INDICE:

Ottavo Comandamento

15. La prigione

 

Una concordanza rivelerà velocemente che nella bibbia ci sono molti riferimenti alla prigione, ma nessuno nella legge stessa. Le prigioni erano parte della vita e legge Egizia (Ge. 39:20-23; 40: 3, 5; 42:16, 19), ma non di Israele sotto la legge. Durante il viaggio nel deserto, ci sono due riferimenti alla reclusione o custodia tradotti con prigione in attesa di processo (Le. 24:12; Nu. 15:34), ma non c’è nessun riferimento alla prigione come punizione. Secondo Hunger “la prigionia non fu istituita dalla legge” e “non se ne sente parlare fino al tempo dei re, quando la prigione compare come appendice del palazzo, o una parte speciale di esso (1 Re 22:27)” [1]. Secondo Kennedy e Barclay: “L’incarcerazione, nel senso moderno di ferrea reclusione sotto guardiani, non aveva una collocazione riconosciuta come punizione per i criminali sotto la più vecchia legislazione ebraica. La prima menzione di qualcosa del genere si trova nel passo post-esilico di Esdra 7:26” [2]. Il riferimento in Esdra 7:26 è parte di un proclama di Artaserse ed ha quindi riferimento alla legge persiana piuttosto che a quella biblica.

La prigione compare nella bibbia solo come luogo di custodia, in attesa di processo. Non c’è riferimento diretto a prigioni. Il metodo di trattare coi criminali era basilarmente di tre tipi: Primo, la pena capitale era richiesta per reati capitali e per criminali incorreggibili. Secondo, per tutti gli altri crimini, la legge era la restituzione; dove un ordinamento giuridico fosse stato violato, la funzione basilare dei tribunali era il ripristino di quell’ordine. Enfaticamente, nella legge biblica l’obbiettivo non è la punizione ma il ripristino/restaurazione, non l’infliggere certe pene ai criminali ma la restaurazione dell’ordinamento pio. Il centro dell’attenzione è quindi non il criminale ma l’uomo retto e il totale ordinamento pio. Terzo, se il criminale non era in grado di fare restituzione, era obbligatorio un lavoro coatto in modo da produrre la restituzione richiesta.

In Levitico 18:24-30, c’è un forte richiamo alla rettitudine abbinato a un avvertimento. Il peccato è una contaminazione dell’uomo e del paese: distrugge o sconvolge l’ordine di Dio e la sua conseguenza è il giudizio di Dio. L’uomo deve “osservare” la legge affinché il paese non lo “vomiti fuori” per le sue “abominazioni” e le sue “iniquità”. La giustizia edifica ed esalta una nazione; è una restaurazione e una costruzione, laddove l’iniquità invece distrugge una nazione e crea un vuoto morale che attira il giudizio.

La civiltà occidentale iniziò con un infelice compromesso tra lo standard biblico della restituzione e una criminologia greco-romana e pagana che, mentre aveva degli elementi di restituzione, era fortemente incline alla punizione. Pertanto la prigione ebbe una collocazione nella cristianità come un orribile, bastardo compromesso. Non era solo un luogo di custodia, ma anche un luogo di tortura e punizione, un luogo in cui trattenere persone in vista di un riscatto o di essere eliminate da una posizione di minaccia nei confronti dello stato. La prigione era una parte dell’ordine sociale accettata e illegittima. In questo modo, si potè dire che fin dentro al diciottesimo secolo:

Bisogna tenere presente che per tutto questo tempo le prigioni sono state primariamente luoghi di detenzione, non di punizione. Il grosso di quelli affidati a questi luoghi di sicurezza erano persone accusate in attesa di processo, o debitori; e di questi, ancora una volta, la classe che ne forniva il numero maggiore era quella dei privi di denaro e degli sfortunati che un sistema sbagliato rinchiudeva e privava di qualsiasi mezzo di pagare i loro debiti. Di tanto in tanto un criminale era condannato a stare in prigione per non aver pagato una multa, o per trascorrere l’intervallo tra certi periodi di vergognosa esposizione alla gogna. L’incarcerazione non aveva ancora un posto regolare nel codice penale e la prigione era solo l’alloggiamento temporaneo dei colpevoli debitamente processati e condannati secondo legge. La punizione più in voga in quei tempi crudeli era la morte [3].

