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25: La luce del mondo

I Re 10-11

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Quando il Signore pronunciò il giudizio sul peccato di Salomone, disse che avrebbe dato una tribù a suo figlio “per amore di Davide mi servo e per amore di Gerusalemme che io ho scelto”. Più tardi, in I Re 11:36, l’affermazione è ampliata: Gerusalemme è “la città che ho scelto per mettervi il mio nome”.

Il Signore scelse Gerusalemme per rivelare lì il suo nome. Questa rivelazione della grazia doveva essere una luce per il mondo. Per amore del Cristo, che sarebbe venuto della linea di Davide, il Signore diede la sua rivelazione a Gerusalemme. In ragione della sua insistenza nel rivelarsi a Gerusalemme, possiamo stare certi che sosterrà la casa di Davide. La lampada di Davide non verrà estinta.

Fintantoché Salomone visse per la luce della rivelazione della grazia, fu realmente illuminato: fu una luce per questo mondo. La regina di Sceba lo onorò come tale. In I Re 10:1 leggiamo che ella udì la fama di Salomone “a motivo del nome del Signore”. Tutto il mondo sapeva che Salomone doveva la sua sapienza alla grazia del Signore. Perciò la regina di Sceba incontrò la luce della grazia. Questa è la ragione per cui il Cristo potè indicare la visita di questa regina a Salomone quando parlò della propria reiezione per mano dei giudei (Luca 11:29-32).

Questo non equivale a dire che la regina di Sceba sia divenuta una vera credente. Ella fu ammirata della gloria di questa luce e delle soluzioni che offriva per le questioni più profonde della vita. Tuttavia la sua ammirazione non è prova che il suo cuore abbia imparato a riposare nella verità della grazia di Dio nel Redentore.

Salomone, però, si estraniò dalla dipendenza da questa rivelazione divina della grazia. Giunse a fidarsi della propria sapienza. Come risultato, divenne il “monarca illuminato” del suo tempo. Tale “illuminazione” porta sempre a eccessiva tolleranza — di qui gli altari dedicati agli idoli, proprio intorno a Gerusalemme, il luogo ove Dio si era rivelato.

Dieci tribù sarebbero state strappate alla casa di Davide; ne sarebbe rimasta solo una. Per quanto concerne i numeri, quest’affermazione non è esatta. Giuda rimase alla casa di Davide insieme a gran parte della tribù di Beniamino come pure alla tribù di Simeone il cui territorio era racchiuso da quello di Giuda. In questo contesto il numero dieci è da leggersi come simbolo di pienezza. L’ “Israele” secondo la carne si allontana dalla casa di Davide. Ma la misericordia supera il giudizio: una tribù rimane. Un residuo è salvato. Qui, in questa grazia nel mezzo del giudizio, abbiamo una permanente illuminazione per il mondo.

I Re 11:40 riconduce al verso 26: poiché Geroboamo si ribellò (alzò la mano contro) il re, Salomone cercò di ucciderlo. Probabilmente Geroboamo sollevò una rivolta tra le tribù di Giuseppe durante la costruzione delle mura di Gerusalemme, quando aveva autorità su molti uomini.

L’incentivo per la rivolta fu la promessa che il Signore gli aveva fatta per mezzo del profeta Ahijah. Quella reazione da parte di Geroboamo fu certamente un cattivo uso di quella promessa. Un tempo Davide aveva ricevuto una simile promessa, ma non aveva alzato la sua mano contro Saul. Geroboamo avrebbe dovuto attendere il compimento della promessa dalla mano di Dio.

C’era, comunque, una differenza importante tra la situazione di Geroboamo e quella di Davide. Geroboamo deve aver saputo che Israele, secondo la promessa di Dio, sarebbe stato benedetto per sempre nella casa di Davide. Quando Ahijah annunciò il giudizio sulla casa di Salomone, Geroboamo avrebbe dovuto cercare di scongiurare quel giudizio mediante la preghiera. Invece, accettò la promessa con troppo entusiasmo, malgrado contenesse giudizio anche per lui. A causa della sua impazienza, le sue azioni sono da condannare fin dal principio. Geroboamo non conosceva il santo timore della grazia del Signore.

          Concetto principale: L’unica luce del mondo è la rivelazione della
                                                  grazia del Signore nel Cristo.

