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CIÒ CHE LA LEGGE PUÒ E DOVREBBE FARE
“Dentro la vita del credente la legge riceve ciò che le è dovuto; infatti, è stabilita per fede.”
Il nostro studio di ciò che la legge non può fare ha trovato che la legge (1) non può contribuire alcunché alla giustificazione dell’uomo, (2) non può togliere la schiavitù al peccato e abilitare all’ubbidienza, e (3) non può effettivamente compiere la piena salvezza preannunziata con le ombre dei riti cerimoniali. Uno studio scrupoloso della letteratura del Nuovo Testamento dimostrerà che le sue osservazioni dispregiative o negative concernenti la legge di Dio saranno tutte associate con un’attenzione verso le tre incapacità della legge summenzionate. Mancando di vedere ciò che la legge non può fare e non fu mai intesa per fare, gli uomini hanno cercato d’usare le opere della legge per giustificazione personale, hanno invano cercato d’ubbidire i precetti della legge senza che la grazia di Dio li abilitasse, ed hanno continuato sotto le ombre scadute dei riti mosaici dopo l’avvento del Salvatore. È a questi illegittimi usi della legge che il Nuovo Testamento parla con decisa antipatia.
Eppure nessuno dei ben noti passi del Nuovo Testamento che parlano contro l’abuso della legge procedono a rilasciare il credente dall’obbligo morale del modello di giusto vivere rivelato nella legge. Lo standard della legge rimane valido, mostrandoci ciò ch’è buono agli occhi di Dio. La valutazione di Paolo si è rivelata molto utile nel risolvere l’apparente conflitto riguardo alla posizione della legge nelle pagine del Nuovo Testamento. Paolo ha spiegato: “Noi sappiamo che la legge è buona, se uno la usa legittimamente” (1°Ti. 1:8). Quali sono gli usi legittimi della legge?
Usi appropriati della legge
Prima che Adamo cadesse nel peccato, l’ubbidienza alla legge gli avrebbe portato vita e prosperità. A partire dalla Caduta, però, la legge divenne per i peccatori una via di condanna e di morte; la legge non riesce a produrre ubbidienza nel peccatore e non può essere usata come modo per essere giustificati: Le ombre cerimoniali del Vecchio Testamento — il vangelo in figure — diedero la promessa che per grazia Dio stesso avrebbe compiuto la completa salvezza per il suo popolo, che li avrebbe giustificati dal peccato e spezzato il potere della ribellione nella loro vita. La giustizia di Dio è efficace in quelli che nella loro vita personale hanno sperimentato una transizione dall’ira alla grazia talché una grata ubbidienza alla buona legge di Dio diventa un corso di vita e prosperità. La legge di Dio non è più ignorata. Non è più rimpiazzata coi comandamenti e la saggezza degli uomini. Non è più abusata con propositi di auto-giustificazione. Dentro la vita del credente la legge riceve ciò che le è dovuto; infatti, è stabilita per fede (Ro. 3:31). Da essa possiamo essere benedetti.
Secondo la Scrittura la legge ha molte funzioni legittime. Possiamo cercare di riassumerle nel seguente elenco.
(1) La legge dichiara il carattere di Dio e quindi rivela la sua gloria. Lo stile di vita e le attitudini che Dio richiede dal suo popolo ci dicono, naturalmente, che tipo di Dio Egli sia. Se desiderate vedere il contrasto tra le divinità pagane e il Dio vivente e vero della bibbia, basta che osserviate la differenza tra le cose che comandano. Giusto per fare anche un solo esempio, Moloch richiedeva il sacrificio di bambini mentre Jehovah comandò la cura e la dedizione alla crescita dei bambini. Il Salmo 119 applica estensivamente gli attributi di Dio (perfezione, purezza, giustizia, verità) ai precetti di Dio. Attraverso tutta la legge Dio rinforza l’autorità dei suoi comandamenti facendoli seguire dalla dichiarazione: “Io sono l’Eterno”.
