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La morte di un’epoca

La morte di un’epoca è un affare cruento. Gli uomini, disillusi dalle promesse della loro fede, ma contrari ad arrenderle, colpiscono ogni cosa per rabbia e per frustrazione. Come una nave senza timone, la civiltà perde la sua direzione ed è portata dagli eventi anziché attraversarli. Oggi, negli ultimi giorni dell’umanesimo, mentre gli uomini costantemente distruggono il loro mondo, è importante per noi cristiani capire il significato dei tempi e agire nei termini di quella conoscenza. Gli umanisti, nella loro cecità, celebrano “la morte di Dio” mentre di fatto la morte è quella dell’umanesimo e il loro stesso funerale cui stanno correndo nel loro sbadato percorso.

L’umanesimo sta morendo perché la sua fede è falsa, e le sue promesse sono bancarotta. Esaminiamo insieme quella fede in modo da comprendere più chiaramente il suo fallimento. Prima di tutto, l’umanesimo presuppone una fede nell’uomo, giungendo fino ad insistere nella sua bontà naturale. Quest’affermazione idealistica viene col presupposto che il male non è nell’uomo ma piuttosto nella condizione sociale. Si sostiene, dunque, che cambiando la condizione sociale cambierà anche l’uomo. Ne risulta che la sociologia e la politica umaniste sono rigorosamente volte alla trasformazione dell’ambiente sociale: ogni sforzo viene fatto per provvedere migliori abitazioni, migliore educazione, ogni tipo di controllo ambientalista, ma, in tutto questo, il male dell’uomo sembra solo proliferare.

Come risultato, molti umanisti hanno loro stessi abbandonato la loro fede nell’uomo. Nietzsche, precedendo i più, proclamò il bisogno che il superuomo rimpiazzasse l’uomo, e gli evoluzionisti e i socialisti si sono dedicati a lavorare per la creazione di un uomo nuovo. L’uomo com’è oggi, nei termini di questa speranza, è sacrificabile: è meramente la scimmia che produrrà l’uomo del futuro. Lenin, che sosteneva quest’ideale, poteva quindi trattare con crudele disprezzo le scimmie sotto di lui mentre lavorava per estrarre da esse l’uomo nuovo. In ogni versione, questo credo è uno strappo con la fede umanista nell’uomo.

Un secondo concetto basilare della fede umanista è la sua affermazione che l’uomo è il proprio stesso dio. Come ho già fatto notare in diversi altri miei libri (ad es. “This Indipendent Republic”, p. 142), alla base di ogni sana teologia sta la dottrina dell’unità dell’essere divino. Un dio schizofrenico non è per niente un dio. La razza umana, l’umanità, essendo costituita da dèi, deve essere unificata per evitare una divisione in questa nuova divinità: l’uomo. Ciò significa unità mondiale; significa pace mondiale, poiché l’essere divino non può essere in guerra con se stesso. 

Ironicamente, questo fatto ci ha portati a ciò che è stato definito “guerra perpetua per pace perpetua”. Richiedere l’unità di tutti gli uomini è l’essenza dell’imperialismo totale. Il risultato è guerra totale. Gli amanti della pace sono i guerrafondai più grandi della storia. L’interventismo in tutto il mondo per attuare la pace mondiale ha caratterizzato le politiche dell’Unione Sovietica, degli Stati Uniti, dell’ONU e di altri. Concessi i loro presupposti, tutti sono “sinceri”, ma la sincerità non significa né verità né giustizia.

Oltre a ciò, l’uomo senza Dio, finisce con l’essere uomo senza uomo, incapace e avverso a vivere in pace con chiunque, e incapace di vivere in pace con sé stesso.  L’esistenzialista Sartre ha definito lo stato d’animo moderno con schiettezza: “L’inferno sono gli altri”. Se ogni uomo è il proprio dio, conoscendo o determinando per sé stesso ciò che costituisce il bene e il male, allora ogni uomo è in guerra con qualsiasi limitazione su sé stesso imposta da altri uomini o da uno stato. L’inferno a quel punto sono logicamente “gli altri”, e la fede umanista nell’uomo in quanto il proprio dio diventa il più importante impulso verso il suicidio della storia. La tentazione satanica (Genesi 3:5) diventa in questo modo il consiglio della morte a uomini  e nazioni.

