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Guida divina per la comprensione del libro dell’Apocalisse – Parte 13

Di Phillip G. Kayser, sermone del 23/08/2015

Parte della serie “Progetto Apocalisse”

Questo sermone tratta della natura, dell’inizio e della crescita del regno.


Leggiamo Apocalisse 1, versi da 9 a 11:

9 Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione e nel regno e nella costanza in Cristo Gesù, ero nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù Cristo. 10 Mi trovai nello Spirito nel giorno del Signore e udii dietro a me una voce, forte come una tromba, 11 che diceva: «Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette chiese: a Efeso, a Smirne, a Pergamo, a Tiatiri, a Sardi, a Filadelfia e a Laodicea»[1].

 

Introduzione

A mio avviso, quelli che ci ritroviamo a vivere oggi sono tempi a dir poco entusiasmanti. Numerosi studi, nel definire il nostro tempo, usano l’espressione “generazione esponenziale”. Esponenziale – spiegato terra terra – vuol dire che, rappresentando la crescita di un qualsiasi fenomeno in un diagramma a linee, il tasso di cambiamento inizia ad un certo punto ad aumentare così velocemente che la linea pare quasi diventare verticale. Un buon esempio di una tale curva esponenziale è possibile ammirarlo considerando un qualsiasi grafico rappresentante la crescita della popolazione mondiale a partire dal 1300 fino ad oggi: vediamo come a cavallo tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX la linea inizi ad impennarsi e a salire inesorabilmente senza interruzione.

Ma crescite esponenziali di questo tipo si riscontrano oggi ormai davvero in tanti ambiti: sia che si guardi all’accelerazione della velocità dei chip dei computer (legge di Moore), alla tecnologia in generale (legge di Kurzweil) oppure all’incredibile crescita del volume di informazioni disponibili, dei trasporti, delle comunicazioni, del PIL mondiale, ecc., ecc. Tutti questi esempi mostrano una forte curva ascendente proprio negli anni della nostra generazione.

Ebbene, lo stesso vale anche per gli effetti dell’evangelizzazione: la curva ascendente della crescita negli ultimi cento anni è sorprendente, negli ultimi cinquanta è sbalorditiva e nell’ultimo decennio è quasi incredibile. Eppure, confrontandovi con il cristiano occidentale medio, che solitamente si informa poco rispetto a quanto accade nel resto del mondo, beh, potreste ricavarne un quadro alquanto sconfortante circa lo stato della chiesa. Non di rado l’impressione generale è quella che le cose per il cristianesimo stiano peggiorando sempre di più. Nulla può essere, però, più lontano dalla realtà e alla fine di questo sermone spero di potervi lasciare una rinnovata visione delle cose: c’è da essere, infatti, davvero fiduciosi per quel che riguarda l’espansione e l’affermazione della fede cristiana nel mondo.

Quando ero in India ho trovato interi villaggi di Dalit – degli appartenenti alla casta più bassa ed oppressa – convertitisi al cristianesimo, villaggi che erano indù al 100% non più di vent’anni fa. Dio sta compiendo un’opera straordinaria in quella nazione portando milioni e milioni di persone a Cristo. E lo stesso accade pure in altre parti dell’Asia, come pure dell’Africa. Sessant’anni fa, la chiesa in cui lavoravano i miei genitori in Etiopia costituiva una minoranza minuscola, in difficoltà e perseguitata. Ora delle due tribù presenti in quella particolare regione più del 90% ha abbracciato la fede cristiana evangelica. E questo risultato sorprendente è stato raggiunto dopo appena una generazione e mezza! Un mio amico etiope mi ha raccontato di recente come ormai non si possa neppure camminare per un chilometro e mezzo senza ascoltare musica cristiana, senza imbattersi in gente che si scambia saluti tipicamente cristiani e senza vedere chiese, insegne di locali e negozi cristiani o altre prove tangibili di una cultura cristiana in piena espansione. Insomma, si tratta di un fenomeno inarrestabile e pervasivo, ed interessa anche molti altri paesi del continente africano.

Anche la chiesa in America Latina è ormai da molti anni in costante crescita: secondo il Pew Forum dal 1900 è cresciuta dell’877%. Negli ultimi sessant’anni la chiesa cinese è passata da un milione scarso a circa settanta milioni. Negli ultimi dieci anni in Medio Oriente sono diventati cristiani più musulmani che negli ultimi 1500 anni messi insieme. Sì, certo, le notizie che hanno a che fare con l’ISIS e con il terrorismo islamico continuano magari pure a farla da padrone, ma il numero di musulmani che si converte al cristianesimo continua ad essere davvero sorprendente e non può essere ignorato. Insomma, si tratta di qualcosa di straordinario. Dando un’occhiata al grafico di Operation World (presente nella trascrizione) è possibile constatare come quasi ogni paese del mondo, ad eccezione di quelli del Vecchio Continente, del Canada, degli Stati Uniti e del Giappone, stia sperimentando una crescita per quel che riguarda la fede evangelica superiore alla crescita demografica. E questo tipo di trend coincide proprio con quanto ci si aspetterebbe credendo di essere in una fase storica in cui il regno di Dio sia una realtà già stabilmente avviata. Non trovate?

Ricorderete – la settimana scorsa abbiamo visto come Apocalisse 1:9 mostri la tribolazione, il regno e la costanza rappresentare un’unità d’insieme, un pacchetto indivisibile che Giovanni, in quanto compagno, condivide con i santi destinatari dei suoi scritti.

E ciò ci porta direttamente ad enunciare e ad approfondire il nostro trentunesimo principio ermeneutico.

 

Il principio n. 31 dice: quando Giovanni scrive l’Apocalisse il regno è già iniziato (v. 9b); regno, tribolazione e costanza sono da vedersi come elementi coesistenti l’uno a fianco dell’altro già a quel tempo (v. 9). Vi sono, tuttavia, alcuni aspetti del regno che si dispiegano nel futuro prossimo di Giovanni (vedi Apocalisse 12:10).

Cosa ci si dovrebbe aspettare durante il regno?

Quindi, il regno era già stato inaugurato al tempo in cui Giovanni scrive il suo libro e, naturalmente, anche per noi continua ad essere una realtà attuale, nonché in piena evoluzione. Cosa implica tale verità? Cosa dovremmo aspettarci da un regno che è già adesso una realtà presente e tangibile, e non qualcosa che, come molti cristiani prospettano, piomberà nella storia del prossimo futuro in maniera improvvisa ed irruenta?

Dobbiamo aspettarci di vedere molta tribolazione ed ostilità da parte di Satana (v. 9b)

Ebbene, la settimana scorsa abbiamo visto che dovremmo aspettarci di vedere molta tribolazione ed ostilità da parte di Satana, soprattutto nelle fasi iniziali del regno. Se davvero stiamo combattendo opponendoci a Satana, beh, faremmo meglio a credere che egli reagirà. È, infatti, quanto apprendiamo da Apocalisse 12: l’avversario è furioso perché sta perdendo e ci si scaglia contro.

Atti 14:22 dice della chiesa del I secolo: “È necessario che attraverso molte tribolazioni noi entreremo nel regno di Dio [chi è il “noi”? Giovanni e i suoi ascoltatori, per esempio, insieme a tutti i santi di quel tempo]”[2]. Perché la tribolazione per l’inizio del regno fu cosa necessaria? Beh, semplicemente perché Dio aveva stabilito che così sarebbe accaduto. Lo aveva annunciato in Daniele 7, Daniele 8, Daniele 9, in Isaia 9, come pure in molti altri passaggi. Insomma, la tribolazione e l’inizio del regno sono stati stabiliti come elementi compatibili l’uno con l’altro. Ecco perché Paolo dice: “È necessario che attraverso molte tribolazioni noi entreremo nel regno di Dio”. Inoltre, quando il regno di Dio avanza, c’è sempre un contraccolpo da parte del regno di Satana – fino al punto in cui questo non viene completamente conquistato.

