Matteo 1
Il Nuovo Testamento è un libro del patto quanto il Vecchio Testamento. È vero che la parola patto vi è usata meno spesso, ma la relazione pattizia continua. All’inizio Cristo fu mandato solo alle pecore perdute della casa d’Israele. Ogniqualvolta i Gentili vennero da lui, egli richiese prima un riconoscimento del patto del Signore con Israele. Il giorno di Pentecoste il patto fu esteso in modo che tutti potessero parteciparvi. Israele come popolo divenne una nazione tra molte, niente di più, niente di meno. Alla comunità pattizia furono aggiunti credenti da tutte le nazioni. Come rami selvatici i Gentili furono innestati nell’olivo coltivato: il popolo pattizio del Vecchio Testamento. Quindi il vecchio patto in realtà confluì dentro al nuovo. (Su questo punto vedi in particolare la Lettera agli Ebrei.) Inoltre. Ogniqualvolta la bibbia parla di Cristo e lo chiama il nostro Capo, od ogniqualvolta menziona l’interesse di Dio per noi in Cristo (che è l’unico contenuto della Scrittura, Vecchio e Nuovo Testamento) sta attirando l’attenzione su quella relazione pattizia.
Ci sono altre ragioni per cui la parola patto è usata con minore frequenza nel Nuovo Testamento. In primo luogo, i vangeli ruotano intorno a Cristo, il Capo del patto. Tutta la luce si concentra su di lui. Questo fatto deve governare il nostro trattamento delle storie evangeliche. L’auto-rivelazione di Cristo ci confronta ovunque.
In secondo luogo, il Nuovo Testamento pone molta più enfasi sulla vita individuale del credente di quanto faccia il Vecchio Testamento. Questa enfasi non significa che la comunione del popolo nel patto come rivelata nel Vecchio Testamento può essere trascurata. La rivelazione divina segue linee pedagogiche: dopo che la comunione del popolo nel patto è stata stabilita sufficientemente nel Vecchio Testamento, il valore di ciascuna vita individuale all’interno di quella comunità diventa il centro dell’attenzione nel Nuovo Testamento.
La terza ragione per cui la parola patto compare con minore frequenza nel Nuovo Testamento è perché l’enfasi è venuta a cadere sul Regno di Dio, ora proclamato sia da Giovanni Battista che dal Cristo stesso. Questo Regno, prefigurato nel regno d’Israele e presente nella profezia del Vecchio Testamento, è ora espressamente annunciato. La sua venuta è legata con la dispensazione del nuovo patto e lo spargimento dello Spirito santo. Parte del significato di quello spargimento è la schiusa della creazione all’uso dell’uomo nel nome del Signore, e al dominio dell’uomo su di essa. Quel dominio permette all’uomo di cogliere un barlume del Regno che è finalmente giunto. Quando il Regno è proclamato, il patto non viene abbandonato. Mediante la loro comunione reciproca e col Cristo, il loro Capo, e per mezzo di Cristo con Dio, le persone esercitano il dominio sulla creazione.
Non farò il tentativo di costruire un’armonia dei vangeli. Ciascun vangelo racconta una storia particolare con uno scopo specifico, uno scopo legato con l’obbiettivo di quel vangelo. Quando raccontiamo la storia di ciascun vangelo dobbiamo preservare quello scopo specifico. Anche trattare l’opera di Cristo secondo aree geografiche non è utile. La procedura qui adottata è di trattare con una serie di eventi da ciascun vangelo. Per quanto possibile ho cercato di evitare ripetizioni. Questo metodo offre il chiaro vantaggio che si può trattare ogni anno un vangelo diverso .
L’attenzione di Matteo 1 è sulla genealogia di Giuseppe, il quale, come Maria, apparteneva alla casa di Davide. La linea genealogica di Giuseppe era quella formalmente riconosciuta dai Giudei. Il bambino Gesù fu formalmente registrato come figlio di Giuseppe e, come tale, un figlio di Davide. Questo ci avvicina al significato della genealogia.
Il bambino Gesù non era figlio di Giuseppe, il discendente di Davide. Tuttavia Giuseppe (e mer mezzo suo la casa di Davide) avrebbe ricevuto questo bambino come proprio. D’altra parte, attraverso Maria questo bambino era veramente della casa di Davide.
