4:14 in questo modo: “Ecco, oggi tu mi hai scacciato dalla terra ed io devo rimanere nascosto da Te, e sarò vagabondo e fuggiasco per la terra, e avverrà che chiunque mi troverà mi ucciderà.” Le parole di Caino chiaramente presuppongono la pena di morte per omicidio: La legge di Dio era stata dichiarata in precedenza, e Caino vede la necessità di scappare sia da Dio che dall’uomo, e si lamenta della probabilità che la pena venga inflitta. Il fatto che il suo fosse stato un crudele assassinio non gli fa alcuna differenza; egli sente la punizione come terribilmente ingiusta per lui.
Inoltre, Leupold traduce il verso 15b: “E Yahweh diede a Caino un segno che chiunque lo trovasse non lo uccidesse.” Leupold notò:
…che il testo non dice che Dio mise un segno in o su Caino (Ebraico- be) ma per Caino (Ebraico-le), contrassegnando un dativo d’interesse o vantaggio. Di conseguenza, dobbiamo piuttosto pensare di qualche sorta di segno che Dio permise di comparire per riassicurare Caino: “un segno di garanzia” o un “pegno o atto simbolico”. Come paralleli si potrebbero citare i segni concessi a certi uomini ai quali Dio aveva promesso cose inusuali: Gedeone (Giudici 6:36-40); Eliseo (II Re 2:9-12). Perciò, Dio fece apparire questo segno per Caino il quale si sentì rassicurato. Non c’è perciò nessuna ragione per supporre che Caino sia andato in giro come un uomo marchiato per il resto della sua vita. In ogni caso, ‘oth non significa “segno particolare”.1
Per tornare alle domande precedenti: di chi aveva paura Caino, e chi temeva potesse ucciderlo, la risposta è già evidente. Caino, assai ovviamente temeva che Dio, avendo dichiarato oralmente la sua legge all’umanità fin dal principio, avrebbe forse comminato Egli stesso la la pena di morte a Caino. Inoltre, temeva che anche altri uomini lo avrebbero ucciso perché la legge di Dio li poneva sotto l’obbligo di farlo. Le parole di Caino indicano chiaramente che un ordinamento giuridico era stato istituito. Caino era un uomo maturo e sposato (Ge. 4:17). Durante i suoi 930 anni di vita, Adamo ebbe un certo numero di figli e di figlie i cui nomi non ci sono stati dati (Ge. 5:3-5). Come risultato al tempo della morte di Abele esisteva già un numero di persone che erano pronte e capaci far far osservare la legge. Adamo, come capo della sua famiglia e della giovane umanità, era nella posizione di richiedere ai membri della famiglia l’applicazione della legge.
La famiglie era dunque chiaramente un ordinamento-giuridico, orientato alla disciplina e pronto ad esercitare la sua legge suoi suoi membri. Dio aveva chiaramente stabilito la famiglia come ordinamento-giuridico.
Questo ci porta alla nostra domanda più importante: perché allora, in apparente contrasto col resto della Scrittura, Dio qui si attiva per proteggere Caino dal venire ucciso? Chiaramente, lo scopo di Dio non fu di dare protezione al crimine. Ad ogni punto la Scrittura rivela Dio come il nemico del peccato, e la sua richiesta di giustizia è così severa e risoluta, che solo la morte di Gesù Cristo potè fare espiazione per il peccato compiendo appieno la legge. Ovviamente, dunque, il proposito di Dio qui non fu la protezione di Caino; piuttosto, la protezione di Caino fu un prodotto, un effetto collaterale del suo proposito centrale. Dio stesso è rivelato come l’accusatore di Caino, e la stessa terra, perché creata da Dio, testimonia della legge di Dio contro Caino (Ge. 4:9-12). La domanda che dobbiamo porci è dunque questa: che tipo di ordinamento giuridico stava Dio mantenendo che portò accidentalmente alla protezione di Caino? Questa è la domanda chiave e, sfortunatamente, i commentatori non la fanno.
