Accreditamento e certificazione
(Un altro articolo contro la laicità. N.d.T.)
La parola “accreditamento” proviene da “credo”, e certificazione proviene da una parola Latina che significa “certo” e significa verificare. Entrambe le parole hanno ineludibilmente una connotazione religiosa. Implicano una verifica, una dichiarazione che una cosa è vera, da parte del signore religioso di coloro i quali richiedono accreditamento e certificazione. Richiedere queste cose allo stato è dichiarare che lo stato è il nostro signore.
È lo stato l’agenzia indicata da Dio per l’accreditamento e la certificazione? C’è una qualche garanzia nelle Scritture che sia possibile contestare il diritto dello stato di accreditare e certificare una chiesa o una Scuola Cristiana? La risposta a questa domanda è sia urgente che importante. Oggi, l’Agenzia delle Entrate, e una varietà di altre agenzie federali e statali, dichiarano precisamente quel diritto. Si sostiene che una chiesa non ha valido statuto come chiesa, ne una Scuola Cristiana alcuna posizione o statuto legale come scuola, fino al momento in cui qualche agenzia statale rende la propria decisione e fornisce il proprio timbro d’approvazione. La stessa cosa è considerata valida per insegnanti della Scuola Cristiana. La nostra risposta è molto importante: o offenderemo e adireremo un potente stato umanistico, o adireremo e offenderemo il sovrano e onnipotente Dio. Si può aggiungere inoltre, che con l’una o l’altra decisione, offenderemo molte persone.
Cosa dicono le Scritture? Quando andiamo alla Bibbia, diventa immediatamente evidente che la pratica attuale rovescia l’ordine di Dio. Nelle Scritture, è il ministero profetico della parola-legge di Dio che accredita o certifica, oppure denuncia e interdice tutti gli ufficiali dello stato, e perfino nazioni intere. La sovrana prerogativa dell’accreditamento e certificazione sia della chiesa che dello stato appartiene al Signore, ed è la vocazione di tutti i fedeli ministri di Dio di applicare a tutti: uomini, istituzioni e nazioni la regola o il canone della parola-legge che accredita e certifica.
Il ministero di tutti i fedeli servitori di Dio in ogni epoca ha avuto questo punto focale. Elia negò la certificazione ad Achab e l’accreditamento ad Israele e al suo popolo nei termini della santa legge di Dio. Atanasio denunciò l’Impero Romano e una chiesa che veniva a compromessi nei termini di quella parola-legge.
L’origine Biblica del ministero cristiano è il Levita. I Leviti erano un ministero d’istruzione (Dt. 33:10), e il pastore cristiano continua la vocazione Levitica, perché l’ordine sacerdotale e il sacrificio sono terminati. I Leviti riscuotevano la decima (Nm. 18: 21-28) della quale un decimo andava ai sacerdoti. Il resto serviva a provvedere l’istruzione, la cura del santuario, la musica, la salute, e, con la seconda decima, la previdenza sociale. I Leviti insegnarono la Legge attraverso tutta la nazione sotto Giosafat (II Cr. 17:7s.), servirono in qualità di giudici (II Cr. 19: 8 s.) e assolvevano altri servizi per la società in generale.
Ma il ministero cristiano ha un’altra scaturigine oltre a quella Levitica: i profeti. Il ruolo ispirato e predittivo del profeta terminò in Cristo; il dovere del profeta di proclamare la parola di Dio alla chiesa, allo stato, e a tutta la vita, rimane. Era il dovere dei profeti di Dio e dei Leviti dichiarare la parola di Dio a tutti gli uomini, rimproverare re e governanti, e “accreditare” o rifiutare di certificare nei termini della parola-legge di Dio le cose di questo mondo, incluso lo stato.
Al governo civile era severamente impedito di invadere la casa di Dio, come testimonia il caso di Uzza (II Cr. 26: 16-23). Era il dovere delle autorità civili proteggere ed edificare la Casa di Dio, ma mai di affermare potere in essa o su di essa. I governanti dunque peroravano riforme, ma la riforma veniva quindi affidata al ministero da Dio scelto.
Così, in ogni area di vita, l’accreditamento e la certificazione provenivano dalla parola di Dio, non dallo stato, dalla chiesa o dall’uomo. La parola-legge, e non la volontà dell’uomo, è la regola. Quando lo stato afferma il diritto di accreditare e di certificare una chiesa o una Scuola Cristiana usurpa la prerogativa di Dio. Diventa l’affermazione di essere dio sulla terra. Quelli che accettano tale accreditamento e certificazione sono come i 400 falsi profeti che servivano Achab (I Re 22: 6-7). Come Giosafat giustamente vide, questi uomini non erano profeti del Signore.
