II Samuele 13-20
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Quando raccontiamo la storia registrata in questi capitoli dobbiamo avere l’accortezza di non porre tutta l’enfasi sul vergognoso comportamento di Absalom. Potremmo infatti fare parecchio moralismo sulla relazione tra figli e genitori parando di quel comportamento, ma così non riusciremmo a gettare luce sulla questione principale e parlare del Signore e del suo patto col suo popolo.
Davide era l’unto del Signore. In quanto re era un tipo del Cristo. Era anche il capo d’Israele nel patto. Nella sua grazia verso Davide il Signore stava agendo con grazia verso il suo popolo. Davide era il liberatore d’Israele e fu rigettato in quanto tale.
Fu rigettato per primo da Absalom. Absalom deve aver disprezzato lo stravagante entusiasmo del padre per l’arca del patto e i diritti del Signore. Absalom era più pratico, più realista nel suo approccio alla politica. Ciò che è dominante qui non è la rivolta di Absalom contro suo padre ma il suo rigetto del capo del patto e del patto stesso.
Successivamente Davide fu rigettato anche da Israele. Non c’è dubbio che ci fossero difetti nella condotta di Davide come re. Oltretutto, aveva perso molta della sua autorità a causa del suo peccato con Bath-Sheba. La punizione che il Signore aveva inflitto a Davide e alla sua casa era divenuta di dominio pubblico. Nondimeno, Dio aveva perdonato il suo peccato e lo aveva mantenuto come re d’Israele. Non poteva essere rimasto segreto neppure che Davide si era umiliato davanti al Signore per la sua colpa.
Non avrebbe la gente dovuto rendersi conto di quanto era stata benedetta in Davide e quanto lo era ancora? Eppure il popolo lo rigettò e si scelse invece il plateale Absalom al suo posto. Dopo che Absalom fu sconfitto, i popolo accettò di nuovo Davide. Poi, a causa di un litigio con Giuda, le dieci tribù abbandonarono Davide e seguirono Sheba. In questo modo trattarono con leggerezza l’unto del Signore e il patto di Dio. Ma loro malgrado, Dio nella sua grazia, restituì Davide a Israele e con ciò confermò la promessa fatta alla casa di Davide, la promessa della venuta del Redentore.
Ci furono momenti in cui la grazia di Dio risplendette in Davide meravigliosamente. Davide e i suoi uomini furono capaci di piangere. La risposta emotiva da parte loro non fu meramente un’esibizione di sensitività orientale, quantomeno non nel caso di Davide. Davide pianse a motivo del peccato; vedeva il peccato come il rigetto del patto. Chiunque soffra per questa ragione sa cosa sia l’afflizione, soffre infatti doppiamente. Senza una tale relazione col Signore, qualsiasi afflizione rimane, alla fine, superficiale.
Il vero carattere di Davide si rivelò quando mandò indietro l’arca del Signore a Gerusalemme. Chi non si commuove a ciò che disse in quell’occasione? (II Samuele 15:25-26). La grazia di Dio fu evidente in lui anche nel modo in cui si chinò sotto la maledizione di Scimei.
Ciò che influenzò l’attitudine di Davide quando sbagliò fu la sua debolezza nei confronti dei suoi figli Amnon e Absalom. Quando Absalom fu sconfitto e ucciso, Davide non reagì prima di tutto sottomettendosi al giudizio di Dio su questo trasgressore del patto; la sua prima reazione fu di abbandonarsi al suo egoista amore paterno per suo figlio. Per molto tempo non riuscì ad elevarsi al di sopra di quell’amore egocentrico, cosa che forse spiega le misure ingiuste e irragionevoli che prese col suo ritorno.
La battaglia tra gli eserciti di Davide e di Absalom è raccontata solo con poche parole. Potrebbe essere che gli eserciti da di là del Giordano siano ritornati al lato occidentale del fiume per scontrarsi in territorio di Efraim.
Concetto principale: Il Signore preserva il ruolo del re presso il suo
popolo.
L’abominio in casa di Davide. Quando i figli di Davide furono cresciuti, il peccato cominciò ad alzare la testa in mezzo a loro in tutta la sua bruttura. Nel dolore che risultò dai loro peccati fu eseguito il giudizio del Signore sul peccato di Davide.