Dobbiamo aspettarci di confrontarci con la necessità della perseveranza (v. 9c)

Dal versetto 9 apprendiamo pure come dovremmo aspettarci di confrontarci con la necessità della costanza, della perseveranza. Laddove nel mondo prevalgano una teologia ed un cristianesimo dai tratti flaccidi e cadenti, la fede è destinata inesorabilmente a diminuire ed eventualmente ad estinguersi. Il capitolo 2 di Apocalisse è abbastanza chiaro rispetto a tale rischio: Dio è disposto ad estirpare la presenza cristiana da un’intera regione piuttosto che lasciare che quella regione continui ad essere inquinata da una chiesa recante una pessima testimonianza. Vediamo, infatti, come Dio minacci di rimuovere l’intera chiesa da Efeso in mancanza di ravvedimento da parte dei santi di quella regione. Beh, stando le cose in tal modo, non pensate dunque che le chiese del Nord America o dell’Europa si trovino a questo punto della storia davvero in grossi guai? Apocalisse 2 mette in chiaro come qualsiasi chiesa assomigli a quella di Efeso sia probabilmente vocata all’estinzione, a meno che non ci sia pentimento. Il regno di Dio, infatti, richiede di continuo una seria applicazione alla costanza e al duro lavoro da parte nostra. Perseveranza e lotta sono elementi imprescindibili per i veri seguaci di Cristo Re.

L’idea dispensazionalista secondo cui ad un certo punto nel prossimo futuro il regno verrà stabilito improvvisamente dal solo Cristo – senza, quindi, alcuna partecipazione da parte della chiesa – è una visione distorta della natura e del funzionamento del regno. Quando Gesù predicò il Vangelo del Regno, cosa chiedeva? Chiedeva pentimento, sacrificio ed impegno totale, con l’obiettivo di radunare un esercito che mettesse il mondo sottosopra. Il fatto è che il cristianesimo o va avanti o va indietro. In Nord America e in Europa si sta andando indietro; nella maggior parte del mondo, invece, il regno avanza. Perché? Perché, a quanto pare, i cristiani in quei paesi sono disposti a soffrire e sopportare i contraccolpi della resistenza satanica. Cristiani così sono ciò che l’Apocalisse definisce vincitori.

Dobbiamo aspettarci di vedere la Parola di Dio andare oltre Israele e penetrare nel paganesimo (v. 9d)

Una terza cosa che dovremmo aspettarci, se il regno è davvero una realtà del nostro tempo, è vedere la Parola di Dio oltrepassare i confini di Israele penetrando efficacemente nei reami del paganesimo. Ciò non accadde al tempo in cui Gesù era qui sulla terra (a parte un paio di rare eccezioni). Durante i tre anni del suo ministero terreno egli disse di esser stato mandato solo alle pecore perdute della casa di Israele (Matteo 15:24). Quello era (quasi) il suo focus esclusivo; non aveva ancora intenzione di addentrarsi nel mondo dei gentili. L’obiettivo era quello di metter su un “esercito di Gedeone” composto di credenti giudei che potessero poi svolgere quel lavoro nel mondo intero. Insomma, il regno era vicino, ma non era ancora arrivato.

Ma l’Antico Testamento aveva profetizzato che, una volta avvenuta la Pentecoste, tutto sarebbe cambiato: la missione si sarebbe rivolta finalmente anche al resto del mondo. Come mai, infatti, in Apocalisse 1:9 vediamo Giovanni trovarsi nell’isola-prigione di Patmos? Si tratta di un luogo piuttosto distante da Israele. Perché si trovava tanto lontano da casa? Beh, prendiamo questo come indizio del fatto che la testimonianza della fede in questa fase evolutiva del regno avesse superato i confini di Israele cominciando ad irradiarsi nel mondo dei gentili impattando grandemente sulle loro società.

Dobbiamo aspettarci di vedere le cause legali pattizie di Cristo avere un impatto sulle nazioni (v. 9e)

Il verso dice: “…ero nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù Cristo”. Capiamo, quindi, come per la sua opera di diffusione della parola-legge di Dio nella cultura romana e al clamore che questa aveva prodotto nella società, Giovanni era finito prigioniero di Roma, confinato su un’isola del Mediterraneo in un campo di prigionia romano. Si trovava lì, dice il verso, anche a causa della testimonianza di Cristo, ovvero della causa legale pattizia condotta da Gesù come registrata nel suo Vangelo (il Vangelo di Giovanni per l’appunto). Anche questo aveva evidentemente creato ogni sorta di problema nell’Impero. Insomma, quanto Giovanni aveva proclamato, il suo messaggio del regno, aveva avuto un grande impatto sulla società romana procurandogli allo stesso tempo guai seri.

Non servirà che dica altro su questa porzione del verso 9. Non presenta nessun principio nuovo. Vale, tuttavia, come ulteriore prova a sostegno del principio n. 12 (“l’Apocalisse è da vedersi come un procedimento giudiziario intentato contro la chiesa, Israele e Roma”). In ogni caso… Dalle profezie dell’Antico Testamento sappiamo come, una volta inaugurato il regno, iniziano a verificarsi tribolazioni e conflitti anche in tante altre nazioni del mondo. E Apocalisse 7:9, con la sua immensa folla di martiri di tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue, conferma proprio questa diffusa ostilità al regno da parte delle nazioni.

Dobbiamo aspettarci di vedere l’espansione del governo di Cristo (Isaia 9:5-7)

Cos’altro possiamo aspettarci da un regno già inaugurato e adesso in continua espansione? Ebbene, Isaia 9 ci indica altre due cose. Leggiamo i versetti da 5 a 7:

Poiché un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato [e da ciò capiamo di essere qui nel I secolo, no? Ovvero quando Gesù nasce]. Sulle sue spalle riposerà l’impero, e sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace. Non ci sarà fine all’incremento del suo impero e pace sul trono di Davide e sul suo regno, per stabilirlo fermamente e rafforzarlo mediante il giudizio e la giustizia, ora e sempre. Questo farà lo zelo dell’Eterno degli eserciti.

Il regno di Cristo, capiamo da questo meraviglioso brano, è destinato a godere di una continua crescita. E sono due le cose che vengono specificamente messe in risalto: la portata del governo di Cristo e l’incremento della pace. Ed effettivamente entrambe le cose non hanno smesso di aumentare negli ultimi duemila anni. Ora, dinnanzi a tale prospettiva, capisco bene, abbonda lo scetticismo – molti cristiani oggi usano mettere in dubbio tale verità. Il declino della fede cristiana in Occidente fa sì che in molti perdano fiducia rispetto ad un incremento senza sosta del regno di Dio o addirittura rispetto al fatto che questo possa essere una realtà presente. Tuttavia, è impossibile non notare che proprio nel momento in cui la fede nei paesi occidentali va scemando, cresce invece in maniera esponenziale in molte altre regioni del mondo. Come già accennato, dal grafico di Operation World apprendiamo come ad oggi nella maggior parte del mondo il tasso di crescita del cristianesimo evangelico sia maggiore della stessa crescita demografica. Di contro, laddove i dati statistici indichino un cristianesimo in crisi, è evidente che la chiesa non disponga più di una teologia e di un carattere utili alla sopravvivenza della testimonianza nel paese. La costanza e la perseveranza non rappresentano soltanto le chiavi per la santificazione personale; sono indispensabili anche per la santificazione culturale di un’intera nazione.

Dobbiamo aspettarci di vedere l’espansione della shalom (Isaia 9:5-7)

E che dire dell’incremento della pace? Isaia 9 promette che anche questa andrà aumentando senza sosta. Poiché la parola ebraica per “pace” (shalom) consiste nel recupero e nella riqualificazione di tutto ciò che era andato perduto e si era rovinato con la Caduta, adesso che il regno di quel Dio, che con potenza proclama la sua pace, è attivamente in espansione, non possiamo che aspettarci di vedere come con il passare del tempo vadano stabilendosi miglioramenti continui in ogni ambito. Non pensate che gli ultimi duemila anni di storia abbiano visto l’espansione della shalom? Ho iniziato il sermone con alcune illustrazioni di espansione della pace parlando della nostra “generazione esponenziale”. Adesso, però, mi piacerebbe offrirvi ulteriori esempi.