Questo indica la duplice relazione che Cristo ha con noi. Da un lato è della carne e sangue di Maria e perciò uno di noi. Dall’altro, è senza origine umana perché è concepito di Spirito santo. Egli è Il Santo, un estraneo al peccato. Poiché è estraneo alla nostra natura di peccato lo dobbiamo ricevere in fede affinché ci possa santificare, proprio come Giuseppe dovette tenere in braccio un figlio che non era suo.
Nella storia delle genealogia la luce cade più su Giuseppe che su Maria. In Israele Cristo fu conosciuto come figlio di Giuseppe. Questo si adatta con lo scopo del vangelo di Matteo che fu scritto per i Giudei i quali riconoscevano la discendenza davidica di Giuseppe.
Concetto principale: Il Salvatore è dato da Dio.
Figlio di Abramo, figlio di Davide. Nei volumi I e II, ho trattato la storia del vecchio patto dove tutto puntava al Redentore che doveva venire, il Redentore promesso molto tempo fa. Secondo la promessa sarebbe uscito da Israele, un figlio di Abrahamo. Successivamente fu indicato che sarebbe stato della casa di Davide. Tutto ciò che era stato promesso ad Abrahamo e a Davide sarebbe stato adempiuto in Cristo.
Dio aveva promesso ad Abrahamo che nella sua progenie sarebbero stati benedetti tutti i popoli della terra. Cristo, il grande figlio di Abrahamo sarebbe stato la benedizione delle nazioni. Avrebbe portato libertà a tutti i popoli, libertà dal peccato e libertà di avere comunione con Dio. Lo avrebbe fatto espiando il peccato.
Davide aveva ricevuto il regno in Israele. Con esso aveva ricevuto la promessa che suo figlio sarebbe seduto per sempre sul suo trono. Anche quella promessa poteva essere adempiuta solo in Cristo, visto che nessun altro uomo avrebbe potuto regnare per sempre. Cristo sarebbe stato re per sempre e avrebbe regnato su questa vita per santificarla e restituirla a Dio.
Nel corso della storia, lo splendore della casa di Davide era stato oscurato dai suoi peccati e da quelli del popolo intero. Si era spinto talmente oltre che ambedue, re e popolo, furono portati via in cattività. Divennero stranieri sulla terra.
Dopo 70 anni la gente era sì ritornata a Canaan, ma la loro restaurazione fu temporanea e provvisoria. La casa di Davide non fu mai restituita agli onori durante il periodo del Vecchio Testamento. Israele non riprese mai il pieno controllo della propria terra ma servì tiranni stranieri.
Cristo avrebbe restituito il possesso della terra al suo popolo. Solo che Cristo volle considerare suo popolo tutte le nazioni della terra, non solo Israele. Per natura siamo stranieri su questa terra e serviamo tiranni stranieri come il diavolo e il peccato. Cristo è venuto a restituirci il pieno possesso della terra.
Le genealogie venivano tenute aggiornate in Israele provvedendo così una documentazione accurata del lignaggio di Cristo come figlio di Abrahamo. Possiamo tracciare la sua linea anche lungo un certo ramo della casa di Davide.
Nelle vite di molti antenati di Cristo troviamo tipi di Cristo e profezie viventi che indicavano lui. Nel caso della sua genealogia, la forma usuale è rovesciata. Al contrario delle altre genealogie, la discendenza: Cristo, ha la preminenza sui suoi antenati e non viceversa.
Concepito di Spirito santo. Finalmente, dopo secoli d’attesa, giunse il tempo che il Cristo nascesse. La sua venuta non era stata preceduta da intensa aspettazione, altrimenti la casa di Davide non sarebbe caduta nell’oblio così completamente come invece aveva fatto.
A Nazaret di Galilea viveva un uomo di nome Giuseppe. Apparteneva alla casa di Davide, ma non era particolarmente onorato per questo fatto; nella piccola città di Nazaret era un semplice falegname. Forse era venuto da qualche altra parte e si era fermato a Nazaret e aveva fondato qui la sua attività.
Giuseppe era fidanzato con una ragazza del luogo: Maria, alla quale il Signore volle dare un figlio. Un angelo del Signore glielo aveva detto. Ma quello era un miracolo tale che non poteva raccontarlo a nessuno, nemmeno a Giuseppe. Chi lo avrebbe creduto? Il bambino sarebbe nato da un miracolo dello Spirito santo!
Doveva avvenire in quel modo, perché se il bambino fosse venuto al mondo nel modo normale sarebbe stato nel peccato quanto noi. Allora non avrebbe potuto essere il Redentore ma sarebbe stato lui stesso vinto dal peccato. Tutti i capi e i re d’Israele non avevano forse fallito la redenzione della nazione perché erano peccatori?
