Marco 10:32-45
Il Figlio dell’uomo non ha solo servito; ora regna in cielo. Qualcosa della gloria del suo regno risplende aei governi delle nazioni. Pertanto non c’è nulla di illegittimo che ci siano governanti e che persone abbiano autorità. C’è una rivelazione del regno di Cristo perfino nell’autorità di chi ha una funzione nella chiesa sebbene in quel caso non si parli di regno.
Il servire da parte del Figlio dell’uomo concerne il suo stato di umiliazione. È pertanto un servire nella resa di sé. È il modo in cui lui stesso l’ha spiegato dando seguito alle sue osservazioni con le parole: “e per dare la sua vito come prezzo di riscatto per molti”.
Questo servire negando se stessi in umiliazione è la vocazione anche di quelli che sono parte del suo popolo. Di sicuro il servizio non è per una espiazione ma per redenzione, per la liberazione della vita umana dal regno del peccato. Pertanto i credenti devono servire non solo nelle comunità ecclesiali cui appartengono ma dappertutto nella vita. Servire rinnegando se stessi per la redenzione della vita è la via alla grandezza perché in quel modo porteremo molto frutto. Il chicco di grano che cade in terra e muore porta molto frutto.
Un credente che da un lato sia chiamato a servire rinnegando se stesso può dall’altro lato dover governare come ufficiale o avere autorità nella chiesa per la sua supervisione e disciplina. Tuttavia, non c’è distinzione tra l’etica personale e un etica della funzione pubblica?, come insegnò Lutero. Ciò è immediatamente evidente dal fatto che in Lutero la distinzione tra i due tipi di etica coincidevano con la distinzione tra due sfere, ovvero quella della chiesa e quella dello stato. Ma diventa ancor più chiaro se enfatizziamo con forza che servire la gente è in realtà servire Dio. Il Figlio dell’uomo servì anche Dio quando diede la sua vita in riscatto per molti. L’unità, da un lato della rinuncia dell’uomo a se stesso nel servizio della gente e l’esercizio dell’autorità sulla gente dall’altro, si fonda nel servizio di Dio in ambedue le sfere. In tutte queste cose siamo posti in ufficio davanti a Dio. Portiamo l’immagine di Cristo tanto nella sua umiliazione che nella sua esaltazione.
Questa prospettiva è implicita anche nell’affermazione di Cristo che la collocazione alla sua sinistra o alla sua destra nel Regno sarà data a quelli per i quali Dio l’ha preparata. Durante la sua umiliazione, Cristo non è altro che il Servo del Signore. Il Padre decide riguardo ai posti d’onore. Noi dobbiamo servire nello stesso modo.
Concetto principale: Il Figlio dell’uomo è venuto per servire.
Preparato per essere un sacrificio. Dalla Galilea Gesù si spostò alla Giudea e a Gerusalemme. I suoi discepoli andarono con lui insieme ad alcune altre persone, tipo le donne che lo servivano. Durante questo viaggio spese del tempo in Transgiordano e da lì si preparò per andare a Gerusalemme. Sapeva come sarebbe andata a finire, vale a dire che avrebbe patito e sarebbe morto.
Nel salire a Gerusalemme si diede deliberatamente a quel patire. Evidentemente questa decisione lo commosse profondamente. Il Signore Gesù stava alla testa dei suoi seguaci lungo la via, fermamente determinato a consegnarsi. I suoi suoi discepoli erano attoniti nel vederlo così emozionato e gli altri che seguivano erano intimoriti.
Lungo la strada prese da parte i suoi discepoli e disse loro ancora una volta, questa volta per filo e per segno, cosa gli sarebbe accaduto a Gerusalemme. Sarebbe stato consegnato ai capi sacerdoti e agli scribi che lo avrebbero condannato a morte e dato nelle mani dei gentili. Sarebbe stato deriso, flagellato e gli avrebbero sputato addosso. Sarebbe stato ucciso e il terzo giorno sarebbe resuscitato. Sapeva tutto questo eppure stava andando. Con le sue sofferenze avrebbe redento il suo popolo. Facendolo avrebbe servito il Padre al fine di riconciliarlo col suo popolo.