Nel mostrarci le vere e radicali richieste dei requisiti della legge (Mt. 5:21-47), Cristo ci stava mostrando la perfezione di Dio che è desiderata in noi (v.48). John Newton scrisse:
Quando usiamo la legge di Dio come uno specchio per ammirare la gloria di Dio, noi la usiamo legittimamente. La sua gloria è rivelata in modo eminente in Cristo; ma molta di essa con un riferimento speciale alla legge, e non si può discernere diversamente. Vediamo la perfezione e l’eccellenza della legge nella sua vita. Dio fu glorificato dalla sua obbedienza come uomo. Che carattere perfetto esibì! Eppure non è altro che una trascrizione della legge [1].
(2) La legge esibisce la richiesta di Dio sulla nostra vita di uomini. Rivelando il carattere di Dio, la legge esprime in modo assai naturale ciò che è richiesto dagli uomini se vorranno imitare il loro Creatore. I comandamenti della legge mostrano come dobbiamo essere simili a Dio proponendo la volontà di Dio per noi. Prima di dare il sommario della legge nel Decalogo, Dio parlò ad Israele con queste parole: “Or dunque, se darete attentamente ascolto alla mia voce e osserverete il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare, poiché tutta la terra è mia. E sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. Queste sono le parole che dirai ai figli d’Israele” (Es. 19:5-6). L’ubbidienza alla legge è ubbidienza alla voce del Re, il Signore del patto, e in quanto tale ci mostra cosa significhi essere suoi soggetti e servitori. Per noi, pregare: “Venga il tuo regno” è altrettanto che pregare: “Sia fatta la tua volontà in terra” (Mt. 6:10). E la volontà di Dio è comunicata mediante i suoi comandamenti che ci dicono cosa significhi la sua santità a livello della creatura (Le. 20:7-8).
(3) La legge pronuncia benedizioni sull’obbedienza ai suoi requisiti. I comandamenti di Dio furono stabiliti per il nostro bene (De. 10:13), e ubbidirli è il puro diletto dell’uomo giusto (Sl. 1:1-2). Tale obbedienza porta prosperità (Sl. 1:3-4) e successo (Gs. 1:7-8). La benignità dell’Eterno è su coloro i quali osservano i suoi comandamenti per metterli in pratica (Sl. 103:17-18), il quale benedice loro e la loro cultura (cf. De. 7, 11, 28, 30). Infatti, Paolo insegnò che “L’esercizio della pietà è utile ad ogni cosa, avendo la promessa della vita presente e di quella futura” (1° Ti. 4:8). La ricerca della giustizia del regno prima di ogni cosa sarà premiata con la sopraggiunta di tutte le cose di cui si ha bisogno (Mt. 6:33). La legge assicura che quando gli uomini sono giusti e retti godono la vita e la benedizione costituite dall’imitazione di Dio. In questo modo il comandamento è in funzione della vita (Ro. 7:10), e l’uomo che pratica le cose della legge gode la vita all’interno della loro sfera (Ga. 3:12).
(4) La legge provvede una definizione del peccato. Mostrandoci come Dio è, e ciò che richiede, la legge parimenti fornisce uno standard del peccato. Il peccato è violazione della legge (1° Gv. 3:4). Nel delineare la rettitudine che piace a Dio, la legge fornisce simultaneamente la norma dell’ostinatezza e della ribellione contro Dio. Dove non c’è legge non c’è trasgressione (Ro. 4:15; 5:13). Mediante la legge gli uomini giungono a conoscere cosa costituisca peccato (Ro. 3:20; 7:7).
(5) La legge mette e nudo le infrazioni e convince di peccato. La legge è più che semplicemente un codice oggettivo di giusto e sbagliato mediante il quale uno, se interessato, può giudicare il proprio assolvimento. La legge, essendo spirituale (Ro. 7:14), è parte di quella parola di Dio che è vivente ed efficace — più affilata di qualsiasi lama a due tagli, talché penetra in profondità nei recessi del cuore umano e porta alla luce il suo carattere più tenebroso. La legge giudica i pensieri e le intenzioni del cuore (Eb. 4:12) e produce un convincimento della nostra peccaminosità (per es. Ro. 7:9-13).