          La luce del mondo nella sapienza di Salomone. La fama della sapienza di Salomone si sparse in tutte le nazioni. Raggiunse anche la regina di Sceba. La gente del suo regno udì che per la sua sapienza Salomone era in debito con la rivelazione della grazia del Signore. Salomone dava tutto l’onore al Dio che aveva fatto patto con Israele.

La regina di Sceba stessa fece il viaggio fino a Gerusalemme per udire la sapienza di Salomone e confrontarlo con alcune della domande più serie che la vita pone. Arrivò con un seguito impressionante e fece a Salomone  tutte le domande che aveva nel cuore. Non ci fu una sola domanda cui non potesse rispondere. Non solo non fu possibile farlo cadere in contraddizione, volta dopo volta la luce della sapienza più eccelsa illuminò le tenebre della mente pagana della regina. In questo modo Salomone fu un tipo del Cristo, il quale diede sempre risposte rivelate da Dio nella sua grazia pattizia. La soluzione di tutte le questioni di valore ultimo che la vita pone si trova nella grazia del Signore.

Quando la regina di Sceba udì le sagge parole di Salomone e vide lo splendore e la ricchezza della sua corte e l’ordine delle cerimonie non potè contenere la sua meraviglia e la sua estasi. Se un tipo del Cristo fece su di lei tale impressione, pensate dell’impressione che Cristo stesso debba fare su chiunque lo conosca per fede!

La regina di Sceba confessò che non le era stato raccontato nemmeno la metà di ciò che ora vedeva e udiva. Inizialmente aveva rifiutato di credere tutto quello che le era stato raccontato di Salomone, ma ora era convinta. Considerò fortunati i servi di Salomone. E lodò il Signore che aveva guardato Salomone con favore e lo aveva posto sul trono d’Israele. Certamente il Signore doveva amare gli israeliti se aveva dato loro tale re. Quanta verità vide questa regina pagana! Era stato l’eterno amore per Israele per amore di Cristo che aveva mosso il Signore a dare ad Israele un tipo del Cristo in Salomone.

Non sappiamo se la regina di Sceba divenne una credente e si sottomise nel suo cuore alla grazia del Signore. Quando lodò il Signore avrebbe potuto considerarlo plausibilmente uno degli dèi fianco a fianco con gli dèi delle altre nazioni. In ogni caso, ella venne da lontano (“dagli estremi confini della terra”, come disse il Signore Gesù) per ascoltare la sapienza di Salomone, e ne rimase incantata.

Quando il Signore Gesù fu sulla terra ed esibì una sapienza molto più grande di quella di Salomone, i giudei rimasero indifferenti. Oggi noi abbiamo la sua sapienza nella sua Parola. Le viviamo molto vicini, ma spesso non ne siamo né deliziati né meravigliati. Può essere che la regina di Sceba si ergerà contro di noi nel giorno del giudizio se la nostra estasi non ha superato la sua?

La regina di Sceba fece a Salomone un grande dono in oro e pietre preziose. Gli diede anche una grande quantità di spezie dal suo paese: tale abbondanza di spezie non fu più vista a Gerusalemme. Questo in più ai tesori in oro, gioielli e legno pregiato che Salomone riceveva dalle altre nazioni. Con quel legno continuò a decorare il tempio e il palazzo. Lo splendore a Gerusalemme non poteva mai essere abbastanza se doveva rifletter qualcosa della gloria del Cristo.

Anche Salomone diede alla regina di Sceba un dono degno della sua maestà. Ella ritornò al suo paese arricchita nello spirito. Pensate a quanto più ci da il Signore quando lo adoriamo!

          Al  vertice della cultura. Il valore dell’oro che Salomone riceveva ogni anno quasi non si poteva più calcolare. Il re ne fece fare 200 scudi grandi e 300 più piccoli. In solenni occasioni questi scudi venivano portati davanti al re. Nel palazzo dove teneva discorsi e giudicava questioni legali, eresse un magnifico trono d’avorio ricoperto d’oro. Ai lati del trono c’erano due leoni e c’erano due leoni ad ognuno dei sei gradini che portavano al trono. Le figure leonine simboleggiavano la sovranità regale di Salomone. Le coppe in cui il re beveva erano d’oro puro.

In quel tempo, il valore dell’argento era paragonabile a quello di mattoni da costruzione, e al legno dei costosi cedri fu dato circa lo stesso valore di quello del fico selvatico! Un continuo rifornimento di questi tesori peculiari delle varie nazioni continuò ad arrivare: oro, argento, avorio, e scimmie e pavoni. Dall’Egitto erano importati cavalli e carri e le vesti più preziose.