Amnon, uno dei figli di Davide, violentò Tamar che era sua mezza sorella e sorella di Absalom. Da quel giorno in poi Absalom covò la vendetta benché non lo dimostrasse. Già qui Davide fu lassista: non leggiamo che abbia disciplinato Amnon. Davide era consapevole d’aver perso ogni diritto al trono e perfino alla sua stessa vita a causa del suo peccato, e sapeva che Dio era stato misericordioso con lui. La sua consapevolezza della propria colpa lo rese debole nel disciplinare i suoi figli.
Absalom nascose il suo odio per due lunghi anni. Poi invitò tutti i suoi fratelli alla festa della tosatura. Per farlo aveva chiesto i permesso a Davide. Alla festa fece uccidere Amnon dai suoi servi. Tutti gli altri principi fuggirono tornando a Gerusalemme. Prima che arrivassero circolarono a Gerusalemme voci che Absalom avesse ucciso tutti i figli del re. Davide i suoi uomini credettero le voci. Questo dimostra quanta paura avessero a causa della maledizione che pendeva sulla casa di Davide. In questo modo il Signore mostrò a Davide quale devastazione poteva venirgli addosso a causa del suo peccato.
Le voci non corrispondevano a verità, ma ciò che era effettivamente avvenuto era già terribile. Prima un vergognoso caso di stupro, poi il fratricidio nella casa di Davide! Absalom riparò presso il re di Gheshur che era suo nonno materno e vi rimase tre anni.
Riconciliazione. Durante quel periodo il cuore di Davide bramava Absalom che amava molto. La sua ira e il suo dolore per la morte di Amnon erano stati relegati sullo sfondo.
Da parte di Davide questo non era amore santificato. Absalom aveva distrutto l’unità della casa di David; aveva ucciso il proprio fratello e rigettato il giogo del patto del Signore. Nel cuore di Davide l’ira per questo peccato non avrebbe dovuto essere più forte del suo amore per il figlio? E poteva esserci alcun pensiero di riconciliazione senza un vero pentimento? Davide stesso non era stato ristabilito da Dio senza vero pentimento.
Quando Joab notò quanto il re avesse il pensiero fisso di Absalom escogitò un piano. Mando da Davide una donna saggia che finse d’essere in miseria. Costei disse a Davide d’essere una vedova e che uno dei suoi figli aveva ucciso l’altro dei suoi unici figli in un litigio. Ora i vindici del sangue richiedevano che fosse fatta vendetta sul figlio rimasto. Ben presto sarebbe rimasta priva di tutti i suoi figli e la linea di suo marito sarebbe stata cancellata.
Il parallelo con Davide non era completo perché nella storia della vedova il primo figlio aveva colpito l’altro in una lite mentre Absalom aveva ucciso Amnon premeditatamente. Questo è il motivo per cui la vedova non si accontentò della promessa di Davide che non sarebbe stato fatto del male a suo figlio ma lo fece giurare a Davide. Solo dopo che aveva giurato ella rivelò le sue reali intenzioni: Sarebbe Davide stato privato per sempre di ambedue i suoi figli? Il popolo sarebbe stato distrutto dalla sua decisione, disse ella esagerando. Non poteva essere la volontà di Dio.
A questo punto Davide si rese conto che Joab era dietro a tutto questo. Quando glielo chiese, lei lo ammise. Tuttavia Davide si lasciò persuadere da lei e comandò a Joab di riportare indietro Absalom. Sarebbe ritornato a Gerusalemme ma non avrebbe potuto vedere suo padre. Ovviamente Davide non lo aveva perdonato.
Permettere che Absalom ritornasse senza che avesse dimostrato alcuna evidenza di un cambiamento di cuore fu debolezza da parte di Davide. Si era lasciato convincere troppo facilmente dal ragionamento della donna perché nel suo cuore bramava riavere Absalom. Un fattore importante in questa decisione fu che Absalom, per la sua bella presenza, era l’orgoglio e la speranza di suo padre.
Per due anni completi Absalom rimase a Gerusalemme senza vedere suo padre. Poi mandò a chiamare Joab. Voleva chiedergli di mettere una buona parola per lui e favorire una riconciliazione con Davide. La posizione in cui si era venuto a trovare non gli offriva alcuna opportunità di portare a compimento i suoi ambiziosi piani.
Ma Joab non si presentò nonostante le richieste fossero state ripetute. Alla fine Absalom lo costrinse bruciando il suo campo d’orzo. E Joab, su pressione di Absalom andò da Davide per organizzare una riconciliazione. Di nuovo Davide si lasciò persuadere: ricevette Absalom e lo baciò.
