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LEGGE E POLITICA NELL’ISRAELE DEL VECCHIO TESTAMENTO

“Quando quelli che governano per Dio dipartono dalle sue leggi, devono essere giudicati da Dio. Il fondamento stesso dell’ordine civile fu minato quando i giudici non discernettero tra bene e male.”

Molti cristiani vogliono assumere una posizione peculiare riguardo a questioni di moralità sociopolitica. Però, ciò è diventato molto difficile una volta che l’uso politico della legge di Dio è stato dimenticato o rigettato. Sfortunatamente, anche scrittori che appartengono alla generale tradizione riformata della teologia hanno ultimamente ripudiato quell’uso della legge di Dio. In risposta, noi chiediamo se la bibbia insegni che il magistrato civile debba obbedire e applicare le porzioni pertinenti della legge del Vecchio Testamento.

In un senso, studi precedenti hanno già fornito una palese risposta a questa domanda. Abbiamo visto che l’intera bibbia è il nostro standard di moralità oggi perché Dio non ha un doppio standard di giustizia. Anzi, la legge riflette l’immutabile santità di Dio, perfettamente obbedita da Cristo (il nostro esempio) e messa in atto nel credente dallo Spirito santo (la nostra potenza). Abbiamo visto che i patti Vecchio e Nuovo hanno una visione uniforme della legge di Dio e che Cristo stesso dichiarò che ogni sillaba del Vecchio Testamento continua ad avere validità dopo la sua venuta sulla terra a salvare i peccatori. Volta dopo volta gli autori del Nuovo Testamento assumono lo standard della legge nei loro temi etici e fanno applicazioni dalla legge nei loro giudizi morali. Ogni scrittura, ogni punto, ogni parola e, infatti ogni sillaba della legge del VT è confermata nel Nuovo Testamento.

Perciò, dovrebbe sembrare ovvio che gli aspetti sociopolitici della legge del Vecchio Testamento abbiano mantenuto la loro validità —che siano autoritativi per magistrati civili di tutte le epoche e culture. Proprio come genitori, contadini, mercanti, ed altri hanno doveri morali imposti loro nella legge dl Vecchio Testamento, così anche i governanti civili hanno, nella legge del Signore, doveri comandati per la loro attività ufficiale.

Eppure non tutti sono disposti a sottoscrivere la corrente applicabilità della legge del Vecchio Testamento nel campo particolare della politica civile. L’intera legge può essere sottoscritta nel Vecchio Testamento, si pensa, ma nel Nuovo Testamento si è concretata una diversa attitudine verso il magistrato civile. L’opinione assunta sembra essere che poiché il magistrato civile nell’Israele del Vecchio Testamento fu in vari modi unico — essendo scelto da Dio in un modo speciale, essendo un’ombra della persona di Cristo, ecc. — anche la legge mediante la quale questo magistrato doveva governare la società dev’essere stata unica, intesa da seguirsi solo da parte di Israele. In breve, ci fu una straordinaria dottrina dell’ufficio del magistrato civile nella rivelazione per Israele nel Vecchio Testamento e quindi quello che fu il dovere morale dei governanti giudaici del Vecchio Testamento non dovrebbero essere assunto come lo standard per l’etica politica oggi.

La fallacia concretizzata in questa linea di pensiero è l’assunzione che se due entità sono diverse in qualche modo, allora sono diverse in tutti i modi. Ciò che non è stato rilevato è la peculiare possibilità della similarità — non totale identità e non completa differenza, ma elementi che sono gli stessi tra due cose ed elementi che sono distinti. Un autoblindo e un’auto sportiva sono simili per quanto concerne il loro correre su ruote, ma sono diversi per velocità, potenza, e aspetto. Similmente, potrebbe benissimo essere che i magistrati giudaici del Vecchio Testamento fossero differenti dai magistrati gentili in qualche aspetto, e pure molto simili a questi in altri aspetti.

Il magistrato civile

La bibbia dimostra d’insegnare che un modo in cui tutti i magistrati civili sono uguali — che siano Giudei o Gentili, del Vecchio o del Nuovo Testamento — è negli standard di giustizia che sono loro imposti dal Creatore. Dio non ha un doppio-standard di giustizia. Pertanto, le leggi che ha stipulato dovessero essere seguite dai magistrati Giudei del Vecchio Testamento sono esattamente altrettanto applicabili a questioni di reati e pene nel tempo tra la prima e la seconda venuta che nell’Israele del Vecchio Testamento. Oggi come allora la società ha bisogno di sapere come gestire attacchi contro la dignità umana, la libertà, la sicurezza e l’onore. I magistrati in tutte le epoche hanno bisogno di direzione per trattare con omicidi, rapimenti, spergiuri e cose simili. E in questo aspetto, il magistrato nell’Israele del Vecchio Testamento sarebbe stato come qualsiasi altro magistrato — soggetto all’immutabile giustizia e continua validità della legge di Dio rivelata per le questioni sociopolitiche.

