INDICE:

11.

Le promesse della legge.

1. L’uso della legge

 

Nell’epoca Modena la legge biblica è perso rilevanza. L’ascesa del pietismo nell’epoca tardo medievale, e la profonda infezione di pietismo tanto nel Protestantesimo che nella Chiesa Cattolica Romana ha portato a un declino dell’enfasi sulla legge biblica. Il pietismo ha enfatizzato la religione “spirituale”; la legge evidenzia una religione molto materiale in ogni senso di quella parola, rilevante per il mondo e interessata in modo pratico delle faccende di tutti i giorni.

La legge patì duramente per mano di Martin Lutero. In parte come reazione alla sollevazione dei contadini, e agli Anabattisti, Lutero si scagliò aspramente contro la legge che denunciò con intemperanza, in un sermone nel 1525: “Come i cristiani dovrebbero considerare la legge di Mosè”. Lutero sostenne che la legge di Mosè vincola solamente i giudei e non i gentili. “Noi non avremo più Mosè come nostro legislatore o a signoreggiare su di noi”. Lutero trovò tre cose in Mosè: “Per prima cosa io rigetto i comandamenti dati al popolo d’Israele. Non mi stimolano, né obbligano. Sono morti e sepolti” eccetto che come un esempio o un precedente. “In secondo luogo io trovo in Mosè qualcosa che non ho dalla natura: la promessa e pegno di Cristo da parte di Dio. Questa è la cosa migliore”. Nessuno di questi utilizzi di Mosè hanno alcunché a che vedere con la legge, e la terza ancor meno. “In terzo luogo leggiamo Mosè per i bei esempi di fede, d’amore, e della croce, come mostrati nei padri: Adamo, Abele, Noè, Abrahamo, Isacco, Mosè, e tutti gli altri”. Ci sono dati anche esempi di uomini senza Dio e del loro destino. Ma: “Dove ci dà comandamenti, non dobbiamo seguirlo eccetto nella misura in cui concorda con la legge naturale” [1].

Lutero in questo modo spianò la strada per un completo ritorno dello scolasticismo e della legge naturale, come fece Calvino con le sue, spesso deboli, opinioni della legge. Il primo revival dello scolasticismo venne dunque in aree Protestanti d’Europa piuttosto che in quelle Cattoliche.

Kevan, nel commentare sulle origini dell’antinomismo, notò che:

L’antinomismo era l’opposto teologico del Puritanesimo nella sua dottrina della legge di Dio nell’esperienza cristiana. Trascurando le sue prime apparizioni nei tempi del Nuovo Testamento, e nel Gnosticismo Valentiniano, l’ascesa formale dell’antinomismo è usualmente stata associata con Johannes Agricola, a volte chiamato Islebius, un attivo leader nella Riforma Luterana. Nella sua ricerca per qualche effettivo principio con cui combattere la dottrina della salvezza per opere, Agricola negò che il credente fosse in alcun modo obbligato ad adempiere la legge morale. Nella Disputa con Lutero a Wittenberg (1537), si afferma che Agricola abbia detto che un uomo era salvato per sola fede, senza considerazione per il suo carattere morale. Queste opinioni di Agricola furono denunciate da Lutero, ma, nonostante ciò, gli Antinomiani fecero ripetuto appello agli scritti di Lutero e rivendicarono il suo sostegno per le loro opinioni. La rivendicazione, però, si basa meramente su certe ambiguità nelle espressioni di Lutero, e un generale travisamento dell’insegnamento del Riformatore [2].

Contrariamente a ciò che dice Kevan, le “ambiguità nelle espressioni di Lutero” risiedevano in ambiguità molto serie nel suo pensiero.

Nel 1529. Lutero, nel Piccolo Catechismo, diede una visione più corretta della legge, ma la sua brave dichiarazione lì non potè annullare il danno dei suoi più estesi attacchi alla legge. Troppo spesso Lutero ebbe la percezione che l’unico modo per stabilire la giustificazione per fede fosse negare le opere e la santificazione. Il 1° agosto, 1521, scrisse a Melantone: “Il peccato non può separarci da Dio, anche se commettiamo omicidio e fornicazione mille volte al giorno”[3].  Con santi così il mondo ha ben poco bisogno di peccatori.

