Secondo una popolare e pericolosa mezza verità: “non si può imporre la moralità per legge”. Ciò è vero nella misura in cui è riferito al fatto che la legge non può governare il cuore di un uomo, la scaturigine della vera moralità; né può la legge produrre un cambiamento di cuore. La legge non può rigenerare l’uomo, non può far diventare buono un uomo cattivo. Dall’altro lato, si deve legiferare moralità e lo si fa, nel fatto che ogni legge è moralità promulgata o procedurale. Leggi contro l’omicidio, il furto, la falsa testimonianza e altri reati sono leggi morali; esse sono promulgate e sono requisiti di conformità ad una legge morale giuridicamente obbligatori. Questo è vero anche delle leggi sul traffico le quali esigono un rispetto dei diritti degli altri e un riconoscimento che nessun uomo è legge a se stesso. Quindi, come prima importante premessa, possiamo affermare che ogni legge è, o moralità promulgata, oppure è una serie di procedure legali o giuridiche per il mantenimento di quella moralità promulgata. La moralità di qualsiasi cultura può essere facilmente studiata e compresa esaminando le sue leggi. Si può altresì studiare il suo declino morale o trasformazione esaminando l’applicazione di quelle leggi.
Una seconda premessa è che la moralità, e quindi la legge, poggia sulla religione. Oggi c’è chi afferma che non sia una relazione necessaria e che la moralità possa esistere separatamente dalla religione [1]. È significativo, comunque, che tali scrittori di fatto affermano che la moralità può esistere senza Dio piuttosto che senza religione; essi stessi basano la loro moralità non teista su una religione umanistica. Il loro impegno principale è volto a separare la legge e la moralità contemporanea dalla religione cristiana ed annetterla alla religione dell’umanità [2]. Definita molto semplicemente, la moralità si concerne con giusto e ingiusto e l’applicazione di questo criterio a vita e carattere. Ma il nostro concetto di ciò che costituisce giusto e ingiusto si basa su un giudizio religioso o metafisico concernente la realtà ultima. La moralità è ineluttabilmente religiosa nel suo fondamento. Storicamente, come ha notato Sir Patrick Devlin, ciò significa il cristianesimo:
Penso che sia chiaro che il diritto penale come lo conosciamo è basato su principi morali. In un certo numero di crimini la sua funzione è semplicemente di promulgare un principio morale e nient’altro. La legge, sia penale che civile, afferma di essere in grado di parlare in generale di moralità e immoralità. Da dove prende la sua autorità di farlo e come decide i principi morali che promulga? Senza dubbio, è una questione di storia, derivò entrambi dall’insegnamento cristiano. Ma io penso che il logico rigoroso abbia ragione quando dice che la legge non può più appoggiarsi a dottrine nelle quali i cittadini hanno il diritto di non credere. È necessario perciò cercare qualche altra fonte [3].
Per Devlin, sia la legge penale che quella civile si posano sull’ “insegnamento cristiano”. Poiché noi non insegniamo più e non richiediamo quella fede per la cittadinanza, ci stiamo muovendo verso un’altra fonte religiosa per la legge. Quando la fede di un popolo differisce dalle sue leggi, e “riguardo le quali la comunità nel suo complesso non è profondamente pervasa da un senso di peccato; la legge collassa sotto un peso che non è strutturata per portare e può diventare alterata in modo permanente”. In altre parole, non ci si può aspettare che la gente obbedisca una legge i cui fondamenti religiosi non sono stati loro insegnati.
Un uomo che conceda che la moralità sia necessaria alla società deve sostenere l’uso di quegli strumenti senza i quali la moralità non può essere mantenuta. I due strumenti sono quelli dell’insegnamento, che è la dottrina, e dell’applicazione, che è la legge. Se le morali potessero essere insegnate semplicemente sulla base che esse sono necessarie alla società, non ci sarebbe il bisogno sociale di religione, potrebbe essere lasciata come affare puramente personale. Ma la moralità non può essere insegnata in quel modo. La fedeltà neppure s’insegna in quel modo. Nessuna società non ha ancora risolto il problema di come insegnare moralità senza religione. Ecco perché la legge deve basarsi su morali cristiane e al limite delle sue capacità farle applicare, non semplicemente perché sono le morali della maggior parte di noi, né semplicemente perché sono le morali insegnate dalla chiesa che c’è, su questi punti la legge riconosce il diritto di dissentire, ma per la convincente ragione che senza l’aiuto dell’insegnamento cristiano la legge fallirà nel suo scopo [4].
