Il Settimo Comandamento
20. Fedeltà
La fedeltà è una virtù evidenziata attraverso tutta la legge e in tutte le scritture come una necessità religiosa e morale. Sono sottolineati enfaticamente i requisiti di fedeltà a Dio, alla legge, al matrimonio e a qualsiasi obbligo pio. Mosè intimò Israele d’osservare la parola-legge di Dio “senza deviare né a destra né a sinistra”, e se avessero effettivamente camminato in obbedienza avrebbero prosperato e prolungato i loro giorni (De. 5:32, 33). I credenti sono chiamati “i fedeli” nella terminologia ecclesiale e il termine “fedele” nelle Scritture è la lode più eccelsa (Pr. 20:6; Ap. 17:14; Mt. 25:21; ecc.). Il cammino del fedele è nei “sentieri di giustizia” (Sa. 23:3); sentieri significa solchi, la traccia delle ruote dei carri e il riferimento è a stabili abitudini di santità. Dio stabilisce i suoi fedeli nei solchi profondi o abitudini di giustizia.
Salute mentale, carattere e stabilità poggiano sulla fedeltà, sull’affidabilità. L’irresponsabilità è la conseguenza della slealtà e, in ultima analisi, della cosiddetta pazzia, che è il rifiuto della responsabilità; è l’indisponibilità d’essere fedeli, di stabilire abitudini di giustizia. Non sorprende che la moderna filosofia, che ha proclamato a viva voce la libertà dell’uomo dalla legge e da Dio sia stata marcata frequentemente dal fatto di avere tra i suoi ranghi dei pazzi o comunque persone volubili.
La mentalità non-cristiana è comunemente caratterizzata da questa guerra alla fedeltà. Uno studio sulla scultura indiana parla de “Il culto del desiderio” come la “Via verso la libertà” dai pesi della vita.[1] In questo culto: “L’altro mondo e questo furono fatti uno”, e “Vita e Liberazione cessarono d’essere entità separate”.[2] La salvezza significava la totale accettazione di tutta la vita come santa: “la santità del desiderio avrebbe … santificato ogni veicolo: e se la mente è pura, tutto il resto, che sia uomo, donna o animale, non sono che mezzi”.[3] Ciò significa che l’individuo dovrebbe “Indulgere nel desiderio indipendentemente dal partner, divino, umano o animale”.[4]
Accettare ogni azione come santa è negare enfaticamente il principio della discriminazione nei termini di bene e male. La fedeltà è l’aderenza ad una legge assoluta e a persone e cause nei termini di quella legge assoluta e del Dio sovrano di quella legge. Contrapposto alla fedeltà, la via o cammino è fatto diventare una sistematica infedeltà quali vita, gioia e piacere dell’uomo. Così, in Africa, i Nandi hanno un detto: “Una vagina nuova è confortevole”.[5]
Poiché non c’è principio di discriminazione tra bene e male, tra uomo e animali, le persone non contano. Il resoconto di Danielsson dell’amore polinesiano sostiene che, a causa della mancanza di standard e di discriminazioni: “Non c’era ragione per preferire alcuna donna o uomo in particolare”.[6] La sua descrizione è naturalmente quella di una cultura degenerata, com’è quella del Suggs, la cui descrizione evidenzia una sessualità depersonalizzata e degenere.[7]
Il bisogno di infedeltà come principio fu focalizzato in un gruppo organizzato: il Romanticismo. La descrizione di Scott della “fallacia romantica” è eccellente: “identifica la bellezza con la stranezza”.[8] La logica di questa posizione è che più è strano l’oggetto, la persona o l’atto, meglio è per il romantico. Nelle parole di Newton: “Il romantico … non può mai gioire nella normalità. Ciò che lo interessa deve essere l’eccezionale”.[9] Questo significa interesse nel “mistero, l’anormalità e il conflitto”,[10] un’avversione per “tutto ciò che si attiene alla legge, qualsiasi cosa si conformi ad un modello”. Il romantico “rifiuta di riconoscere l’esistenza della legge com’essa è applicata all’espressione di sé … ‘Tu sarai eccezionale e seguirai ciò ch’è eccezionale’ è il suo solo comandamento …. L’anormalità è il negativo della legge. La sua stessa esistenza dipende dal suo rifiuto di conformarsi ad un comportamento ligio alla legge”.[11] Ciò significa che la libertà è identificata col male, l’espressione sessuale è identificata con infedeltà e perversione, la capacità artistica con violazioni di standard e perversità, e il carattere con l’instabilità. L’aumento di perversione e perversità in ogni ambito di vita è proporzionato al declino della fede e della fedeltà.
