Ricchezza
Il moderno atteggiamento verso la ricchezza è assai ambivalente. L’inclinazione materialista dell’uomo gli fa desiderare la ricchezza e gliela fa bramare avidamente. La moderna pubblicità fa leva su questa concupiscenza per la ricchezza e molto dell’attuale acquistare e vendere è motivato da questa voglia di apparire ricchi ma al contempo apparire disinteressati alla ricchezza. Essere ricchi è visto come biasimevole dalle stesse persone che hanno fame di ricchezza. Nella loro invidia, cercano di fare della ricchezza il grande peccato di questi tempi. La ricchezza è presentata come il prodotto dello sfruttamento; è dipinta come evidenza di disinteresse per i poveri e dei bisognosi e qualcosa di cui sentirsi in colpa. L’uomo moderno ha verso la ricchezza una relazione e un atteggiamento di amore-odio.
La questione è anche più complicata di così. Il concetto contemporaneo di ricchezza non è consapevole del fatto che la ricchezza in aree diverse ha significato cose diverse. Un uomo con molti (e pii) figli e nipoti può e generalmente ha il sentimento di essere molto ricco, anche avendo relativamente pochi soldi. Inoltre, il denaro non è sempre stato un’evidenza di ricchezza; più spesso, la terra è stata indice di ricchezza e a volte lo è stata la posizione. C’è anche il fatto che la gente può a volte essere ricca e sentirsi povera. Alcuni anni fa, una delle donne più ricche d’America sposò uno degli uomini più ricchi d’America. Entrambi consideravano gelosamente le proprie ricchezze, ed essi concordarono, prima di sposarsi, di dividere tutte le spese vitali. Il matrimonio andò a picco subito perché lo sposo, preoccupato dell’esosità delle lune di miele, cercò di far condividere alla sposa il costo della loro lune di miele, a partire dalla prima colazione! Nonostante tutta la sua ricchezza, egli era nel vero senso della parola, un uomo molto povero.
Attitudini mentali e religiose sono dunque completamente intessute col nostro concetto di ricchezza. Ciò che crediamo, può fare della nostra ricchezza una benedizione o una maledizione ai nostri occhi e agli occhi di altri. Possiamo sentire che la ricchezza ci da un privilegio e una responsabilità, o la possiamo considerare come qualcosa di cui scusarci come se avessimo avuto con essa un ingiusto vantaggio. La ricchezza può essere una benedizione in un’epoca pia e un peso in un’epoca d’invidia.
È importante riconoscere che la parola principale per ricchezza in ebraico, chayil, significa forza. Un’altra parola significa sostanza, un’altra bene; un’altra ancora significa potenza, cose accumulate; pienezza; riposo; prosperità. È chiaro che la bibbia non vede la ricchezza come il problema, ma il problema è cosa le persone fanno con essa, e cosa i possessori di ricchezza essi stessi sono. A volte sono dette cose molte caustiche degli uomini ricchi, ma la ricchezza in sé è vista come una benedizione (De. 8:18). È il confidare nelle ricchezze ad essere duramente condannato (Sl. 46: 6-8).L’amore per la ricchezza può condurre l’uomo a gravi ingiustizie nei confronti dei fratelli pattizi più poveri (Isa. 5: 8-10). Non è il denaro, ma ‘l’amore per il denaro,’ ad essere la radice di tutti i mali (1 Tim. 6: 10).
L’idea di ricchezza e cambiata da epoca a epoca, e pure il concetto di povertà. Philippe Aries, in The Hour of Our Death (Knopf, New York, 1981), nota che nel Medio Evo la ricchezza non era vista come il possesso di cose; piuttosto, era identificata col potere sugli uomini, mentre la povertà era identificata con la solitudine (p. 136). Ciascun concetto di ricchezza crea la propria cultura, e i propri vantaggi e problemi.