(6) Inoltre, la legge opera per incitare la ribellione nell’uomo peccatore. Non solo dobbiamo riconoscere che la legge non può renderci capaci d’ubbidire i suoi requisiti, ma dobbiamo anche vedere che la legge opera effettivamente nella direzione opposta — incitando nel ribelle espressioni di disubbidienza sempre maggiori. Poiché la mente controllata dalla carne (la natura di peccato) è incapace di sottomettersi alla legge di Dio (Ro. 8:7), la legge di Dio serve a confermare la schiavitù al peccato in una persona provocando l’intensificazione della ribellione. Perciò Paolo può vedere nella legge la vera forza del peccato (1° Co. 15:56). Per comprendere questa cosa basta riflettere sul triste fatto che il modo migliore per il proprietario di una vetrata di farsela rompere è collocare un cartello che proibisca di prenderla a sassate. La proibizione stessa incita alla trasgressione. Mediante i comandamenti, quindi, la natura di peccato dell’uomo diventa “estremamente peccaminosa” (Ro. 7:13), producendo in noi ogni concupiscenza (Ro. 7:8), facendo abbondare le trasgressioni (Ro. 5:20).
(7) Di conseguenza, la legge condanna tutte le trasgressioni come meritevoli dell’ira e della maledizione di Dio. L’affermazione di Galati 3:10 è brutale e terrificante: “…Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per praticarle” (cf. De. 27:26). Giacomo intensifica la minaccia dicendo: “Chiunque infatti osserva tutta la legge, ma viene meno in un sol punto, è colpevole su tutti i punti” (2:10). Ogni infrazione della legge porta ira sul peccatore. Tutti gli uomini verranno giudicati per la propria empietà (Gd. 15), giudicati secondo le loro azioni sia in bene che in male (2° Co. 5:10), e se trovati colpevoli saranno gettati nella perdizione eterna della morte seconda (Ap. 20: 12-15). Il salario del peccato sarà la morte (Ro. 6:23). Pertanto, la legge produce ira (Ro. 4:15) su quelli che per la loro natura di peccato, sono figli d’ira (Ef. 2:3).
(8) La legge ci conduce a Cristo per essere salvati. Fin qui abbiamo notato l’assoluta, immutabile richiesta della legge che riflette la santità di Dio e che pertanto espone la malvagità dell’uomo in evidente contrasto. A coloro i quali avessero sperato nella propria giustizia per essere accettati davanti a Dio è mostrata la futilità di questa speranza guardando l’eccelso standard della legge. La legge parla, e questo chiude ogni bocca portando tutto il mondo sotto il giudizio di Dio (Ro. 3:19). I peccatori senza Cristo non hanno speranza in questo mondo (Ef. 2:12). Il solo ricorso del peccatore deve essere alla gratuita misericordia della promessa di Dio. Illuminato per quanto concerne la propria colpa, il peccatore esclama insieme a Paolo: “O miserabile uomo che sono! Chi mi libererà da questo corpo di morte?” (Ro. 7:24). La risposta di grazia di Dio è Gesù Cristo (3:25) che manifesta una giustizia di Dio separatamente dalla nostra obbedienza alla legge (v.21) e che ci giustifica mediante il dono gratuito della fede (Ro. 3:22-26; 5:18-21; 6:23). In questa maniera la legge serve un’importante funzione nel portare gli uomini alla salvezza. Dimostra il loro bisogno e lascia loro senza altra onesta opzione se non accettare l’offerta di salvezza di Dio. “Ora, prima che venisse la fede noi eravamo custoditi sotto la legge, come rinchiusi, in attesa della fede che doveva essere rivelata. Così la legge è stata nostro precettore per portarci a Cristo, affinché fossimo giustificati per mezzo della fede (Ga. 3:23-24).Questo passo è usualmente citato per la dicitura che suggerisce che la legge ci guida in direzione di Cristo.
(9) La legge guida la santificazione del credente. Poiché la legge determina la forma della santità di Dio per la nostra vita, visto che la legge era nostro obbligo fin dal principio, e visto che è precisamente la violazione della legge che causò la morte di Cristo per i peccatori, è puramente razionale che coloro i quali sono stati liberati dalla colpa e dalla schiavitù del peccato desiderino ora seguire la legge che prima respingevano. Coloro i quali hanno visto la gloria di Dio nella sua legge e sono stati da essa convinti dei propri peccati, essendo stati guidati a Cristo per avere salvezza, dovrebbero sforzarsi di portare i loro pensieri, parole e azioni in conformità ai gloriosi standard della legge. Dio dice: “Osserverete i miei statuti e li metterete in pratica. Io sono l’Eterno che vi santifico” (Le. 20:8).