Devlin è corretto nell’osservare che “Nessuna società ha ancora risolto il problema di come insegnare moralità senza religione”. Si potrebbe dire che nessuna società ci ha mai provato. la secolarizzazione della cultura occidentale a partire dalla Rivoluzione Francese è stata in realtà la separazione della cultura occidentale dal cristianesimo in favore dell’umanesimo. Ha costituito la permanente de-costituzione del cristianesimo e la costituzione dell’umanesimo quale legge dello stato.
La terza premessa è una premessa ovvia: il potere e il significato della legge sono derivati da un’autorità ultima, e la fonte della legge di una cultura è il suo dio. Il dio di una cultura può essere localizzato individuando la sua fonte di legge. Se la fonte della legge è la Trinità ontologica della rivelazione cristiana, allora quella Trinità è il Dio di quella cultura. Se la fonte della legge si trova nel popolo, allora la voce del popolo è la voce di Dio (Vox populi, vox dei), e quella voce trova espressione ed incarnazione o in un capo, in un corpo legislativo, o nel Consiglio Superiore della Magistratura, a seconda di ciò che assurgerà al potere. Il punto più alto nei procedimenti di legge è il dio di quel sistema. Se non esiste legge oltre l’uomo, se la legge è interamente creazione dell’uomo, il CSM di quel sistema di legge fatta dall’uomo deve necessariamente assumere le funzioni di un dio, funzioni che le sono imposte dalla fede di quella società. Avendo negato il Dio soprannaturale, la divina società dell’uomo deve esprimere la propria mente riguardo alla vera legge per mezzo di uno strumento, un’assemblea, o una magistratura, e quello strumento è il dio funzionale di quella cultura. Detto con estrema crudezza, l’idea di Dio è ineludibile; separata dal soprannaturale, si attacca ad un aspetto del naturale, e non può essere separata dalla legge a nessun livello. È la fonte della legge e la Suprema Corte della legge. Dove la vostra legge inizia e termina, lì c’è il vostro dio.
Con in mente queste premesse, primo, che ogni legge è moralità messa in atto anche negli aspetti procedurali, secondo, che ogni moralità si fonda su una religione e, terzo, che la fonte della legge di una cultura è il suo dio, esaminiamo ora il rapporto dell’uomo con la legge.
Se l’uomo è la creatura del Dio soprannaturale del cristianesimo, ne consegue che l’uomo è sia sotto Dio che sotto la legge di Dio. È sotto l’obbligo di obbedire Dio obbedendo la legge in ogni sfera di vita nella misura in cui essa è fedele alla legge di Dio: L’uomo è sotto la legge. Ma se la scaturigine ultima della legge risiede nell’umanità, e l’umanità è vista come divina, allora l’uomo non può essere posto sotto la legge perché egli stesso è al di la della legge quale scaturigine della legge. In una umanità depositaria della divinità, l’uomo non può essere sotto la legge, ma può avere due altre possibili relazioni con la legge: l’Uomo può essere al di sopra della legge, o può essere separato dalla legge. L’uomo al di sopra della legge significa, come vedremo, statalismo; l’uomo separato dalla legge significa anarchismo.
Esaminiamo la prima di queste tre classificazioni dell’uomo in relazione alla legge: L’uomo sotto la legge, con Dio quale fonte della legge. La prima conseguenza di questa posizione è che l’ordinamento cristiano significa che l’uomo è posto, insieme a ogni sua istituzione, sotto la legge. Stato, chiesa, famiglia, scuola, associazioni private, attività, agricoltura, scienza, e ogni altra attività umana sono tutte egualmente sottoposte all’assoluta legge di Dio. La sovranità di Dio preclude la sovranità dell’uomo. Né la Chiesa né lo Stato né qualsiasi altra istituzione può, senza allontanarsi dalla fede, reclamare sovranità per se è stessa. Un potere sovrano è al di là della legge ed è la fonte della legge. L’affermazione di sovranità da parte di re ha significato il loro assolutismo, un’affermazione di essere al di sopra della legge. Così, riguardo ad Elisabetta I regina d’Inghilterra, leggiamo:
Fu asserito che la regina ereditò un potere sia di ampliare che di restringere, entrambi; con le sue prerogative poteva mettere in libertà ciò che era represso per statuto o altro, e con le sue prerogative poteva reprimere ciò che altrimenti era in libertà; che la prerogativa reale non poteva essere vagliata, né disputata, né esaminata; e non ammetteva neppure alcuna limitazione: che principi assoluti come i sovrani d’Inghilterra erano una specie di divinità; che era vano cercare di legare le mani della regina con leggi o statuti; perché, per mezzo del suo potere di revoca, ella poteva slegarsi a piacimento, e che perfino se fosse allegata ad uno statuto una clausola che escludesse tale potere, ella poteva prima revocare tale clausola e poi lo statuto [5].