Roma, naturalmente, era pronta ad accreditare tutte le chiese che fossero venute davanti alle autorità e confessassero che “Cesare è il Signore”. La chiesa primitiva rifiutò accreditamento, licenza, permessi e controlli, perché confessava Gesù Cristo, non Cesare, come Signore.
I Puritani, normalmente, avevano sermoni sulle elezioni ogni domenica precedente un’elezione nel governo civile. L’accreditamento era lo scopo di questi sermoni. Poiché nessuna area di vita o della creazione esiste al di fuori della legge del suo Creatore, quella parola doveva essere dichiarata in tutto il suo potere vincolante, ad ogni area. Il sermone sulle elezioni era perciò un sermone di accreditamento: presentava la Parola di Dio nella sua influenza sulle questioni del momento. Certificava ciò che è giusto nei termini della parola di Dio.
C’è quindi una parola-legge nei cui termini tutte le cose sono giudicate, e c’è una sbarra davanti alla quale devono presentarsi tutte le cose. È la legge di Dio, ed è il trono di Dio, e il governo è sulle spalle di nessun altro che il Signore (Isa. 9:6). Per qualsiasi agenzia umana tentare di rimpiazzare la legge di Dio e l’accreditamento di Dio col proprio è peccare, e agire in qualità di dio. Il suo test diventa allora quello di Achab riguardo al profeta Michea: “ Io lo odio perché non profetizza mai nulla di buono nei miei confronti ma soltanto del male” (1 Re 22:8). I servitori della parola di Dio sono sempre odiati dagli umanisti, in ogni epoca.
Ma, in ultima analisi, nel giorno del giudizio, nessun uomo rimane in piedi al di fuori di quella parola e della grazia che essa proclama, e non ha la grazia nessun uomo che neghi la parola-legge del Signore della grazia.
I redenti di Dio sono coloro che, reggendosi nella grazia, credono e obbediscono ogni parola di Dio (Mt. 4:4). Quella parola-legge è nelle loro mani e nei loro cuori. Come dichiara la Scrittura:
DIO mio, io prendo piacere nel fare la tua volontà, e la tua legge è dentro il mio cuore. (Sl. 40:8).
Ma questo è il patto che farò con la casa d’Israele, dopo quei giorni, dice il SIGNORE: io metterò la mia legge nell’intimo loro, la scriverò sul loro cuore, e io sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo. (Gr. 31:33).
E io darò loro un altro cuore e metterò dentro di loro un nuovo spirito toglierò via dalla loro carne il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne (Ez. 11:19).
Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dalla vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. (Ez. 36:26).
Questo dunque sarà il patto che farò con la casa d’Israele dopo quei giorni, dice il Signore, io porrò le mie leggi nella loro mente e le scriverò nei loro cuori; e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. (Eb. 8:10).
Giovanni Calvino, in un passo famoso, dichiarò che “La legge è un magistrato muto, e un magistrato una legge vivente” (Istituzioni IV, XX, 14 ) [consiglio la lettura di tutto il paragrafo 14. N.d.T.] . Ad ogni modo, come rende chiaro la dottrina del sacerdozio di tutti i credenti (Es. 19:6; Isa. 61:6; Riv. 1:8; I Pt. 2:9, ecc.), ogni uomo è chiamato ad essere la legge di Dio vivente. La legge di Dio è la via della santità per il redento; è scritta nelle tavole del loro cuore e governa il loro essere. Solo quando sia così possiamo amare e servire il Signore con tutto il nostro cuore, tutta la nostra anima e tutta la nostra mente, la nostra forze e il nostro essere, e amare il nostro prossimo come noi stessi (Mc. 12:29-31; Mt. 22: 37-40; Dt. 6:5; 10:12; 30:6; Lc. 10:27, ecc.).
Il cristiano è la grazia di Dio manifesta, ed è chiamato ad essere la legge vivente di Dio e di Dio un testimone. Ciò pone sull’uomo pattato una grande responsabilità.
La legge di Dio assegna svariati doveri alle istituzioni. Il governo civile è dunque chiamato ad essere un ministro di giustizia, della giustizia di Dio (Rm. 13:1s.), e la chiesa è chiamata ad essere il ministro della parola, e della grazia e della giustizia di Dio. È un serio errore limitare la dottrina dell’ordinazione e della vocazione alle istituzioni. San Paolo dichiara: “Noi infatti siamo opera sua (di Dio), creati in Cristo Gesú per le buone opere che Dio ha precedentemente preparato, perché le compiamo” (Ef. 2:10). Noi siamo redenti “affinché la giustizia della legge si adempia in noi” (Rm. 8:4).
