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PIETISMO, PIETISTA, PIETÀ, PIO

Il pietismo fu un movimento sorto all’interno della Chiesa luterana nell’ultima parte del XVII secolo, dopo la guerra dei Trent’anni. I suoi iniziatori e sostenitori (Phillip Jacob Spener, 1635-1705 e il suo discepolo August Hermann Francke, 1663-1727) ritenevano che la Chiesa fosse caduta in una sterile ortodossia e in un formalismo privo di vera spiritualità. Cercarono, quindi, di correggere questo problema enfatizzando la pietà personale come cardine della fede cristiana. Ciò portò a mettere in risalto il cuore, l’emozione e l’esperienza personale; a focalizzarsi maggiormente sull’uomo interiore contrapponendolo a quello intellettuale ed esteriore e ad una fede capace di trovare concretizzazione al livello sociale e politico. Così, ad esempio, il conte Nikolaus von Zinzendorf, tra gli altri tratti problematici del suo culto pietistico, aveva statue senza testa in alcune delle sue riunioni per dimostrare come il cristianesimo fosse una religione del cuore e non della testa (vedasi nota in calce a p. 47, § 6), un’idea sbagliata comune che rimane un grave problema nelle Chiese evangeliche fino ad oggi ed è all’origine dell’anti-intellettualismo che è stato così disastroso per la testimonianza della Chiesa (cfr. Parte Prima, § 6, “Il nuovo secolo scuro del cristianesimo”). Ci troviamo, in ogni caso, davanti ad una falsa dicotomia: il cristianesimo non è una religione del cuore, né una religione della testa, ma piuttosto una religione di tutto l’uomo in tutta la vita. Nulla di ciò che significa essere uomo è al di fuori dei confini della fede cristiana. Siccome questa è una falsa dicotomia, allora il pietismo è una falsa spiritualità, una riduzione della religione cristiana all’uomo personale interiore e alla pratica della fede come un mero culto devozionale ispirato da idee umane di spiritualità, non dal concetto biblico di giustizia, ovverosia l’obbedienza alla legge di Dio.

E. L. Hebden Taylor ha esposto chiaramente il problema:

“[Il p]ietismo, senza dubbio, esprimeva la reazione religiosa dei devoti evangelici contro il formalismo ortodosso e tendeva a concentrarsi sulla dottrina della salvezza e a sviluppare una dottrina arminiana della grazia piuttosto che una di stampo riformato. L’offerta della salvezza di Dio era da rivolgersi a tutti gli uomini e si credeva che Cristo fosse morto per l’intera umanità. Con una siffatta dottrina della grazia, non sorprende che i pietisti tendessero, tranne alcune importanti eccezioni, a pensare alla religione come a un’attività riguardante soprattutto la salvezza dell’individuo e i suoi stati spirituali di mente e sentimenti. Di conseguenza, il pietismo ha favorito notevolmente la secolarizzazione della società occidentale nel suo complesso, poiché il suo individualismo religioso, cercando di costruire cellule religiose all’interno della società, dà per scontate o ignora le strutture della chiesa e dello stato. La preoccupazione principale dei pietisti olandesi, come dei pietisti wesleyani in Inghilterra e in America, divenne la salvezza della propria anima individuale piuttosto che della società nel suo complesso. Invece di pensare che i cristiani dovessero occuparsi di tutta la vita (affari, politica, educazione e cultura), il pietismo prevede la segregazione di una certa sfera della vita come peculiarmente religiosa ed insegna che il credente deve concentrare tutti i suoi sforzi nel coltivare stati religiosi soggettivi di mente e sentimento, oltre a varie discipline devozionali e ascetiche. Le questioni più ampie della chiesa, dello stato e della cultura tendono ad essere trascurate, a causa, a volte, di aspettative apocalittiche o perché considerate religiosamente neutrali. Pertanto, l’attenzione del pietista evangelico tendeva a concentrarsi sulla morale personale piuttosto che su quella sociale, e più spesso si temevano i peccati della carne maggiormente di quelli spirituali, quali egoismo, orgoglio, invidia e gelosia.”[12]

Il pietismo – la riduzione della vita cristiana a un passatempo devozionale personale con un programma essenzialmente effeminato – ha appesantito la Chiesa con una spiritualità che non è stata in grado di affrontare le sfide che le si pongono nel mondo moderno. Di conseguenza, la pratica della fede nel XX secolo è crollata sotto il peso dell’opposizione secolare umanista ai valori cristiani. È crollata perché non era abbastanza forte, non abbastanza robusta, per affrontare la sfida della crescente fede secolare umanista, e questo in gran parte perché la spiritualità pietistica aveva indebolito la capacità dei cristiani di vedere l’intera vita come l’arena della loro fede, come il loro campo di missione; individui di tutte le nazioni erano visti come bisognosi di convertirsi al cristianesimo, ma le nazioni in quanto tali non erano più viste come bisognose di essere conquistate per Cristo. Ciò ha rovinato la testimonianza della Chiesa sostenendo una visione pietistica della fede cristiana irrilevante per la vita reale e, quindi, irrilevante e inutile per la società. La visione pietistica della Chiesa non è all’altezza dell’umanesimo secolare e del neopaganesimo che dominano sempre più la nostra società.