L’argomento per il quale la Regina fu collocata al di sopra e al di la della legge fu che ella era “una specie di divinità”. Questo è basilare alla rivendicazione. I diritti divini della Corona, dopo il 1688, divennero esercizio del Parlamento. In altre nazioni, questo diritto divino è passato in mani diverse. Negli Stati Uniti, sia la Corte Suprema, con le sue decisioni legislative, sia il presidente, con i suoi ordini esecutivi, stanno manifestando lo stesso potere. Ma gli Stati Uniti, nella loro Guerra d’Indipendenza, furono in guerra contro l’idea di sovranità, e, secondo Pollard, “Si ribellarono contro la dottrina della sovranità dello stato …. È questa negazione di ogni sovranità che conferisce alla Rivoluzione Americana il suo profondo e permanente interesse” [6]. Il sistema Americano evitò di porre sovranità su qualsiasi ordinamento umano; il suo principio basilare è la supremazia della legge e persino Corvin ha citato il fatto che la legge costituzionale si posa su una “Legge Più Alta” [7]. La libertà americana si posa su questo diniego di sovranità a qualsiasi ordinamento umano.
Il secondo aspetto dell’uomo sotto la legge è che la relazione dell’uomo alla legge diventa ministeriale, non legislativa, cioè l’uomo non crea la legge, non decreta ciò che sarebbe giusto o ingiusto semplicemente nei termini della sua propria volontà. Invece, l’uomo cerca, nel suo legiferare, di approssimare e amministrare la legge fondamentale, la legge nei termini della legge di Dio, giusto o ingiusto assoluti. Né i desideri della maggioranza né quelli della minoranza sono in se stessi giusti o ingiusti, entrambi sono soggetti al giudizio nei termini dell’assoluta legge di Dio, e la più ampia maggioranza non può validare una legge contraria alla parola di Dio. Tutta la produzione di leggi dell’uomo deve essere in conformità alla più alta legge di Dio, o è falsa.
Un terzo aspetto concerne il concetto di libertà. Per il cristiano la libertà è sotto la legge. Libertà sotto la legge significa che l’uomo trova la propria libertà, non fuori dalla legge, ma sotto la legge, perché la grazia adempie la legge, perfettamente in Gesù Cristo, e progressivamente nei credenti. L’uomo libero è l’uomo osservante della legge, e gli scopi della legge non sono estranei alla libertà dell’uomo ma decisamente a suo favore. Nei versi che furono importanti per i Puritani e fondamentali per la prospettiva Mosaica, leggiamo: “Così l’Eterno ci comandò di mettere in pratica tutti questi statuti, temendo l’Eterno nostro Dio, affinché ne venisse a noi del bene sempre e perché egli ci conservasse in vita, come è oggi” (De. 6:24), e “Seguirai interamente la giustizia, affinché tu viva e possieda il paese che l’Eterno, il tuo Dio, ti da” (De. 16:20). La legge di Dio non è schiavitù per il credente ma è la sua dimensione e basilare per la sua libertà.
Un quarto aspetto dell’uomo sotto la legge è che la legge significa vero ordine in quanto giustizia. La legge è giustizia, ed è ordine, pio ordine, e non può esserci né vero ordine né vera legge senza giustizia, e la giustizia è definita nei termini della Scrittura e della sua rivelazione della legge e della giustezza di Dio. La legge non può essere fatta più che giustizia. Non può essere trasformata in uno strumento di salvezza senza distruggere la giustizia. La salvezza non è per legge ma per grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo.