Possiamo vederlo se studiamo l’insegnamento biblico sul magistrato civile nell’Israele del Vecchio Testamento, nelle nazioni Gentili che circondavano Israele, e poi nel Nuovo Testamento. Vediamo dunque, non solo la permanente validità della legge del Vecchio Testamento in generale, ma vediamo la prospettiva basilarmente uniforme sul governo civile che è insegnata nella parola di Dio. I governanti hanno gli stessi obblighi e gli stessi standard di giusto e sbagliato in tutte le culture. Dopo aver fatto una panoramica di questa situazione nella Scrittura, possiamo passare alle questioni di chiesa/stato per quanto concerne la separazione e il diritto penale. La nostra panoramica inizia tracciando delle tesi basilari nella prospettiva biblica del magistrato civile nell’Israele del Vecchio Testamento.

1. I governanti ordinati da Dio non devono essere resistiti.

Nel Vecchio Testamento Dio era riconosciuto come Colui che ordinava e rimuoveva i governanti in Israele. Nella società israelita non c’era autorità se non da Dio e quelli che governavano erano ordinati a tale autorità da Dio. Da un lato, il popolo sceglieva e riconosceva i loro governanti (come in 1° Re 12:20 o 2° Re 9:13), e dall’altro lato c’era un decreto divino corrispondente che instaurava sovranamente il governante (come in 1° Re 11:31 o 2° Re 9:1-2). Il potere sovrano di Dio di instaurare è reso piuttosto chiaro in Osea 13:11: “Ti ho dato un re nella mia ira e l’ho ripreso nel mio furore”. Nell’Israele del Vecchio Testamento le “autorità che esistono” erano ordinate da Dio.

Per questa ragione era rigidamente proibito alla gente resistere l’autorità dei loro capi politici. A chi era dovuto bisognava dare l’onore. Così la legge proibiva qualsiasi oltraggio al governante (Es. 22:28), e Paolo stesso si appellò a questo standard nel proprio caso (At. 23:5). La posizione eccelsa del re era tale che si sarebbe dovuto obbedire i suoi comandi, non opporsi al suo rimprovero, non sfidare il suo potere, e non rifiutargli la lealtà (Ec. 8:2-5). In conformità, ai cittadini del Vecchio Testamento veniva insegnato che dovevano essere sottoposti alle autorità superiori, non resistendo le autorità ordinate da Dio.

2. Comportando titoli religiosi, i governanti erano vendicatori dell’ira divina.

Nell’arrangiamento politico del Vecchio Testamento, i figli del re erano spesso consiglieri al suo fianco (cf. 1° Cr. 27:32-33). In 1° Cronache 18:17 leggiamo della funzione politica designata come “i primi a fianco del re” e il passo parallelo di 2° Samuele 8:18 c’informa che quest’ufficio era occupato dai figli di Davide. Ciò che c’interessa qui è che in quest’ultimo verso gli ufficiali politici sono chiamati “ministri” (“sacerdoti” ESV). La stessa parola ebraica usata per la funzione cultuale di sacerdote fu usata per questi governanti politici — proprio come fu applicata in modo simile a Ira di Jair, l’ufficiale di Davide (2° Sa. 20:26; cf. 2° Sa. 23:38). In 1° Re 4:2-6 troviamo un elenco degli ufficiali di Salomone in cui Zabud è chiamato “sacerdote” e il testo spiega immediatamente questa funzione come l’amico del re, (il suo consigliere personale). Il capo dei funzionari, dei “sacerdoti” politici — il sacerdote (o primo amministratore del regno) — è chiamato Azaria nello stesso passo (cf. CEI “Azaria figlio di Zadòk fu sacerdote”).

Ciò che impariamo, dunque, è che i governanti dello stato nel Vecchio Testamento erano visti come talmente intimamente interessati delle faccende della parola di Dio e così rigidamente soggetti ai comandi di Dio da poter solitamente essere investiti di titoli religiosi. I magistrati in Israele era genuini ministri di Dio, autorizzati a governare la società come suoi referenti secondo i suoi giusti standard.

I governanti civili del Vecchio Testamento erano istituiti da Dio, non dovevano essere resistiti, ed erano investiti di titoli religiosi in quanto rappresentanti di Dio nella società. La funzione principale era quella di essere vendicatori dell’ira di Dio contro i violatori della sua legge per la giustizia sociale.