Cristo dà ai credenti il suo Spirito “affinché la giustizia della legge si adempia in noi che non camminiamo secondo la carne, ma secondo lo Spirito” (Ro. 8:4). La legge offre al credente direzione e e discernimento (cf. Sl. 119:24, 66, 105; Pr. 6:23) in modo che possa camminare alla luce della perfezione morale di Dio anziché nelle tenebre (1° Gv.1:5-7; 2:3-6; cf. 3:4-10; 5:2-3). I cristiani devono non peccare ma anzi esibire amore per Dio e per il prossimo. La Prima Lettera di Giovanni ci dice che il peccato è la violazione della legge, e che l’amore si manifesta nell’osservanza dei comandamenti di Dio. Di conseguenza, i cristiani sono guidati correttamente nella loro vita dalla legge di Dio.
John Newton scrisse:
Un altro uso legittimo della legge è consultarla come regola e forma mediante cui regolare il nostro spirito e le nostre relazioni. La grazia di Dio, ricevuta per fede, ci disporrà all’obbedienza in generale, ma a motivo di rimanenti tenebre ed ignoranza siamo assai confusi riguardo ai dettagli. Veniamo pertanto mandati alla legge, affinché impariamo a camminare in modo degno di Dio, che ci ha chiamati nel suo regno e gloria, ed ogni precetto ha il suo posto e uso appropriato [2].
Tale prospettiva ha portato uomini come John Newton a trovare un altro uso della legge strettamente associato con la sua funzione di guidare la santificazione. Essi parlarono spesso della legge servire “come test mediante il quale giudicare l’esercizio della grazia” [3]. Un tale concetto, benché impopolare ai nostri giorni di “fede facile”, fu assai presente nella mente dell’apostolo Giovanni, il quale scrisse: “E da questo sappiamo che l’abbiamo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti” (1° Gv. 2:3). Per Giovanni l’obbedienza ai comandamenti era anche il marchio che uno amava Dio e amava i figli di Dio (1° Gv. 5:2-3).
Appare pertanto appropriato che i credenti debbano usare la legge di Dio come banco di prova mediante il quale misurare e valutare la loro crescita in santità di carattere per grazia di Dio. Poiché Bolton considerava la legge come “Una direzione di vita, una regola per il cammino per i credenti”, egli procedette a scoprire che la legge di Dio funzionava “come specchio per rivelare le imperfezioni nel nostro svolgimento dei nostri doveri” [4].
(10) La legge serve anche a contenere il male del non rigenerato. Benché solo i credenti apprezzeranno giustamente la gloria del carattere di Dio rivelata nella legge, saranno convinti della loro peccaminosa contaminazione per contrasto, e cercheranno di conformarsi ai giusti standard della legge, la legge serve anche una funzione nella vita e nell’esperienza del non credente. Anche se il non credente non viene opportunamente portato nelle braccia del fedele Salvatore dal dito di condanna della legge, la legge dovrebbe essere utilizzata nella società civile per contenere la manifesta malvagità degli empi.
Infatti, proprio in quel passo in cui Paolo ci dice che la legge è buona se usata legittimamente, il preciso uso legittimo della legge che ha in mente è la funzione di contenimento del male sugli uomini ribelli: “Sapendo questo, che la legge non è stata istituita per il giusto, ma per gli empi e i ribelli, per i malvagi e i peccatori, per gli scellerati e i profani, per coloro che uccidono padre e madre, per gli omicidi, per i fornicatori, per gli omosessuali per i rapitori, per i falsi, per gli spergiuri, e per qualsiasi altra cosa contraria alla sana dottrina …” (1° Ti. 1:9-10). Questo non può essere un effetto santificante nella vita del non credente, è tuttavia una funzione di preservazione all’interno di una società che Dio onora. Fu intesa come una delle funzioni proprie della legge quando Dio la rivelò sia nel reame del creato sia attraverso lo strumento della legislazione scritta.
Note:
1 Letters of John Newton; London: Banner of Truth Trust, 1960, p. 47.
2 Letters of John Newton, p. 47.
3 Letters of John Newton, p. 47.
4 Samuel Bolton: The True Bounds of Christian Freedom; London: Banner of Truth Trust, [1645], 1964, p. 83.