APOCALISSE 7
GLI EREDI
Il grido del mondo: “chi può resistere?” (6:17), è un insistere che nessuno può resistere nei termini di Dio ritenuti ingiusti. Dio incrimina il mondo per la sua ribellione e processa un mondo che tenta di impossessarsi del regno di Dio nei propri termini, e il mondo risponde con una contro- incriminazione, un’accusa di ingiustizia contro Dio. L’esclamazione “chi può resistere?” visto che non è un grido di pentimento, implica una risoluzione, che i cristiani non possono essere capaci di rimanere in piedi. Il mondo vuole giustificazione, e vuole giustificarsi nei confronti di Dio dichiarando che il piano di salvezza di Dio e la sua legge sono mostruosi e impossibili. Se i cristiani non possono resistere, allora la giustificazione di Dio è resa nulla e vuota. Perciò la giustificazione viene ricercata nell’accusare i santi, proprio come Satana cercò di sminuire la posizione di Giosuè davanti a Dio citando i peccati d’Israele (Za. 3). Indi, viene fatto ogni tentativo per svilire il credente e ridurlo ad un livello più basso dell’uomo apostata, che a quel punto può giustificare se stesso in paragone ai santi. Ma proprio come Giosuè resistette per la grazia di Dio, così i santi resistono nella grazia di Dio.
Gli eredi, i santi di Dio, hanno una eredità in Cristo di cui non possono riappropriarsi senza un devastante scuotimento e distruzione di tutte le cose, e questo scuotimento lascerà scosso perfino il credente. Davanti alla totalità della giustizia di Dio i re, i grandi, i ricchi, i capitani, uomini valorosi, ed ogni servo e ogni libero si nascondono terrorizzati gridando: “chi può resistere?” Questa paura trova un’eco anche nel cuore del credente, e perciò alla chiesa afflitta, perseguitata viene data una risposta potente.
Nel mezzo del giudizio interviene un’altra visione. I venti del giudizio sono stati liberati sulla terra; ora Giovanni vede i venti trattenuti e al vento non è permesso soffiare, finché il Signore non abbia sigillato i suoi (7:1-2) Così, nel mezzo della bufera e del vento, c’è pace dove il Signore raccoglie i suoi eletti, e il giudizio non può iniziare finche gli eletti non saranno suggellati.
La parola “sigillo” ha un significato importante nella bibbia. Un sigillo:
Il sigillo perciò significa che al credente è data l’assicurazione della salvezza ed egli è eternamente sicuro in Gesù Cristo. È protetto dalle manomissioni e marchiato come proprietà di Cristo, un vero credente. San Paolo parla anche del sigillo del Dio vivente che sostiene due dichiarazioni: “Il Signore conosce quelli che sono suoi”, e: “Si ritragga dall’iniquità chiunque nomina il nome di Cristo” (2 Ti. 2:19). Il sigillo di Dio afferma perciò la grazia della sua elezione e la nostra giustificazione, e richiede a noi santità di vita e santificazione.
La risposta alla domanda: “Chi può resistere” è drastica: i sigillati di Dio! I suoi santi sono capaci di rimanere in piedi perché la loro forza e la loro sicurezza non si trovano in loro stessi ma nel Signore. Ma se i santi hanno la sicurezza, perché dunque sono esposti all’ira del mondo, ai dardi infuocati del diavolo, alle tentazioni del mondo, alla carne (cioè alla natura umana), e al diavolo? Perché l’odio dell’Egitto cade sui santi di Dio? La risposta è che il concetto di sicurezza di Dio è diverso da quello dell’uomo. Il concetto del male dell’uomo troppo spesso gravita intorno alla paura della sconfitta, la tribolazione e la sofferenza. Per il Signore, il vero male è il peccato e il compromesso col peccato, come rendono chiaro tutte le Scritture. Dio rende il suo popolo eternamente sicuro dalla distruzione del peccato, e protegge il suo popolo dall’essere vinto dal peccato. E molto spesso i mezzi per giungere a questa sicurezza implicano la sconfitta, la tribolazione e la sofferenza.
Apocalisse 7 ci dà un quadro della chiesa sigillata nella sua vittoria finale. In Apocalisse 21 ci viene mostrata Gerusalemme, raffigurata simbolicamente come un cubo perfetto, il simbolo della perfezione. Gerusalemme ha dodici porte, dodici fondamenti, le mura sono 144 cubiti in altezza e la popolazione è di 144000. Che questa sia una figura simbolica è chiaro da 7:9. Le dodici tribù d’Israele ci danno un tipo della chiesa intera. Dan, la prima tribù ad introdurre l’idolatria, è lasciata decadere, e Levi, non avendo più nessuna funzione sacerdotale prende il suo posto nel registro tribale. Efraim, avendo utilizzato la propria eminenza per apostatare sotto Geroboamo, è rimpiazzata dal proprio padre Giuseppe.
