II
La sapienza di Salomone
Per la dottrina biblica della sapienza è senza dubbio fondamentale la sapienza di Salomone. Tutto ciò che ha significato per la prima giunge alla sua gloriosa realizzazione e ratifica in quest’ultimo. La Scrittura non fornisce alcun messaggio di sapienza che non offra allo stesso tempo un esempio vivente nell’Uomo stesso della Sapienza. La sapienza salomonica esibisce la presenza vivente dell’intero ideale scritturale e addita al suo rappresentante più importante sia nella creazione sia nella redenzione. In quest’ottica, Salomone non può essere visto come un uomo cui è semplicemente capitato di essere saggio; piuttosto la sapienza che ha posseduto ed esercitato aveva come scopo promuovere il principio del del capo federale del patto nella Scrittura. In correlazione con la creazione Salomone rimanda ad Adamo e alla situazione che Dio aveva originariamente inteso per l’uomo. In correlazione con la redenzione Salomone guarda avanti e anticipa, nella sua persona e le sue realizzazioni, l’avvento di Cristo, nel quale, in ultima analisi, si troveranno nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza (Cl. 2:3). Quindi, la sapienza e il ruolo di Salomone devono essere visti nel loro contesto storico-redentivo. Anche questo pensiero deve governare la nostra comprensione del libro di Ecclesiaste, perché dichiara inequivocabilmente di parlare dal punto di vista della sapienza salomonica.
Il passaggio nella Scrittura che è la chiave per cogliere le straordinarie dimensioni della sapienza associate al Salomone storico è 1 Re. 3:12, “Io ti do un cuore saggio e intelligente, cosicché non c’è stato nessuno come te prima di te, e non sorgerà nessuno come te dopo di te”. Chiaramente, la sapienza di Salomone appartiene ad una categoria speciale. Non è una sapienza che chiunque potrebbe sperare di acquisire per se stesso. Né prima né dopo Salomone alcun mero uomo gli può essere paragonato in materia di sapienza. La sapienza di Salomone è perciò unica. La sua saggezza esemplifica quella del capo del patto: è la sapienza di Adamo che è andata perduta; è la sapienza di Cristo, che Dio è storicamente nel
processo di portare alla realizzazione. Con l’esaltare Salomone in materia di sapienza Dio stava rendendo evidente che la vera sapienza (conoscenza e intendimento) sarebbero state piantate e portate a fruizione nell’Uomo che Egli avrebbe scelto di stabilire sul suo popolo Israele, di fatto sulle nazioni. In Salomone sarebbe diventata spettacolarmente evidente tutta la sapienza di Dio stesso. Tutti sarebbe giunti a vedere che il dominio regale di Salomone e i suoi successi erano la conseguenza e il risultato di una sapienza che non era simile a niente che l’uomo avesse mai visto o sentito, né poteva sperare di raggiungere dall’ordinaria applicazione della conoscenza. Semplicemente non si sarebbe potuta trovare nell’uomo in alcun senso.
Va sottolineato che il dono di sapienza a Salomone – poiché di un dono più che certamente si trattò e non qualcosa di cui neppure Salomone avrebbe potuto vantare che fosse un aspetto del genio “naturale” – era posto sul fondamento di fedele obbedienza pattizia a Dio e alla sua giustizia. Infatti, in 1 Re è reso chiaro a Salomone che il favore di cui godeva in materia di sapienza poggiava sulla responsabilità che gli era stata data di vivere nel rispetto dei giusti ordinamenti tramandati da suo padre Davide – “Se poi cammini nelle mie vie osservando i miei comandamenti come fece tuo padre Davide” (1 Re 3:14). In precedenza Davide stesso aveva solennemente esortato Salomone a continuare saldamente in ciò che il Signore Dio richiede: “Osserva ciò che l’Eterno, il tuo Dio, ti ha comandato di osservare, camminando nelle sue vie e mettendo in pratica i suoi statuti, i suoi comandamenti, i suoi decreti e i suoi precetti, come sta scritto nella legge di Mosè, affinché tu riesca in tutto ciò che farai e dovunque ti volga” (1 Re 2:3). La sapienza di Salomone, e le stupende benedizioni che gli sarebbero derivate da essa, erano condizionali ad un’accurata osservanza nell’obbedire ad ogni parola che procede dalla bocca di Dio. Questo era il modo in cui Adamo avrebbe dovuto vivere nel mondo di Dio; è il modo in cui Cristo solamente è stato capace di vivere nel mondo. La sapienza di Salomone e il posto che occupa nella Scrittura fu intesa per riflettere tutte le implicazioni della dottrina totale di sapienza che abbiamo delineato nel capitolo precedente. Nella sua sapienza è riassunta tutta la sapienza della Scrittura come giunge a piena fruizione in servizio per il regno.