Così fu fatta una riconciliazione, ma non per le giuste ragioni. Il cuore di Absalom non era con suo padre perché non era col Signore. Absalom non aveva la fede di suo padre. Davide fu irrimediabilmente debole con questo figlio. Gli occhi del re credente erano accecati. Avrebbe presto scoperto che stava allevandosi una serpe in seno.
La rivolta. Ora Absalom era nella posizione di eseguire il suo piano. Rubò il cuore della gente col suo amore per lo splendore. Si spostava in città con molta pompa e cerimonia. E quando qualcuno veniva al re con un caso da giudicare, Absalom diceva che non si aspettasse di ottenere giustizia dal re e dichiarava giusta la causa di quella persona per vincerne il favore. Era condiscendente e amichevole e non permetteva che alcuno gli si inchinasse.
Con questi mezzi portò il popolo dalla sua parte. Il popolo permise che questo adulatore lo allontanasse dall’unto del Signore, dal suo capo e liberatore. Quanto pochi aprirono gli occhi per fede e riconobbero il comportamento di Absalom per quello che era!
Non appena fu convinto di essere sostenuto dalla maggioranza del popolo Absalom chiese a suo padre il permesso di andare a Hebron, apparentemente per compiere un voto che aveva fatto al Signore mentre era in esilio. Mandò messaggeri per tutto il paese con questa istruzione: quando avessero ricevuto un segnale convenuto dovevano gridare dovunque che Absalom era re in Hebron.
Absalom stesso andò a Hebron con 200 uomini che non conoscevano le sue intenzioni. A quanto pare anche Ahithofel, il consigliere di Davide, era in questo complotto con Absalom perché fu invitato anche lui a Hebron. La rivolta si sparse velocemente e molti seguirono Absalom.
Presto Davide fu avvertito. Fece immediatamente piani per lasciare Gerusalemme. Si rese conto che non avrebbe potuto opporre sufficiente resistenza ad Absalom in quel momento. Absalom avrebbe macellato la gente di Gerusalemme se egli fosse rimasto.
Lasciò Gerusalemme con la sua casa, la sua guardia del corpo e i suoi 600 soldati fedeli. Lasciò indietro solo dieci donne per tenere in ordine il palazzo. Eccolo passare sotto la porta di Gerusalemme, eccolo sentire fino in fondo il giudizio di Dio in questa tornata di eventi. L’unto del Signore fu rigettato dal popolo. Il dolore che questa consapevolezza gli provocava gli spezzò il cuore ma non fu pieno d’amarezza. Conoscendo i propri peccati fu anche capace di perdonare il popolo per lo sbaglio che stava facendo. In fondo era triste perché era il Signore quello rigettato dal popolo nel suo rigetto di Davide come re.
Ad una certa distanza dalla porta della città fece irreggimentare in ordine la gente che lo seguiva. Consigliò ad Ittai, un filisteo che era entrato al suo servizio solo recentemente, di ritornare indietro ma il filisteo non ne volle sapere: insistette nel voler condividere l’incerto destino del re. Con la sua fedeltà svergognò quella del popolo.
Davide e i suoi compagni scesero dal monte e attraversarono il torrente Kidron. Tutti gli Israeliti leali al re che videro la processione piansero a voce alta. Poi Davide ordinò ai sacerdoti Tsadok e Abiathar di tornare indietro con l’arca del Signore. In questo viaggio umiliante, nel quale sentiva su di sé il giudizio del Signore, Davide non osò portare l’arca con sé. “Se trovo favore agli occhi del Signore Egli mi riporterà indietro e mi permetterà di vedere di nuovo sia l’arca sia il tabernacolo. Ma se dice: ‘Non ho piacere in te’, allora faccia di me come gli sembra meglio”. Così Davide si piegò davanti al beneplacito di Dio. Inoltre, il re si mise d’accordo con ambedue i sacerdoti che lo avrebbero tenuto informato sugli eventi a Gerusalemme per mezzo dei loro figli: Ahimaats e Gionathan i quali sarebbero rimasti fuori dalla città.