Ripetutamente il Vecchio Testamento associa la spada del giudizio con Dio che nella storia porta punizione sulla ribellione degli uomini. Perfino Israele fu minacciata col giudizio della spada se avesse trasgredito la legge del Signore (per esempio, Le. 26:25, 33, 36-37) — una minaccia eseguita nel suo culmine quando Gerusalemme cadde sotto il taglio della spada secondo la parola di Cristo (Lu. 21:24). La spada della vendetta appartiene a Dio. E allo stesso tempo la spada è anche ripetutamente associata con la volontà di Dio per il governante civile. Il governo umano è simboleggiato dalla spada, che in mano a faraone (Es. 18:4) o a Saul (2° Sa. 1:22). La funzione propria della spada è quella di giustiziare i criminali che violano la legge di Dio (per esempio, 1° Re 1:51; 2:8; ecc.). Ogniqualvolta la spada sia usata autonomamente — è usata in modo peccaminoso (per esempio, 1° Samuele 22:19). Ne consegue che l’uso della spada è vano se non è fatto un conformità con la legge di Dio. Il magistrato in Israele non aveva il diritto di uccidere nessuno indipendentemente dalla giuda e dalla parola di Dio.

Possiamo ulteriormente osservare che ira e vendetta sono costantemente attribuiti a Dio nella sua purezza e giustizia. Sono retribuzioni espresse contro quelli che osano profanare il patto del Signore (Sa. 54:20-21), violare le sue leggi (per esempio, Deuteronomio 11:17), o peccare (per esempio, Numeri 11:1). Quando nel Vecchio Testamento si dice che il magistrato esprime ira e vendetta, è solamente naturale aspettarsi che il governante stia estrinsecando l’ira di Dio in vendetta contro chi fa il male (per esempio, Giosuè 7:25; 7:1; 22:20; 2° Re 12:5).

Il Vecchio Testamento dichiarò che la vendetta appartiene a Dio, che egli avrebbe ricompensato (De. 32:25, 41). Nondimeno insegnò che il magistrato civile era sotto gli ordini di mettere in atto la vendetta contro le trasgressioni della legge di Dio nel comportamento sociale (per esempio, Esodo 21:20-21; De. 18:19). La vendetta, vedete, deve basarsi sulla santità di Dio (Sl. 98:8); è provocata, perciò, peccando contro la sua legge (per esempio, Ezechiele 7:27; 9:1; 20:4; Osea 1:4; 2:13; Za. 5:3). In quanto un agente dell’ira di Dio, il magistrato civile nel Vecchio Testamento era visto come il vice-reggente o sostituto di Dio nello stato.

Il Dio della bibbia è un Dio di legge e giustizia (Is. 33:22; De. 32:4), non uno che agisce in modi capricciosi o arbitrari. Egli giudica sempre con giustizia (Sl. 96:13), e si aspetta che gli altri facciano altrettanto (Le. 19:15). Per agire con giustizia e diritto si deve osservare la via di Jehovah e seguire i suoi statuti (Ge. 18:19; De. 33:21). Mosè dichiarò ad Israele con baldanza: “E qual grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi espongo?” (De. 4:8). Ora, sopra ogni altra cosa, Dio richiese che i governanti civili d’Israele dimostrassero giustizia e rettitudine in tutte le loro decisioni. “Non commetterete ingiustizia in giudizio … ma giudicherai il tuo prossimo con giustizia” (Le. 19:15; cf. De. 16:18). Amos il profeta predicò che il popolo di Dio “ristabilisse nei tribunali il diritto” (5:15 CEI) e che perciò “scorresse il diritto come acqua e la giustizia come un corso d’acqua perenne” (5:24).

Chiaramente, se il Dio di giustizia ha richiesto ai governanti terreni di governare con giustizia, allora questi governanti sono obbligati ad osservare la legge di Dio in tutti i loro giudizi. Proprio come Dio non assolverà il colpevole (Es. 23:7 CEI), essi non devono assolvere il colpevole (De. 25:1). Devono giudicare come Egli giudica. Di Dio fu detto nel Vecchio Testamento: “Giustizia e diritto formano la base del tuo trono” (Sl. 89:14). Similmente, il trono dei re terreni doveva essere fondato su giustizia e rettitudine (Sl. 72:1-2), cosa che sarebbe avvenuta se il re non avesse deviato dai comandamenti di Dio (De. 17:18-20). Vediamo dunque che il Signore mette re sul loro trono “come re per l’Eterno, il tuo DIO! … ti ha stabilito re su di loro, per esercitare il giudizio e la giustizia” (2° Cr. 9:8). Nelle loro decisioni: “Il giudizio appartiene a Dio” (De. 1:16-17, e per quella ragione i giudici civili potevano essere definiti “dèi” (Sa. 82:1, 6). Quando punivano i malfattori secondo le sanzioni penali della legge di Dio i giudici rendevano manifesto che stavano riflettendo l’immagine di Dio (Ge. 9:5-6). In quanto delegati di Dio nella società — agenti della sua giustizia e vendetta — i magistrati civili erano vincolati ad usare la spada in accordo con le direttive e la legge di Dio.