Se l’uomo vuole una religione spirituale o mistica, allora la legge è il suo nemico. Se vuole una religione materiale, una pienamente rilevante per il mondo e l’uomo, allora la legge biblica gli è inevitabilmente necessaria. Levitico 26:3-45 enfatizza la rilevanza materiale della legge. Questa “Grande Esortazione” rende chiaro che non ci può essere per l’uomo una vita di successo materiale separatamente dalla legge.

Questa “Grande Esortazione” può essere divisa in tre parti. Nei versi 3:12, sono dichiarate la benedizioni materiali per l’obbedienza alla legge. Ci sarà pioggia, buoni raccolti, vendemmie eccellenti, pace, prosperità, niente bestie cattive, vittoria contro i loro nemici, e il favore di Dio insieme con la sua presenza con loro. Questo favore è molto grande, cosicché “inseguirete i vostri nemici ed essi cadranno davanti a voi trafitti dalla spada. Cinque di voi ne inseguiranno cento, cento di voi ne inseguiranno diecimila e i vostri nemici cadranno davanti a voi trafitti dalla spada” (Le. 26:7-8).

Nella seconda sezione, versi 14-33, è dichiarata la maledizione sulla disobbedienza alla legge di Dio. La disobbedienza porta a montante giudizio, a malattie, sconfitta, penuria, terrore, siccità, pestilenze e conquista da parte del nemico. Il morale nazionale sarà così basso che “vi darete alla fuga senza che nessuno v’insegua” (Le. 26:17). Questi giudizi culmineranno con la conquista, il cannibalismo, e la dispersione fra le nazioni. La terra stessa deluderà un popolo sotto giudizio, lo stesso faranno i cieli. Il cielo sarà come il ferro (niente pioggia), e la terra come rame (secca e sterile) per il disobbediente (Le. 26:19).

La terza sezione, versi 34-45, dichiarò che una terra giudicata avrebbe ricevuto i suoi sabati di riposo. Il popolo conoscerà il terrore nella cattività. Il pentimento, però, avrebbe portato alla restaurazione.

Prima di tutto, la “Grande Esortazione” è chiaramente indirizzata a Israele. Proprio altrettanto chiaramente, il Sermone sul Monte è rivolto ai discepoli, e le Epistole a particolari chiese, ma ciò non limita la loro applicazione alle particolari persone o chiese cui sono rivolti. O la parola di Dio è un’unità, ed è la parola di Dio a tutti gli uomini, o non è parola di Dio. Negare qualsiasi parte delle Scritture in definitiva è negarle tutte.

Secondo, non possiamo credere che Dio non abbia un giudizio per l’uomo e per le nazioni nell’era cristiana. Ebrei 12:18-29 rende chiaro che lo stesso Dio e la stessa legge e lo stesso giudizio valgono per la chiesa quanto per Israele, e uomini e nazioni ricevono uno scuotimento simile in modo da distruggere tutti quelli che possono essere scossi e lasciare solo “il regno di Dio che non può essere scosso”. Calvino sostenne che nell’era del Vecchio Testamento “Dio manifestava se stesso più pienamente come Padre e Giudice con benedizioni e punizioni temporali di quanto faccia dalla promulgazione del vangelo” [4].  Come evidenza di ciò, Calvino dichiarò:

La terra non si apre in due per inghiottire i ribelli: Dio ora non tuona dal cielo come contro Sodoma, ora non manda fuoco sulle città malvagie come fece col campo degli Israeliti; non vengono mandati serpenti infuocati a infliggere morsi mortali: in una parola, tali casi di manifesta punizione non sono presenti davanti ai nostri occhi quotidianamente per rendere Dio terribile ai nostri occhi, e per questa ragione, perché la voce del vangelo suoni molto più chiaramente nei nostri orecchi, come il suono di una tromba con la quale siamo convocati al tribunale celeste di Cristo [5].

Questo è ragionare sciocco e banale. Giudizi miracolosi non furono “presentati quotidianamente” nell’era del Vecchio Testamento; furono pochi e distanti l’uno dall’altro. Il breve lasso di tempo del Nuovo Testamento ha visto altrettanti giudizi miracolosi: su Giuda, su Gerusalemme e la Giudea,, su Anania e Saffira, su Erode (Atti 12:21-23), e su molti altri. Ha visto anche liberazioni miracolose: un angelo liberò Pietro (At. 12:7-10), Paolo e Sila a Filippi (At. 16:25_31), le molte persone guarite da Cristo e dagli apostoli, il salvataggio di Paolo dal naufragio, e così via. Calvino confuse il miracoloso con la legge. Separatamente da questi miracoli, i giudizi e le benedizioni della legge sono evidenti nel mondo del Nuovo Testamento, su Israele e sulle nazioni, e sono evidenti anche nella storia cristiana.

