Il Sesto Comandamento
9. Leggi Militari e Produzione
Le leggi militari delle Scritture sono di speciale rilevanza per l’uomo in quanto implicano non solo leggi di guerra ma anche un importante principio generale.
Nel fare una panoramica delle leggi militari troviamo che, primo, quando si combattano delle guerre nei termini della difesa della giustizia e della soppressione del male, e nella difesa della patria contro un nemico, queste sono parte della necessaria opera di restituzione o ripristino e sono pertanto definite nelle Scritture come guerre del Signore (Nu. 21:14). La preparazione dei soldati implicava una dedicazione religiosa al loro compito (Gs. 3:5).
Secondo, la legge specificava l’eta dei soldati. Tutti gli uomini fisicamente abili dai vent’anni in su erano idonei al servizio militare (Nu. 1:3, 3, 18, 20, 45; 26:2, 3). Questo criterio ha prevalso per lungo tempo e fu, per esempio, il fondamento operativo nella Guerra d’Indipendenza Americana. Era, comunque, un servizio pur sempre selettivo (Nu. 31: 3-6), talché, per esempio di 46,500 abili di Rubens, 74,600 di Giuda, e 35,400 di Beniamino (Nu. 1), nella guerra contro Madian, furono presi solo mille da ciascuna tribù (Nu. 31:4). L’idoneità di ciascun uomo fisicamente abile serviva così come principio per asserire la loro disponibilità in una estrema crisi.
Terzo, poiché la guerra contro il male è pia e serve Dio nel compito di restaurazione, Dio prometteva di proteggere i suoi uomini se si fossero mossi in termini di fede e di obbedienza. Secondo esodo 30:11-16 “Al censimento, che è un’azione militare, ciascuno darà il riscatto (cioè provvederà una “copertura”) per la propria vita.1 Come ha notato Ewing: “Lo scopo del riscatto era di provvedere una espiazione per la vita di quelli che entravano in battaglia”. La parola “piaga” in Esodo 30:12 è l’ebraico negeph, che proviene da una radice primitiva che significa spingere, cozzare, sconfiggere, uccidere, colpire, destinare al peggio. Questo riscatto era per la vita del soldato, affinché non fosse ucciso in guerra”. Nella battaglia contro Madian, citata sopra, 12,000 soldati israeliti bruciarono tute le città di Madian e uccisero i loro uomini, portarono indietro 675,500 pecore, 72,000 capi di bestiame, 61,000 asini e 32,000 donne nubili, senza nessuna perdita di vite. Da tutto questo fu data una decima o porzione al Signore.2 In questo modo, dove una guerra sia combattuta nei termini della legge di Dio ed in fede e obbedienza alla sua parola-legge, lì gli uomini possono contare nella sua cura di protezione e di prosperità proprio come le sperimentava Israele.
Quarto, L’esenzione dal servizio militare era provveduto dalla legge. Lo scopo di un esercito dovrebbe essere di combattere le battaglie di Dio senza paura (De. 20:1-4) Esenzioni erano date a diverse classi di uomini: (a) quelli che avevano costruito una casa nuova e non l’avevano ancora inaugurata né goduta; (b) quelli che avevano piantato una vigna e non ne avevano ancora goduto i frutti; (c) e quelli che si erano fidanzati con una donna e non l’avevano ancora presa con sé; tali uomini avrebbero avuto una mente divisa in battaglia; infine, (d) quelli che “avevano paura e a cui veniva meno il coraggio” erano esonerati come pericolosi per il morale dell’esercito “perché il coraggio dei suoi fratelli non abbia a venir meno come il suo” (De. 20:5-9). L’esenzione dei novelli sposi era obbligatorio secondo Deuteronomio 24:5: “Se un uomo si è appena sposato non andrà in guerra e non gli sarà dato alcun incarico; sarà libero a casa sua per un anno e farà lieta la moglie che ha sposato”. Esentati dal servizio militare erano (e) anche i Leviti (Nu. 1:48-49). I Leviti molto spesso combatterono, ma erano esentati dalla leva.
Da queste esenzioni appare un principio generale: la famiglia ha la priorità sulla guerra. Il giovane sposo non può fare il servizio, la casa nuova deve venire per prima. Il nuovo contadino, similmente, riceve l’esenzione. Per quanto importante sia la difesa, la continuità della vita e della pia ricostruzione sono più importanti.