L’ascesa dell’umanesimo portò ad numero di cambiamenti radicali. L’umanesimo fu un movimento intellettuale tra una élite auto-proclamata, e questa élite fu notoriamente spezzante verso i membri più poveri della società. Come risultato, una struttura giuridica già severa, dominata da un’aristocrazia, lasciò il posto ad una ancor più severa nella quale la risposta a quasi ogni reato era la pena di morte.

Più tardi, le necessità coloniali in Inghilterra portarono ad un’altra soluzione: la deportazione. Furono deportati criminali in gran numero, specialmente in Australia, sia come strumento di colonizzazione ma anche come punizione.

L’alternativa successiva fu il sistema carcerario e un movimento importante ebbe l’effetto di richiedere sia un trattamento carcerario più umano che la punizione del carcere come soluzione al problema del crimine. Si giunse a credere che l’incarcerazione avrebbe potuto avere sull’uomo un effetto salvifico, che la punizione nella forma di una perdita della libertà avrebbe portato alla riforma della persona.

Successivamente, nell’ideologia umanista, la punizione lasciò il posto alla riabilitazione e le carceri cominciarono ad essere convertite in centri di riabilitazione. Così, in California, una classe di prigioni è conosciuta come “istituti di correzione”. La “vecchia dottrina … che lo scopo della legge penale è di esigere dal criminale una sofferenza retributiva proporzionata alla gravità del reato” ha lasciato il posto allo “sforzo … di combinare deterrenza e protezione pubblica con la restituzione del criminale ad un ruolo di maggiore auto-sostenibilità nella comunità” [4]. Quest’opinione rivela alcuni errori di base. Primo, la legge penale viene investita di un ruolo religioso e messianico, un dovere di salvare i criminali. Questo è chiedere alla legge più di quel che la legge possa dare. Secondo, travia la storia. La retribuzione è concepita come esigere sofferenza; era così per la legge umanistica, ma non per la legge biblica nella quale la retribuzione o vendetta è prerogativa di Dio e dei suoi strumenti e implica dare giustizia dove giustizia sia dovuta (Lu. 18:1-8). Terzo, questa opinione è individualistica, non sociale, e si concentra sulla persona del criminale, non sulla vittima. Così Bennett nota: “L’andamento attuale nel trattamento di criminali va inequivocabilmente verso un trattamento penale personalizzato amministrato nella cornice di un codice penale flessibile” [5]. La salvezza è personale, e la legge ora si occupa di salvare la persona del criminale.

Questa personale cornice di riferimento ha portato alla nuovissima enfasi sulla salute mentale, sui trattamenti psichiatrici come risposta alla criminalità.

L’umanesimo ha così completato il cerchio. Ha cominciato sostituendo la restituzione col sistema carcerario. Ora conclude ripristinando la restituzione richiedendo che la società faccia restituzione al criminale per la propria supposta negligenza. A motivo della sua dottrina della responsabilità dell’ambiente sociale, l’umanesimo dà la colpa ad una mancanza nella società per i crimini di un uomo. Questo significa che la società deve fare espiazione per quella mancanza mediante una restituzione. Criminologia e welfarismo, poggiano ambedue su questa dottrina umanista della restituzione. Restituzione deve dunque essere fatta a tutti quelli che sono criminali, pervertiti, o pigri, a tutti quelli che non vogliono lavorare o che sono dei falliti, a tutti quelli che danno alla luce figli illegittimi, e a tutti quelli che sono in qualche modo sub-standard. La restituzione è diventata nuovamente il criterio sociale, ma è una restituzione umanistica che opera in totale opposizione all’ordinamento di Dio.

La restituzione umanistica è anti-legge per il fatto che è ostile a qualsiasi concetto di legge assoluta. La legge assoluta è sostituita con la persona assoluta. Il risultato è la fine di ogni ordine giuridico e la sua sostituzione con un ordinamento fatto dagli avvocati. La differenza tra le due è enorme.