Un quinto aspetto diventa immediatamente evidente. Poiché l’uomo è sotto la legge, e la legge è incapace di salvezza, cioè la sua funzione non è la salvezza ma la giustizia, il precinto del governo civile è circoscritto alla giustizia, e il concetto di governo diventa più ampio dello stato. Poiché lo stato è limitato alla giustizia, grandi aree di governo sono lasciate fuori dalla giurisdizione dello stato. Il governo basico è l’autogoverno dell’uomo. Altri governi dell’uomo includono la famiglia, la chiesa, la scuola, la sua attività, e molte associazioni private e pure l’opinione pubblica. Governo è un concetto ampio; giustizia è un concetto rigido e ristretto; restringendo la legge alla giustizia, e lo stato all’amministrazione della legge in quanto giustizia, sia la salvezza, che è lasciata a Dio, che vaste aree di auto-governo, che sono lasciate all’uomo, sono tenute fuori dalle mani dello stato. Se lo stato non è circoscritto alla giustizia, reclamerà inesorabilmente di essere il solo governo dell’uomo, una rivendicazione ripetutamente fatta nella storia.
Esaminiamo ora una seconda categoria di rapporto dell’uomo con la legge: l’uomo al di sopra della legge.
La prima implicazione di questa posizione è che l’uomo, in quanto forma di esistenza autonoma e ultima, è egli stesso la fonte della legge, vox populi vox dei. Lo stato è dio in terra nei termini del quale l’uomo, quale fonte della legge, esprime se stesso. Lo stato è l’espressione divina della legge dell’uomo. L’uomo trova se stesso nello stato e per mezzo dello stato. Lo statalismo è la conseguenza di questa posizione, e la vera vita dell’uomo è vista nei termini dello stato. L’uomo è semplicemente un animale politico.
Secondo, la legge è creazione dell’uomo, e nessuna legge di Dio o legge o costituzione del passato può legare o limitare l’uomo oggi. L’uomo in ogni epoca deve muoversi nei termini dei suoi bisogni presenti, non di leggi passate, e né il passato né il futuro possono vincolarlo. Solo la legge del suo proprio essere, come viene espressa dallo stato e dalla sua volontà, la volontà generale dei cittadini o come maggioranza o nel “consenso democratico” di una minoranza elitaria, ha per lui qualche significato. Per questa posizione, la legge deve necessariamente mutare. L’idea di una legge fissa è una contraddizione, perché l’uomo non è un essere statico ma un essere eternamente in evoluzione. Poiché l’uomo è la fonte della legge, ogni legge deve essere pragmatica; deve servire lui, o altrimenti non è valida.
Terzo, se l’uomo è visto come sopra la legge, e la legge dell’uomo è espressa nello stato, allora la vera libertà dell’uomo è la legge dello stato. Dall’antico Egitto e la Mesopotamia agli odierni stati sociali e imperi socialisti, troviamo questa credenza comune, che l’uomo è libero solo sotto lo stato totale. Stalin affermò ripetutamente la libertà dei lavoratori sovietici precisamente in e sotto la dittatura del Partito Comunista e della sua élite di comando. Aristotele definì l’uomo come essenzialmente un animale politico che derivava il proprio significato e la propria libertà dallo stato, e Platone sostenne che lo stesso diritto di nascere era soggetto all’approvazione dello stato.
Quarto, se la libertà dell’uomo è nella legge dello stato, ciò implica pure che legge significa salvezza. L’uomo trova la salvezza per mezzo di programmi politici, per mezzo della legislazione, talché la salvezza è un’emanazione dello stato. Lo stato non si circoscrive alla giustizia, perché ogni area di vita è suo appropriato dominio. In qualità di ordine di salvezza, lo stato si concerne della sicurezza dalla culla alla tomba perché, in quanto espressione della divinità dell’uomo, deve assumere il ruolo di dio nella vita dell’uomo. Diventa il salvatore dell’uomo.
Quinto, ne consegue che governo significa lo stato. L’espressione collettiva della divinità dell’uomo assume tutte le funzioni governative dell’uomo. Nessun area di governo rimane al di fuori dello stato. Lo stato totale assume il controllo dell’uomo.
La terza possibile relazione dell’uomo alla legge è l’uomo separatamente dalla legge e senza legge.
Nell’analizzare questa posizione, è evidente, primo, che questa posizione è anarchismo filosofico. L’uomo non riconosce legge eccetto se stesso. Non esiste alcuna verità al di fuori dell’uomo da essere una legge sull’uomo, e perciò non ci può essere alcuna legittima autorità sull’uomo. La sola verità o realtà per l’uomo è il suo proprio essere e volontà, e l’uomo non riconosce “Né Dio né padrone”. Come uno di tali credenti ha scritto:
Tutte le verità sotto di me sono di mio gradimento, una verità sopra di me, una verità per la quale avrei l’obbligo di governare me stesso, io non la conosco. Per me non c’è verità, perché nulla è più di ciò che io sono! [8].