Veniva gente da ogni parte del mondo per ascoltare la sapienza che il Signore aveva messo nel cuore di Salomone. Egli fu al vertice della cultura del suo tempo. Non c’era nulla che il Signore non gli desse perché Salomone doveva essere un tipo del Cristo nelle cui mani stanno tutti i tesori della terra. Il Cristo non disprezza e rifiuta questi tesori; egli prende ossesso della terra e di tutto ciò che c’è in essa e un giorno la renderà di nuovo completamente santa. In altre parole, un giorno il Cristo darà la terra intera a quelli che gli appartengono perché la usino a onore di Dio. E sta già rendendo santo tutto il mondo: in questa vita dà il mondo a quelli che gli appartengono in modo che lo usino per onorare Dio. L’intero sviluppo del mondo è per il Cristo e per il suo popolo.

Tuttavia tale possesso delle ricchezze del mondo ha anche i suoi pericoli. Il Cristo possiede tutto ciò che è propriamente suo solo per usarlo all’onore di Dio. Sarebbe stato capace anche Salomone di continuare a possedere in quello spirito tutto ciò che Dio gli aveva dato? E  saremo noi capaci di possedere tutto ciò che è propriamente nostro (nel Cristo) solo per l’onore di Dio? Solo se rimaniamo attaccati a lui e facciamo affidamento sul potere del suo Spirito saremo capaci di usare tutto quello che possediamo per il Signore.

          Tolleranza “illuminata”. Salomone non sfuggì al pericolo. Come gli fu facile nella sua mente separare la sua sapienza e ricchezza dalla grazia del Signore! Oltretutto, ci fu qualcos’altro nella vita di Salomone che lo fece deviare dalla strada giusta. Aveva preso un sacco di mogli. Anche in questo aspetto volle superare gli altri monarchi del suo tempo. Ma mediante queste moglie furono introdotti nella sua corte costumi pagani.

Tra le mogli ce n’erano molte provenienti dalle nazioni con le quali agli israeliti era proibito sposarsi. Queste mogli non rinunciarono ai loro culti idolatrici quando vennero a Gerusalemme. Nel tempo Salomone fu sedotto da loro. Lo adularono e gli dissero che era il governante più illuminato dei suoi tempi. Lo fecero sentire orgoglioso della sapienza che Dio gli aveva conferito. Così non considerò più la sua sapienza come un dono della grazia di Dio.

Le mogli di Salomone si spinsero più in là con le loro adulazioni e bugie: un governante illuminato come Salomone non avrebbe dovuto avere un occhio d’apprezzamento per il progresso che si poteva trovare nelle altre nazioni? Questo progresso, dichiararono, non era sicuramente un dono del Signore il Dio d’Israele. Era il frutto di altre potenze, potenze che queste nazioni veneravano come dèi. Sicuramente Salomone doveva riconoscere l’esistenza di queste potenze. In qualità di monarca illuminato non poteva avere una mente così ristretta da riconoscere solo il servizio del Signore e rigettare il culto degli idoli come una menzogna e un abominio. Sicuramente Salomone avrebbe permesso che le sue mogli continuassero col loro culto dei loro idoli, seppur esse ammettessero che il Signore fosse il Dio d’Israele e che era stato lui a renderlo grande.

Così Salomone fu sedotto dalle sue mogli. Permise che fossero eretti altari per gli idoli nei dintorni di Gerusalemme, sulla terra santa che avrebbe dovuto essere purificata dai canaaniti in modo che solo il Signore vi fosse servito. Gli idoli erano adorati proprio davanti al Signore che aveva rivelato la presenza della sua grazia nel tempio!

Salomone lo permise a dispetto del fatto che il Signore gli fosse già apparso due volte nei suoi sogni. Quanto vicino era stato al Signore! Quanto se ne era allontanato! Come avrebbe mai potuto il Signore permettere che  qualcosa o qualcuno fosse adorato insieme a Lui? Se non viviamo interamente per fede nella grazia del Signore  e non viviamo interamente per il Signore, non stiamo servendo lui solo.

          Luce nel giudizio. Per questo peccato il Signore fu adirato con Salomone perché aveva ora trasgredito il patto del Signore. Per amore della grazia del Signore sul suo popolo, Salomone e la sua casa sarebbero dovute essere rigettate, proprio come in precedenza lo era stato Saul.