I Puritani della Colonia della baia del Massachusetts erano intimoriti dalle tendenze della società inglese verso un ordinamento avvocatizio e cominciarono col bandire una classe di avvocati professionisti pagati. Ogni uomo aveva l’obbligo di conoscere la legge per mezzo della bibbia. In America il sistema della giuria fu sviluppato a diventare un potere di vasta portata sul presupposto di un ordinamento giuridico biblico nel quale ogni cittadino conosce la legge. Il requisito che i membri della giuria fossero credenti non era un requisito della chiesa ma dello stato: l’ordinamento giuridico richiedeva persone ben documentate in legge biblica. Il sistema della giuria fu forte fintanto che la legge fu il diritto comune delle Scritture, non una dottrina esoterica aperta solo ad una classe di professionisti. Ci fu posto per avvocati in America dopo la sfiducia dei primi anni. Di fatto l’America vide il sorgere di diverse generazioni di grandi avvocati che dominarono la vita e la politica della nazione e che diedero una potente espressione alle aspirazioni nazionali. Questi avvocati erano stati allevati nella stessa parola-legge biblica del popolo; per quanto sia avvocati che popolo si siano poi allontanati da quella fede continuarono a condividere alcune premesse basilari. Gli avvocati pertanto potevano trovare un responso pressoché universale alle loro formulazioni delle questioni perché evocavano una fede comune in una legge comune. Quando gli avvocati si volsero invece alla legge positiva (legge statale) e a leggi statutarie (al posto della legge biblica), si isolarono dal popolo e divennero sempre più una personificazione dell’imbroglio perché erano al di là della comprensione della gente con le loro leggi esoteriche, umaniste. Una società di avvocati aveva rimpiazzato una società di legge.

È istruttivo fare un paragone col Giappone. L’immediato retroterra del Giappone è un ordinamento giuridico Scintoista; il Giappone è nel processo di essere trasformato in un moderno, ordinamento di avvocati umanista. Molto della società giapponese è ancora governata da antiche tradizioni, lealtà, doveri, e relazioni che provvedono un’ampia copertura di legge senza avvocati. In Giappone, “10.000 membri dell’Associazione dell’Ordine degli Avvocati sono sufficienti per una nazione che ha la metà della popolazione degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti hanno 340.000 avvocati” [6].

In un ordinamento avvocatizio, il cemento sociale è stato eroso, e i legami comunemente accettati che tengono insieme le persone e facilitano la comunicazione non ci sono più. Un corpo artificiale di statuti, senza radici sociali e razionalmente concepito, rimpiazza il vecchio ordinamento e l’avvocato diventa l’interprete di quelle leggi esoteriche. In un ordinamento giuridico cristiano “non è ammessa l’ignoranza della legge” perché la legge è un libro aperto per tutti perché è di natura biblica e rappresenta una fede e un ordinamento comune. Negli ordinamenti umanistici avvocatizi, l’ignoranza della legge è inevitabile per il profano, ma anche per l’avvocato che deve diventare uno specialista in un ambito di legge particolare e impegnarsi in continua ricerca per stare al passo con le sue esoteriche complessità.

L’ordinamento avvocatizio, essendo estraneo alla legge, diventa un ordinamento sociale diretto da esperti di scienze sociali. Poiché l’ambiente sociale piuttosto che il peccato è incolpato del crimine, il trattamento dei criminali e la restituzione a loro diventa l’ordine del giorno. Nel 1966 una commissione presidenziale incolpò la povertà per la criminalità e fece pressione perché, fatta eccezione per uno zoccolo duro di criminali incorreggibili, tutti ricevessero trattamenti al posto della prigione [7]. Gli umanisti che ci hanno dato il sistema carcerario, ora lo condannano e lo dannano in quanto “strumento dei conservatori” [8]. L’inattività dei prigionieri nelle carceri porta ad una varietà di seri problemi. L’omosessualità e la violenza omosessuale è un grosso problema. Un rapporto sulla violenza omosessuale in prigione ha dichiarato:

Filadelfia — Robert, un ventenne accusato di furto d’auto e assegni a vuoto, dovrebbe essere in una prigione qui. Ma nonostante Robert non sia riuscito a mettere insieme i suoi 800 dollari di cauzione, il

giudice Alexander F. Barbieri Jr. Lo ha messo in libertà in attesa di processo.
Perché? “Semplicemente, questo ragazzo non sarebbe al sicuro in una prigione di Filadelfia” ha spiegato il giudice. “Anche se fosse colpevole, sarebbe un crimine maggiore tenerlo in prigione che permettergli di ripetere i suoi reati”.