Ho passato in rassegna numerosi grafici sulla mortalità infantile in tutto il mondo negli ultimi cinquanta, cento e cinquecento anni ed ognuno di questi mostra un costante miglioramento dei dati. Ovviamente, anche in questo caso, quelli relativi alla nostra generazione presentano la tendenza al rialzo più marcata per quel che riguarda la salute e la sopravvivenza dei bambini.

C’è stato un miglioramento nei diritti delle donne negli ultimi duemila anni? Assolutamente sì. Miglioramenti fenomenali sono stati registrati in ambito tecnologico, per quel che riguarda la libertà economica e politica, le condizioni di lavoro (la schiavitù), l’istruzione, la ricchezza pro capite, la riduzione della povertà, l’assistenza medica, la mobilità globale, la comunicazione, la produzione e diffusione di letteratura (compresa quella cristiana – oggi facilmente stampabile e non più faticosamente da scrivere a mano), ecc., ecc., ecc.

Nel libro di Lorraine Boettner, The Millennium, c’è un capitolo intitolato “Il mondo sta migliorando”. Ricordo che, quando avevo vent’anni, la mia escatologia pessimistica faceva sì che trovassi il titolo di questa sezione del libro particolarmente irritante. Trovavo l’idea di un progressivo miglioramento semplicemente fuori posto in un mondo in cui tutti sembravano essere d’accordo di come le cose stessero peggiorando di anno in anno in maniera decisa ed incontrovertibile.

La verità è che la situazione stava peggiorando sempre di più negli ultimi giorni dell’Antico Patto, un tempo particolare caratterizzato dall’apostasia nella chiesa e dalla disintegrazione della famiglia. Ma quella terribile tendenza allo sfacelo venne arrestata ed invertita nel 70 d.C., con l’inizio dell’era del Nuovo Patto. L’interessante libro di Boettner documenta proprio questo attruale e costante aumento della shalom di Dio in tutto il mondo man mano che il cristianesimo si espande e cresce in tutto il mondo. Una manifestazione notevole di questa shalom –indicante tra l’altro proprio uno dei suoi possibili significati, nonché traduzioni (una parola, come visto qualche tempo fa, densissima di significato) – è quella che riguarda la salute. E ogni grafico illustrante i progressi conseguiti nel corso della storia in campo medico mostra miglioramenti davvero sbalorditivi.

Anche i dati raccolti in giro per il mondo riguardanti le morti in eventi bellici fanno molto riflettere. La settimana scorsa mi è capitato di ricevere un articolo trattante proprio questo argomento, un articolo pubblicato dal World Revival Network. Ad essere sincero, inizialmente non ero sicuro di riuscire a credere davvero alle statistiche dei vari grafici riportati nel pezzo. Tuttavia, approfondendo ulteriormente la tematica, ho potuto raccogliere importanti e sorprendenti conferme. Per esempio, un altro articolo apparso sul Wall Street Journal, scritto dal Dr. Steven Pinker – autore vincitore del premio Pulitzer e professore di Harvard – dice:

Che ci si creda o meno, il mondo del passato era un luogo di gran lunga peggiore. La violenza è in declino da migliaia di anni e oggi potremmo dire di vivere nell’era più pacifica nell’esistenza della nostra specie. Questo declino, a dire il vero, non si è verificato in modalità semplici e tranquille; non ha portato la violenza ad essere eliminata del tutto e non è garantito che continui. Nondimeno, si tratta di uno sviluppo storico persistente, visibile su scale che vanno dai millenni agli anni… Questa affermazione, lo so, invita allo scetticismo, all’incredulità… Il fatto è che ci saranno sempre abbastanza morti violente da riempire i notiziari della sera; quindi, le impressioni della gente sulla portata reale della violenza nel mondo saranno sempre disconnesse dalla sua effettiva probabilità[3].

Pinker alla fine, riassumendo le evidenze statistiche del suo articolo, ribadisce ancora una volta: “La violenza è ormai in declino da migliaia di anni…”. Ora, personalmente, trovo che i grafici riportino dati non propriamente corretti nel momento in cui si tiene l’aborto escluso dal computo dei morti e purtroppo non mi pare di aver visto nessuna statistica tenerne conto. E, difatti, sono persuaso di come le pratica di aborto del nostro tempo siano da considerare in assoluto la campagna più violenta e feroce mai messa in atto contro l’umanità.

Detto ciò, le statistiche la dicono lunga: con il passare del tempo, i numeri delle morti a causa di guerre o altre forti manifestazioni di violenza si sono effettivamente ridotti. Chiaramente verrebbe naturale obbiettare: “D’accordo, ma allora che dire delle terribili guerre mondiali del secolo scorso?”. Beh, certo, è vero che sono stati eventi sconvolgenti; tuttavia, sul piano demografico non hanno avuto ripercussioni esagerate. Cali demografici piuttosto significativi sono stati purtroppo registrati in seguito alle purghe di Mao Tse Tung e quelle di Stalin – due dittature che hanno segnato un periodo davvero orribile della storia recente. Una delle cose che, però, ha fatto sì che sviluppassi una corretta prospettiva per quel che concerne il dato delle perdite umane in occasione di eventi bellici e militari di ogni tipo è stato cercare tutti i passaggi della Bibbia che hanno a che fare con guerre e battaglie, e che forniscono informazioni sui caduti. Il risultato di questa mia ricerca è stato sconcertante. Giusto per fare alcuni esempi: in un giorno solo Davide fu capace di uccidere oltre 40.000 cavalieri siriani, come apprendiamo da 2 Samuele 10:18. In 1 Re 20:29 leggiamo come l’esercito di Israele fece cadere ben 100.000 fanti siriani, anche questa volta in un sol giorno. In 2 Re 19:35, in occasione di un’altra battaglia, ci viene raccontato come l’angelo dell’Eterno uccise in una notte ben 185.000 uomini. E di esempi di questo tipo, dai numeri da capogiro, ve ne sarebbero ancora moltissimi.

Ad ogni modo, l’articolo del World Revival Network[4] poc’anzi menzionato (che potreste leggere voi stessi al link che trovate nella trascrizione) esamina, oltre i morti per guerra, anche dati sulla povertà, sulla salute, sull’aspettativa di vita e sulla criminalità a livello globale. Il quadro generale che se ne ricava potrebbe essere una sorpresa per alcuni: le cose non stanno peggiorando sempre di più nel mondo; l’esatto contrario è vero.

Ho una serie di video che documentano cambiamenti sorprendenti anche in ambiti più quotidiani ed ordinari. È molto interessante, ad esempio, constatare come le pratiche colturali ed agricole in regioni in cui il cristianesimo ha iniziato a prender piede, conquistando la cultura dei popoli, risultino più efficienti e produttive. Vi è il caso di una regione del Guatemala con una massiccia ed inedita presenza cristiana, che ha vissuto negli ultimi anni notevoli miglioramenti nel settore primario, presentando in particolare un’eccelsa qualità dei propri prodotti agricoli, sconosciuta in precedenza, tanto da spingere numerosi studiosi a condurre minuziose ricerche sulle dinamiche biologiche riguardanti il suolo e le tecniche colturali di quella zona. Beh, che dire, questo tipo di storie mal si concilierebbe con tutte le visioni escatologiche pessimistiche. Se queste fossero vere, allora non ci si potrebbe aspettare davvero alcun miglioramento in nessun ambito. Però, se il regno è una realtà già presente e tangibile, allora come non aspettarsi di vedere e sperimentare la shalom di Dio avanzare sempre più in ogni area di vita, con una traiettoria storica che punti sempre con maggiore decisione e chiarezza ad una terra rassomigliante quella dei capitoli da 20 a 22 dell’Apocalisse? È proprio lì, verso quella pienezza e completezza, che il regno di Dio si dirige inarrestabilmente.

E giacché quella traiettoria mostra alla fine famiglie, tribù e nazioni che camminano alla luce del Vangelo, possiamo e dobbiamo aspettarci con il passare del tempo di essere testimoni della conversione a Cristo di sempre più famiglie, clan, tribù e persino di intere nazioni. E c’è da dire come la storia, in realtà, abbia già assistito a più riprese a questo tipo di conversioni.

