42: Il regno globale di Cristo
Atti 27 e 28
Particolarmente in questa narrazione Paolo emerge come il portatore della parola di Dio. Proprio come ad un tempo la vita di Elia fu intimamente molto connessa con la Parola di Dio , così fu anche per Paolo. Pertanto, dobbiamo raccontare ai bambini, non solo delle liberazioni di Paolo ma del vangelo e di Cristo il quale rivela il suo regno universale.
In questo brano il vangelo penetra fino a Roma, il centro del mondo. Il vangelo non è qualcosa da nascondere in un luogo segreto sulla terra, deve governare la vita di tutte le nazioni.
Concetto principale: Cristo colloca le sue rivendicazioni al centro
del mondo.
Come Dio vuole. Siccome si era appellato all’imperatore, Paolo dovette essere trasportato a Roma. Insieme ad altri prigionieri fu posto sotto la supervisione di un certo Giulio, un centurione delle truppe imperiali. Salirono tutti a bordo di una nave e salparono per Roma.
Era stato desiderio di Paolo portare il vangelo nella capitale dell’impero mondiale. Il vangelo avrebbe dovuto avere una collocazione al centro del mondo; tutte le autorità terrene sarebbero dovute fatte diventare soggetti del governo sovrano di Gesù Cristo. Ma, in catene? Che differenza da come Paolo l’aveva sognato! La sua speranza era stata di predicare la Parola in libertà. Avrebbe avuto lo stesso un’opportunità di predicare la Parola? Ma Paolo andò come Dio volle. Paolo dovette essere disposto ad arrendersi alla volontà del Signore; in questo modo veniva santificato e anche equipaggiato per il convenevole servizio del vangelo. Nessuno detta termini al vangelo; invece, il vangelo ci governa e correda la nostra vita al servizio.
Durante quel difficile viaggio per Roma non mancarono le consolazioni di Dio. Quando arrivarono a Sidone, Giulio permise che Paolo vedesse i suoi amici. Paolo quantomeno godette di una certa misura di libertà. Che fosse profetico delle opportunità di portare la Parola che avrebbe avuto a Roma? Oltre a ciò, fu permesso ad Aristarco, un macedone di Tessalonica e vecchio amico di Paolo, di viaggiare con lui. [Vedi Atti 19:29; 20:4 e confronta Colossesi 4:10 e Filemone 24, dai quali è chiaro che Aristarco rimase con Paolo durante la sua (prima) prigionia romana.]
Avendo salpato da Sidone, navigarono sotto la protezione dell’isola di Cipro lungo le coste dell’Asia Minore perché stavano procedendo con forti venti contrari. Era come se fossero ostacolati nel loro viaggio. Paolo, anzi, il vangelo, sarebbe mai giunto a Roma? A volte tutto nel mondo sembra frustrare l’avanzamento del vangelo. A Mira, in Licia, nella parte occidentale della costa dell’Asia Minore, il centurione li trasferì su una nave più grande che da Alessandria andava in Italia.
Sotto la protezione della Parola di Dio. Da Mira navigarono a Sud e poi ancora lungo la costa meridionale di Creta. Fecero progressi lentissimamente per via del vento contrario. Finalmente gettarono le ancore in una località chiamata Beiporti nell’isola di Creta. Nel frattempo, a causa dei costanti venti contrari la stagione favorevole alla navigazione era passata. L’inverno, con le sue tempeste, si stava avvicinando. Discussero se passare l’inverno a Beiporti. Sebbene ci fosse una rada abbastanza sicura con un buon ancoraggio, non c’era porto. Allora Paolo si fece avanti quale portatore della Parola di Dio. Poiché si era arreso al servizio del suo Signore, il Signore gli aveva mostrato cosa sarebbe avvenuto durante il viaggio. Li ammonì che la nave e la vita di tutti gli uomini a bordo sarebbero stati in pericolo. Tuttavia, il centurione si fidò di più del capitano della nave e del suo pilota che di Paolo. Fu deciso di andare in cerca di un porto migliore sull’isola di Creta e trascorrervi l’inverno. Ovviamente, il centurione e i suoi prigionieri furono d’accordo. Come avrebbe potuto il centurione avere fede nella Parola di Dio? Cosa aveva mai udito di essa? Eppure avrebbe dovuto fidarsi di Paolo anziché chiunque altro, perfino di marinai esperti. Ma quand’è che ci arrendiamo completamente alla Parola di Dio?
Dapprima capitano e pilota sembrarono aver ragione. Con un leggero scirocco navigarono lungo la costa meridionale di Creata stando vicini alla riva. Ma quella condizione non durò a lungo. Presto un vento di tempesta chiamato euroclidone soffiò giù dall’isola portando la nave completamente fuori rotta. Il secondo giorno erano già in tale pericolo che gettarono a mare tutto il carico. Il terzo giorno gettarono anche tutta l’attrezzatura della nave. Per rendere le cose ancora peggiori non ci fu sole o stelle per giorni rendendo impossibile determinare la loro posizione. Non c’era tempo per mangiare perché potevano perire in qualsiasi momento. Tutte le vele furono calate: erano in balia del mare e del vento.