Il Signore disse a Salomone che gli avrebbe strappato il regno e lo avrebbe dato al suo servo. Il giudizio sembrava finale. Eppure il Signore ricordò il patto eterno che aveva fatto con Davide. Davide avrebbe avuto un figlio che sedeva sul trono per sempre. Questa promessa non sarebbe stata oscurata completamente. Il Signore avrebbe permesso alla casa di Davide di regnare su una tribù.

Sembrò quasi come se la grande massa del popolo fosse stata persa al patto con Davide; solo un piccolo residuo rimase sotto la protezione della benedizione di quella casa. Il Signore fece questo perché aveva scelto Gerusalemme per rivelarvi la sua grazia quando aveva fatto il suo patto con Davide. Questa luce in Gerusalemme non doveva essere oscurata. Siccome la luce della grazia di Dio continuava a splendere al popolo da lì ci fu costante speranza per la casa di Davide.

Peraltro il Signore aveva promesso che quella divisione in Israele non sarebbe avvenuta durante la vita di Salomone. Anche questo fu a motivo del patto con Davide. Per amore di quel patto, il figlio di Davide, in tutta la sua sapienza e splendore, era un tipo del Cristo. Non era possibile che questa luce scomparisse nelle tenebre. Pertanto, dopo tutto, la grazia di Dio verso Israele, data nella casa di Davide, prevalse sul giudizio.

Il Signore sollevò nemici formidabili contro il regno di Salomone perfino durante la sua vita. A sud, lo minacciava Hadad. Hadad era un edomita di sangue reale che era in qualche modo sfuggito quando Joab aveva eseguito in Edom una serie di condanne a morte. Hadad era fuggito in Egitto ma dopo la morte di Davide era tornato al suo paese.

Al nord salì al potere Rezon. Egli radunò una banda di uomini che erano appartenuti al suo padrone Hadadezer, re di Siria, che era stato sconfitto da Davide. Questo Rezon riuscì a conquistare Damasco e a stabilirvi un regno.

Ma il suo oppositore più pericoloso era Geroboamo, un uomo della tribù di Efraim. Quando Salomone si era messo a completare la costruzione del muro di Gerusalemme, aveva adocchiato un certo giovane di grandi abilità. Questo giovane: Geroboamo, era tra gli operai coinvolti nel progetto e fu messo a capo di tutto il lavoro che doveva essere fatto da Efraim e Manasse.

Un giorno Geroboamo incontrò il profeta Ahijah furi città. Il profeta indossava un mantello nuovo che strappò in dodici pezzi. Ne diede dieci a Geroboamo con un messaggio da parte del Signore. Il Signore avrebbe strappato via il regno dalla casa di Salomone e dato dieci tribù a Geroboamo. Ahijah rimarcò che questo non sarebbe accaduto durante la vita di Salomone e che la casa di Davide sarebbe rimasta con una tribù e Gerusalemme. Se Geroboamo avesse camminato nella via del Signore, il Signore avrebbe edificato anche a lui una casa durevole. In questo modo il Signore avrebbe umiliato la casa di Davide. Ma questa umiliazione sarebbe stata solo temporanea. Un giorno, la piena gloria di quella casa avrebbe fatto brillare ilsuo splendore di nuovo – nel Cristo.

Geroboamo non sentì l’orrore di queste parole profetiche e non cercò di stornare il giudizio sulla casa di Davide con la preghiera. Sapeva certamente della benedizione che era stata promessa a Israele in quella casa.  Accettò per sé la promessa con troppo entusiasmo. Non attese che fosse il Signore a porlo sul trono come aveva fatto Davide. In contrasto con l’esplicita parola del Signore. Lui e i suoi uomini si rivoltarono contro Salomone. Perciò Salomone cercò d’ucciderlo ed egli dovette fuggire in Egitto. La gelosia tra le tribù di Efraim e Giuda, le due tribù più importanti, era stata attizzata di nuovo dalla rivolta di Geroboamo.

           La morte di Salomone. Salomone regnò a Gerusalemme per 40 anni. Poi morì. Il regno era ancora intero.
Salomone aveva peccato gravemente. In questo aspettò differì dal Cristo che sarebbe venuto dopo di lui. Tuttavia la grazia non si dipartì dalla casa di Davide. E noi continuiamo a ricordare vividamente lo splendore di Salomone che riconosciamo come una profezia che additava avanti alla gloria del Cristo.


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