Durante i suoi primi quattrocento anni la chiesa si è impegnata nella conquista dell’Impero romano riuscendo a penetrare e a vincere per Cristo diversi gruppi e categorie di persone. Ma nei successivi quattrocento anni ci fu un progresso ben maggiore, che vide la cristianizzazione di intere tribù barbare. I successivi quattrocento anni videro numerose tribù di Vichinghi far propria la fede cristiana impegnandosi poi loro stesse nell’evangelizzazione.

E questo fenomeno, ossia quello relativo a conversioni di massa, è diventato ancora più comune negli ultimi cinquecento anni, con picchi notevoli negli ultimi cinquanta. E negli ultimi dieci mi è capitato di imbattermi veramente in un gran numero di casi di questo tipo. Nei libri sulle missioni se ne parla adoperando l’espressione inglese people movements. In pratica accade come un intero clan, una tribù o, comunque, un qualsiasi altro gruppo omogeneo di persone diventi cristiano in un periodo di tempo molto breve. In effetti, tale fenomeno è così tanto cresciuto nella storia recente che sono stati scritti interi libri per cercare di capirne le dinamiche. E leggendo queste opere è improvvisamente possibile capire come mai il Grande Mandato parli di battezzare le nazioni. In uno di questi saggi si dice: “Gli occidentali individualisti non riescono a capire senza uno sforzo particolare com’è che popoli diventino cristiani”[5]. Un altro esperto di missiologia, nel descivere le dinamiche dei people movements, registra come le reazioni occidentali a questo fenomeno siano dominate da grande sconcerto; egli afferma: “A volte è difficile per gli occidentali individualisti rendersi conto di come in molte società cosiddette ‘faccia a faccia’ le decisioni di natura religiosa vengano prese collettivamente”[6].

Chi sa a quanti di voi sia capitato di aver letto il libro Peace Child o di averne visto il film? Si tratta di un documentario su due missionari, Don e Carol Richardson, e sul loro lavoro nelle giungle del Pacifico sud-occidentale, presso un gruppo indigeno detto Sawi. Per secoli, le tribù di questo gruppo avevano vissuto come guerrieri cannibali in costante lotta l’una con l’altra. Sprovvisti della parola e del concetto stesso di Dio, la loro religione è stata lungamente e funestamente dominata da numerosi demoni malevoli, oltre che dal culto per gli spiriti dei propri defunti – questo almeno finché la Buona Novella presentata loro non li portò in gran numero a Cristo negli anni Settanta. Tante tribù sawi si convertirono e furono battezzate praticamente nello stesso periodo, con molte di quelle conversioni rivelatesi in seguito autentiche. Oggi quel popolo è irriconoscibile: la sua intera cultura è stata completamente trasformata dal cristianesimo. Che dire, eccovi un meraviglioso esempio di nazioni battezzate secondo Matteo 28:19. Insomma, questo tipo di storie sarebbe proprio quanto ci si aspetterebbe pensando di essere già nel tempo del regno.

E storie di questo tipo potremmo menzionarne ancora tante. Abbiamo un recente caso in cui in Indonesia 100.000 musulmani sono stati conquistati a Cristo in un periodo di tempo molto breve. Nel nord di Sumatra c’è il people movement dei Batak. Nell’isola di Nias, appena al largo della costa di Sumatra, si è verificata non tanto tempo fa una meravigliosa conversione di massa che ha portato in brevissimo tempo il numero di cristiani da 0 a 102.000. Conversioni di intere tribù si sono verificate nelle isole Molucche, Sangi e Talaud. Comprese le isole del Pacifico che negli ultimi decenni hanno visto la cristianizzazione di molti gruppi tribali, come i Malas, i Madigas, i Nagas, i Garas, i Mahars, i Bhils e tanti altri. Il fatto è che, quando pensiamo al regno di Cristo, dovremmo finalmente sforzarci di non farlo soltanto in termini di Europa e Nord America; sarebbe, infatti, cosa davvero entusiasmante iniziare a percepire l’espansione del regno a livello globale.

Galati 3:8 menziona la promessa che venne destinata ad Abramo: “In te tutte le nazioni saranno benedette”. E questa promessa rappresenta l’apice e la meta dell’Apocalisse. Quindi, il regno era già iniziato al tempo in cui Giovanni si mette a scrivere l’ultimo libro della Bibbia e culmina con la shalom alla fine meravigliosamente dispiegatasi in tutto il mondo. Troviamo la parola pace, infatti, scritta di frequente negli ultimi capitoli del libro. E noi oggi ci ritroviamo a vivere in tempi di crescita esponenziale davvero molto entusiasmanti, sulla stessa traiettoria storica di quel regno in espansione. Certo, la strada da percorrere è ancora lunga; tuttavia, la storia recente pare essere stata caratterizzata da una gran bella accelerazione della shalom – del riordino di tutte le cose in Dio.

Quando iniziò esattamente il regno di Gesù nella storia? È cruciale soffermarsi e comprendere le distinzioni tra vari aspetti ed elementi costitutivi del regno: 1) la vicinanza del regno (Luca 10:9,11), 2) il Re e il potere del suo regno venuto (Matteo 12:28; Luca 17:21), 3) il popolo del regno (Matt. 21:43; Luca 18:16; Col. 1:13), 4) il territorio del regno (Luca 19:12,15; 21:31; Marco 9:1; Atti 14:22), 5) l’avanzamento del regno (Matteo 13; Luca 11:2) e la fusione del regno redentivo di Cristo con il regno eterno di Dio (Matteo 25:34; 1 Corinzi 15:24).

Quindi, prima di concludere, vorrei contribuire alla risoluzione di alcuni grossi dubbi che impediscono a molti cristiani di credere ed abbracciare una prospettiva biblicamente fondata del regno di Dio. Nel Nuovo Testamento ci confrontiamo con diversi brani che parlano di un regno che ha da venire nel futuro – ovvero in un futuro prossimo al tempo in cui quegli scritti venivano elaborati e diffusi; quindi, attenzione, non certo nel nostro futuro. Riflettere su questi passaggi potrebbe portare gli scettici a chiedersi: “Ma se il regno fosse già venuto, come mai allora viene ancora? Se davvero fosse da intendere come una realtà già presente, come mai con la preghiera del Padre Nostro chiediamo di continuo ‘venga il tuo regno’? Inoltre, perché alcuni versetti indicano che il regno sarebbe stato istituito dopo la tribolazione?”.

Riuscendo a risolvere tali dubbi, potremmo far sì che le posizioni di diverse fazioni escatologiche giungano ad una proficua sintesi. Gli amillennaristi tendono a concentrarsi sui versetti che si riferiscono al regno di Dio come ad una realtà da sempre presente. I premillenaristi, di contro, tendono a concentrarsi sui versetti che parlano del futuro del regno.

Allora, poniamoci la domanda: “Quando è iniziato il regno di Cristo?”. Alcuni amillennaristi pensano che non sia mai iniziato. Dicono: “Il regno è una realtà eterna. Non inizia, non cresce e non finisce”. E in un certo senso ciò è vero. La terra, insieme a tutto ciò che essa contiene, è eterna possessione del Signore ed egli governa sovranamente su ogni cosa. Il sole, la luna e le stelle fanno parte del suo regno, così come pure le coccinelle e i lombrichi. Non esiste una singola molecola di questo universo al di fuori del regno di Dio – nulla sfugge al dominio del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Ma per quanto ciò sia vero, le seguenti domande sussistono ancora: “Come mai allora preghiamo ‘venga il tuo regno’? Come prendere tutti quei versi che parlano di un regno vicino e prossimo? Perché Daniele 2 predice la venuta del regno di Cristo dicendo: ‘Al tempo di questi re, il Dio del cielo farà sorgere un regno, che non sarà mai distrutto…’?” A me pare evidente che qualcosa abbia avuto inizio. Inoltre, il contesto delle scritture non manca di render chiaro come questo inizio sia avvenuto nel I secolo. Se il regno è eterno, come mai Apocalisse 11:15 dice che il regno del mondo passa al nostro Signore e al suo Cristo in occasione della settima tromba – cioè, nel 70 d.C.?

