Giovanni 18:11-27
Giovanni non da un resoconto dell’udienza ufficiale davanti al sinedrio, ma di quella preliminare tenuta da Anna e Caiafa. Fu probabilmente durante questa udienza che il sinedrio fu convocato.
Forse le residenze di Anna e di Caiafa erano situate nello stesso cortile interno ma su lati opposti talché, anche dopo che Cristo fu portato nella casa di Caiafa, Pietro poteva essersi trovato comunque nello stesso cortile, insieme agli uomini di Caiafa.
In questa udienza preliminare Cristo rigettò le loro accuse di aver complottato in segreto. Il vangelo del regno è per la redenzione del mondo; è pertanto una faccenda pubblica. Solo “la carne” lo teme come qualcosa di nascosto e pericoloso.
Concetto principale: Nel suo soffrire il Cristo è la roccia
su cui possiamo edificare.
La sua resa. Il tempo per Gesù di soffrire e morire non fu determinato dai suoi nemici ma da Dio. È così che Gesù seppe che il tempo della sua morte era giunto. La notte che precedette il suo patire era andato nel Getsemani dove fu arrestato. Lì aveva combattuto la sua battaglia spirituale alla fine della quale si arrese volontariamente ai soldati del sinedrio.
Che la sua resa sia stata volontaria fu evidente dal fatto che le truppe rovinarono all’indietro quando Gesù disse: “Sono io”. Non avrebbero potuto mettergli sopra le mani se Dio non lo avesse permesso.
Quando si fece conoscere per la seconda volta, disse: “Se dunque cercate me, lasciate andare via questi uomini”. Si gettò nella mischia per i suoi discepoli. Nello stesso modo si è dato anche per noi affinché possiamo andare liberi.
Come mise in ridicolo quei soldati! Erano venuti con fiaccole e armi come se si aspettassero di trovarlo che si nascondeva dietro ai cespugli preparato a combattere! L’intera sua vita era stata vissuta apertamente, e così fu la sua morte. Questa caratteristica di essere alla luce del sole rese la sua opera il fondamento della vita. Non era l’opera delle tenebre, fatta col sotterfugio o la forza.
La caduta di Pietro. Per prima cosa i soldati condussero Gesù a casa di Anna, il suocero di Caiafa, il sommo sacerdote. Era presente anche Caiafa. Insieme gli diedero un’udienza preliminare. A quel tempo per le accuse ufficiali doveva essere radunato l’intero sinedrio. Anna e Caiafa si proposero di interrogare Gesù per poterlo poi accusare ufficialmente davanti a tutta l’assemblea.
Al Getsemani i discepoli, Pietro incluso, erano tutti scappati. Gesù li aveva avvertiti per tempo che sarebbe successo. Quando Pietro aveva asserito che non avrebbe mai abbandonato il suo maestro, il Signore Gesù aveva predetto che invece lo avrebbe rinnegato tre volte. Sebbene Pietro avesse protestato con veemenza, era scappato anche lui. Se ne vergognò immediatamente e tornò suoi suoi passi.
Lì c’era un discepolo non identificato, una conoscenza del sommo sacerdote, che era anche lui entrato in casa di Anna. Mise una buona parola a favore di Pietro presso la custode della porta perché lo lasciasse entrare.
È probabile che questa ragazza sapesse che Pietro era un seguace del Signore Gesù e perciò gli si avvicinò e gli chiese se anche lui fosse un discepolo dell’arrestato. La domanda lo sconvolse. Si era avventurato nella tana del leone e ora non osava ammettere di appartenere a Gesù. Si lasciò sfuggire un primo diniego.
Ora aveva rinnegato il suo maestro. Tempo prima Gesù aveva conquistato la sua immaginazione e il suo spirito dicendogli che sarebbe stato chiamato Pietro, una roccia. Gesù sapeva quanto volubile fosse Simone il figlio di Giona. Simone aveva desiderato dimostrare maggior fermezza di carattere e Gesù aveva predetto che la cosa si sarebbe realizzata. Che ne era stato di quella promessa? La sua frizzante spavalderia si era trasformata in vile rinnegamento. Era ancora lo stesso vecchio Simone.