Non c’è stata solo una maggiore prevalenza di perversità e perversione, ma anche una crescita di orgoglio e vanto in esse, come se queste azioni rappresentassero l’onda del futuro.[12] Salute, vitalità e carattere sono associate da questo popolo “nuovo” con la licenza sessuale, e la fedeltà col Puritanesimo e il crimine.[13] In realtà, il carattere di quelli che si danno a questa cosiddetta libertà sessuale è uno di tormentati conflitti e di capricci puerili.[14]
Per tornare alla fedeltà stessa, le Scritture dichiarano ripetutamente che è un attributo di Dio (Sa. 36:5; 89:2; Is. 11:5; ecc.). Dio è fedele perché è l’assoluto sovrano, totalmente auto-consapevole e senza angoli oscuri nel suo Essere, senza potenzialità inconsce e non ancora sviluppate. L’uomo fu creato ad immagine di Dio e in quanto redento in Cristo è ristabilito a quell’immagine. Mano a mano che cresce nei termini dell’immagine di Dio, l’uomo cresce in fedeltà e nella sua auto-consapevole cognizione della propria vocazione sotto Dio e delle proprie responsabilità correlate. La fedeltà è stabilità, forza e carattere. È strettamente correlata al dominio. Il termine “I Fedeli” usato come nome preferito per le persone battezzate nella prima chiesa, significava la loro affidabilità e forza.
La fedeltà nel matrimonio nel suo senso più reale significa perciò fedeltà sessuale e molto altro. Significa il fedele compimento dei doveri da parte di marito e moglie. Significa affidabilità, credibilità di carattere, forza nell’avversità, e lealtà. Significa iniziativa e abilità, come si evidenzia nelle parole di nostro Signore: “Ben fatto servo mio fedele” (Mt. 25:21). La fedeltà è un attributo comunicabile di Dio. È un marchio di forza e di carattere in un uomo, mentre l’infedeltà in qualsiasi ambito è marchio di debolezza e di peccato.
Note:
1 Kanwar Lal: The Cult of Desire; New Hyde Park, N.Y.: University Books, 1967, p. 48.
2 Ibid., p. 78.
3 Ibid., p. 90.
4 Ibid., p. 90.
5 Boris de Rachewiltz: Black Eros, Sexual Customs of Africa from Prehistory to the Present Day; New York: Lyle Stuart, 1964, p. 267.
6 Bengt Danielsson: Love in the South Seas; New York: Dell, 1957, p. 79s.
7 Robert C. Suggs: The Hiden Worlds of Polynesia; New York: Mentor, 1965, pp. 107-119.
8 Geoffrey Scott: The Architecture of Humanism, A Study in the History of Taste; Garden City, N.Y. Doubleday, 1954, p. 41.
9 Eric Newton: The Romantic Rebellion; New York: St. Martin’s Press, 1963, p. 59.
10 Ibid., p. 57.
11 Ibid., p. 64.
12 vedi Vincent Sheean: Dorothy and Red; Boston: Houghton Mifflin, 1963.
13 Arsene Eglis: Sex Songs of the Ancient Letts; New York: University Books, 1969, pp. 1-5. Eglis attribuisce una varietà di omicidi, incluso quello del Se, Robert F. Kennedy, al presunto retroterra cristiano degli assassini!
14 Vedi Mark Schorer: Sinclair Lewis, An American Life; New York: McGraw-Hill, 1961; e A. E. Hotchner: Papa Hemingway, Apersonal Memoir; New York: random House, 1966.