La terza dottrina basilare della religione dell’umanesimo è il credo nell’eguaglianza. L’eguaglianza è un concetto dell’era dell’umanesimo, col suo rispetto per l’autorità della scienza, trasferita dalla sfera della matematica e applicata all’uomo. I risultati sono stati devastanti. Due più due fa quattro è un concetto valido, e una necessaria astrazione. Tali astrazioni sono mezzi importanti. Avendo a che fare con un bancale di legname, tutto selezionato e tagliato della stessa misura, tale astrazione funziona. Ma la ricchezza e la varietà dell’uomo non può essere espressa con astrazioni. Due Africani e due Britannici non sono uguali a quattro Americani, o vice versa. L’astrazione ora diventa un’assurdità. Chi sono questi otto uomini e quali sono i loro talenti? Sono santi di Dio o degli apostati, criminali o buoni cittadini? Uno potrebbe essere un idraulico e l’altro un violinista; l’idraulico potrebbe esserti più importante oggi e il violinista stasera. Ciascuno ha la propria collocazione, la propria funzione, e il termine eguaglianza diventa irrilevante perché impone un giudizio matematico astratto in un’area in cui deve governare una grande varietà di considerazioni.

Ma siamo oggi governati dalla politica dell’eguaglianza. Sfidare questa dottrina è cattiva educazione benché tutti siano tormentati, e la società sia in tumulto, per il tentativo non realistico di forzare un’astrazione dentro ai fatti concreti della vita.

La dottrina viene onorata in principio e negata nella pratica. Il mondo marxista afferma: “Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”, ma questa non è un’eguaglianza di lavoro ma di ricchezza. In pratica, pure questo è abbandonato dai Marxisti in favore di una varietà di compensi e di una società radicalmente ineguale, una società con variazioni di condizione sociale più grandi di quelle che aveva la vecchia Russia. Sia il Socialismo fabiano che quello marxista oggi sono in favore della Meritocrazia, di rigidi esami, del controllo di tutti i lavori da parte dello stato, e che le posizioni  (e il potere)  siano assegnati nei termini di concorsi. In Gran Bretagna, la “Camera dei Lord” è stabilmente riempita di politici Laburisti, che sono stati fatti  Pari, e ci sono indicazioni che il suo potere potrebbe essere fatto rivivere sotto la guida di questa nuova élite. Gli egalitari vanno sempre a finire affermando, come nella Fattoria degli Animali di Orwell, che alcuni animali sono “più uguali” di altri! Che siano i contadini di Russia, o i Neri d’America, la gente più ribelle ed arrabbiata, i membri più disillusi della società egalitaria sono quelli che sono stati “fatti eguali” per un atto dello stato. Sanno di essere stati defraudati, e il loro impulso diventa rivoluzionario.

Il quarto concetto basilare della religione dell’umanesimo è il credo nell’inevitabilità del progresso. Questa è la versione laica della fede nella Provvidenza. L’umanesimo, negando Dio, ha depersonalizzato la storia. Il mondo e i suoi eventi non sono più il piano e l’opera della mani di un Dio personale, sovrano; sono il prodotto di forze sociali anonime, impersonali. Questa forze impersonali, con l’uomo pianificatore che adesso guida la propria evoluzione, dovrebbero assicurare non solo progresso, ma progresso più rapido. Il risultato è, come lo ha definito Heilbroner in “The Future as History”, una “filosofia delle aspettative”. Per mezzo dell’umanesimo, l’umanità dovrebbe adesso essere traslocata rapidamente in un paradiso in terra. Nella prima metà del secolo scorso, gli insegnanti e i professori spesso diventavano addirittura poetici nel dipingere l’epoca d’oro in cui la pianificazione scientifica ci avrebbe introdotti. Oggi, i più intelligenti dei figli dell’umanesimo sono i più in rivolta contro il suo fallimento di consegnarci le sue promesse. Uno studio americano ha dimostrato che:  “Gli studenti universitari più coinvolti nelle proteste erano anche i più intelligenti talché si poteva prevedere la riottosità di un’università controllando la media dei voti dei corsisti del primo anno. Inoltre, gli studenti protestatari hanno dimostrato stabilmente di essere all’interno di ciascun college o università un’élite più privilegiata come retroterra, accademicamente di maggior successo, più socialmente coinvolti dei loro compagni di classe meno attivi. È parzialmente per questa ragione che il movimento studentesco ci preoccupa profondamente . … quelli che verbalizzano la loro disaffezione sono una minoranza, ma se questa minoranza andrà a costituire le guide future della nostra società, questo fatto non minaccia forse la continuità della nostra cultura?” lo fa di sicuro, e la continuità della cultura umanista  viene distrutta dai suoi stessi acidi e disillusi figli. 

La distruzione è anche scritta nella cultura umanista ad ogni inversione di tendenza. A motivo di questo credo nell’inevitabilità del progresso, l’uomo può credere che il progresso verrà inevitabilmente dopo la distruzione. Distruggi il passato, ripulisci il terreno, e il progresso è inevitabile. Questo è basilare alla mentalità rivoluzionaria. Questo scientismo è descritto da Ortega y Gasset in “The Revolt of the Masses”, come una nuova forma di barbarismo. Tale barbaro crede che la civiltà sia lì semplicemente allo stesso modo della crosta terrestre e della foresta primordiale. Ne consegue che questo barbaro distrugge per poter avanzare, perché la distruzione si suppone acceleri il progresso. Più l’umanesimo diventa rivoluzionario, più è suicida.