Solo per fede Simone sarebbe potuto diventare un Pietro. Non aveva agito in fede ma per orgogliosa autostima.
La fedele confessione. Nel frattempo l’udienza preliminare del Signore Gesù indetta da Anna e Caiafa era iniziata. Lo interrogarono circa i suoi discepoli e il suo insegnamento. Che dottrina segreta, gelosamente custodita a chi non era della sua cerchia, stava insegnando? Chi erano gli altri cospiratori? Erano certi che Gesù e i suoi discepoli stessero complottando qualcosa di sinistro.
Cosa poteva rispondere Gesù? Di sicuro non poteva prenderli sul serio. Al contrario, rigettò le accuse di cospirazione affermando che tutto il suo insegnamento era stato fatto pubblicamente davanti a tutti; non aveva insegnato nulla privatamente ai suoi discepoli. E siccome era sempre comparso in pubblico tutti sapevano anche chi fossero i suoi discepoli. Gesù sottolineò che il sommo sacerdote non aveva bisogno di interrogarlo su questo perché tutti quelli che lo avevano udito parlare potevano testimoniare che le cose stavano così.
Il regno di Dio non è qualcosa di nascosto nel mondo; non è aperto solo agli iniziati. È per il mondo perché è fuori all’aperto. Chiunque creda lo conoscerà e lo vedrà. Anche tale persona fa parte dei suoi discepoli e trova nel vangelo del Regno il fondamento della propria vita. Ma quelli che, come Anna e Caiafa, sono disobbedienti al vangelo lo temono come un piano segreto per rovesciare l’ordinamento sociale.
Questo è il modo in cui Gesù professò la propria opera durante l’udienza. Non rinnegò il compito che il Padre gli aveva affidato sebbene uno dei suoi lo stesse rinnegando proprio in quel momento. Sembrava come se il suo lavoro fosse stato fatto per niente. E invece non sarebbe stato vano. In se stesso Pietro non era la roccia; Cristo era la roccia. Gesù fece la propria professione nella propria forza divina. A motivo di quella professione sarebbe pure morto e avrebbe espiato i peccati del suo popolo. Sarebbe pertanto diventato la roccia su cui è edificata la vita.
Ma quella vita è edificata sulla roccia per fede. Solo per fede Simone sarebbe diventato Pietro. Parimenti, per è fede che la nostra vita è ancorata alla roccia.
Gesù fu chiamato a soffrire immediatamente per quella aperta professione. Uno dei servi lo colpì al volto ringhiando: “È questo il modo di rispondere al sommo sacerdote?” Gesù semplicemente replicò: “Se ho parlato male, mostra dov’è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?” In ballo c’erano la sua Parola e la sua opera quanto la sacralità della vocazione affidatagli da suo Padre, non meramente la propria dignità personale.
Caduto e salvato. Dopo questa udienza preliminare fu condotto in casa di Caiafa per essere processato ufficialmente dal sinedrio. La casa di Caiafa era sull’altro lato dello stesso cortile. Pietro era ancora nel cortile, in piedi attorno al fuoco. Lì rinnegò il proprio maestro altre due volte, una volta ai suoi superiori e un’altra a un parente di Malco, il servo del sommo sacerdote cui Pietro aveva tagliato l’orecchio nel Getsemani.
La prima volta Pietro non giunse a pentimento. Confusi nel nostro peccato andiamo di male in peggio. Cos’altro ci potrebbe salvare se non l’amore di Gesù? Possiamo rinnegare il nostro legame con lui ma lui non rinnega il suo legame con noi. Non lo rinnegò davanti al sommo sacerdote e non lo rinnega ora. Ci cerca continuamente. Per portarci a pentimento può usare mezzi di ogni tipo. Così il canto del gallo rammentò a Pietro l’avvertimento che aveva ricevuto da Gesù. Ora Pietro riconobbe l’amore di Gesù comunicatogli con quell’avvertimento. Per mezzo di quell’amore, che è più forte di qualsiasi altra cosa, Pietro venne a pentimento. E per mezzo di quell’amore imparò ad amare con una potenza più forte della morte stessa.