Più tardi la ricchezza fu identificata con terreni coltivati e case, e le famiglie ricche d’Europa non erano necessariamente ricche di denaro ma in terreni, castelli e manieri. Tutto l’oro o l’argento che acquisivano era speso ad aumentare la loro ricchezza immobiliare. Questa attitudine fu trasportata nell’America coloniale, e, il più rapidamente possibile, la ricchezza in lingotti d’oro o d’argento che fosse in eccesso delle necessità correnti, veniva trasformato in utensili. La maggior parte delle opere in argento di Paul Revere rappresentavano tali risorse, fatte per i suoi contemporanei. In tempi di necessità, le teiere, i vassoi ed altri articoli venivano semplicemente fusi in lingotti per uso monetario.
La Rivoluzione Industriale ridefinì la ricchezza. Il capitale fu sempre meno terre e case e sempre più i mezzi di produzione. Significava miniere, navi, ferrovie, telai e mulini e cose simili. Il metro sociale era ancora quello vecchio e i nuovi capitalisti, quando aumentavano le loro ricchezze, comprarono campagne e sposarono i loro figli nelle vecchie famiglie per poter guadagnare posizione sociale. Ricchi americani acquistarono proprietà Inglesi per sentirsi realmente ricchi! Nel tempo, però, la vecchia dottrina della ricchezza cominciò a declinare. Sia la ricchezza che il potere avevano ora un orientamento industriale, e il futuro fu definito, non in termini di case e terreni, ma in termini di produzione industriale. In questo modo Henry Ford odiava i cavalli è lavorò per meccanizzare l’agricoltura; considerava superiori i prodotti dell’uomo e promosse il “latte di soia” e cibi sintetici (John Cote Dahlinger e Frances Spatz Leighton: The Secret Life of Henry Ford, pp. 170-177. Indianapolis, Indiana, Bobbs-Merril, 1978). Come parte dello stesso umore, per anni la margarina sintetica fu pubblicizzata come alimento migliore e più salutare del burro. Nella Fiere Mondiali, il meraviglioso mondo della plastica fu presentato come la grande speranza per l’uomo e come la nuova via per la ricchezza a buon mercato per tutti. I prodotti manufatturieri come chiave verso il benessere popolare e i mezzi di produzione come strumenti di grande ricchezza, hanno giocato un ruolo importante nello sviluppo del ventesimo Secolo e della sua tecnologia. Poche dottrine della ricchezza hanno avuto nel mondo un impatto più rivoluzionario.
Questa nuova idea di ricchezza significò una concezione delle ricchezze più fluida e liquida e si è spostata silenziosamente e prontamente ad un altro concetto, uno al quale gli investitori di mercato e gli speculatori, hanno contribuito largamente avendo giocato una parte importante nello sviluppo della ricchezza industriale. La nuova ricchezza fu monetaria. Significò, non semplicemente la proprietà dei mezzi di produzione ma denaro, milioni e persino miliardi di dollari in denaro. L’idea di denaro come ricchezza veniva separata dalla produzione che l’aveva creata.
Nell’immaginario popolare l’uomo veramente ricco era sempre meno il produttore e sempre più l’investitore e play boy che non lavorava. A partire dalla II Guerra Mondiale, abbiamo assistito al rapido sviluppo di una mentalità anti-capitalista. Ludwig von Mises ha scritto con speciale efficacia sulle implicazioni di questo fenomeno in La Mentalità Anticapitalistica (1956). Allo stesso tempo, una quantità di persone senza precedenti è diventata “investitore” in Borsa, un gran numero di questi nuovi “investitori” sono ostili al libero mercato e invocano regole per l’industria. Sembrano considerare la Borsa qualcosa come Las Vegas e le slot-machine, o meglio, come le scommesse alle corse dei cavalli. L’idea di denaro si è per molti separata dai mezzi di produzione.
Le conseguenze di ciò sono state di vasta portata. La ricchezza ha assunto il significato di denaro, non terreni o case, e i mezzi di produzione. L’dea di ricchezza è divenuto fortemente liquida, e il nuovo denaro è altrettanto liquido. È denaro a corso forzoso, denaro di carta.