Capirono cosa stava dicendo? Anche questa volta il concetto passò sopra le loro teste e non fece loro alcuna impressione. Non riuscivano ad immaginare un Messia che avrebbe sofferto. Su quel punto non avevano ancora compreso le Scritture. Si attendevano solo gloria. Non avevano ancora imparato che avevano bisogno del Cristo nella sua sofferenza, vedendo le sue sofferenze come espiazione per i loro peccati. Eppure nei loro cuori erano già affezionati a lui.
Amore misto a egoismo. Un po’ più avanti lungo la strada, due dei suoi discepoli gli si accostarono con una richiesta. Nemmeno loro erano stati attenti a ciò che aveva detto della sua passione. Tutto ciò che avevano in testa era che ora stavano andando a Gerusalemme e che il Signore Gesù era profondamente toccato da quel fatto. Forse a Gerusalemme ci sarebbero stati tensione e conflitto ma il regno del Messia adesso stava per cominciare. Non avevano appena assistito alla trasfigurazione sul monte?
Nella loro mente cominciarono a domandarsi se loro avrebbero avuto un posto speciale il quel Regno. Loro erano cugini del Signore Gesù, la loro madre era sorella della madre di Gesù. Inoltre, diverse volte aveva mostrato loro e a Pietro il suo favore speciale, portandoli con sé.
Il loro amore per Gesù fu espresso in quella richiesta. Volevano essergli accanto nel suo regno e condividere la sua gloria. Credevano realmente in lui. Tuttavia la loro richiesta suggeriva che cercassero pure i loro propri interessi. Volevano qualcosa di speciale per se stessi, qualcosa che aveva anche a che fare con l’egoismo. È così facile per l’amore distogliere gli occhi da lui e cominciare a guardare a sé. A quel punto l’amore è fuori binario.
Non ebbero subito il coraggio di sollevare la questione. Sul principio dissero che volevano che facesse loro un favore. Esitarono e cercarono di attirare la sua simpatia. Quando Gesù chiese loro cosa volessero, glielo dissero, o meglio lo fecero dire alla loro madre (vedi Matteo 20:21-21). Volevano sedere l’uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra nel suo regno.
Gesù scorse l’egoismo della loro richiesta. Più tardi li avrebbe rimproverati per questo; ma vi riconobbe anche la presenza dell’amore e della fede. Per questa ragione discusse ulteriormente con loro la faccenda. Per prima cosa disse loro che non sapevano cosa stessero chiedendo perché la strada per la gloria nel suo Regno era una di molta sofferenza e di rinnegamento di sé. Lui avrebbe percorso quella strada. Lui avrebbe bevuto quel calice di sofferenza e sarebbe stato sommerso dal giudizio come lo era stato dalle acque del suo battesimo. Loro sarebbero stati capaci di percorrere quella stradi di patimenti con lui?
Senza sapere cosa stavano dicendo risposero con un fermo sì. Pensavano di poter fare qualsiasi cosa. Questo era una sovrastima di se stessi che andava mano nella mano con l’egoismo che c’era nel loro amore.
Ogniqualvolta guardiamo a lui, quando lui è il nostro unico interesse, anche noi ci aspettiamo tutto da lui e riconosciamo la nostra totale dipendenza da lui. Ma non appena cerchiamo i nostri interessi, ci affidiamo alle nostre forze e pensiamo di poter badare a noi stessi. A quel punto non conosciamo più il Signore Gesù perché la sua vita fu una di servizio. Non persegui il proprio interesse ma servì la volontà del Padre. E noi lo conosciamo solo quando anche noi non vogliamo altro che servire il Padre. Questo è quanto Gesù adesso dovette dire loro.