Quinto, l’istituzione che fa basilarmente da cassaforte all’umanesimo, cioè che ne è la chiesa o il tempio, sono stato e scuola. Entrambi oggi sono moralmente falliti. L’anarchismo implicito in tutto l’umanesimo rende l’uomo ostile allo stato. È sempre un’istituzione che odia, un limitazione alla sua libertà di essere il proprio dio. Qualsiasi forma lo stato prenda non incontra il favore dell’uomo umanista. Molto coerentemente, alcuni capi della sinistra hanno richiesto la rivoluzione perpetua come sola risposta.

Anche la scuola è fallita. Il sogno matematico dell’eguaglianza è particolarmente assurdo quando applicato all’educazione, che è il procedimento di differenziazione, analisi e comprensione, non un massiccio livellamento delle idee e dei fatti. L’educazione è perciò in un crescente caos, e non può migliorare in termini umanistici. Niente è più ridicolo dell’attaccamento alla scuola pubblica da parte della sinistra. Nella sua origine, il movimento a favore della scuola pubblica fu socialista e umanista, e non può essere altrimenti. La scuola pubblica è un’agenzia statale per propositi statali, e la sua basilare premessa è il diritto dello stato di controllare ed educare il bambino. La scuola pubblica è bancarotta e sta morendo.

L’umanesimo sta morendo, se non è già morto. Vivere con un cadavere non è piacevole. Non c’è bisogno di verificare i certificati per dire che un cadavere è tale. La risposta al nostro problema risiede altrove, non nel certificato di morte, ma nella ricostruzione per la vita.

L’umanesimo è morto, ma il Dio trino vive e regna, sovrano su tutto. Deve esserci ricostruzione, pia ricostruzione. Lasciate che i morti seppelliscano i morti. I vivi hanno lavoro da fare. Tutte le cose devono essere fatte nuove; nuove scuole, nuovi ordinamenti sociali, nuove istituzioni, una rinnovata vita familiare, in ogni area di vita deve essere applicato il principio di pia ricostruzione.

La guerra difensiva è uno sbaglio. Lascia l’iniziativa al nemico: quelli che si accontentano di proteggere il passato muoiono con esso. La nostra chiamata è alla guerra d’aggressione per sottomettere la terra ed esercitare su di essa il dominio (Ge. 1:26-28). Questo è ciò che significa essere un uomo creato ad immagine di Dio. Ricorda: il dominio non appartiene ad un topo.

Alcuni anni fa, J. Allen Smith, per nulla un conservatore, scisse quanto segue in “The Growth and Decadence of Constitutional Government” (1939): “Il concetto fondamentale del vecchio ordinamento politico non era il diritto divino dei re, ma la sovranità di Dio. Il supposto diritto divino del governante temporale non era parte essenziale di questa dottrina. La sovranità divina, com’è prospettata nella teoria cristiana del mondo, era semplicemente la concezione di Dio come la scaturigine ultima dell’autorità. Diretti intermediari umani, come papa o re erano lineamenti puramente avventizi di questo credo”. Questo credo nella sovranità di Dio significava anche il regno della legge (‘rule of law’ poveramente tradotto stato di diritto). Come prosegue lo Smith: “Il potere supremo illimitato non aveva posto nel pensiero politico dei primi costituzionalisti. Qualsiasi autorità umana era concepita essere limitata”. La “sovranità ultima di Dio precludeva l’idea che qualsiasi autorità umana potesse essere illimitata”.

Precisamente. E poiché oggi la sovranità di Dio è negata, la sovranità  dell’uomo  e dello stato è affermata. È inutile inveire contro l’andamento presente se ne siamo parte, e a meno che affermiamo la sovranità di Dio in ogni suo aspetto, noi nel concreto stiamo affermando l’uomo e il suo ordinamento umanistico. In altre parole, si è già schierati ed è meglio che lo si sappia. O si sta lavorando  a favore dei “Diritti della Corona di Re Gesù” o per le richieste della corona dell’uomo umanista. Non si può logicamente affermare “lo stato di diritto”, “princìpi morali”, e “virtù vecchio stile” senza affermare la sovranità di Dio. I marxisti hanno ragione nel riconoscere Dio come il nemico ultimo e fondamentale. A meno che tu prenda posizione nei termini della sovranità di Dio quale nostra forza, la nostra prima e ultima linea di difesa, e il terreno di ogni avanzata, fatti da parte e unisciti al nemico: sei un umanista.

Da Roots of Reconstruction, p. 697   2 Aprile, 1970


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