Questo sostenitore dell’anarchismo filosofico protestò contro la moralità e la legge quali resti del cristianesimo dai quali l’uomo si deve liberare:
Si noti come agisce un “uomo morale”, il quale oggigiorno spesso pensa di non aver più nulla a che fare con Dio e scarta il cristianesimo come cosa del passato. Se si chiede ad un uomo se abbia mai dubitato che l’accoppiamento tra fratello e sorella sia incesto, che la monogamia sia il modo d’esistere del matrimonio, che la pietà filiale sia un sacro dovere, ecc., a quel punto sarà sopraffatto da un brivido morale al concetto che si possa toccare la propria sorella anche come moglie, ecc. E donde proviene questo brivido? Perché egli crede in questi comandamenti morali. Questa fede morale è profondamente radicata nel suo petto. Per quanto s’infuri contro il cristiano pio, egli stesso è nondimeno rimasto completamente un cristiano, vale a dire moralmente un cristiano. Nella forma della moralità il cristianesimo lo tiene ancora prigioniero, e un prigioniero sotto la fede. La monogamia dev’essere qualcosa di sacro, e colui che viva da bigamo dev’essere punito come criminale; chi commette incesto dev’essere punito come criminale. Quelli che stanno sempre a gridare che la religione non deve essere tenuta in considerazione dallo Stato, e che il Giudeo deve essere un cittadino eguale al Cristiano, si mostrano d’accordo con questo, Non è questo dell’incesto e della monogamia un dogma di fede? [9].
Nulla è vero e nulla è falso, nulla è buono e nulla è malvagio in se stesso; la sola legge e moralità è che l’uomo realizzi se stesso, che l’uomo faccia come gli piace. L’uomo è il proprio dio, e nessun corpo collettivo può rappresentarlo o esercitare per lui la sua divinità.
Secondo, un tale credente sostiene di avere la responsabilità di liberare se stesso spezzando le catene della legge, di modo che trasgredire la legge diventa un atto di libertà. Egli non è un peccatore sotto la legge, ma un fuorilegge contro ogni legge. Egli si sente in dovere di affermare la sua libertà dalla legge facendo la guerra contro l’idea stessa di legge. Egli sfida le leggi contro la pornografia, immoralità, e oscenità, le leggi contro la diffamazione, contro la sovversione, le leggi contro l’uso di narcotici, e in ogni area afferma il diritto dell’uomo di essere libero dalla legge. Il suo calcolato proposito e missione è distruggere la legge nel nome dei diritti umani, e la sua premessa è che i diritti umani non possono in alcun modo essere soggetti a legge alcuna, e questo significa qualsiasi legge, di Dio o dell’uomo.
Una terza implicazione è ora chiaramente evidente: per l’anarchico, libertà significa libertà dalla legge, antinomismo. Il cristiano trova libertà sotto la legge per grazia; lo statalista trova libertà nelle leggi dello stato; l’anarchico trova libertà solo sfuggendo alla legge e trasgredendo e distruggendo sistematicamente ogni legge.
Quarto, per l’anarchico, l’antinomismo è salvezza, l’uomo è salvato nell’essere senza legge. Ciò significa libertà da qualsiasi tipo di legge o di norma, incluse le norme di pulizia. Così, Arthur Rimbaud, che praticava baccanali e omosessualità per distruggere ogni sentimento di legge, scrisse di sé che quando barcollando si gettava nel letto ubriaco, in un occasione si defecò addosso lordandosi tutto, e ciò non gli arrecò alcun fastidio. Per lui era stata una vittoria. Secondo Starkie: “La sua vita di bagordi fu per lui un lungo martirio, ma un martirio che gli dava tutte le gioie estatiche di un martirio religioso e, per raggiungere tale sublime condizione egli era disposto a sacrificare dignità, salute e pulizia” [10]. Il fondamento della posizione di Rimbaud è riassunta da Starkie: “Tutto è buono se distrugge il controllo della ragione: tutto è prezioso quando ha successo nel liberare le facoltà dalle loro normali inibizioni” [11].