Un quinto aspetto delle leggi militari richiede la pulizia del campo (De. 23:9-14). È richiesta una latrina fuori dal campo, e una pala “per coprire i tuoi escrementi” (De. 23:13). “Infatti il Signore, il tuo Dio, cammina in mezzo al tuo accampamento per proteggerti e per sconfiggere i tuoi nemici davanti a te; perciò il tuo accampamento dovrà essere santo, affinché egli non veda in mezzo a te nulla d’indecente e non si ritiri da te” (De. 23:14).
Un altro principio generale appare da questa legge, quanto dalla prima e terza (sopra) e cioè che non è sufficiente che la causa sia santa: non solo la causa, ma il popolo della causa, deve essere santo sia spiritualmente che fisicamente.
Una sesta legge militare richiede che, prima di un attacco, o meglio di una dichiarazione di guerra, sia estesa al nemico un’offerta di pace. L’offerta di pace non può essere un’offerta di compromesso. La causa, se è giusta, deve essere mantenuta, il nemico si deve arrendere per avere la pace (De. 23:9-14). Un “attacco a sorpresa” dopo una dichiarazione di guerra, alla maniera di Gedeone, è legittimo: le ostilità sono in atto. Ma, prima di dichiarare guerra, è richiesto che sia fatto un tentativo di negoziare la causa con onore. Il formale suonare le trombe, sia prima di cominciare la battaglia, sia di gioia in tempo di vittoria, poneva la causa davanti a Dio nell’aspettativa di vittoria e in gratitudine per essa (Nu. 10:9-10).
Settimo, la guerra non è un gioco da ragazzi. Quando è necessaria è una questione fosca e orribile. I Canaaniti contro cui Israele faceva guerra erano sotto giudiziale sentenza di morte da parte di Dio. Erano degenerati spiritualmente e moralmente. Virtualmente ogni atto di perversione era un atto religioso e ampie classi di prostituti sacri e prostitute erano di routine nei luoghi sacri. Perciò Dio ordinò che tutti i Canaaniti venissero uccisi (De. 2:34; 3:6; 20:16-18; Gs. 11:14), sia perché erano sotto sentenza di morte da parte di Dio, sia per evitare che Israele venisse contaminato. Tra i popoli correlati e circonvicini la cui depravazione era simile ma non altrettanto totale, gli uomini (Nu. 31:7; De. 1:1, 2, 16; 20:16, 17) e talvolta le donne sposate erano tutti uccisi (Nu. 31:17, 18), ma le giovani vergini venivano risparmiate (Nu. 31:18). Con altre nazioni straniere di miglior calibro, qualsiasi donna presa prigioniera poteva essere sposata, ma non poteva essere trattata da schiava o da prigioniera (De. 21:10-14), una chiara indicazione della differenza in carattere nazionale tra i Canaaniti e gli altri popoli. Questi provvedimenti sono assai generalmente condannati dall’epoca moderna, la quale è ipocritamente ricorsa alla guerra più totale e selvaggia della storia. Queste leggi non erano applicate a tutti i popoli ma solo ai più depravati. Affermavano un principio generale ancora valido: Se la guerra è per punire e/ o per distruggere il male, il lavoro di restaurazione richiede che sia fatto, che un ordinamento malvagio sia rovesciato e, in alcuni casi, alcune o molte persone siano giustiziate. I processi per crimini di guerra dopo la II Guerra Mondiale rappresentarono leggi ex post facto (e furono pertanto opposte dal senatore Robert Taft); erano inoltre basate su principi deboli e umanistici quanto indebitamente un prodotto delle pretese dell’Unione Sovietica. Non sono pertanto esempi appropriati di questo principio. Ma il principio generale della colpa è un principio valido; se in una guerra non c’è colpa non c’è neppure giustizia. È stato così nella maggior parte delle guerre: niente giustizia e di conseguenza niente reale concetto di colpa.
Ottavo, lo scopo normale della guerra è difensivo; per questo ad Israele fu proibito l’uso di più che un numero limitato di cavalli (De. 17:16), perché i cavalli erano l’arma d’offesa nelle guerre antiche.3
In questo modo, appare ancora un altro principio generale: poiché la guerra deve essere combattuta solo in una giusta causa e, normalmente, a difesa di patria e giustizia, il diritto all’obiezione di coscienza significa che uno ha il diritto morale di rifiutare il sostegno ad una guerra empia.