1 Re 4:33 espone sinteticamente sia le caratteristiche adamitiche che quelle cristologiche della peculiare sapienza di Salomone. La prima viene necessariamente alla ribalta nel versetto 33: “Parlò degli alberi, dal cedro del Libano all’issopo che spunta dal muro; parlò pure degli animali, degli uccelli, dei rettili e dei pesci”. Viene in mente il lavoro di dare il nome agli animali che
Adamo aveva svolto in Genesi 2:19s. Quel lavoro doveva essere il preludio al successivo compito di Adamo di esercitare il dominio su tutta la terra. Avendo prima acquisito conoscenza del reame della natura Adamo sarebbe poi stato correttamente ed adeguatamente preparato per la sua eccelsa responsabilità. Allo stesso modo, Salomone dimostra che il suo esercizio del suo ruolo di re era radicato in una conoscenza sistematica del totale regno della natura. In secondo luogo, il suo governo s’estendeva al mondo dell’uomo e dei suoi interessi. Qui la sua saggezza esibì una vivace perspicacia in tutte le cose umane. “Da tutti i popoli veniva gente per udire la sapienza di Salomone, mandati da tutti i re della terra che avevano sentito parlare della sua sapienza” (v.34). Con questo pensiero, la Scrittura trasmette più distintamente le caratteristiche cristologiche della sapienza e del regno di Salomone. Poiché in un mondo decaduto le turbative miserabili nella vita dell’uomo e della società hanno assunto le più gravi proporzioni, la sapienza di Salomone assume necessariamente le caratteristiche di un annuncio di redenzione e restaurazione. Presenta la legge di Dio come l’unica soluzione possibile per la degenerazione inevitabile delle comunità degli uomini. Venendo per ascoltare la sapienza di Salomone, le nazioni testimoniano la bancarotta del regno dell’uomo, nonché il riconoscimento della superiorità incomparabile della sapienza biblica quale corretto sentiero di giustizia, di pace e di prosperità. La sapienza di Salomone era linimento e balsamo per innumerevoli difficoltà che accompagnano le circostanze dell’esistenza umana decaduta.
Negli Scritti di Salomone stesso non si troverà conferma più grande di questa verità salomonica di quella che abbiamo nell’ampia petizione che leggiamo nel Salmo 72. Salomone riconobbe fin dal primo momento che il suo possesso di sapienza non era solo per suo personale beneficio, ma era inteso allo scopo di servire i maggiori propositi di Dio e del suo regno. La sua sapienza è il risultato di essere dotato esclusivamente con la giustizia di Dio (v.1). La sua vera natura quindi è quella di attuare la volontà di Dio secondo la sua legge senza altra idea di giustizia di quella che Dio comanda nella sua Parola. Salomone non avrebbe potuto giudicare con giustizia con nessun altro possibile mezzo (v.2) un popolo che non apparteneva a Salomone, ma a Dio. Né avrebbe potuto adeguatamente difendere gli afflitti né salvare i figli dei poveri, né abbattere l’oppressore (v.4) se avesse avuto qualche idea di farlo diversamente da come richiede la parola di Dio. Fu questo successo della parola-legge di Dio nel regno dell’Uomo della Sapienza che avrebbe portato con sé l’abbondante effusione di benedizioni di Dio sul popolo nel
suo complesso. “Nei suoi giorni i giusti fioriranno; la prosperità abbonderà finché non vi sia più luna” (v.7). L’esaltazione della saggezza salomonica avrebbe ridondato nello straordinario benessere di Israele, ed è questo fatto trionfale che porta le nazioni a inchinarsi e servire Salomone (v. 11). Esse non possono fare a meno di riconoscere che la via del Signore è buona per tutti gli uomini in tutto il mondo e, naturalmente, il desiderio di entrare in questa buona cosa. Tutte queste cose hanno avuto la loro realizzazione preliminare nel periodo del Salomone storico. Eppure la loro manifestazione ultima attendeva l’arrivo di quel Grande Salomone, Gesù Cristo, di cui il Salomone storico non era che una figura e un precursore. La gloria dei giorni limitati di Salomone avrebbe ceduto il passo alla maggior gloria dei giorni senza fine del Figlio dell’Uomo.