Nella trascrizione di questo sermone è presente un grafico che ho creato con l’obiettivo di render chiara l’importante distinzione tra il regno eterno di Dio (che non ha inizio, incremento e fine) e il regno redentivo governato dal nostro Signore Gesù Cristo. Prendere atto di tale distinzione è davvero cruciale, poiché risolve all’istante le apparenti contraddizioni poste da diversi brani riguardanti il regno e la sua natura.

Tuttavia, capisco come, anche dopo aver ben compreso tale distinzione, possano comunque persistere tutta una serie di dubbi. Ad esempio: quand’è che ha avuto inizio il regno di Gesù? È questo un quesito capace di suscitare numerose controversie. Ci sono alcuni brani che sembrano suggerire come il regno fosse presente già durante il ministero terreno di Cristo. Altri sembrano indicare che tutto ebbe inizio con la sua ascensione alla destra del Padre – dopo che egli prese posto sul suo trono. Altri passaggi ancora sembrano, invece, lasciare intendere come l’inizio del regno avvenne dopo la tribolazione e dopo la guerra dei sette anni. Insomma, quale posizione è corretta?

Allora, lasciate che provi a spiegarvi come, in realtà, tutte loro lo siano. E farò ciò considerando i tipi e le ombre fornitici dall’Antico Testamento. Facciamo così: diciamo che l’auditorium dove siamo radunati oggi con le sue tre sezioni di banchi, le tre navate di questa sala, rappresenta tre periodi distinti all’inizio della storia di Israele. Qui, alla mia sinistra, c’è Israele quando viveva in Egitto. La sezione centrale rappresenta Israele nel deserto. E quella di destra rappresenta Israele dopo essere entrato nella terra di Canaan, circa quarant’anni dopo. E le due corsie che separano queste tre sezioni di banchi sono il Mar Rosso e il fiume Giordano.

Quindi, mentre attraverserò l’auditorium, menzionerò gli eventi chiave e ciò che simboleggiano nel Nuovo Patto. E poi li ripercorrerò più nel dettaglio. Nella sezione di sinistra abbiamo il messaggero del patto, Mosè – tipo del più grande messaggero del patto, ovvero il Signore Gesù stesso. Il regno dei cieli invase la terra sia attraverso il messaggio di Mosè che attraverso il potere dei segni prodigiosi da lui messi in atto e ciò nello stesso modo in cui il regno dei cieli invase la terra nell’incarnazione di Cristo, nel suo messaggio e nei suoi miracoli.

Possiamo, quindi, dire che il regno venne nel tempo della vita di Gesù sulla terra? Sì, in un certo senso sì, perché venne Gesù. Eppure, vi erano ancora aspetti del regno mancanti. Il regno non venne del tutto. Il messaggio di Gesù è, infatti, duplice: vi è un aspetto presente del regno e un aspetto futuro. Nel contesto del suo ministero terreno vediamo Gesù dire: “Ma, se io scaccio i demoni per mezzo dello Spirito di Dio, allora il regno di Dio è giunto in mezzo a voi” (Matteo 12:28; corsivo mio). Ma quando leggiamo dei discepoli scacciare i demoni o guarire gli infermi, Gesù afferma: “Il regno di Dio si è avvicinato a voi” (Luca 10:9; corsivo mio). Perché? Come mai in alcuni versi del regno vien detto essere “in mezzo” alla gente del tempo e in altri, invece, soltanto vicino? Beh, “in mezzo” perché Gesù, in quanto maggiore rappresentante del patto, stava camminando in mezzo a quella gente. Eppure, sono molte le volte in cui Gesù parla del regno come di una realtà ancora futura. Ad esempio, in Marco 9:1 Gesù predice che alcuni dei suoi discepoli sarebbero stati ancora in vita quando il regno di Cristo sarebbe finalmente venuto in tutta la sua potenza.

Comunque, torniamo a questa prima sezione: Israele era schiavo dell’Egitto e Giosuè 24:14 dice che, quando i padri erano in Egitto, adoravano gli dèi di quel paese. Insomma, in pratica si trattava di pagani che venivano redenti dal mondo. La Pasqua si situa, dunque, proprio al limite di questa prima navata. La Pasqua consiste nel popolo di Dio che viene strappato dall’Egitto e rappresenta la morte di Gesù. E in Egitto coloro, i quali non avevano il sangue sugli stipiti e sugli architravi delle porte delle proprie dimore, ebbero l’angelo della morte in visita presso le loro case. Perché? Perché senza il sangue facevano parte del mondo – non erano nel regno di Dio. Avevano visto il messaggio e il potere del regno, ma non avevano avuto l’applicazione del regno nelle loro famiglie.

Quindi, la Pasqua ebraica, che cade nel mese ebraico di Nisan (il giorno 14) rappresenta una rottura con il mondo. Ed Esodo 12 sembra mettere molta enfasi sul conteggio dei giorni informandoci su come fossero trascorsi 430 anni fino a quel giorno (vv. 41, 51). Il giorno successivo (il 15 di Nisan) se ne sarebbero quindi andati via (Numeri 33:3) intraprendendo un viaggio di tre giorni fino al Mar Rosso[7]. Quei tre giorni rappresentano il tempo che Gesù, dopo la sua morte, ebbe a trascorrere nel sepolcro prima della resurrezione. Possiamo, dunque, dire come gli israeliti attraversano il Mar Rosso proprio nel giorno in cui Gesù resuscita dai morti.

Ora, ecco un punto interessante da notare. Dal libro dell’Esodo apprendiamo come passino questi tre giorni dalla Pasqua ebraica fino all’attraversamento del Mar Rosso. Ed è, quindi, molto significativo che Luca 9 chiami la morte e risurrezione di Gesù un esodo, usando esattamente la stessa parola che descrive il viaggio di Mosè e di Israele nel deserto. E sul Monte della Trasfigurazione con chi stava parlando Gesù del suo imminente esodo? Ne stava parlando proprio con Mosè ed Elia, i due uomini più famosi che chiamarono un residuo a partire e ad andare nel deserto.

Ed è così, quindi, che siamo passati nella seconda sezione: Israele è adesso nel deserto e si mette in marcia verso il Monte Sinai. Facciamo finta che questo pulpito dal quale predico rappresenti il Monte Sinai. È qui che lo Spirito di Dio scese nel fuoco ardente, dove venne data la legge del regno e dove Israele fu chiamato popolo del regno. La prima volta nella Bibbia che Israele viene chiamato regno è, infatti, proprio al Sinai. Quindi, ripetiamo ancora una volta la nostra domanda: il regno è dunque arrivato? Ebbene, in un certo senso sì, poiché in questa occasione il popolo del regno e le leggi del regno vengono stabilite legalmente.

Continuando con la definizione del quadro temporale degli eventi, osserviamo come Israele giunse al Monte Sinai cinquanta giorni dopo la traversata del Mar Rosso e dopo la Festa delle Primizie. In realtà, vi giunge dopo quarantasette giorni, ma il tuono e l’apparizione di Dio sul Monte avvengono al cinquantesimo giorno. Quindi, ciò fa sì che i fatti del Sinai siano collocabili, per così dire, a Pentecoste. E nel mio studio sugli Atti, al capitolo 2, ho messo in evidenza come il Sinai puntasse proprio alla Pentecoste: lo Spirito viene sparso, vi sono nuove profezie e in un certo senso il regno viene. In Atti 2 vediamo lo Spirito del regno esser sparso, i profeti indirizzare alla Parola di Dio la gente, la quale va a formare il popolo del regno, il nuovo Israele. Considerato ciò, vedete come il simbolismo di Mosè sia parallelo a quello del regno di Cristo dalla sua morte alla Pentecoste?