A questo punto Paolo si alzò e li rimproverò per non avergli dato ascolto. Ma li esortò pure a non perdersi d’animo perché un angelo di Dio gli aveva rivelato che sarebbe arrivato a Roma sano e salvo. Avrebbe visto compiersi il suo desiderio: che gli fosse concesso di testimoniare di Cristo davanti a Cesare. Quella fu la risposta alla preghiera che aveva elevato durante la tempesta. Per amore del vangelo Paolo aveva lottato per la salvezza della nave. L’angelo gli aveva rivelato che, sebbene la nave sarebbe andata persa, tutte le persone a bordo sarebbero state risparmiate. Dio aveva messo la vita dei membri dell’equipaggio e dei passeggeri nelle sue mani: la loro salvezza era la risposta alla preghiera di Paolo. Si sarebbero tutti resi conto che è sicuro trovarsi sotto la protezione della Parola del Signore. Mentre questo non significa che saremo risparmiati da ogni afflizione temporale, la nostra vita non sarà spesa invano: saremo salvati per sempre. Paolo predisse che sarebbero naufragati su qualche isola.
La quattordicesima notte che erano sballottati nel mare Adriatico, i marinai ebbero la sensazione di essere vicini a qualche terra. Calarono lo scandaglio che confermò il loro sospetto. Temendo di sfasciarsi contro le rocce, calarono quattro ancore dalla poppa e attesero che si facesse giorno. Alcuni marinai progettarono in segreto di abbandonare la nave con la scialuppa di salvataggio col pretesto di calare ancore anche da prua. Paolo comprese le loro intenzioni e allertò il centurione. Se i marinai non fossero rimasti a bordo, Paolo avvertì che non si sarebbe salvato nessuno. L’intero equipaggio doveva porsi sotto la protezione della Parola del Signore. Adesso Paolo aveva talmente tanta influenza che i soldati gli credettero. Tagliarono le corde della scialuppa e la lasciarono andare alla deriva. Ora erano costretti ad arrendersi alla Parola del Signore. È più che certo che questo non significò che tutti quegli uomini sulla nave avessero vera fede; di fatto, probabilmente la maggior parte di loro era fortemente superstiziosa, ma a questo punto non avevano scelta.
In attesa dell’alba Paolo li esortò a prendere cibo. Rinnovò la promessa che nessuno sarebbe perito. Prese il pane, diede grazie a Dio pubblicamente e mangiò. Le sue parole e il suo esempio diede loro coraggio e anch’essi cominciarono a mangiare. Tutti dissero che c’erano a bordo 276 persone. Quando ebbero mangiato gettarono in mare il frumento per alleggerire la nave. In un certo senso fu anche un atto di fede. Confidarono nelle parole di Paolo che non ne avrebbero più avuto bisogno.
Alle luci dell’alba videro una terra che non riuscivano a riconoscere. L’equipaggio scorse una baia con una spiaggia di sabbia, un luogo ideale per farvi arenare la nave. I timoni, che erano stati legati da tempo, furono sciolti e fatti scendere nell’acqua di nuovo. Spiegarono la vela maestra, staccarono le ancore e si diressero verso riva. Ma le loro sfortune non erano ancora terminate: la nave si incagliò di prua su una secca. La poppa si alzava e tutti si ammassarono davanti, abbandonando la poppa che si stava sfasciando per le violente ondate. I soldati cominciarono a innervosirsi: i prigionieri avrebbero potuto tentare di fuggire per cui i i soldati avrebbero dovuta pagare con la propria vita. Per evitarlo volevano ucciderli tutti. Tuttavia, il centurione voleva risparmiare la vita di Paolo e ordinò ai suoi soldati di fermarsi. Ordinò a tutti quelli che potevano nuotare di cercare di arrivare a riva. Gli altri si aggrapparono a tavolame e altri pezzi di nave e si spinsero fino alla spiaggia. Raggiunsero tutti la riva in sicurezza. La parola del Signore li aveva preservati. Perché la promessa di Dio è sicura.
Stabilito come segno. L’isola era Malta e gli isolani mostrarono loro una gentilezza inusuale. Accesero un gran fuoco e si presero cura dei naufraghi meglio che poterono. Paolo si mise ad aiutare a raccogliere legna da ardere. Mentre stava per gettare un fascio di sterpi sul fuoco, una vipera gli si attaccò alla mano. Gli abitanti dell’isola videro la serpe velenosa pendere dalla sua mano. Agli isolani fu ovvio che la vendetta divina stava perseguendo Paolo: sebbene fosse sfuggito al naufragio ora sarebbe morto per il morso della vipera. Si aspettavano che la mano gli si gonfiasse e che cadesse morto all’istante. Ed affettivamente, la vita di Paolo era piuttosto in pericolo. Tuttavia. Lui era il portatore della Parola del Signore e la sua missione era ancora di proclamare quella Parola a Roma. Perciò era al sicuro sotto la protezione della Parola del Signore. La sua vita fu risparmiata ancora una volta da un miracolo di Dio. Quando i nativi videro che nulla gli accadeva, cambiarono idea e lo dichiararono un dio. Paolo decise che non potevano continuare a vivere nella superstizione: dovevano udire la Parola di Dio. Il Signore aveva chiaramente procurato questa opportunità.