Quinto, per l’anarchico governo significa l’uomo da solo. Stirner ridicolizzava le idee dei “liberali” del suo tempo, indicando che la loro libertà significava statalismo, e le loro rivoluzioni, come nella Rivoluzione Francese, significavano maggiore schiavitù per l’uomo:
Il monarca nella persona del “regale padrone” è stato un misero monarca paragonato a questa nuova monarchia: la “nazione sovrana”. Questa monarchia era mille volte più severa, più assoluta, e più costante. Contro il nuovo monarca non c’era più nessun diritto, nessun privilegio; come sembra limitato al paragone il “re assoluto” dell’ancient regime! La Rivoluzione produsse la trasformazione della monarchia limitata in monarchia assoluta. da questo momento in poi ogni diritto che non sia conferito da questo monarca è una “ipotesi”; ma ogni prerogativa che conferisce è un “diritto”. I tempi richiesero regalità assoluta, monarchia assoluta; perciò cadde la cosiddetta regalità assoluta che così poco aveva capito come diventare assoluta che era rimasta limitata da tanti piccoli nobili [12].
In essenza, liberalismo significava statalismo. “Libertà politica significa che la polis, lo Stato, è libero; libertà religiosa che la religione è libera” [13]. “Non significa la mia libertà, ma la libertà di un potere che mi governa e mi soggioga; significa che uno dei miei despoti, come Stato, religione, coscienza, è libero” [14]. “Ogni Stato è un dispotismo”, e questo legame può essere spezzato “ Solo non riconoscendo alcun dovere, cioè, non vincolando me stesso ne lasciandomi vincolare. Se non ho alcun dovere, allora neppure conosco alcuna legge” [15]. la storia del mondo non è di alcun interesse per l’uomo libero: “Solo la sua storia ha valore, perché egli vuole sviluppare solo se stesso, non l’idea di umanità, non il piano di Dio, non i propositi della Provvidenza, non la libertà e cose del genere”. L’uomo è il proprio e unico assoluto.
Dicono di Dio: “Nomi non ti possono descrivere”. Vale per me: nessun concetto mi esprime, nulla che sia designato come mia essenza mi esaurisce; sono solo nomi. Allo stesso modo dicono di Dio che è perfetto e che non ha una chiamata a ricercare la perfezione. Anche questo vale solo per me. Sono il possessore del mio potere, e lo sono quando mi conosco come unico. Nell’uno unico il possessore ritorna egli stesso dentro al suo nulla creativo, dal quale è nato. Qualsiasi essenza più alta al di sopra di me, che sia Dio, che sia l’uomo, indebolisce il sentimento della mia unicità, e sbiadisce solo davanti al sole di questa consapevolezza. Se mi concerno con me stesso, l’uno unico, allora il mio concernere si posa sul suo transitorio, mortale, creatore che si consuma, e posso dire: Tutte le cose sono nulla per me. (Ich hab’ Mein Sach’ aug Nichts gestellt.)[16].
L’anarchico s’oppone in questo modo ai limitati poteri del governo civile cristiano, e agli illimitati poteri dello statalismo liberale o socialista, in favore del potere illimitato dell’individuo. Nei termini della politica pratica, comunque, lo statalista e l’anarchico sono d’accordo nelle loro ostilità al cristianesimo ortodosso e nel loro calcolato assalto a legge ed ordine cristiani.
Dovrebbe essere ora evidente che il concetto dell’uomo del suo rapporto con la legge è una cornice operativa che governa ogni sua attitudine e colora ogni sua azione. Lo statalista e l’anarchico avranno un tipo d’approccio alla Bibbia per cui leggeranno le sue dichiarazioni nei termini delle loro proprie presupposizioni piuttosto che con le presupposizioni della Bibbia stessa. Per citare in caso specifico, Gesù disse: “Tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro, perché questa è la legge ed i profeti” (Mt. 7:12). Questa “Regola d’Oro” è dichiarata anche in un’altra forma come amore per il prossimo e per i nemici: “Amerai il prossimo tuo come te stesso: io sono il Signore” è definito da Mosè includere anche i propri nemici (Le. 19:18, 33-37). Questo comandamento, ribadito in Matteo 19: 19; 22: 37-40; Romani 13: 8-10; 15: 2; Galati 5: 14; 6: 10; ecc., è un sommario della seconda tavola della legge. Perciò, per il cristiano, questa è la vera Carta delle libertà personali e civili. Amare il prossimo o il nemico significa garantirgli quelle immunità di vita che Dio ha ordinato per tutti, di vita, di santità della casa, della proprietà e della reputazione, in parole, pensieri ed opere. Per lo statalista la stessa dichiarazione significa socialismo: amare significa condividere, ed obbedire la Regola d’Oro completamente significa comunismo. Gli anarchici svariano nelle loro interpretazioni tra il comunismo volontario alla totale quiescenza di tutte le interferenze, lasciando libero ogni uomo solamente di permettere che ciascuno sia legge a se stesso. In ciascun caso, la prospettiva determina il significato. La Regola d’Oro, per esempio, compare in molte culture e religioni, ma in ciascun caso il suo significato è determinato e condizionato dalla sua cornice operativa. Assumere che la stessa affermazione abbia lo stesso significato per tutti gli uomini è aprirsi ad un facile sovvertimento.