Il pietismo è intrinsecamente dualista perché presuppone una concezione della realtà che divide il mondo in due piani, quello spirituale o superiore e quello secolare o inferiore. La fede cristiana, in questa prospettiva, è collegata essenzialmente al piano superiore, al regno dello spirituale, e ha poca o nessuna rilevanza per il piano inferiore della vita, che è quello in cui l’essere umano vive la maggior parte della sua esistenza. Ma naturalmente questa è una falsa visione della realtà, una falsa dicotomia. La realtà non è divisa in questi regni diversi, come suppone il pietista. Tutta questa visione dualistica della realtà è di origine pagana. Deriva dal retroterra filosofico e religioso dell’antichità greco-romana e fu assai presto innestata nel pensiero della Chiesa, cosicché questa prospettiva dualista funge adesso da occhiali a lenti colorate attraverso cui la Chiesa legge la Bibbia. Il risultato è una forma di visione del mondo sincretistica e una falsa pratica religiosa che ne è l’inevitabile effetto.

Il pietismo è, quindi, intrinsecamente dualistico. Inoltre, dato che la pietà, la visione umana della spiritualità, sostituisce la richiesta di rettitudine di Dio, vale a dire il conformarsi da parte dell’uomo alla volontà di Dio rivelata nella sua legge, allora il pietismo è antinomico nei confronti della legge di Dio, ma non nei confronti della legge dell’uomo. In altre parole, la legge e il rituale creati dall’uomo sostituiscono la legge di Dio, che è la regola che Dio ci ha dato per la vita.

Il pietismo è una falsa spiritualità basata su idee di spiritualità proprie dell’uomo, le quali riducono il cristianesimo a un culto misterico cristiano, che va a sostituire il regno di Dio. La pietà – una vita di conformità alle idee di santità e ai rituali creati dall’uomo – sostituisce la giustizia, la Chiesa sostituisce il regno di Dio e la salvezza delle sole anime sostituisce il Grande Mandato di fare discepoli tutte le nazioni. La pietà è una falsa ostentazione della rettitudine richiestaci dalla Bibbia. È dualistica nella sua visione della realtà, anti-intellettuale, ultraterrena e privata; nega che il cristianesimo sia una verità pubblica per la sfera pubblica e riduce la fede a un mero culto devozionale. Il suo anti-intellettualismo è un dualismo tra la testa o l’intelletto e il cuore, che è una contraddizione della visione biblica dell’uomo, e la sua fissazione verso l’ultraterreno è ancora una volta una manifestazione della visione dualistica di base della realtà. La sua visione della fede cristiana è basata sullo stato interiore soggettivo dell’uomo stesso, non sulla natura oggettiva e pubblica della Parola di Dio.

Alcuni fanno una distinzione tra ciò che chiamano pietà e pietismo, cioè tra ciò che credono sia una concezione corretta della pietà e una falsa concezione della pietà, ossia il pietismo. Trovo che questa distinzione non sia utile e che possa portare a confusione e fraintendimenti. A me sembra molto meglio definire la giustizia che Dio esige da noi in riferimento alla sua volontà rivelata nella sua legge, cosa che i pietisti quasi sempre avversano. Non ha senso, a mio avviso, fare una distinzione contraddittoria tra pietà e pietismo; mi sembra, infatti, piuttosto arbitraria e priva di significato. La pietà è la spiritualità, cioè la pratica, del pietismo. Pertanto, nei miei scritti non faccio distinzione tra pietà e pietismo. Riconosco, tuttavia, che altri fanno questa distinzione e mi è stato detto che in alcune lingue diverse dall’inglese l’uso della parola pietà come sinonimo di pietismo potrebbe essere percepito come insolito e persino problematico. Questo paragrafo vuole, quindi, aiutare a spiegare l’uso che ho fatto di questi termini a coloro che hanno difficoltà a tradurli in lingue diverse dall’inglese non aventi le stesse associazioni negative con le parole pietà e pio. Tuttavia, mi tocca lasciare la gestione della traduzione vera e propria di questi termini a coloro che sono competenti nelle lingue in cui le mie parole verranno riportate.

 

[12] E. L. Hebden Taylor, The Christian Philosophy of Law, Politics and the State (Nutley, New Jersey: The Craig Press, 1966), p. 29 ss.


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