Questo Israele è il vero Israele di Dio, la vera chiesa. Come dice Romani 2:29: “giudeo è colui che lo è interiormente, e la circoncisione è quella del cuore”. Questo è “l’Israele di Dio” (Ga.6:16), la vera chiesa, il corpo di Cristo, che è “seme d’Abrahamo” e i cui membri sono “eredi secondo la promessa” (Ga. 3:29), cioè sono il vero Israele di Dio.
Il sigillo dei santi richiama il sangue protettivo sugli stipiti delle case d’Israele in Egitto. Proprio come le piaghe della morte devastando l’Egitto lasciarono indenni coloro che erano sigillati col sangue dell’agnello pasquale (Es. 12), così il sigillo col sangue dell’Agnello ora preserva il vero ed eletto popolo di Dio. Le tribù sono nominate per indicare che il vero Israele ora esiste nella chiesa. Il sigillo degli eletti non li rapisce dalla tribolazione più di quanto il marchio sugli eletti nella Gerusalemme condannata li abbia risparmiati dagli orrori dell’assedio (Ez. 9).
In 7:9 vediamo i santi con rami di palma, che cantano inni di gioia, c’è un eco e un richiamo alla Festa dei Tabernacoli. I paralleli tra Esodo e Apocalisse sono molti. Gesù è sia il vero Mosè (il cantico di Mosè viene citato in Apocalisse 15:2s), sia il Giosuè maggiore. Egli è il liberatore del popolo di Dio. Simeone, nel tempio aveva dichiarato che i suoi occhi avevano visto la salvezza di Dio, avendo visto il salvatore in fasce (Lu.2:30; cfr. Is. 52:10), perché egli era uno di quelli che stavano aspettando la redenzione di Gerusalemme (Lu. 2:38), cioè la sua liberazione dalla cattività dall’Egitto spirituale. L’uccisione dei neonati da parte di Faraone ha il parallelo nell’ordine omicida di Erode (Es.1:16, 2:15, 4:19; Mt. 2:16). L’infante Cristo viene chiamato il vero Israele chiamato fuori dall’Egitto (Mt.2:14s., cfr. Es. 4:22; Os. 11:1). I quarant’anni di prove nel deserto da parte d’Israele e il suo fallimento, è messo fianco a fianco con i quaranta giorni di tentazione di Cristo nel deserto, terminati con la vittoria; Gesù resistette citando Mosè. Gesù mandò dodici discepoli a diventare il nuovo Israele di Dio, i nuovi capi di una nuova nazione o popolo. Gesù mandò pure settanta (Lu. 10:1), proprio come Mosè riunì settanta ai quali Dio diede lo Spirito (Nu. 11:16s.). Ci vengono dati dei paralleli con la conquista di Canaan e la distruzione delle sue città dal fuoco del giudizio (Mt. 10:15, 11:20s.; Mt.24; Lu. 10:12s; De. 9:1s.). La vecchia Gerusalemme ora ha il ruolo di Canaan e deve essere distrutta (Mt. 24). Il mondo intero è la nuova Canaan, da essere giudicato e conquistato: “Andate dunque in tutto il mondo…” Sia Esodo che Apocalisse concludono col Tabernacolo, il primo col tipo, il secondo con la realtà.
In Apocalisse 7, i santi che gioiscono vengono indicati a Giovanni come quelli che sono stati giustificati dal sangue dell’Agnello; sono stati sigillati da Dio. Questo significa che la loro salvezza non è per opere ma nel Signore (7:13-17). Vengono visti nella loro vittoria finale, e in quella visione la loro presente vittoria è manifestata. Non hanno più né fame né sete, né il sole e il caldo del deserto li opprime più. Sono liberati da queste afflizioni, non meramente perché il deserto è dietro di loro, ma positivamente, perché l’Agnello di Dio li nutre, dà loro da bere e Dio stesso asciuga ogni lacrima dai loro occhi (Is. 49:10; 29:8). La loro vittoria non è perciò un sollievo negativo ma una presenza positiva, Gesù Cristo.
La parola qui tradotta vittoria da alcuni [1] e salvezza da altri (7:10) è soteria. La salvezza significa vittoria, e qualsiasi dottrina della salvezza che ometta il fatto della vittoria non è cristiana.
Note:
1 G.B. Caird, The revelation of Saint John The Divine,New York, Harper and Bros. 1966. p.99s.