Purtroppo, la storia continua mostrandoci l’incredulità e la ribellione degli israeliti. Pertanto, Dio li fa vagare nel deserto per quarant’anni. E, pensateci, passano esattamente quarant’anni pure tra la morte di Cristo a Pasqua e il 73 d.C., anno che vede concludersi la prima guerra giudaica. E, a proposito, anche la guerra inizia a Pasqua. E proprio come ci fu una grande caduta dalla fede prima che Israele potesse entrare nel paese (con un’intera generazione di ebrei non credenti che dovette, infatti, estinguersi prima che al popolo fosse permesso di giungere a destinazione), ci fu una grande apostasia di credenti ebrei prima del 70 d.C. Giuda, 2 Pietro e altri passaggi parlano di quella Grande Apostasia. E proprio come un’intera generazione di israeliti morì nel deserto, un’intera generazione di israeliti morì prima del 70 d.C. Con ciò giungiamo al confine della seconda sezione e ci accingiamo ad entrare nella terza navata.

In questa Dio fa sì che Israele possa finalmente entrare nella terra promessa prendendone possesso. Quindi, la prima corsia tra la prima e la seconda navata rappresenta il Mar Rosso, mentre questa corsia che ci accingiamo ad attraversare è il fiume Giordano. In questo passaggio si verifica una rottura definitiva con il vecchio Israele e una circoncisione di massa per ricostituire un nuovo Israele. Oltre a ciò, avviene pure come il regno riceva finalmente un proprio territorio.

Come è possibile notare, nella storia della redenzione capita come si registri una ripetizione, un riuso di certa simbologia. Dio utilizza gli stessi simboli più e più volte. Eccovi un esempio che potrebbe esservi utile per capire come mai vediamo anche l’Apocalisse ricorrere agli stessi simboli. Pensereste forse che ci sia una sola primizia: Cristo risuscitato, primizia di coloro che sono morti. In realtà, ce ne sono diverse. Primizia è il giorno in cui l’arca di Noè si ferma sull’Ararat dopo il diluvio; il giorno in cui Israele emerge dal Mar Rosso; il giorno in cui la manna cessa e il popolo di Dio mangia le primizie della terra di Canaan; così come, ovviamente, pure il giorno in cui Gesù risorge dai morti. Tutti questi eventi sono associati all’acqua e tutti sono esplicitamente legati al battesimo in acqua o a nuovi inizi. E di simboli di questo tipo la Parola di Dio ne è piena.

In ogni caso, tornando all’entrata in Canaan, vediamo il regno finalmente avere un proprio territorio. È possibile avere un regno senza territorio? Beh, sì, sono esistiti ed esistono regni in esilio, i quali, tuttavia, privati del proprio territorio sul quale esercitare sovranità, ne risultano alquanto menomati, per così dire. L’elemento terra è, quindi, un elemento indispensabile. Pertanto, il regno nel senso più pieno del termine non ebbe luogo finché gli uomini d’Israele non attraversarono il fiume Giordano e non si lasciarono alle spalle la loro vecchia vita diventando una nuova generazione di uomini pronti alla conquista.

Quindi, giunti a questo punto, penso che possiate vedere come in ciascuna di queste tre fasi il regno inizia, almeno in un certo senso. Il messaggio e il potere del regno arrivano quando Israele è in Egitto e deve essere liberato. Nella seconda fase, quella del cammino nel deserto, vediamo il ​​popolo e la legge del regno venire stabilite legalmente. Nella terza fase, infine, ecco che questo regno entra nel proprio territorio per conquistarlo, con quella che sarà una conquista graduale.

E nei termini del regno di Gesù, la prima sezione rappresenta il ministero di Gesù. La seconda sezione rappresenta il progresso e la persecuzione della chiesa nei successivi quarant’anni (e quarant’anni sono stati anche il tempo necessario per il completamento del canone della Scrittura; in maniera equivalente e parallela, notiamo come anche la legge fu data a Mosè proprio nella seconda sezione). La terza sezione rappresenta la storia successiva al 70 d.C., quando Dio finalmente permette alla chiesa di avere il potere di stabilire la cristianità nel mondo lavorando concretamente per trasformare le famiglie, le tribù e le nazioni in discepoli di Cristo. Il territorio del regno andrà, quindi, espandendosi man mano che una regione dopo l’altra si sottometterà al Re Gesù.

Bene. Facciamo adesso un salto in avanti: passiamo dalla conquista di Canaan da parte di Giosuè a quelle successive sotto i Giudici. Proprio come Mosè e Giosuè erano tipi o immagini di Gesù, così lo erano anche i Giudici. E in qualsiasi commentario a questo libro è possibile leggere come lo fossero a tal punto da essere chiamati loro stessi “salvatori”. Perché? Perché prefiguravano proprio Cristo il Salvatore.

Il libro dei Giudici abbraccia 360 anni di storia, ovvero ben nove generazioni. Rispetto al tempo impiegato da Giosuè per conquistare la terra promessa, si tratta dunque di un lasso di tempo piuttosto lungo. Capite, allora, come in questo nostro excursus della storia antica di Israele andiamo a spingerci, in tal modo, davvero molto in avanti. Se l’intero nostro auditorium qui (con le sue tre sezioni di banchi divise da due corsie) equivale a quarant’anni, dovremmo quindi aggiungere altre nove sale per arrivare alla fine della storia dei Giudici.

La storia del libro dei Giudici non fu soltanto lunga, ma fu pure caratterizzata da tempi molto difficili. In effetti, furono tanto difficili che alcuni potrebbero dubitare che il regno vi fosse davvero mai arrivato, giacché in alcune aree l’umanesimo a volte sembrava avere un gran successo. Nonostante, in effetti, non ci fu mai un tempo in cui tutto Israele fu completamente dominato, rappresenta comunque un tipo del regno di Dio. L’umanesimo, a più riprese, riusciva a trionfare su una o più tribù finché l’intervento di un giudice non rimettesse poi le cose a posto. Insomma, dobbiamo pensare a quella storia come ad un’alternanza di sconfitta e vittoria, caduta e ripresa: il dominio del regno non fu mai completo in ogni sua regione. Ebbene, allo stesso modo, anche gli ultimi duemila anni di storia hanno fatto registrare i propri alti e bassi: da una parte, non sono mancati tempi in cui la cristianità è riuscita a prender piede in certe regioni del mondo, raggiungendo pure notevoli trasformazioni e vittorie culturali; dall’altra, a questi sono seguiti magari tempi di decadenza e allontanamento. Tuttavia, l’avanzamento del regno non è mai cessato – rimanendo costante ed efficace almeno in alcune regioni e in alcuni suoi aspetti. Questo è quanto ci illustra il libro dei Giudici.

Spingiamoci oltre: al primo auditorium, ai primi quarant’anni, abbiamo già aggiunto nove ulteriori auditorium – sempre per usare la nostra rappresentazione spaziale illustrante la storia del regno. Adesso ne aggiungiamo ancora altri tre. Tenete presente come il primo fosse soltanto preparatorio: difatti, il regno non arrivò completamente prima di Giosuè, che ne conquistò il territorio. Dopo i 360 anni dei Giudici abbiamo, quindi, Saul, Davide e Salomone al governo del regno. Da 1 Re 6:1 deduciamo come vi furono esattamente dodici generazioni (o dodici periodi di quarant’anni) in cui Israele fu nel paese come regno unito; anche se poi, approfondendo le vicende di quella storia che si dispiega da Giosuè a Salomone, ci si rende conto di come quel regno non riusì mai a perseguire una dominazione completa e perfetta, tantomeno la pace totale. Questa venne raggiunta sotto il re Salomone, il quale rappresenta il nostro ultimo auditorium, il dodicesimo. E, badate bene, il numero dodici ha proprio a che fare con il concetto di completamento, di pienezza e di regno. Quindi, è molto significativo il fatto che nel libro dell’Apocalisse questo numero ricorra ben ventidue volte. E, in particolare, nei termini delle dodici generazioni del regno da Giosuè a Salomone, il dodici simbolizza la pienezza, la completezza del regno del Nuovo Patto.

Davide rappresenta, quindi, il periodo storico in cui anche gli ultimi oppositori del cristianesimo diventeranno cristiani e ogni ambito della vita sarà soggetto a Gesù. E Salomone rappresenta la pace, la prosperità e la shalom che risulteranno in ogni nazione. Pertanto, Salomone raffigura alcune porzioni dei capitoli 21 e 22 dell’Apocalisse (anche se quei capitoli li vediamo sfociare nell’eternità).