Applichiamo di nuovo le prospettive di questi approcci alla legge a Matteo 5, alle Beatitudini e ai supposti passi di “non resistenza”. Per il cristiano essere il povero beato significa essere conscio del proprio bisogno spirituale e trovare il suo compimento in Cristo e nella sua parola. Il cristiano è morto alla legge quale atto d’accusa, quale sentenza di morte, ma vivo ad essa quale sua nuova natura, scritta nelle tavole del suo cuore (Ger. 31: 31-33; Ez. 11: 19, 20 ecc.). Perciò egli vive sotto la legge per fede e, in Cristo, la legge è la sua nuova natura. Il suo obbiettivo sociale è un ordinamento pio, giustizia, non perfezione. Egli si sottomette al male quando ne è costretto, e restituisce bene per male (Mt. 5: 39-42). Per lui, la legge di Dio sarà in vigore finché lo saranno cielo e terra (Mt. 5. 17-19). La perfezione di cui parla il Sermone sul Monte (Mt. 5:48) è nei termini della giustizia di Dio, la quale per l’uomo significa il compimento della legge in parole, pensieri ed opere, talché assassinio, furto e adulterio ed altri peccati sono commessi anche se sono solo nella forma d’intenzioni o concupiscenze (Mt. 5. 21-45). La libertà è sotto la legge; la perfezione mai separatamente dalla legge: “L’amore è il compimento della legge” (Ro. 13:10), e un giusto ordinamento è sempre l’obbiettivo sociale dell’uomo, proprio come la fede è il requisito personale.
Per lo statalista, liberale o socialista che sia, lo stato è la vera agenzia dell’amore, e la perfezione per l’uomo e per la società arrivano attraverso l’amore statale, ad esempio, legislazione statale che richieda condivisione obbligatoria, integrazione, associazione ed unità. L’amore è legge più alta della giustizia, e lo stato opera in qualità di agenzia sociale dell’amore. La perfezione è ottenuta per mezzo della legislazione statale. La giustizia deve arrendersi alle “più alte rivendicazioni” dell’amore, perché la giustizia si fonda su diritti individuali, mentre l’amore rappresenta quelli sociali. Perciò, l’amore verso tutte le persone è richiesto in quanto fede personale e statalista. Gesù Cristo come salvatore e oggetto della fede è rimpiazzato da questo concetto dell’amore quale salvatore e salvezza.
Anche per l’anarchico l’amore è una via più alta, ma vero amore significa amore assolutamente libero, dunque l’anarchia deve essere introdotta per liberare l’amore dalla legge, e la perfezione è ottenuta per mezzo del libero amore. Ad ogni modo, l’amore non può essere fatto diventare legge per l’esistenza dell’uomo, perché l’uomo anarchico non può essere posto sotto alcuna legge, neppure sotto l’amore come legge. Perciò, non c’è alcuna necessità d’amare, e l’amore, insieme alla giustizia, deve essere considerato come un legame che deve essere spezzato. La perfezione in questo modo è essere se stessi ed avere fede in se stessi. L’amore libero è perciò semplicemente il primo passo verso la libertà, il passo successivo può essere libero odio. Il passo basilare è la totale libertà dell’uomo da qualsiasi richiesta, la sua affermazione di anarchia e autonomia totale.
La nostra crisi è oggi accentuata e aggravata dal fatto che lo statalista e l’anarchico sono pienamente consapevoli del fondamento del loro concetto di legge, ma l’occidentale medio, il prodotto di duemila anni di cristianesimo, si aggrappa vagamente alla legge e ordine che la cultura cristiana ha prodotto e brama un ritorno alla sua sicurezza e certezza, ma è privo della fede e della teologia che sole possono sostenere quell’ordine. Come risultato, benché quest’uomo culturalmente cristiano sia generalmente in grande maggioranza, è facilmente manipolato e controllato dalle minoranze articolate ed epistemologicamente auto-consapevoli. A meno che la relazione della legge al cristianesimo non sia ristabilita, non c’è futuro se non uno di distruzione per la cultura occidentale.