3. I magistrati devono dissuadere dal male governando secondo la legge di Dio.

Nel Vecchio Testamento chi si fosse dimostrato retto sarebbe stato al sicuro, ma il malvagio sarebbe morto (per esempio, 1° Re 1:52). Perciò: “ L’ira del re è come messaggeri di morte” (Pr. 16:14). Il magistrato era di conseguenza chiamato ad essere un terrore per i malfattori. Ma, dunque, se i governanti civili in Israele erano ordinati da Dio come suoi rappresentanti i quali dovevano essere un terrore per i malfattori (ma nessuna minaccia per i retti), non è forse ovvio che dovevano governare secondo la legge di Dio? Se si fossero fondati su saggezza e discernimento morali propri, avrebbero facilmente giudicato con parzialità, indulgenza o durezza anziché con la purezza della giustizia di Dio. Poiché anche i governanti civili in mezzo al popolo eletto di Dio erano peccatori che avevano bisogno della direzione e correzione della rivelazione di Dio, specialmente in decisioni ufficiali che prendevano che avrebbero influito sulla nazione e sulla sua rettitudine.

Pertanto, il Vecchio Testamento insegnò che la giustizia ne esce pervertita quando la legge di Dio è senza forza (Ab. 1:4). Poiché ai giudici era richiesto che eseguissero rettitudine e giustizia (Gr. 22:3), Dio disse: “Nelle contese essi faranno da giudici; giudicheranno secondo i miei decreti osserveranno le mie leggi e i miei statuti” (Ez. 44:24). Ai re era proibito tramare angherie in nome della legge (Sa. 94:20), e ricevevano l’incarico di “osservare gli ordini dell’Eterno, il tuo DIO, camminando nelle sue vie e mettendo in pratica i suoi statuti, i suoi comandamenti, i suoi decreti e i suoi precetti, come sta scritto nella legge di Mosè” (1° Re 2:3).

Volta dopo volta i governanti d’Israele compiacquero il Signore dedicandosi ad osservare i suoi comandamenti (per esempio, le riforme di Giosia e di Esdra). Il motivo per cui i re dovevano rimanere sobri era proprio perché non “dimenticassero la legge e pervertissero il giudizio” (Pr. 31:5). Dovevano leggere la legge di Dio quotidianamente (De. 17:19), e ogni mattina dovevano punire tutti gli operatori d’iniquità (Sl. 101:8).

Ne consegue, naturalmente, che quei governanti che disprezzavano la legge di Dio nella loro funzione ufficiale di magistrati civili erano soggetti all’ira del giudizio di Dio. Isaia esclamò: “Guai a quelli che promulgano decreti iniqui e a quelli che continuano a redigere sentenze ingiuste” (10:1). Salmo 82 insegna che Dio sta nell’assemblea (la corte di giustizia) degli “dèi” (i giudici) in modo da rimproverare i giudizi ingiusti che vi siano passati. Quando coloro i quali governano per Dio si allontanano dalle sue leggi, devono essere giudicati da Dio. Il fondamento stesso dell’ordine civile fu minato quando i giudici non discernettero tra il bene e il male (cf. 1° Re 3:9).

Il Vecchio Testamento abbonda di illustrazioni del giudizio di Dio su re, governanti e giudici in Israele che si allontanarono dai giusti standard della sua legge nel governo della società. Si noti specialmente re Achab il quale per i propri scopi egoistici si diede a falsa testimonianza, furto e perfino assassinio (1° Re 21:1-22). Queste faccende furono registrate dagli storici per futura memoria e come esempio, al posto delle gesta in battaglia di Achab che conosciamo invece dai resoconti secolari dell’epoca! In Israele era di cruciale importanza che i governanti si conformassero alla legge del Signore. Quelli che, come Geroboamo e Jehu, si allontanarono dai comandamenti di Dio e fecero peccare il popolo, subirono il male portato da Dio contro le loro case, e furono spazzati via (1° Re 14:8-10; 16:2-3). Quando i principi divennero empi e ribelli, la città intera fu contrassegnata come ingiusta (Is. 1:21-28), e Dio infine giudicò sempre l’ingiustizia. Quando i Giudei ritornarono dall’esilio e cattività confessarono che i loro re non avevano osservato la legge di Dio (Ne. 9:34-37), e nella Gerusalemme restaurata i magistrati determinarono di eseguire i giudizi con verità e pace (Za. 8:16).

Nell’Israele del Vecchio Testamento legge e politica gravitavano attorno alla legge di Dio per il magistrato civile. Ma per quanto riguarda i Gentili? I loro governi avevano standard morali diversi da quelli d’Israele? A questa domanda rivolgeremo ora la nostra attenzione.


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