Una società che separa la ricchezza dalla realtà di terreni, case e dei mezzi di produzione da un lato e dal capitale di lavoro e di parsimonia dall’altro, presto avrà un denaro che è gonfiato perché l’idea di ricchezza è gonfiata; non ha sostanza.
Allo stesso tempo, la dottrina della ricchezza virerà da un orientamento alla produzione a quello del consumatore. Le industrie di servizi cominciano ad avere il predominio sulle industrie di produzione. La struttura sociale mette in rilevo la ricchezza mentre ne produce sempre meno.
Allo stesso tempo, avviene un cambiamento nell’uso della ricchezza. Abbiamo già notato il prevalere della mentalità del consumatore in una cultura inflazionistica. C’è, però, sempre un altro utilizzo di ricchezza: per beneficenza. Gli uomini in ogni epoca hanno in gradi diversi condiviso la loro ricchezza con altri; in particolare, questo è stato un aspetto basilare di ogni cultura che in qualche misura sia stata influenzata dal cristianesimo. La filantropia diventa un’importante forza sociale.
Nel Medio Evo, la cura dei poveri, dei malati e degli affamati fu la funzione delle fondazioni cristiane. I monasteri provvidero ad una varietà di bisogni sociali e, qualsiasi altre critiche siano state mosse alla chiesa, una mancanza di beneficienza fu raramente contestata o valida.
Ad ogni modo, la beneficienza, come la ricchezza, può essere definita in vari modi e spesso ha motivazioni radicalmente diverse. Helmut Schoeck, in Envy (1966), ha dimostrato che, in molte culture, l’invidia non è solamente il fondamento della legge, ma anche della beneficienza. Per evitare le forze distruttive dell’invidia, gli uomini che accumulano ricchezze, si svestono di tutto ciò che possiedono. Poiché, come dimostra Schoeck: “L’uomo invidioso è la negazione del fondamento di qualsiasi società” (p.26), la beneficienza in tale società è contro-produttiva e socialmente distruttiva. Prince Kropotkin, in Mutual Aid ha scelto di vedete tale “beneficienza” come l’evidenza di un carattere morale universale nell’uomo, e in questo egli seguì la proposta di Darwin nel suo Descent of Man. Ad ogni modo, come dimostra Schoeck, il desiderio per una società egalitaria proviene dall’invidia e non da qualche nobile motivo e, di conseguenza, la “beneficienza” privata e statalista creata dall’invidia è socialmente rovinosa.
Nel buddismo, la beneficienza è, in larga misura, un disprezzo per la vita. Un racconto molto popolare tra la classe contadina buddista è quello di Re Siva, che diede via i suoi occhi, e di Vessantra che diede via il suo regno, tutti i suoi averi, e persino sua moglie e i suoi figli. Molte della storie classiche della beneficienza buddista hanno un carattere fortemente suicida.
Questa causale suicida è un fatto importante. In qualsiasi momento e in qualsiasi posto l’invidia diventi la forza governante nel dare caritatevole, il suicidio diventa il fattore dominate. Negli Stati Uniti, per esempio, molti eredi di grandi fortune sono così pesantemente influenzati dalle politiche della colpa, della pietà e dell’invidia, che le loro beneficienze hanno un elemento fortemente suicida. Tali persone cercano di assolvere se stesse dalla colpa e di sfuggire all’invidia diventando peroratori di politiche radicali e strumenti di beneficienze volte a placare l’invidia. Tali beneficienze non reprimono l’invidia, anzi, l’alimentano e giustificano.
In questo c’è una correlazione con la beneficienza indù che, come ha dimostrato A.S. Geden, possiede un motivo religioso: “Il desiderio di guadagnare vantaggi personali e premi nella vita futura” (James Hasting: Encyclopedia of Religion and Ethics, III, 338). Tale beneficienza è governata non dalla generosità ma dal desiderio di sfuggire al Karma e al ciclo della reincarnazione. L’obbiettivo della società e della beneficienza non sono pertanto comunità e amore ma la fuga da questo mondo. I ricchi danno per espiare peccati passati e migliorare il proprio karma e le loro future reincarnazioni.