Ad ogni modo, poiché Salomone è l’ultimo leader che è esplicitamente chiamato un tipo di Cristo e che rappresenta simbolicamente la regalità di Gesù, considero l’intero periodo di tempo da Giosuè a Salomone (dodici generazioni) come simboleggiante l’intero tempo che va dispiegandosi dal 70 d.C. fino alla futura Seconda Venuta di Cristo, vale a dire il tempo in cui ci ritroviamo a vivere anche noi. Vi invito a tenere bene a mente questa immagine, in quanto può esservi sicuramente di grande aiuto nel comprendere le profezie dell’Apocalisse. L’ultimo libro della Bibbia, infatti, fa largo uso delle immagini offerte da questa antica storia di Israele per spiegare ed illustrare la natura e i vari aspetti del regno.

 

Note aggiuntive

Quando Gesù guarì le persone e scacciò i demoni, disse che era la prova che il regno di Dio era venuto su di loro e che il Regno di Dio era in mezzo a loro. Il re era presente e la potenza del suo regno pure.

Ma Gesù predisse che dopo la sua resurrezione, anche se la chiesa sarebbe cresciuta, ci sarebbe stato un grande allontanamento di molti cristiani – specialmente di cristiani ebrei. E noi sappiamo che la maggiore preoccupazione dell’Epistola agli Ebrei è proprio quella che la chiesa non diventi come la cocciuta generazione del deserto.

Ad esempio, Ebrei 6:4-6 paragona ciò che stava accadendo nelle sue chiese a ciò che era accaduto sotto Mosè, quando le persone avevano sperimentato i miracoli dello Spirito Santo, conosciuto la presenza di Dio, gustato il buon frutto di Canaan e, tuttavia, si erano allontanate cadendo dalla fede. Il brano di Ebrei dice: “Quelli infatti che sono stati una volta illuminati, hanno gustato il dono celeste, sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e le potenze del mondo a venire, se cadono, è impossibile riportarli un’altra volta al ravvedimento, poiché per conto loro crocifiggono nuovamente il Figlio di Dio e lo espongono a infamia”.

Ed Ebrei lancia l’avvertimento di non essere come la testarda generazione del deserto che non riuscì ad “entrare nel riposo” di Dio – parola, questa, che sta proprio a simboleggiare il regno. La chiesa si trovava nel deserto e, se avesse accolto l’esortazione alla costanza, avrebbe di certo ereditato il regno. Ebbene, pensateci, proprio su questo tema vertono i primi capitoli dell’Apocalisse.

E, d’altra parte, noi sappiamo che ci fu una generazione più giovane che resistette per davvero con costanza e perseveranza, prima sotto Mosè e poi sotto Giosuè. A questa generazione fu, quindi, permesso di entrare in Canaan iniziandone la conquista e prendendo possesso del paese. E allo stesso modo, nel libro dell’Apocalisse c’erano persone che avrebbero resistito con costanza e sarebbero arrivate oltre il 70 d.C., quando Dio avrebbe garantito la conquista finale di ogni nazione nella terra della Canaan di oggi, ovvero il mondo intero. Molti passaggi della Scrittura segnalano il 70 d.C. e il periodo di tempo che questo inaugura come l’inizio almeno di alcuni aspetti riguardanti il regno. A tal proposito, vorrei leggervi ed illustrarvi alcuni brani.

Andiamo a Daniele 7 ed iniziamo la lettura dal versetto 13, che descrive l’ascensione di Gesù sulle nuvole alla destra di Dio: “13 Io guardavo nelle visioni notturne, ed ecco sulle nubi del cielo venire uno simile a un Figlio dell’uomo; egli giunse fino all’Antico di giorni e fu fatto avvicinare a lui. 14 A lui fu dato dominio, gloria e regno, perché tutti i popoli, nazioni e lingue lo servissero; il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che non sarà mai distrutto”.

Quand’è che la terra venne data a Gesù? Ebbene, dal Grande Mandato sappiamo che gli fu data nel giorno della sua ascensione. In Matteo 28:18-19 leggiamo: “Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque…”. Ecco, quindi, come in occasione della sua prima ascensione Gesù venga incoronato e gli venga dato il regno. E il versetto 14 di Daniele 7 è abbastanza chiaro a tal riguardo: “A lui fu dato dominio, gloria e regno…”.

Ma andiamo avanti nel capitolo. Dopo l’ascensione, la quarta bestia, che è il quarto regno, Roma, perseguita i santi. Leggiamo i versetti da 21 a 27. Il versetto 21 tratta della persecuzione dei cristiani da parte di Nerone, di cui abbiamo parlato nello scorso sermone. Questo passaggio è molto significativo ed importante per noi da capire. Vi troviamo, infatti, il motivo per cui il 70 d.C. rappresenta quella svolta epocale che vede i santi passare da una fase di tremenda sconfitta ad un tempo in cui finalmente potranno perseguire una vittoria dopo l’altra mentre il Vangelo si diffonde fino ai confini della terra. Leggiamo, dunque, i versetti 21 e 22: “Io guardavo e quello stesso corno [ossia Nerone] faceva guerra ai santi e li vinceva, finché giunse l’Antico di giorni e fu resa giustizia ai santi dell’Altissimo, e venne il tempo in cui i santi possedettero il regno”. Quel “finché giunse l’Antico di giorni” segna questo eclatante punto di svolta e transizione: il tribunale celeste emette il proprio giudizio a favore dei santi, i quali, liberati dall’oppressione della bestia, si apprestano a ricevere trionfalmente il regno, il potere e la grandezza dei regni della terra.

I due versetti successivi, il 23 e il 24, descrivono Roma e i governatori associati ad essa, ovvero le dieci corna e i dieci re. Noi continuiamo, però, con i versetti 25, 26 e 27, i quali riprendono il discorso su Nerone:

25 Egli parlerà contro l’Altissimo, affliggerà i santi dell’Altissimo, e si proporrà di mutare i giorni festivi e la legge; i santi saranno dati nelle sue mani per un tempo, dei tempi e la metà d’un tempo. 26 Poi si terrà il giudizio e gli sarà tolto il dominio; verrà distrutto e annientato per sempre. 27 Allora il regno, il potere e la grandezza dei regni che sono sotto tutti i cieli saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo; il suo regno è un regno eterno, e tutte le potenze lo serviranno e gli ubbidiranno.

Quindi, abbiamo visto che esiste una presenza del regno di Cristo in forma provvisoria dal 30 al 33 d.C. Al Signore Gesù viene poi legalmente dato il regno alla sua risurrezione ed ascensione al cielo. Così il popolo del regno viene finalmente costituito e Giovanni condivide il regno con loro. Tuttavia, dobbiamo inquadrare il tutto secondo il paradigma del già/non ancora. A quei santi non furono concessi l’autorità e il potere di possedere effettivamente un territorio. E un regno può essere tale senza territorio? In un certo senso sì: può essere un regno in esilio.

Ma ecco, quindi, che arriva una svolta, il 70 d.C., che inaugura qualcosa di nuovo. Sulla base di un giudizio celeste, i santi ora dispongono del potere di conquistare intere nazioni per Cristo, quindi anche un proprio territorio per il regno. E se il 70 d.C. davvero rappresenta questo capovolgimento definitivo ed eclatante, allora ci si aspetterebbe che numerosi passaggi del Nuovo Testamento ne parlino. E, difatti, ne parlano eccome!

I capitoli 11 e 12 dell’Apocalisse fanno del periodo 66-70 d.C. un tempo decisivo in cui viene giudicata la bestia, viene giudicato Israele, dove il regno del mondo passa al nostro Signore e al suo Cristo (Apocalisse 11:15), in cui l’ira di Dio si riversa sulla terra e il cielo viene ripulito dalla presenza dei demoni (che fino a quel punto ancora avevano avuto accesso alla sala del trono di Dio per accusare i fratelli). Si è trattato, dunque, di un enorme transizione da un’epoca all’altra, della fine della Vecchia Era alla rivendicazione della Nuova.