Il Giudice Barbieri decise così perché Robert, un giovane gracile, era stato vittima di violenza omosessuale più di dieci volte qui mentre in custodia in attesa di processo.
Scattata dalla rivelazione di incidenti simili, uno dei quali coinvolse una vittima diciassettenne il cui solo “crimine” era stato di essere fuggito di casa, una recente investigazione durata due mesi ha scoperto che “le aggressioni sessuali sono un’epidemia nel sistema carcerario di Filadelfia”. Gli investigatori stimano al ribasso che in due anni ci siano state qui circa 2000 aggressioni sessuali in prigione. Queste aggressioni non riguardano solo Filadelfia. Sono comuni in molte carceri metropolitane, dicono le autorità. Recentemente degli stupri omosessuali sono stati denunciati in prigioni del distretto di Washington e nei suoi suburbi, e a Chicago, tra le altre località. “È la conseguenza dello stipare un pot-pourri di prigionieri in carceri antiquate dove non hanno niente da fare”, dice E. Preston Sharp, segretario della American Correctional Association [9].

Questi fatti non sorprendono. Una prigione tiene in comunità forzata un gran numero di criminali incorreggibili che meritano la morte, e un numero di criminali ai quali dovrebbe essere richiesta la restituzione. Per trattenere dal male tale collezione di individui ci vorrebbero più guardie di quante se ne possano avere. Anziché trattare il problema alla radice, l’allontanamento dal principio biblico di restituzione, i riformatori umanistici cumulano il male. In quanto radicalmente positivisti giuridici, essi negano qualsiasi concetto assoluto di giustizia e si preoccupano invece dell’individuo, la persona del criminale. La restituzione umanistica a quel punto funziona nel dare qualsiasi possibile vantaggio al criminale. Si noti, per esempio, il caso di un assassino condannato:

Il colpevole condannato per l’uccisione di un poliziotto di Long Beach ha ricevuto uno stanziamento senza precedenti di 500 dollari in acconto spese, un cameriere ed altri privilegi straordinari mentre prepara la sua difesa nel suo quinto processo penale.

Il Giudice della corte d’appello ha fatto così, secondo un ordine formale del 29 ottobre, perché ha il sentimento che il denaro ed altri privilegi siano necessari a Doyle A. Terry, quarantenne, per preparare adeguatamente la propria difesa.
La contea fornirà al Terry un investigatore privato, due passacarte (uno dei quali servirà il Terry come cameriere), una cella aggiuntiva

nella quale riporre i propri faldoni, tutte le telefonate personali non controllate che vuole fare e l’utilizzo a piacere della biblioteca giuridica della prigione.
Terry, che ha trascorso quasi nove anni nel braccio della morte di San Quintino, fu condannato nel 1960 per l’assassinio del poliziotto Vernon J. Owings.

Il Terry fu in precedenza condannato a morte nel 1960, 1962, e 1965. Un altro processo penale nel 1965 terminò quando la giuria non riuscì a giungere ad una verdetto unanime se dovesse essere condannato a morte o all’ergastolo.

Ciascuna delle sue condanne a morte furono ribaltate dalla Corte Suprema la quale applicò retroattivamente decisioni della stessa corte.
Il Terry vinse il suo secondo processo perché nel primo il pubblico ministero commentò (come al tempo consentito) sugli effetti di deterrenza della pena di morte. Ottenne il suo terzo processo perché nel secondo il pubblico ministero (come al tempo poteva fare) disse alla giuria che se avesse ricevuto ergastolo avrebbe potuto richiedere il rilascio sulla parola.