La sapienza di Salomone rappresenta un completo programma di civilizzazione. Essa rappresenta il modo di vivere di una cultura totale e non è di mero significato personale. Poiché la sapienza di Salomone non è di sua invenzione, ma è una dote divina, non può essere valida solo per lui. È una sapienza atta a potenziare i maggiori obiettivi del Regno di Dio. Riflette l’elevazione di quel Regno nel mondo, e l’intero suo scopo è di far crescere quel regno e di lavorare per la sua conquista di ogni aspetto della vita e della società umana. Ma l’uomo peccatore vuole un regno alternativo: il regno dell’uomo. Egli necessariamente offre un programma di sapienza completamente diverso da quello che si trova nella parola-legge di Dio, sostenendo che il suo progetto, non quello di Dio, ridonderà a una maggiore felicità del genere umano. L’ideale di sapienza che abbraccia è il mezzo intellettuale e morale con cui cerca di rendere legittimi e di promuovere i principi culturali e di civiltà del regno al quale aspira e nel quale sinceramente crede. Dal momento che questi due regni sono antitetici e quindi comportano un inevitabile conflitto d’interessi, gli ideali di sapienza che ciascuno sostiene sono ugualmente contrapposti. L’uno o l’altro deve ottenere la vittoria. In 1 Re 4:30 leggiamo: “E la sapienza di Salomone superò la sapienza di tutti i figli d’Oriente, e di tutta la sapienza degli Egiziani”. Il riferimento non è solo a Salomone personalmente, ma include gli obiettivi di civiltà che la sua sapienza perora. Non è solo un trionfo personale per Salomone; più di questo, fa riferimento al trionfo del Regno di Dio sul regno dell’uomo. La vittoria della sapienza salomonica e la conquista del Regno di Dio sono inevitabilmente intessuti insieme.
A questo punto dobbiamo capire gl’ideali culturali e di civilizzazione che si contrapponevano a Israele nel corso della sua storia e che alla fine
l’assorbirono completamente nella loro prospettiva pagana. Dopo tutto, Israele si allontanò dal patrimonio salomonico (cioè biblico) di sapienza e seguì falsi dèi coi falsi principi culturali che essi rappresentavano. Se non riusciamo a capire questo scontro di valori di civiltà allora il messaggio di Ecclesiaste è destinato a sembrare un enigma.
Le due civiltà maggiori che rappresentarono il regno dell’uomo nella storia dell’Antico Testamento sono state quelle d’Oriente, della Mesopotamia (l’Assiria o Babilonia) e dell’Egitto. Ciascuna civiltà si presentò come una rivale di Israele, e ognuna aveva una visione assoluta del dominio del mondo. Non c’è dubbio che la Mesopotamia e l’Egitto differirono l’una dall’altra, e senza dubbio ciascuna combatté contro l’altra per rivendicare i diritti regali del regno dell’uomo. Ma la differenza tra i due è insignificante quando entrambi sono confrontati con i principi e gli ideali che dovevano governare la società e la vita del popolo di Dio. Gli uomini umanistici non sempre sono d’accordo tra di loro, ma tutti rimangono uniti contro Dio e il suo regno. Aristotele e Platone possono apparire come sostenitori di differenti idee e spiegazioni di cose, ma ambedue sono d’accordo che ciò che Dio dice è fondamentalmente falso. Queste due civiltà, quindi, fornirono una seria sfida per il popolo pattizio di Dio. Furono una minaccia non solo a causa della forza militare mediante la quale sottomisero fisicamente nazioni e popoli, ma soprattutto perché offrirono un’attraente giustizia alternativa, e quindi un “bene”, per Israele, altro da quello che è stato espresso dalla legge di Dio [1]. È essenziale esaminare le caratteristiche centrali dei rispettivi ideali culturali e di civiltà.
1 Si veda: Rousas John Rushdoony Venga il Tuo Regno. Studi in Daniele e Rivelazione, traduzione personale p. 27 nell’originale.