I. La legge è moralità promulgata o procedurale di quella moralità.
II. La moralità, e quindi la legge, è posata sulla religione.
II. La fonte di legge di una cultura è il suo dio.
L’uomo Sotto la Legge |
L’Uomo al di Sopra della Legge |
L’uomo Senza Legge |
1. Dio è la fonte della legge. L’uomo e tutte le sue istituzioni sono sotto la legge. |
1. L’uomo nello stato è la fonte della legge. Lo stato è l’espressione divina della legge dell’uomo. |
1.Anarchismo. L’uomo non riconosce alcuna legge fuori da se stesso. L’uomo è il suo proprio dio. |
2. La legge è ministeriale, non legislativa. |
2. La legge è creazione dell’uomo. Le costituzioni non possono legare l’uomo. |
2. La responsabilità dell’uomo è di spezzare tutte le catene della legge. |
3. La libertà è sotto la legge. La grazia adempie la legge. |
3. Libertà significa legge statale. |
3. Libertà significa niente legge. Antinomismo. |
4. Lo scopo della legge è la giustizia. |
4. Lo scopo della legge è la salvezza. Lo stato è il salvatore dell’uomo. |
4. Vivere senza legge significa salvezza. |
5. Lo stato è ristretto alla giustizia, e il governo è più dello stato. |
5. Il governo corrisponde allo stato. |
5. Il governo corrisponde all’uomo solamente. |
Rispetto delle immunità altrui date da Dio: vita, famiglia, proprietà. |
Vero amore è condivisione totale o socialismo, comunismo. |
La vera via può essere o 1. condivisione totale, o 2. “libertà” totale. |
Giustificazione per fede. |
Giustificazione per amore, l’amore è visto come condivisione totale. |
Giustificazione per egoismo totale ed anarchia. |
Libertà è sotto la legge. La fede perciò è conformarsi alla legge. |
L’amore è la via più alta, l’amore inteso come condivisione dettata dallo stato. |
L’amore, inteso come libero amore, è la via più alta. |
La perfezione non è separatamente dalla legge. |
La perfezione è per mezzo della legislazione statale. |
La perfezione è essere se stessi, fare come piace a se. |
L’amore strutturato dalla legge deve essere esibito dall’individuo. |
Lo stato è l’agenzia dell’amore. |
L’individuo è l’agenzia dell’amore libero o anarchico. |
La legge è compiuta dall’amore, un amore che esprime giustizia. |
La legge è compiuta dall’amore socialista. La giustizia è troppo individualistica. |
Non c’è necessità per amore o giustizia. L’uomo è libero da tutte le cose. |
La giustizia è l’obbiettivo sociale. |
La giustizia si arrende all’amore. |
Giustizia e amore si arrendono all’ego indipendente. |
La fede è il requisito personale. |
L’amore, l’amore socialista, è la vera fede. |
L’anarchismo, l’egoismo, è la vera fede. |
Note:
1 Si veda Henry H. Hazlitt: The Foundations of Morality. Princeton: Van Nostrand, 1964
2 Si veda Rushdoony: The Nature of The American System su “The Religion of Humanity”.
3 Sir Patrick Devlin: The Enforcement of Morals, p. 9 London: Oxford University Press, 1959.
4 Ibid., p. 25.
5 David Hume: The History of England, from the Invasion Of Julius Caesar to the Abdication of James the Second, 1688, vol. IV, p. 336s. New York: Harper, 1852
6 A. F. Pollard: factors in American History, p. 336s. New York: Macmillan, 1925
7 Edward S. Corvin: The “Higher Law” Background of Amaerican Constitutional Law. (1928).
Itahca: Cornell, 1955
8 Max Stirner: The Ego and His Own, p. 374. Tradotto da Steven T. Byington. New York: The Modern Library, Max Stirner, il cui vero nome era Kaspar Schmidt , visse dl 1806 al 1856.
9 Ibid., p.47s.
10 Enid Starkie: Arthur Rimbaud, p. 158. New York: New Directions, 1961.
11 Ibid.,p. 122s.
12 Stirner, op. cit., p.107. 13 Ibid., p. 112s.
14 Ibid., p. 113.
15 Ibid., p. 204s.
16 Ibid., p. 386s.