Negare la continua validità della legge di Dio è cadere nel dispensazionalismo e alla fin fine nel Manicheismo. Invece di un Dio immutabile, come minimo viene postulato un Dio mutevole, se non due dii dissimili. Calvino fu più saggio nel dichiarare:

Giacché nella legge è presentata la differenza tra bene e male, è data perché regoli la vita degli uomini, talché può essere giustamente chiamata la regola per vivere bene e rettamente [6].

Proprio così. Se Dio ha creato tutte le cose, allora tutte le cose possono essere usate propriamente e in sicurezza solo nei termini della sua legge: “La regola per vivere bene e rettamente”. La legge ci dà una serie di “istruzioni del produttore” che si possono disattendere solo a proprio pericolo.

Terzo, poiché la vita dell’uomo è una vita materiale, egli deve essere governato da una legge materiale, una legge pertinente alla sua vita. Il materialismo della legge è pertanto un aspetto necessario della legge. La “Grande Esortazione” è, per quanto concerne il risultato, altrettanto valida oggi di quando fu consegnata per mezzo di Mosè. Finché rimane la terra, la legge rimane. Quelli che cercano di “liberare” l’uomo dalla legge biblica violano una legge dichiarata tanto nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, in Deuteronomio 25:4, 1 Corinzi 9:9, e 1 Timoteo 5:18: il bue che trebbia il grano non deve portare la museruola, perché l’operaio è degno del suo salario. La legge pronuncia tanto la punizione che il salario dell’uomo. Chiaramente, i premi e le punizioni di Dio sono di gran lunga da preferire alle promesse delle nazioni o di qualsiasi mitica legge naturale.

All’inizio è stato fatto riferimento a John Agricola (1492-1566), l’antinomiano. Nel 1537, Agricola scrisse: “Sei immerso nel peccato — un adultero o un ladro? Se tu credi, sei nella salvezza. Tutti quelli che seguono Mosè devono andare al diavolo; al patibolo con Mosè” [7].

L’antinomismo, avendo negato la legge, incorre nel misticismo e nel pietismo. Quando deve fronteggiare un mondo di problemi, non ha una risposta adeguata. Per sopperire a questa mancanza, l’antinomismo molto chiaramente diventa pre-millennialista; la sua risposta ai problemi del mondo fu di posporre soluzioni al “imminente ritorno” di Cristo. In questo modo l’antinomismo ha portato a un intenso interesse e una aspettazione del ritorno di Cristo come la sola soluzione ai problemi del mondo, avendo negato alla legge di Dio il rango di una risposta. Non sorprende che uno dei risultati di John Darby e dei Plymouth Brethren, capofila in questo movimento, sia stato un triste fatto registrato nel 1877 da Steele:

Una manciata di americani, frammenti di famiglie, posseduti da questa infantile interpretazione delle Scritture, stanno trascinando la loro esistenza a Gerusalemme. Hanno adottato, e sono chiamati col nome: “La Colonia Americana”. Sono determinati ad essere i primi nella fila di quelli che chiederanno una carica quando s’instaurerà la nuova amministrazione 8.

Note:

1 Luther’s Works, vol. 35, Word and Sacrament; Philadelphia: Muhlemberg Press, 1960, I, 161-173.

2 Ernest F. Kevan, The Grace of Law, a Study of Puritan Theology; Grand Rapids, Michigan: Baker Book House, 1965.

3 Citato in Friedrich Heer, The Intellectual History of Europe; Cleveland: Word Publishing Company [1953], 1966, p. 221.

4 Calvin: Commentaries on the Four Last Books of Moses, III, 217.

5 Ibid., III, 215 s.
6 Ibid., III, 196.

7 Daniel Steele, A Substitute for Holiness, or, Antinomianism Revided, or The Theology of the So- called Plymouth Brethren Examined and Refuted; Boston: Christian Witness Co., 1899, seocnda edizione, p. 47.

8 Ibid., p. 355.


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