Il suo ultimo capovolgimento è venuto perché i prospetti giurati contrari alla pena di morte (come al tempo permesso) erano stati esclusi automaticamente.
Tutti i privilegi concessi dal giudice McCarthy al Terry sembrano eccedere quelli concessi ad altri prigionieri personalmente responsabili della propria difesa dopo aver rifiutato i servizi degli avvocati d’ufficio….

… Il giudice McCarthy ha detto … “La Corte Suprema potrebbe in questo caso dirci semplicemente: ‘Ecco, voi avete privato quest’uomo di un processo equo perché non gli avete permesso di avere telefoni’. E io non credo che ci darebbero retta se rispondiamo che quella spesa non era nel budget”.

L’agente Owings, 31 anni al tempo, ricevette un colpo in testa il 24 giugno, 1960, quando lui ed il suo compagno di pattuglia si fermarono per aiutare quelli che pensarono fossero due uomini, uno dei quali il Terry, con problemi alla loro automobile sulla carreggiata.
Il Terry fu catturato a due chilometri dalla scena della sparatoria dopo un inseguimento.

Al suo primo processo fu condannato anche per cinque accuse di rapina e una per cospirazione nel progettarne una sesta …[10]

Bisogna di nuovo sottolineare che questa è la restituzione secondo la dottrina della responsabilità dell’ambiente sociale. Per questa dottrina, il male è nella società, non nel peccatore; perciò, l’ambiente sociale deve essere penalizzato e la restituzione fatta all’individuo che ha peccato. Per i sostenitori di questa dottrina, per provare l’innocenza del criminale basta trovare evidenza di qualche infelice interazione con l’ambiente. Così, perché un’assassina era stata una giovane grassona che più tardi divenne molto attraente, fu sostenuto che questa trasformazione la fece diventare un’assassina. Un resoconto giuridico su questa assassina, Kristina Cromwell, citò la madre la quale disse che “Quando perse peso e scoprì di risultare molto attraente agli uomini, non riuscì a gestirlo” [11]. Il resoconto giuridico: “implicava come minimo che il crimine per cui fu condannata all’ergastolo martedì, avesse radici nel suo cambiamento fisico e al cambio di personalità che provocò” [12]. Questo tipo d’opinione si può ampiamente incontrare oggi tra chierici, educatori, sociologi, ecc..

I risultati di tali opinioni è una crescente incapacità di fronteggiare il crimine da parte della società. Il rilascio su cauzione, un sistema legittimo in un ordinamento pio, è diventato una fonte d’abusi nella società moderna talché il presidente Nixon nel 1969 ha proposto che sia negato a persone incriminate il cui rilascio possa rappresentare una minaccia per la comunità [13]. In un caso della California è stato riportato “Che un uomo di Van Nuy, liberato su cauzione di 15.000 dollari per pendenze riguardanti aggressioni a nove donne e ragazze nella zona di Van Nuy è stato arrestato su denuncia di aver aggredito una ragazzina di 13 anni”. Questo reato portò al suo arresto il 10 aprile, 1969; nel febbraio del 1969, quest’uomo, Anthony J. Iannaflo, era stato arrestato e successivamente incriminato su dodici capi d’accusa, incluse quattro violenze sessuali, molestie sessuali a bambini, tre rapimenti e una rapina. Le accuse apparentemente erano il risultato di aggressioni a donne e ragazze nella zona di Van Nuys a partire da questo giugno (1968)” [14].

Senza gli assoluti morali di Dio, l’uomo alla fine diventa incapace di affrontare il male. Anziché combatterlo, cerca di compromettere con esso. Secondo un sociologo il compromesso è la miglior speranza che la società possiede.