Morte e sofferenza vi sono ancora? Beh, sì, non diversamente da quanto accadde agli israeliti una volta entrati in Canaan: quegli uomini ebbero, infatti, da continuare a lottare con grande costanza e coraggio conseguendo certamente molte vittorie, ma anche sconfitte e perdite in termini di vite umane. Quindi, morte e sofferenza li accompagnarono in quella avventura, insieme alla necessità di affrontare le tribolazioni con determinazione e perseveranza.

Allora, ricapitolando: abbiamo il re, il popolo e il territorio. E ciascuna di questi elementi rappresenta in un certo senso una venuta del regno.

Diamo un’occhiata a Ebrei 2. Teniamo presente che l’autore si sta rivolgendo ai cristiani ebrei che erano tentati di lasciare il cristianesimo e tornare al giudaismo. Tornando a basarci sull’immagine dell’auditorium e delle tre sezioni, è come se questa gente fosse tentata di tornarsene in Egitto, perché non sicura di potersi applicare alla perseveranza necessaria per raggiungere la terra promessa, ovvero il 70 d.C. e l’era che questo inaugura. Leggiamo Ebrei 2, versi da 1 a 9:

1 Perciò bisogna che ci atteniamo maggiormente alle cose udite, che talora non finiamo fuori strada. 2 Se infatti la parola pronunziata per mezzo degli angeli fu ferma e ogni trasgressione e disubbidienza ricevette una giusta retribuzione, 3 come scamperemo noi, se trascuriamo una così grande salvezza? Questa, dopo essere stata inizialmente annunziata dal Signore, è stata confermata a noi da coloro che l’avevano udita, 4 mentre Dio ne rendeva testimonianza con segni e prodigi, con diverse potenti operazioni e con doni dello Spirito Santo distribuiti secondo la sua volontà. 5 Infatti non è agli angeli che egli ha sottoposto il mondo a venire, del quale parliamo, 6 ma qualcuno ha testimoniato in un certo luogo, dicendo: «Che cosa è l’uomo, perché tu ti ricordi di lui, o il figlio dell’uomo perché lo consideri? 7 Tu lo hai fatto per un po’ di tempo inferiore agli angeli, tu lo hai coronato di gloria e di onore e lo hai costituito sopra le opere delle tue mani; 8 tu gli hai posto tutte le cose sotto i piedi». Infatti, nel sottoporgli tutte le cose, non ha lasciato nulla che non gli fosse sottoposto. Tuttavia al presente non vediamo ancora che tutte le cose gli sono sottoposte, 9 ma vediamo coronato di gloria e d’onore per la morte che sofferse, Gesù, che è stato fatto per un po’ di tempo inferiore agli angeli, affinché per la grazia di Dio gustasse la morte per tutti.

E prosegue dicendo che Gesù opera attraverso il suo corpo, la chiesa. Dal 70 d.C. inizia l’epoca in cui tutte le cose alla fine saranno poste sotto i piedi di Cristo. E la parola usata per ciò che sta per accadere, nell’espressione al verso 5 “il mondo a venire”, è οἰκουμένη (oikoumené), intesa questa volta come “la terra in quanto regione abitata contrapposta al paradiso o all’inferno”[8]. Insomma, si parla della terra visibile e tangibile che sta per essere posseduta come territorio. Questa è la missione che fornì ai santi dei due secoli successivi una tale fede da far crollare Roma davanti al Vangelo. Torniamo ancora una volta ad Ebrei 6:4-6 e rileggiamo l’avvertimento indirizzato ai santi:

Quelli infatti che sono stati una volta illuminati, hanno gustato il dono celeste, sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e le potenze del mondo a venire [e qui abbiamo ancora una volta la parola greca μέλλω (mello), che porterebbe quest’espressione ad essere tradotta letteralmente: “le potenze del mondo che sono sul punto di venire”], se cadono, è impossibile riportarli un’altra volta al ravvedimento, poiché per conto loro crocifiggono nuovamente il Figlio di Dio e lo espongono a infamia.

Cercando tutti i versetti contenenti la parola greca μέλλω (mello), ci si rende conto che il 70 d.C. fu un enorme punto di svolta nella storia della redenzione. Fu un enorme punto di svolta per il regno. Abbiamo già visto in un sermone precedente come fu il tempo della prima risurrezione. Non vi annoierò adesso proponendovi tutti i passaggi chiave indicanti come il regno inizi in un certo senso nel 70 d.C. Leggiamone, però, almeno uno. Luca 21, versi da 29 a 33:

29 Poi disse loro una parabola: «Osservate il fico e tutti gli alberi. 30 Quando essi cominciano a mettere i germogli, vedendoli, voi stessi riconoscete che l’estate è vicina; 31 così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. 32 In verità io vi dico che questa generazione non passerà finché tutte queste cose non siano accadute. 33 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno».

Notate in particolare che il versetto 31 dice che questi segni del I secolo indicano che il regno di Dio è vicino.

Riassumendo così la natura del regno mediatore di Cristo: il Regno è venuto nella Persona e nella potenza di Gesù nel suo ministero sulla terra. Il regno è venuto con la fondazione del nuovo Israele e del popolo del regno in Atti 2. E il regno è venuto in termini con un territorio vero e proprio e con una cristianità che iniziò ad essere stabilita dopo il 70 d.C. Il giudizio emesso in cielo in quel momento garantiva che ciò che era iniziato nella persona e nell’opera di Cristo sarebbe continuato per sempre attraverso l’opera dello Spirito Santo.

Quindi, tornando ad Apocalisse 1:9, penso che adesso comprendiate come Giovanni sia compagno nel regno con i santi delle chiese condividendolo con loro anche se nella forma precedente al 70 d.C. Anche noi, che oggi ci ritroviamo un regno con un territorio da conquistare e da espandere, dobbiamo essere entusiasti di condividere con Giovanni la tribolazione, il regno e la costanza, in Cristo Gesù. Quelli che ci ritroviamo a vivere sono tempi a dir poco entusiasmanti. La crescita graduale del regno diventa sempre meno graduale nel tempo e comincia ad apparire come una crescita esponenziale man mano che ci avviciniamo ai tempi prefigurati dai regni di Davide e Salomone (vicini o lontani che siano). La mia preghiera è che tutti noi possiamo fare la nostra parte per portare il mondo dal capitolo 1 al capitolo 22 dell’Apocalisse. Così sia Signore, amen!


Originale: https://biblicalblueprints.com/Sermons/New%20Testament/Revelation/Revelation%201_1-11/Revelation%201_9b?utm_source=kaysercommentary.com

[1] Traduzione di Wilbur Pickering,  in The Sovereign Creator Has Spoken: New Testament Translation With Commentary (Creative Commons Attribution/ShareAlike Unported License, 2013).

[2] Ecco il greco: “καὶ ὅτι διὰ πολλῶν θλίψεων δεῖ ἡμᾶς εἰσελθεῖν εἰς τὴν βασιλείαν τοῦ θεοῦ”.

[3] http://www.wsj.com/articles/SB10001424053111904106704576583203589408180

[4] http://worldrevivalnetwork.blogspot.com/2015/08/why-you-have-been-duped-into-believing.html

[5] Donald Anderson MacGavran, The Bridges of God, (Eugene, OR: Wipf and Stock, 1955), p. 8.

[6] Jonathan Lewis (a cura di), World Mission: An Analysis of the World Christian Movement, (Portland, OR: CBF Mission Services, 1994), capitolo 9, p. 17.

[7] Che fossero tre giorni lo si può vedere confrontando i seguenti passaggi. La promessa di Dio di andare nel deserto per tre giorni per celebrare una festa, che sarebbe stata la festa delle primizie (Esodo 3:18; 5:3). Il percorso ritardato (Es. 13:17-18). Numeri 33:5-8 mostra il percorso e mostra che si accamparono tre volte.

[8] Il dizionario BDAG dà due definizioni per questa parola: “La terra come area abitata, esclusi i cieli sopra e le regioni inferiori, la terra abitata, il mondo”; “il mondo come unità amministrativa, l’Impero romano”.


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