Il bambino avrebbe dovuto essere capace di fare ciò che nessuno dei suoi precursori aveva potuto: doveva essere Il Santo, nato da un miracolo dello Spirito santo.
Giuseppe percepì che Maria stava per avere un figlio. Ma il figlio non era suo; lui non ne era il padre. Giuseppe e Maria non erano ancora sposati e Giuseppe non sapeva nulla di ciò che l’angelo le aveva detto. Non sapeva del miracolo che era avvenuto mediante il concepimento divino.
Giuseppe pensò che Maria si fosse disonorata ma non volle accusarla pubblicamente. Era un uomo che osservava i comandamenti del Signore. Perché non riusciva ad affrontare questa vergogna decise di rompere il fidanzamento in segreto e lasciare la città.
Maria deve aver indovinato qualcosa di ciò che passava per la testa di Giuseppe. Ma anche allora non osò confidargli il segreto. Era troppo prodigioso e troppo incredibile. Come deve aver pregato il Signore per aiuto e illuminazione, specialmente per Giuseppe! E il Signore rispose alle sue preghiere.
Un comando divino. Un angelo del Signore apparve a Giuseppe in sogno dopo che era già apparso a Maria per preannunciare la nascita di suo figlio. Il Signore stava cominciando di nuovo a parlare al suo popolo. Era rimasto in silenzio per secoli. Ora che il Redentore stava per nascere, cominciò a parlare di nuovo. L’angelo rivelò a Giuseppe il segreto che il bambino era stato concepito da un miracolo dello Spirito santo. L’angelo inoltre comandò a Giuseppe di non temere di prendere Maria come sposa. La gravidanza di Maria non era un’infamia ma un miracolo. E una volta che il bimbo fosse nato, Giuseppe doveva accettarlo come suo.
Giuseppe chiamò il bambino Gesù, che significa salvatore o redentore. Gesù, disse l’angelo, avrebbe salvato il suo popolo dai loro peccati. Li avrebbe raccolti da tutte le nazioni e avrebbe espiato i loro peccati, con ciò liberandoli perché servissero il Signore. Il nome, e la spiegazione dell’angelo di ciò che significava, rese chiaro a Giuseppe che si trattava di un miracolo. Il Redentore stava per nascere, come dono di Dio, in modo misterioso.
Eppure Giuseppe deve essere rimasto sconcertato al comando dell’angelo. Avrebbe dovuto accettare il figlio come suo. Avrebbe dovuto prendere Maria, insieme al figlio non ancora nato, in casa sua, malgrado il fatto che non era lui il padre. Sarebbe stato capace di accettare il figlio come suo con tutto il suo cuore? Se solo fosse riuscito a vedere il bambino come un dono di Dio, il dono più grande in tutta la sua vita! Se solo Giuseppe fosse riuscito a riconoscere il bambino come un dono alla casa di Davide, alla quale egli stesso apparteneva, e anche per il popolo d’Israele e alla fine per il mondo intero, allora lo avrebbe accettato con gioia.
Noi dobbiamo accettare il dono nello stesso spirito. Il Redentore doveva nascere da un miracolo. Non poteva nascere come ogni altro essere umano perché ciò lo avrebbe reso depravato quanto noi. Il fatto che sia dovuto nascere in questo modo implica una condanna di tutta la nostra vita di peccato. Eppure quello è il modo in cui lo dobbiamo ricevere, perché solo in quanto Il Santo può redimere la nostra vita e riconciliarci con Dio. Anche il mondo dovrà riceverlo in questo modo.
L’obbedienza di fede. Giuseppe obbedì la parola dell’angelo che gli aveva portato il messaggio di Dio. Prese Maria in casa sua, dopodiché il bambino nacque. Lo accettò come suo proprio e gli mise nome Gesù. Fece così per fede nella parola dell’angelo.
Immaginatevi Giuseppe col suo bambino in braccio. Per lui il bambino fu il tesoro più grande della sua vita — più caro di qualsiasi altra cosa. Fu tale beatitudine ricevere il bambino nella sua casa e riconoscerlo come il Redentore! Giuseppe, insieme a Maria, ebbe il privilegio di essere il primo a riconoscerlo.
Questo è il modo in cui Gesù fu introdotto nel mondo da Dio e donato all’umanità. Noi dobbiamo fare come Giuseppe: prendere il bambino nelle nostre braccia, riconoscerlo in fede come il Redentore, e chiamarlo Gesù. Egli è anche il nostro Redentore.