Dovrebbero stato e  autorità federali cercare di negoziare con Cosa Nostra, proprio come il Dipartimento di Stato negozia con potenze straniere ostili? Una tale diplomazia potrebbe benissimo fare gl’interessi dei non-criminali, suggerisce il dr. Donald R. Cressey, professore di sociologia all’Università di California, Santa Barbara. Egli scrive: “Un po’ di pacificazione a sangue freddo non è necessariamente cattiva cosa, specialmente quando la nostra parte sta perdendo”. Egli dichiara che qualche forma di negoziazione (o accomodamento o comunicazione) da parte di funzionari statali e federali — come quelle portate avanti da funzionari locali, spesso in modo scomposto e corrotto — potrebbe diminuire il pericolo che il crimine organizzato giunga ad avere il monopolio sul processo democratico negli Stati Uniti” [15].

Tale pacificazione esisteva già illegalmente, proprio mentre il professore stava scrivendo. Infatti, secondo risorse federali affidabili ed altre, si sostiene che “Cosa Nostra spende 2 miliardi di dollari ogni anno per corrompere funzionari pubblici a partire dallo sceriffo di contea al tribunale e su fino alla Corte Suprema” [16].

La direzione di qualsiasi empio sistema di giustizia è solo verso il basso e, per usare una frase di Van Til, è integrazione nel vuoto.

Secondo Levitico 18:24-30, qualsiasi allontanamento dalla legge di Dio è una contaminazione degli uomini e una contaminazione del paese: è l’inquinamento basilare di tutte le cose. Il sistema carcerario moderno è un aspetto importante della contaminazione dei nostri tempi.

Note:

1 Unger’s Bible Dictionary, “Prison”, p. 889.

2 A. R. S. Kennedy and R. A. Barclay, “Prison” in James Hastings editore; edizione riveduta da Frederick C. Grant e H. H. Rowley: Dictionary of the Bible; New York: Charles Scribner’s Sons, 1963, p. 789.

3 Major Arthur Griffiths, “Prison Doscipline”, in The Encyclopedia Britannica, Nona Edizione, The R. S. Peale Reprint; Chicago: R. S. Peale, 1892, XIX, 747, Per una storia degli svuluppi iniziali verso la punizione penale vedi Ralph B. Pugh, Inprisonment in Medieval England, Cambridge: University Press, 1968.

4 James V. Bennet, “The Sentence and Tratment if Offenders” in The Annals of the American Academy of Political and Social Science, vol. 339 (gennaio, 1962), p. 142. Crime and American Penal System.

5 Ibid.
6 Bernie, Go back! In Forbes vol. 104, n° 11(1, dicembre 1969), p. 21.

7 Monroe W. Karmen “Combating Crime” in The Wall Street Journal, Pacific Coast Edition, vol. LXXV, n° 125 (merc. 28 Dic., 1966), p. 1.

8 “Prison System Breaking Down? Search for a Better Way”, in U.S. News & World Report; (11, agosto, 1969), pp. 60-63.

9 Charles Alverson, “The Jail Jungle” in The Wall Street Journal, vol. LXXX, n° 39, Pacific Coast Edition (Martedì, 25 febbraio, 1969), p. 1. Si noti l’incriminazione dell’ambiente sociale nell’affermazione del Sharp.

10 Ron Einstoss, “Killer gets Expense Account and Valet to Defend Self Again”, in the Los Angeles Times, sunday, 16 nov., 1969, sezione C, pp. 1,4.

11 “Life for Kristina”, in the Los Angeles Herald Examiner, mercoledì, 2 aprile, 1969, p. A-3.
12 Jerry Cohen, “Diet That Made Women Slender May have Made Her a Killer”, Los Angeles Times, mercoledì, 2 aprile, 1969, Parte I, p. 32.

13 “Crimes While on bail — The Hunt for a Remedy”, in U.S. News & World Report, vol. LXVI, n° 7 (17 febb. 1969), p. 42.

14 “Rapist Suspect, Out on Bail, Arrested in New Attack Case” in Van Nuys, California, The Valley News and Green Sheet, vol. 58, n° 156, (venerdì, 11 aprile, 1969), p.1.

15 “News From The Academy” in the Kingsburg (Calif.) Recorder, giovedì, 18 dicembre, 1969, p. 8.

16 Victor Riesel, “Web of Mafia Control”, Los Angeles Herald Examiner, domenica, 21 dic. 1969, p. B-7.


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