Nono, una legge militare molto importante compare in Deuteronomio 20:19, 20, una legge che incorpora un principio basilare che ha implicazioni di vasta portata. Secondo questa legge:
Quando farai guerra a una città per conquistarla e la cingerai d’assedio per lungo tempo, non ne distruggerai gli alberi a colpi di scure; ne mangerai il frutto, ma non li abbatterai: l’albero della campagna è forse un uomo che tu debba includerlo nell’assedio?
Potrai però distruggere e abbattere gli alberi che saprai non essere alberi da frutto, e ne costruirai delle opere d’assedio contro la città che fa guerra contro di te, finché cada.
L’ultima porzione di Deuteronomio 20:19 è resa in varie traduzioni a dire: “L’albero della campagna è forse un uomo che tu debba includerlo nell’assedio?” In altre parole la guerra non deve essere fatta alla terra ma all’uomo. Ma, ancora più nevralgico il fatto che la vita deve continuare e gli alberi da frutto e le vigne rappresentano in ogni tempo un’eredità dal passato e un patrimonio per il futuro: non devono essere distrutti. Altri alberi possono essere tagliati, ma solo per “costruire opere d’assedio contro la città”. La distruzione indiscriminata non è permessa.
Collegata a questo c’è una parola di Salomone: “ La terra ha piú vantaggi di ogni altra cosa, e il re stesso è servito dal campo” (Ec. 5:9). Questo passo è reso dal testo masoretico: “Ma vantaggioso per un paese è, per ogni rispetto, un re, che si occupi dei campi” (NR). Questa parola, e la legge che riguarda gli alberi da frutto ed altri alberi, formano un importante principio generale: la produzione viene prima della politica. La guerra è un aspetto dell’ordine politico, e il suo ruolo è importante, ma la produzione è più fondamentale. Senza produzione, senza gli alberi da frutto e il contadino, l’operaio e il produttore, non c’è nazione da difendere. La priorità della politica è una moderna eresia che sta stabilmente distruggendo il mondo; solo la grande vitalità della libera impresa sta mantenendo il livello di produzione nonostante i grandi ostacoli e interferenze politiche. In qualsiasi ordinamento pio, pertanto, produzione, libertà d’impresa, devono sempre venire prima della politica, in tempo di guerra come in tempo di pace.
Decimo, e ultimo, le leggi sul bottino provvedevano un compenso per il soldato (Nu.31:21-31, 29, 30, 42; De. 20:14), in modo che c’è terreno giuridico non solo per la paga del soldato ma anche per una pensione, un premio per i loro servizi. L’indennità di guerra era un aspetto della pena imposta su un nemico (II Re 3:4) come pena per il loro crimine, e per coprire i costi della guerra.
Nei termini delle Scritture, in un mondo di peccato, la guerra è orribile, ma è una necessita se si voglia sconfiggere il male. Il riassunto di Clark è sul punto:
Secondo le Scritture: “Non c’è pace per gli empi” (Isa. 48:22; 57:41), ed è futile gridare: “Pace, pace, quando non c’è pace” (Ge. 6:14). Se gli uomini vogliono la pace devono “Cercare prima il regno di Dio e la sua giustizia” (Mt. 6:33), perché la pace è “l’opera della giustizia” (Isa. 32:17) e non può esserci pace durevole e universale finché “Giustizia e pace non si siano baciate” (Sa. 85:10). Ci sarà pace quando “Gli abitanti della terra … imparano la giustizia”. È “negli ultimi giorni” (Isa. 2:2) e quando “L’Eterno soltanto sarà esaltato” (Isa. 2:11) che —
“… le nazioni forgeranno le loro spade in vomeri e le loro lance in falci, una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione e non insegneranno più la guerra” (Isa. 2:4).4
Note:
1 J. C. Rylersdaam: “Exodous”, in Interpreter’s Bible, I, 1055.
2 Charles Wesley Ewing: “The Soldier’s Ransome” Faith and Freedom Bible Institute, Royal Oak,
Michigan, in Faith and Freedom Issue, p. 4.
3 Vedi Ygael Yadin: The Atr of Warfare in Biblical Lands; New York: McGraw-Hill Book Company,
1963, I, 86-90.
4 Clark: Biblical Law, p. 81.