3. La direzione della legge
Nell’analizzare questo comandamento: “Tu non ruberai” è importante notare, a) che questa è l’istituzione, positivamente, della proprietà privata, proprio perché, negativamente, punisce il crimine contro la proprietà. Il comandamento in questo modo stabilisce e protegge un’area di vita basilare. Ma, b), ancora più importante, questa istituzione della proprietà proviene, non dallo stato o dall’uomo ma dal sovrano e onnipotente Dio. I comandamenti hanno tutti la loro origine in Dio, il quale, in quanto Signore sovrano, promulga la legge che governa il suo reame. Ulteriormente, ne consegue, c), poiché Dio promulga la legge, che qualsiasi trasgressione della legge è trasgressione contro Dio. Che la legge faccia riferimento a proprietà, persona, famiglia, lavoro, capitale, chiesa, stato, o a qualsiasi altra cosa, la sua prima cornice di riferimento è Dio. In essenza, la trasgressione della legge è interamente contro Dio, poiché ogni cosa e ogni persona è sua creazione. ma, Davide dichiarò, riferendosi al suo atto di adulterio e d’omicidio: “Ho peccato contro di te, contro di te solo, e ho fatto ciò ch’è male agli occhi tuoi” (Sa. 51:4). Questo significa allora, d), che un atto illegale è anche peccato; vale a dire che qualsiasi atto sociale di disobbedienza, civile, famigliare, ecclesiale, ecc., è anche una trasgressione religiosa a meno che la disobbedienza non sia richiesta da una prioritaria obbedienza a Dio.
Con questo in mente, che la legge, primo, espone principi ampi e basilari, passiamo ad esaminare una seconda caratteristica della legge biblica, e cioè che la porzione maggiore della legge è diritto giurisprudenziale (case law), vale a dire l’illustrazione del principio basilare nei termini di casi specifici. Questi casi specifici sono spesso illustrazioni dell’ampiezza dell’applicazione della legge; ovvero, citando un tipo minimo di caso, sono rivelate le necessarie giurisdizioni della legge. Per prevenirci dall’avere qualche scusa per mancare di comprendere ed utilizzare questo concetto, la bibbia ci d° la sua propria interpretazione di tale legge, e l’illustrazione, data da san Paolo rende chiaro che il Nuovo testamento rafforza la legge. Citeremo perciò, prima il principio base, secondo l’illustrazione del caso specifico, e, terzo, la dichiarazione paolina dell’applicazione della legge:
- Tu non ruberai (Es. 20. 15). La legge base, la dichiarazione del principio.
- Non metterai la museruola al bue che trebbia il grano (De. 25:4). Illustrazione della legge base, il caso specifico.
- Nella legge di Mosè infatti sta scritto: “Non mettere la museruola al bue che trebbia”. Si da forse Dio pensiero dei buoi? O non dice così proprio per noi? Certo, queste cose sono scritte per noi, perché chi ara deve arare con speranza, e chi trebbia deve trebbiare con la speranza di avere ciò che spera. …Così pure il Signore ha ordinato che coloro che annunziano l’evangelo, vivano dell’evangelo (1 Co. 9:9-10, 14; l’intero passo, 9:1-14, è un’interpretazione della legge) La Scrittura infatti dice: “Non mettere la museruola al bue che trebbia” ed ancora “L’operaio è degno del suo salario (1 Tm. 5:18; cf. vs. 17; l’illustrazione è per rafforzare le richieste di “onore2 e “doppio onore per vescovi o anziani, cioè i pastori della chiesa). Questi due passi illustrano il requisito: “Tu non ruberai” nei termini di uno specifico caso giuridico, rivelando l’estensione di quel caso nelle sue implicazioni. Nella sua epistola a Timoteo, Paolo fa riferimento anche alla legge che in effetti dichiara, mostrando il caso giuridico, che “L’operaio è degno del suo salario”. il riferimento è a Levitico 19:13 “Non opprimerai il tuo prossimo e non lo deruberai, il salario dell’operaio non rimanga presso di te fino al mattino seguente”. E Deuteronomio 24:14, “Non defrauderai il bracciante povero e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli o uno degli stranieri che stanno nel tuo paese, entro le tue porte” (Cf. vs. 15). Questo è citato da Gesù in Luca 10:7 “L’operaio è degno della sua ricompensa”.