Sottomissione al Padre. Rispose loro che in effetti avrebbero condiviso nella sua sofferenze. Ovviamente la sua sofferenza fu totalmente unica per il fatto che doveva fare espiazione per i nostri peccati. Nessun’altra sofferenza umana le somiglia. Ciò nonostante, tutti quelli che gli appartengono condividono nello scherno e nella sofferenza che lui patì perché dovette vivere in un mondo pieno di peccato e di sofferenza. Che dolore il peccato porta ai credenti! Che sofferenza devono sopportare! Specialmente quelli che conoscono l’amore di Dio soffrono profondamente lo scherno e il dispiacere.
Eppure, nella loro vita i credenti non possono fare altro che servire il Padre. Questo è ciò che fece anche il Signore Gesù. Solo il padre decide che collocazione nel Regno darà a ciascuno dei suoi servitori. Sulla terra il Signore Gesù sapeva di essere solo il servo del Signore. Un giorno avrebbe ricevuto autorità dal Padre, ma per il presente serviva ancora in umiliazione. Pertanto non gli apparteneva decidere chi sarebbe stato posto alla sua destra e alla sua sinistra. Il Padre decide queste cose nella sua divina sovranità. E noi dovremo solo attendere la sua decisione come servitori, sottomettendoci a lui. Questo è quanto il Signore Gesù disse ai figli di Zebedeo.
Il servo di tutti. Quando gli altri discepoli scoprirono cosa Giacomo e Giovanni avevano chiesto si indignarono terribilmente. Era come se quei due discepoli avessero voluto anticipare tutti e riservare per se stessi i posti migliori. Ma il fatto che gli altri discepoli fossero così arrabbiati mostrava che lo stesso desiderio albergava nel cuore di tutti loro.
Quanto poco comprendevano realmente del servizio di Dio nel suo Regno! E quanto poco avevano compreso che ciò che era richiesto qui sulla terra era il servizio reciproco in umiliazione e rinnegamento di se stessi. La vita di tutti gli uomini è ancora intrappolata nel peccato e noi dobbiamo cercare di liberarci a vicenda rinnegando noi stessi e servendoci gli uni gli altri.
Questo è quanto Gesù volle dire loro ora. Perciò li fece radunare e li ammaestrò. I sovrani e le persone prominenti della terra esercitano un’autorità data loro da Dio. Ecco perché governano con potere e richiedono la soggezione. Qualcosa della sovranità divina è stata posta sulle loro spalle.
Ma la loro è una funzione speciale. Non tutti hanno la loro autorità e nessuno la possiede in ogni sfera di vita. Se apparteniamo al Signore Gesù dobbiamo essere disposti a essere gli ultimi, ad essere servi di tutti per amore di Dio. Dobbiamo servire Dio a questo riguardo da essere una benedizione l’uno per l’altro. E qui sulla terra ciò è possibile solo rinnegando se stessi. Allora porteremo molto frutto e saremo grandi nel Regno di Dio. Ma Dio stesso ci mostrerà il modo e deciderà quale sarà il nostro posto nel suo Regno glorioso.
Gesù stesso è il nostro esempio in questo sentiero di auto-umiliazione. Non è venuto sulla terra per essere servito. Ancora un po’, e dopo la sua passione avrebbe ricevuto autorità. È venuto sulla terra per servire e per redimere la vita di quelli che gli appartengono.
L’avrebbe fatto dando la sua vita per i suoi. La sua vita fu come un riscatto, un riscatto mediante il quale gli schiavi venivano redenti. Per la giustizia di Dio eravamo stati consegnati al potere del maligno, ma per mezzo del sacrificio del Signore Gesù Cristo nella morte, siamo messi in libertà. Se in fede lo conosciamo nella sua opera di redenzione, non dovremmo gioiosamente donare noi stessi l’uno per l’altro?