La famiglia aveva molto chiaramente un serio ruolo nell’implementare la legge. La famiglia è un ordinamento-giuridico e disciplina i suoi membri. La natura e l’estensione del potere di punire della famiglia si può osservare guardando di nuovo ad un testo già considerato in precedenza: Deuteronomio 21:18-21, e la pena di morte per i delinquenti giovanili. Ci sono certi aspetti molto importanti di questa legge. Primo, i genitori devono essere testimoni d’accusa contro il loro figlio criminale. La fedeltà dei genitori deve quindi essere per l’ordinamento-giuridico di Dio, non i legami di sangue. Se i genitori non collaborano alla prosecuzione di un figlio criminale, diventano a quel punto complici del crimine. Secondo, contrariamente alla consuetudine, ove i testimoni prendevano l’iniziativa nell’esecuzione della pena, in questo caso “tutti gli uomini della città” lo dovevano fare. Pertanto, dove fosse coinvolta la pena di morte, la famiglia era esclusa dall’esecuzione della legge.
Ora, per tornare a Caino: Caino fu ovviamente allevato in una famiglia che era un disciplinato ordinamento-giuridico. Sia lui che Abele, come gli altri figli, erano lavoratori disciplinati e produttivi. Caino sapeva della pena di morte per omicidio e la temeva. La sorprendente protezione di Caino dalla pena di morte fu dovuta al fatto che la famiglia era preclusa da un’area di applicazione della legge: la pena di morte che appartiene propriamente allo stato. Ai giorni di Caino, l’umanità era costituita da Adamo ed Eva e un numero di figli e figlie. A Caino fu dato un “segno a garanzia” che non sarebbe stato giustiziato dai suoi genitori o dai suoi fratelli e sorelle. Ovviamente la famiglia ne fu informata, perché questa parte di Genesi (1:1-5:1) è il resoconto di Adamo. Più tardi, Caino costruì la prima città, cioè una comunità murata, per proteggersi. Caino non aveva bisogno di protezione dalla casa di Adamo; ne aveva bisogno dalla sua propria progenie. Abbiamo la dichiarazione di Lamech riguardo alla sua prontezza d’uccidere se il suo onore fosse stato leso (Ge. 4:23-24); è significativo che Lamech abbia semplicemente accresciuto l’empietà che Caino aveva praticato: “Se Caino sarà vendicato sette volte, Lamek lo sarà settanta volte sette” (Ge. 4:24).
Pertanto la famiglia fu creata come l’ordinamento-giuridico centrale, ma allo stesso tempo era rigidamente limitata nel fatto che la pena di morte le era preclusa. La famiglia può disciplinare, punire, e allontanare un membro, ma non lo può uccidere, a quel punto deve rivolgersi allo stato come semplice testimone del crimine. Non può essere l’esecutore della pena.
La famiglia ha poteri reali; un figlio malvagio può essere diseredato; può essere punito in una varietà di modi; ma il fatto basilare della legge biblica è che il potere di uccidere non è della famiglia perché la coercizione non è l’aspetto più forte della legge della famiglia. La famiglia è vincolata insieme da legami d’amore; il marito si unirà a sua moglie, e i figli obbediranno i genitori in amore e dovere.
Alla base della legge della famiglia c’è dunque il legame interiore di sangue e fede. La bibbia non parla di gratitudine (una parola non usata nella bibbia); il suo termine è riconoscenza, e questa è data per scontata, non richiesta. In capitoli precedenti abbiamo visto quanto l’autorità genitoriale e quella di Dio siano strettamente associate (Le. 19:3). Ciò è dimostrato ulteriormente da Isaia 45:9-10:
Guai a chi contende con chi l’ha formato, un frammento di vasi di terra con altri frammenti di vasi di terra. Dirà l’argilla a chi la forma: “Che fai?”, o dirà la tua opera: “Non ha mani?”. Guai a chi dice al padre: “Che cosa generi?”, e a sua madre: “Che cosa partorisci?”
Lo stesso concetto compare in Isaia 10:15. L’idea di qualcuno che sia irriconoscente a Dio o ai propri genitori è presentata come l’epitome di ciò che è ributtante e disgustoso. I genitori possono essere amabili oppure no, in ogni caso il dovere d’essere riconoscenti rimane. Oggigiorno, la mancanza di riconoscenza da parte di figli che ricevono non solo la vita, ma provvigioni generose e perfino ricche dai loro genitori, e lo stesso manifestano ingratitudine ad uno o entrambi i genitori, è particolarmente repulsiva. Tali figli possono anche non avere altri difetti morali ma se il passo di Isaia 45:9-10 ha qualche significato, sono mostri morali.