L’obbiettivo di queste varie forme di beneficienza non biblica è pertanto centrato sull’uomo. Col suo dare l’uomo cerca di guadagnare un vantaggio personale: liberazione dalla colpa, approvazione sociale, una mitigazione dei pesi karmici e un miglioramento delle vite future e così via.
In altre parole, molte di queste beneficienze sono orientate al passato e altre sono orientate alla morte. In beneficienze orientate al passato, il donatore cerca di fare espiazione per colpe e peccati passati, suoi o dei suoi genitori. Il mondo presente è essenzialmente un luogo ove si fa espiazione per il passato. L’ereditare ricchezza è visto come un peso che deve essere espiato e giustificato da un corso di donazioni caritatevoli governate dalla colpa. Molta della moderna beneficienza umanista ha tale motivo. Grandi fortune hanno portato a grandi fondazioni la cui funzione è di riabilitare una cattiva coscienza o un “cattivo nome.” Il dare di tali fondazioni si regge perciò essenzialmente su basi false.
Altre beneficienze sono orientate alla morte. C’è un collegamento tra ricchezza a morte; il vecchio detto sentenzia che “non la puoi portare con te,” ma le donazioni orientate alla morte cercano di evadere la forza di quel fatto. Le donazioni orientate alla morte cercano di accumulare punteggio per il dopo-vita, o per il loro effetto sul dopo-vita, o per il loro effetto sul nome e sulla reputazione qui sulla terra. In molti casi, beneficienze e fondazioni sono sia orientate al passato che alla morte.
Ricchezza e beneficienza bibliche hanno per obbiettivo il Regno di Dio e la sua giustizia (Mt. 6:33) Sia l’acquisizione che la dispersione sono governate dalla legge di Dio e la sua giustizia. La loro funzione è di capitalizzare il presente ed il futuro sotto Dio e di far progredire la vita pattizia. Quando un uomo dà per giustificare o espiare le proprie ricchezze, il suo donare è per i propri interessi e controproduttivo. Quando acquisisce ricchezze e le dona nei termini della vocazione del regni di Dio, la sua attività fa avanzare la comunità, e la sua relazione con tutti quelli che sono fuori dal patto è caratterizzata da giustizia e misericordia.
In questa prospettiva, la ricchezza non è vista come potere sugli uomini, né come terreni o case (per quanto desiderabili), neppure come i mezzi di produzione e certamente non come denaro creato dal nulla. Ciò che un uomo possiede è benedizione del Signore, ed è da usarsi nei termini della parola-legge di Dio. Tutto ciò che abbiamo e siamo procede dalla provvidenza di Dio e deve essere usato nei termini della sua vocazione, giustizia e legge. San Paolo definisce la questione in modo chiaro e tagliente: “Che cosa infatti ti rende diverso? Che cosa hai tu che non l’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché ti glori come se non l’avessi ricevuto?” (1 Co. 4:7).
La ricchezza che abbiamo ricevuto da Dio può essere materiale o intellettuale; può essere denaro, terreni, grazie, attitudini e vocazioni. Questa ricchezza può essere accompagnata da denaro o venire senza. In ogni e in tutti i casi, noi tutti abbiamo l’obbligo comune di usarla alla gloria di Dio per i suoi propositi. “La benedizione dell’Eterno arricchisce ed egli non vi aggiunge alcun dolore” (Pr. 10:22). Si noti che non è il denaro o la terra che ci fa ricchi in senso biblico ma “La benedizione dell’Eterno.” Noi non possiamo avere quella benedizione o ricchezza se vediamo solo il denaro come ricchezza, né se siamo consumati dall’invidia. Ciò che abbiamo dobbiamo darlo. Nostro Signore è stato enfatico su questo: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt. 10:8). Sennò siamo in realtà molto poveri, poveri nel nostro stesso essere. Ricco o povero, quale sei tu?
(Novembre 1981)