Vicino al luogo dove si erano arenati c’erano i poderi che appartenevano a Publio, il capo dell’isola. Costui li ospitò con gentilezza per tre giorni. Avvenne che suo padre giaceva malato di febbre e dissenteria. Paolo gli fece visita e, dopo aver pregato, gli impose le mani e lo guarì. Poi anche gli altri isolani che avevano malattie vennero da lui e furono curati. Che meravigliosa manifestazione della potenza di salvare che c’è in Cristo e nella parola della sua grazia! Paolo non avrebbe voluto perdere questa opportunità di predicare la Paola a Malta. Così la grazia del Signore fu rivelata e il regno di Dio giunse anche quell’isola.
Proclamare la parola a Roma. Rimasero sull’isola tre mesi. Poi salirono su una nave di Alessandria che aveva svernato sull’isola e che aveva per insegna gli dèi gemelli Castore e Polluce. Questa volta il viaggio procedette liscio. Si fermarono tre giorni a Siracusa e poi proseguirono a Reggio e infine a Pozzuoli dove trovarono alcuni fratelli. Su loro invito stettero con questi discepoli sette giorni. Come risultato di tutto ciò che era accaduto il centurione deve aver sviluppato un grande rispetto per Paolo e lo ricompensò con ogni possibile libertà.
Nel frattempo i fratelli di Roma vennero a sapere che Paolo stava arrivando. Attraverso gli scambi e il commercio il vangelo era penetrato fino ai Giudei d’Italia e molti erano diventati discepoli. Quando Paolo giunse in prossimità di Roma i fratelli uscirono ad incontrarlo. Questo incontro fece a Paolo una grande impressione. Aveva raggiunto la meta del suo viaggio e in realtà, la meta della sua vita. Avrebbe avuto il privilegio di portare il vangelo a questo luogo. Che rapido corso aveva preso il vangelo per tutto il mondo! Ed ora Paolo stava si trovava sulla soglia della capitale, non da solo, ma in compagnia di compagni credenti. Ringraziò Dio per questa incontro e prese coraggio.
Quando entrò a Roma fu trattato con grandi onori. Gli altri prigionieri furono consegnati ad un ufficiale dell’esercito ma a Paolo fu permesso di vivere in un alloggio tutto per sé e di ricevere chiunque avesse voluto. Ai domiciliari era in custodia di un solo soldato. Il Signore aveva ordinato anche questo di modo che avesse l’opportunità di proclamare il vangelo.
Paolo fece immediatamente uso di questa libertà. Mentre c’erano sì alcuni credenti a Roma, il vangelo non era ancora stato predicato a tutti i Giudei che frequentavano la sinagoga. Eppure questo doveva essere fatto. Tuttavia, siccome Paolo non poteva andare alla sinagoga, invitò a casa sua i capi dei Giudei. Raccontò loro del suo arresto e di come era stato trattato dai romani. Negò d’aver violato la legge di Mosè ma di essere stato falsamente accusato d’averlo fatto e di essersi dovuto appellare a Cesare. Ad ogni modo, non era venuto a Roma per accusare il suo popolo. Anzi, desiderava parlare con loro circa la speranza d’Israele per la quale era stato fatto incarcerare.
I Giudei esitarono un po’. Non avevano saputo niente del suo caso né via lettera né oralmente. Ciò che sapevano, però era che questa setta di cui evidentemente Paolo era un sostenitore, era rigettata nelle sinagoghe in tutto il mondo. Avrebbero tuttavia desiderato udire da Paolo cosa ne pensasse. Senza dubbio sapevano che c’erano già alcuni di questi credenti anche a Roma.
Un giorno, molti dei Giudei vennero nel suo alloggio. Paolo parlò loro da mattina fino a sera del Regno di Dio e dimostrò dalle Scritture che Gesù è il Cristo. Alcuni credettero il vangelo, altri no. Paolo ammonì gli increduli che già i profeti (Isaia 6:9-10) avevano predetto che il popolo del vecchio patto avrebbe disobbedito e indurito il cuore. Il messaggio sarebbe andato prima a loro ma dopo sarebbe andato ai Gentili. I Gentili avrebbero ascoltato e svergognato Israele. Alla fine non ci fu unità d’opinione. Lo sforzo di portare tutto Israele alla fede era stato fatto anche a Roma ma anche qui solo alcuni giunsero a credere.
Paolo stette nel suo alloggio in affitto per due anni interi. Proclamò il Vangelo a molte persone, tanto Giudei che Gentili. Portò il messaggio del Regno di Dio senza alcun ostacolo. Cristo aveva posto la sua rivendicazione nel centro del mondo. Ora il vangelo poteva espandersi più facilmente fino ai confini della terra. Tutto il mondo doveva essere conquistato per Cristo. Tutti i popoli e tutti i governi avrebbero dovuto servire lui.