Questo passo da Isaia getta luce sulla salvezza di Caino dalla pena di morte. La disciplina della famiglia può significare il diseredamento; può significare la denuncia del figlio alle autorità civili; ma la pena di morte è riservata a Dio e allo stato. Dare quel potere alla famiglia sarebbe distruggere il vincolo interiore che la lega. La protezione di Caino pertanto non aveva riferimento a Caino come persona ma alla vita della famiglia e alla sua sfera giuridica.
La sola eccezione a questo principio della non-partecipazione della famiglia nella pena di morte dei suoi membri compare in Deuteronomio 13:6-9. Se un membro della famiglia avesse cercato di trascinare un altro membro nell’idolatria, l’esecuzione della sua pena capitale richiedeva la partecipazione della famiglia. Tale persona non era più un parente: era un alieno e un nemico. Divenne usanza successiva pronunciare nel circolo famigliare il servizio funebre sull’apostata: l’apostata non era più un membro della famiglia ma uno straniero e un nemico.
Dooyeweerd ha descritto la struttura psichica della famiglia come “il sentimento d’autorità dalla parte dei genitori, e dall’altro lato, il sentimento di rispetto dalla parte dei figli.”2 L’assenza o dell’autorità o del rispetto risulta in un serio sfacelo della famiglia come ordinamento-giuridico. La famiglia non è solo un’entità biologica ma anche una religiosa. In quanto tale, possiede legami interini che sono ordinati-da-Dio e governati religiosamente; l’amore può essere assente, ma l’autorità religiosa e il rispetto religioso devono rimanere. La loro assenza indica un male radicale. Nessun figlio può allegare che i suoi genitori non meritino rispetto; l’amore è il suo riscontro personale, ma rispetto ed onore sono i suoi doveri ordinati da Dio, e mancare di dare rispetto è pertanto un peccato contro Dio piuttosto che contro il genitore.
Come risultato, mentre genitori e figli possono e devono separarsi da un membro incorreggibile della famiglia e denunciarlo alle autorità, non possono metterlo a morte. Dio proibisce quest’azione a chiunque e la riserva allo stato. Similmente, a un figlio o a una figlia può non piacere un genitore e, con la maturità può separarsi in una certa misura mantenendo i suoi doveri ordinati-da-Dio, ma non può negare a quel genitore rispetto ed onore senza incorrere nel giudizio di Dio. Pertanto, non solo c’è un limite oltre il quale un genitore non può andare nel giudicare suo figlio, essendogli preclusa la pena di morte, ma c’è anche un limite oltre il quale un figlio non può andare: onore e rispetto devono essere resi a motivo della natura data-da-Dio della relazione, non necessariamente a motivo della persona del genitore. Dove questo rispetto sia mancante, il figlio dovrebbe essere trattato come se non esistesse, o quantomeno, per il momento come indegno d’attenzione. Quali che siano le loro qualità, questi figli sono in guerra con Dio su questo punto, visto che onore, rispetto e reverenza sono requisiti richiesti da Dio molto prima che i loro genitori attendessero la loro nascita.
Se Dio non avesse precluso la famiglia dall’uccidere i membri colpevoli, perfino al costo di lasciar andare libero Caino, il costo sarebbe stato terrificante. Da un lato, lo sviluppo dello stato come ministro di Dio per la giustizia sarebbe stato impossibile. L’ambito dello stato sarebbe a quel punto stato oggetto di prelazione da parte della famiglia. Dall’altro lato, la famiglia stessa sarebbe stata distrutta da questo nuovo onere. Il mondo sarebbe stato un ordine anarchico, una famiglia schierata contro l’altra, e la famiglia schierata contro se stessa. Non fu dunque Caino ad essere stato protetto da Dio ma in realtà lo stesso ordinamento giuridico di Dio.
Note:
1 Leupold: Exposition of Genesis, p. 211.
2 Herman Dooyeweerd: A New Critique of Theoretical Thought; Philadelphia: The Presbyterian and Reformed Publishing Comany, 1957, III. 294.