Se è un peccato defraudare un bue del suo sostentamento, allora è un peccato anche defraudare un uomo del suo salario: è furto in entrambi i casi. Se furto è la classificazione di Dio di un crimine contro un animale, quanto più sarà un crimine contro uno degli apostoli e ministri di Dio? L’implicazione a questo punto è, quanto più mortale è rubare a Dio. Malachia lo rende molto chiaro:
Un uomo deruberà DIO? Eppure voi mi derubate e poi dite: “In che cosa ti abbiamo derubato?” Nelle decime e nelle offerte. Voi siete colpiti di maledizione perché mi derubate, sí, tutta quanta la nazione. Portate tutte le decime alla casa del tesoro, perché vi sia cibo nella mia casa, e poi mettetemi alla prova in questo dice l’Eterno degli eserciti, se io non vi aprirò le cateratte del cielo e non riverserò su di voi tanta benedizione che non avrete spazio sufficiente ove riporla. Inoltre sgriderò per voi il divoratore, perché non distrugga piú il frutto del vostro suolo, e la vostra vite non mancherà di portar frutto per voi nella campagna, dice l’Eterno degli eserciti. Tutte le nazioni vi proclameranno beati perché sarete un paese di delizie, dice l’Eterno degli eserciti (Mal. 3:8-12).
Questo esempio di diritto giurisprudenziale illustra non solo il significato di diritto giurisprudenziale nelle Scritture, ma anche la sua necessità. Senza di esso la legge di Dio sarebbe presto ridotta ad un’area di significato estremamente limitata. Questo, naturalmente, è esattamente ciò che è accaduto. Quelli che negano l’attuale validità della legge fatta eccezione per i Dieci Comandamenti, hanno una definizione di furto molto limitata. La loro definizione segue generalmente la legge civile della loro nazione, è umanistica, e non è diversa radicalmente dalla definizione data da Mussulmani, Buddisti e umanisti. Ma, nell’analizzare più avanti il diritto giurisprudenziale illustrativo della legge: “Tu non ruberai” vedremo quanto sia esteso il suo significato.
La legge, dunque, primo, afferma dei principi, secondo, cita casi per sviluppare le implicazioni di quei principi, e, terzo, la legge ha per scopo e direzione la restituzione dell’ordine di Dio.
Questo terzo aspetto è basico per la legge biblica, ed illustra ancora una volta la differenza tra la legge biblica e la legge umanistica. Secondo uno studioso: “La giustizia nel suo senso vero e proprio è un principio di co-ordinazione tra due esseri soggettivi”.1 Un simile concetto di giustizia è non solo umanistico ma anche soggettivo. Al posto di un basilare ordine oggettivo di giustizia, c’è invece un mera condizione emotiva chiamata giustizia.
In un sistema giuridico umanistico, le restituzione è possibile e spesso esiste, ma non è ancora la restituzione dell’ordine fondamentale di Dio ma delle condizioni dell’uomo. La restituzione in quel caso è interamente all’uomo.2 La legge biblica richiede la restituzione alla persona offesa, ma ancor più basilare alla legge è la richiesta della restaurazione dell’ordine di Dio. Non sono meramente le corti di giustizia ad essere operative nei termini della restituzione. Per la legge biblica, la restituzione infatti, a), deve essere richiesta dalle corti di giustizia a tutti i trasgressori della legge, ma ancor di più, b), è lo scopo e la direzione della legge nella sua interezza, la restaurazione dell’ordine di Dio, una creazione buona e gloriosa che serve e glorifica il suo Creatore. Inoltre, c), la corte e la legge sovrana di Dio opera nei termini della restituzione tutto il tempo, a maledire la disobbedienza per ostacolare così la sua sfida a, e la devastazione dell’ordinamento di Dio, e per benedire e far prosperare l’obbediente restaurazione dell’ordinamento di Dio. L’affermazione di Malachia concernente la decima, per tornare alla nostra illustrazione, implica questo, e di fatto, lo dichiara esplicitamente: sono colpiti di maledizione” per aver derubato Dio delle sue decime. Per questo i loro campi non sono produttivi, visto che lavorano contro il proposito restitutivo di Dio. Obbedienza alla legge di Dio della decima, onorare Dio anziché derubarlo, farebbe diluviare benedizioni sul suo popolo. la parola “diluvio” è appropriata: l’espressione “se io non vi aprirò le cateratte del cielo” richiama il Diluvio (Ge. 7:11) il quale era un esempio centrale di una maledizione. Ma lo scopo delle maledizione è anche la restituzione: la maledizione previene il malvagio dal rovesciare l’ordine di Dio. Gli uomini della generazione di Noè furono distrutti nelle loro malvagie immaginazioni, mentre cospiravano contro l’ordinamento di Dio (Ge. 6:5), in ordine di istituire il procedimento di restaurazione per mezzo di Noè.
