PERCHÉ IL PIETISMO CONDUCE ALLA MONDANITÀ
Sono cristiano da quasi cinquant’anni. In tutto questo tempo, nella maggior parte delle Chiese frequentate, comprese quelle riformate, ho trovato ben poco di particolarmente cristiano rispetto a quanto letto nella Bibbia sull’essenza del cristianesimo. Ciò che vi ho trovato è un sermone evangelico settimanale, nel quale si evidenzia come il credere in Gesù sia l’unico modo per essere salvati e la salvezza, di solito, è descritta principalmente come fuga dall’inferno piuttosto che come liberazione dal peccato; quando, invece, intesa come liberazione dal peccato, questo è per lo più definito in modo alquanto limitato, vale a dire in termini di mancanza di pietà personale e non nei termini della legge di Dio. I valori che dominano la Chiesa oggi non sono quelli del Regno di Dio, piuttosto gli stessi valori mondani che dominano la nostra cultura. Le realtà concrete del Regno di Dio e della giustizia di Dio, che Gesù ci ha detto di mettere al primo posto, sono poco discusse in Chiesa e gli stessi termini vengono usati dai cristiani in senso vago e indefinito. Ciò accade perché la Chiesa e il suo ministero, i suoi servizi, i suoi rituali e l’obbedienza a regole create dall’uomo hanno preso il posto del Regno di Dio e del perseguimento della rettitudine (cioè della giustizia) come centro della vita cristiana.
Questo problema dei valori mondani che dominano la vita della Chiesa non si limita alle denominazioni e alle Chiese liberali, le quali hanno evidentemente rinunciato ad ogni pretesa di conformarsi all’etica biblica. Non c’è molto da stupirsi che il sistema di valori del mondo abbia prevalso in queste realtà (chi sa se ancora cercano di dichiararsi cristiane in un qualche senso significativo?). Questo problema esiste, infatti, anche nelle chiese evangeliche, riformate e carismatiche. Anche se in questi circoli si riscontra una maggiore pretesa di negarlo (ma chiaramente, in tal caso, ci si ritrova davanti a ciò che la Bibbia bolla direttamente come ipocrisia). Perché?
Quando si parla del Regno in queste Chiese, quasi sempre viene spiritualizzato in qualcosa che non ha alcuna rilevanza pratica e quindi nessun significato o valore per la vita reale. La maggior parte dei cristiani, compresi pastori e ministri, quando interrogati sull’essenza del Regno di Dio, non hanno idea di come rispondere alla domanda se non ripiegando su una concezione dualistica della realtà che colloca il Regno e la fede cristiana su di un piano astratto non avente alcuna attinenza con il mondo della quotidianità. In altre parole, la risposta che si ottiene è di solito basata su di una qualche forma di spiritualità gnostica, che è la completa antitesi della religione cristiana (se, poi, l’uso stesso della parola religione, come mezzo per descrivere la fede cristiana, dovesse essere percepito come problematico o inaccettabile, allora è perché probabilmente si sta operando da una prospettiva dualistica, anch’essa contraria al cristianesimo della Bibbia). Allo stesso modo, la parola rettitudine viene erroneamente intesa come pietà, in piena sintonia con la prospettiva dualistica, quando in realtà sta per giustizia, termine, quest’ultimo, il quale non si adatta affatto alla prospettiva pietistica. Nell’arco della storia della Chiesa, lo gnosticismo, il quale è stato ovviamente sempre condannato come quell’eresia che è – una delle peggiori – si è ritrovato, benché spesso in maniera inconsapevole, accolto con entusiasmo persino dalla Chiesa stessa.
La domanda, però, sorge spontanea: com’è possibile che i valori di questa nostra società senza dio finiscano per dominare la vita della Chiesa, quando la spiritualità prevalente in essa è dualistica, dal momento che il dualismo gnostico non è certo la religione del secolarismo moderno? Ciò accade poiché il dualismo va a rimuovere la maggior parte di ciò che significa essere cristiani dall’ambito della vita quotidiana e lo trasferisce nell’ambito spirituale. Ciononostante, tutti hanno da vivere nel mondo reale, anche i dualisti pietisti. E così, senza una prospettiva cristiana che guidi i loro pensieri e la loro vita nel mondo reale di tutti i giorni, dato che la fede non è vista come rilevante per esso, i cristiani inconsapevolmente finiscono per assorbire i valori del mondo che li circonda come mezzo per affrontare la vita quotidiana. A questi valori può anche essere data una patina cristiana così da farli apparire come cristiani, ma rimarranno pur sempre i valori del mondo. Abbigliare una scrofa con un bel vestito, perle e rossetto non significa che essa saprà comportarsi con decoro e civiltà quando invitata a bere il tè. E così avviene che la Chiesa si corrompe con i valori del mondo e il Regno di Dio, che Gesù ci ha detto di fare diventare l’obiettivo centrale della nostra vita, viene trasferito in un regno spirituale, inservibile per la vita reale. Una volta che i valori del Regno sono stati esiliati nel regno spirituale, i valori del mondo sono allora tutto ciò che rimane a guidare i cristiani nella loro vita di tutti i giorni.
Come affrontare, quindi, tale problema? Dobbiamo smettere di fare un idolo della Chiesa e delle sue forme di servizio, del governo, dei rituali, delle liturgie, della musica e di tutti gli altri standard creati dall’uomo, i quali hanno finito per conquistare la vita della Chiesa, e concentrarci sul Regno di Dio e sulla sua giustizia come nostra priorità. Che cos’è il Regno? È un ordine sociale profetico e controrivoluzionario fondato e governato dal patto di grazia, destinato a manifestarsi e a realizzarsi sulla terra tra gli uomini in questa età presente e che, per il tramite della sua stessa esistenza, chiama gli uomini e le nazioni al pentimento e all’obbedienza al Signore Gesù Cristo. Non è confinato all’età futura, né al regno spirituale. Ogni autorità in cielo e in terra è stata data al Signore Gesù Cristo, ci dice la Bibbia. Il Regno di Dio è per questa nostra epoca, per adesso. È destinato a crescere fino a sostituire gli ordini sociali secolari senza dio seguitando in ciò fino al punto in cui tutte le nazioni non l’avranno finalmente accolto. Questo è, dopo tutto, proprio quel che insegna il Grande Mandato. Inoltre, abbiamo pure da liberarci della concezione dualistica della realtà e della fede che domina la comprensione della maggior parte dei cristiani, poiché è la fonte di tanti errori nella Chiesa, sia in termini di teologia che di prassi. Questo mondo è il mondo di Dio e il Signore Gesù Cristo è venuto a redimerlo interamente, non solo a togliere tizzoni dal fuoco. La nostra vocazione è quella di portare all’obbedienza del Signore Gesù Cristo tutte le cose. Abraham Kuyper espresse magnificamente questo concetto: “Non c’è neppure un centimetro quadrato nell’intero campo della vita umana per cui Cristo – il quale è sovrano su ogni cosa – non esclami: «È mio!»”.