La legge nei cui termini si muove il redento di Dio è perciò la legge di Dio. Solo questa legge può accreditare e certificare il credente. Lo stato può legalizzare l’aborto, l’omosessualità, la fornicazione ed altro, ma il redento non può partecipare in questi comportamenti ne riconoscere validità alcuna in queste leggi. “Per ragione di coscienza” (Rm. 13:5) il credente, in obbedienza a Dio evita la ribellione, ma per ragione di coscienza obbedisce però a Dio piuttosto che agli uomini (Atti 5:29).
Meno di qualsiasi altra cosa il redento può permettere che l’uomo controlli ciò che appartiene al Signore. La chiesa e la Scuola Cristiana non sono proprietà dello stato, ne sono proprietà della congregazione: sono del Signore e non possono essere arresi a uomo alcuno. Il principio Pagano che lo stato è dio in terra vive un forte ritorno ai nostri tempi. Nell’antica Russia, gli invasori Tartari sostenevano che tutti devono servire lo stato. Più tardi gli Zar sostennero la stessa dottrina. Un confidente di Alessandro I (1801-1825) disse di lui: “In una parola, egli avrebbe volontariamente ammesso che ogni uomo dovrebbe essere libero, a condizione che facesse solamente ciò che desiderava l’Imperatore”. La Russia Comunista ha portato questa dottrina pagana della supremazia dello stato alla sua logica conclusione.
In Occidente, comunque, la stessa dottrina è pure stata prevalente, prima nel diritto divino dei re, ora nella dottrina della volontà generale e della sua incarnazione nello stato. In Inghilterra; Enrico VIII fu parte di un procedimento che si può tracciare all’indietro almeno fino al Sinodo di Whitby del 664. La sua confisca di proprietà della chiesa, e il suo utilizzo di esse, fu un atto di arroganza e di blasfemia. Il passo che precedette questo atto fu una commissione reale che incriminò la chiesa e le negò l’ “accreditamento” quale passo preliminare verso la confisca. Non fu una mossa nuova, ogni tiranno che si sia impossessato anche di una sola chiesa ha prima di tutto reclamato l’autorità di negare a quella chiesa le sue credenziali.
Il moderno attacco alla chiesa e alla Scuola Cristiana usa lo stesso metodo. La Rivoluzione Russa promosse l’idea di corruzione nella chiesa Russa, ma amò e usò i corrotti e quelli che facevano compromessi, e perseguitò i fedeli, come ancora fa.
La situazione non è diversa negli Stati Uniti. L’attacco è contro i fedeli e contro quelli che non fanno compromessi, su quelli che dichiarano inequivocabilmente: “Gesù Cristo è il Signore”, e che non sacrificheranno a Cesare ciò che è del Signore. Il Rev. Levi Whisner, e il Dottor Lester Roloff, ed altri, sono stati pronti ad arrendere la loro libertà, e sono andati in prigione con non poco costo a se stessi, ma hanno rifiutato di arrendere ciò che appartiene a Gesù Cristo ai cesari Americani.
Gli ecclesiastici che fanno compromessi hanno, naturalmente, “buone” ragioni per cui il loro percorso è “il percorso della ragione”. Ma la ragione non è nostro Signore: Gesù Cristo lo è. Quegli ecclesiastici compromessi non possono dire con Paolo “Ora, fratelli, vi certifico che l’evangelo, che è stato da me annunziato, non è secondo l’uomo” (Gal 1:11). La parola che Paolo utilizza è gnorizo, che significa certificare, dichiarare, sapere, conoscere. Paolo dichiarò che era stato fedele, non agli uomini, ma al Signore, e pagò un prezzo per quella fedeltà. Egli comprese che la parola di Dio non può essere compromessa; nessun uomo può reclamare diritti su Dio, o il potere di giudicare e di accreditare il reame di Dio.
Essere una legge vivente significa soprattutto essere governati e vivere, come dichiara nostro Signore: “di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt. 4:4; Dt. 8:3; Lc 4:4). Significa, come Elia, “essere mossi da una grande gelosia per l’Eterno, il Dio degli eserciti” (I Re 19:10), custodire il reame di Dio dalle mani bramose di uomini empi. Significa, come accadde a profeti e discepoli, essere “condotti davanti ai governatori e davanti ai re per causa mia, per dare testimonianza (contro nella K.J.) a loro” (Mt. 10:18). Significa conoscere l’intero consiglio di Dio, la Sua parola-legge, in tutto il nostro essere, vivendola e obbedendola, e portando uomini e nazioni a conformarsi ad essa in Cristo. Noi accreditiamo noi stessi per mezzo della parola sovrana del Signore, e richiediamo che tutte le cose siano accreditate da essa. Significa denunciare gli Achab dei nostri giorni, nella chiesa, nello stato e nella scuola, e dichiarare la signoria di Gesù Cristo su tutte le cose. Significa, in breve, proclamare i diritti regali di Cristo il Re.
(Luglio1979)