Ma per tornare alla nostra illustrazione originale della legge biblica: “Tu non ruberai”, il Nuovo Testamento illustra la restituzione dopo l’estorsione nella forma di ingiusta tassazione nella persona di Zaccheo (Lc. 19: 2-9), che fu pronunciato un uomo salvato dopo aver dichiarato la sua intenzione di fare piena restituzione. La restituzione è chiaramente in prospettiva nel Sermone sul Monte (Mt. 5: 23-26). Secondo uno studioso:
In Efesini 4. 28, san Paolo mostra come dovesse essere esteso il principio della restituzione. Chi rubava, non solo deve cessare dal rubare, ma deve lavorare con le proprie mani in modo da poter restituire ciò che aveva maltolto, ma nel caso in cui le vittime non si trovassero, la restituzione doveva essere fatta ai poveri.3
Questo fatto della restituzione o restaurazione è descritto nella sua relazione a Dio in tre modi. Primo, c’è la restituzione o restaurazione della sovrana parola-legge di Dio per proclamazione. San Giovanni Battista, con la sua predicazione restituì la parola-legge alla vita del popolo di Dio. Gesù lo dichiarò in questo modo: “E Gesù rispose loro. dicendo. ‘Elia veramente deve venire prima e ristabilire ogni cosa. Ma io vi dico che Elia è già venuto ed essi non l’hanno riconosciuto’” (Mt. 17: 11-12). C’è poi, secondo, la restituzione che viene sottomettendo tutte le cose a Cristo e stabilendo un ordinamento pio sul mondo (Mt. 28:18-20; 2 Co. 10:5; Riv. 11:15, ecc.). Terzo, con la seconda venuta c’è la totale, finale restituzione che viene con la seconda venuta, e verso la quale si muove la storia; la seconda venuta è l’atto totale e culminante piuttosto che il solo atto dei “tempi della restaurazione” (At. 3:21).
Il patto di dio con Adamo richiedeva che egli esercitasse il dominio sulla terra e la rendesse soggetta (Ge. 1:26 ss) sotto Dio e in accordo con la parola-legge di Dio. Questa relazione dell’uomo con Dio era un patto (come si deduce da Osea 6:7).
Ma tutte le scritture procedono dalla verità che l’uomo è sempre posto in relazione pattizia con Dio. Tutti i rapporti di dio con Adamo in paradiso presuppongono questa relazione: poiché Dio parlava con Adamo e si rivelava a lui, ed Adamo conosceva Dio nella brezza del giorno. inoltre, la salvezza è sempre presentata come l’istituzione e la realizzazione del patto di Dio …
…questa relazione pattizia non deve essere concepita come qualcosa di accidentale, come un mezzo per un fine, come una relazione che fosse stata stabilita per via d’un accordo, ma come una relazione fondamentale nella quale Adamo stava a Dio in virtù della sua creazione.4
Il ristabilimento di quella relazione pattizia fu opera di Cristo, la sua grazia al suo popolo eletto. Il compimento di quel patto è il loro grande mandato: sottomettere tutte le cose e tutte le nazioni a Cristo e alla sua parola-legge.
Il mandato creazionale fu precisamente la richiesta che l’uomo si assoggettasse la terra ed esercitasse su di essa il dominio. Non c’è una parola delle Scritture che indichi o implichi che questo mandato sia mai stato revocato. C’è ogni parola nelle Scritture che dichiara che questo mandato deve essere e sarà compiuto, e “la Scritture non può essere annullata” secondo Gesù (Gv. 10:35). Quelli che cercano d’annullarla saranno essi stessi annullati.5
Note:
1 Giorgio Del Vecchio: Justice, An Historical and Philosophical Essay; ed. con note addizionali di A.H. Campbell; Edimburgo: edimburgh University Press, 1956 [edizione italian 1924, 1952], p. 2.
2 Vedasi, per uno studio di questo concetto, Dr. Stephen Schafer: Restitution to Victims of Crimes; Londra. Stevens and Sons; Chicago: Quadrangle Books, 1960.
3 John henry Blunt, editore: Dictionary of Doctrinal and Historical Theology, Londra. Longmans, Green, 1891, p. 645.
4 Herman Hoeksema, Reformed Dogmatics, Grand Rapids. Reformed Free Publishing Association, 1966, p. 221s.
5 H. de Jongste e J.M. van Krimpen: The Bible and the Life of the Christian, p. 27 lo riconosce: “Quel mandato non è mai stato revocato2 e poi procedono a revocarlo con le loro supposizioni amillennialista prevedendo la revoca del mandato col trionfo dell’anti-Cristo: “non c’è spazio per l’ottimismo: verso la fine, negli accampamenti del satanico e dell’anti-Cristo, la cultura s’ammalerà, e la chiesa anelerà ad essere liberata dalle sue sofferenze” (p. 85). Ma questa è una definizione dell’anti-Cristo mitica e non biblica, che, secondo san Giovanni, è semplicemente chiunque, presente fin dal principio, che nega il Padre e il Figlio (1 Gv. 2:22; 4:3; 2 Gv. 7). Ascrivere a questi negatori il ruolo di dominio e potere finale è senza sostegno nella bibbia.