Davide salì piangendo la strada che porta al Monte degli Olivi. Camminava scalzo e col capo coperto. Tutti quelli che erano con lui piangevano. Ecco Davide che percorre la strada del dolore, la strada del rigetto. Fu rigettato dal popolo nel suo ufficio di unto del Signore. Secoli dopo il grande figlio di Davide avrebbe fatto la stessa strada. Completamente innocente, avrebbe portato i peccati del suo popolo e lo stesso sarebbe stato rigettato dal suo popolo.
Su questa strada di dolore ci fu ancora del conforto per Davide, ma anche molta sofferenza aggiunta. Quando seppe che Ahithofel sosteneva Absalom, pregò il Signore che rendesse vano il consiglio di Ahithofel. Ma fu confortato in qualche modo quando il suo altro consigliere, Hushai, gli venne incontro. Davide lo mandò a Gerusalemme. Avrebbe dovuto fingere di aggregarsi al partito di Absalom e poi fare del suo meglio per vanificare il consiglio di Ahithofel.
Tsiba, che coltivava i campi di Mefibosheth, portò cibo a Davide e calunniò il suo padrone, cercando di creare l’impressione che Mefibosheth sperava di riavere il trono di Saul. Scimei, anch’egli un membro della famiglia di Saul, maledì Davide, gridandogli dietro che questo giudizio gli cadeva addosso perché aveva sterminato la casa di Saul.
Scimei lanciò in aria sassi e polvere, ma Davide stette zitto. Abishai chiese il permesso di uccidere Scimei, ma Davide rifiutò dicendo che era stato Dio a mandare Scimei a maledirlo. Come fu remissivo in queste circostanze in cui il Signore lo stava castigando! Le parole di Scimei erano calunnie, ma Davide doveva affrontare ciò che udiva in quelle calunnie, cioè la punizione di Dio per i suoi peccati. Perciò si sottopose alle frustate della lingua di Scimei.
Quella sera Davide e i suoi uomini erano stanchi quando raggiunsero il campo presso il Giordano ove avevano progettato di fermarsi per la notte. Come bramava Gerusalemme e l’arca del Signore! Ma era come un rigettato. In quanto tale fu un tipo del Signore Gesù Cristo che fu rigettato dal suo popolo.
Il consiglio dell’empio è vanificato. Nel frattempo, Absalom e i suoi uomini erano arrivati a Gerusalemme. Ahithofel dichiarò che Absalom avrebbe dovuto dare spettacolo prendendo pubblicamente come mogli le dieci donne che Davide aveva lasciato indietro. Agli occhi di Davide ciò sarebbe stato un abominio. A quel punto il popolo avrebbe saputo che una riconciliazione tra Absalom e Davide sarebbe stata impossibile e si sarebbe schierato definitivamente con Absalom. In questo crimine di Absalom fu compiuto il giudizio che Nathan aveva pronunciato sul peccato di Davide con Bath-Sheba.
Inoltre. Ahithofel consigliò che fossero immediatamente inviati 12.000 uomini ad attaccare Davide. In questo momento Davide sarebbe stato battuto e stanco e la vittoria sarebbe stata certa. Questo consiglio di Ahithofel era astuto; umanamente parlando un tale attacco avrebbe determinato la fine di Davide.
Ma il Signore ascoltò la preghiera di Davide e rese vano il consiglio di Ahithofel. Hushai si era unito ad Absalom. Al suo arrivo, Absalom fu sorpreso e volle sapere perché un tale amico di Davide fosse venuto dalla sua parte. Hushai ebbe pronta una risposta scaltra: voleva servire colui che il Signore aveva scelto. Con queste parole volle fingere l’opinione che il successo di Absalom dimostrava che era stato scelto dal Signore. Aggiunse: “Come ho servito il padre così servirò il figlio”. Absalom fu totalmente accecato da queste parole e volle sentire anche il parere di Hushai prima di decidere sul suggerimento di Ahithofel.
Hushai aveva visto il pericolo nel consiglio di Ahithofel. Con grande eloquenza cercò di convincere Absalom e i suoi uomini che il suggerimento di Ahithofel era pericoloso. Hushai stesso suggerì che Absalom e i suoi seguaci prendessero il tempo di radunare tutto Israele e poi schiacciassero Davide. Sapeva che questo avrebbe dato a Davide l’opportunità di radunare i propri seguaci. Hushai si era reso conto che non tutti gli israeliti avrebbero seguito Absalom.
La grande eloquenza di Hushai fece una profonda impressione su Absalom e i suoi uomini. Ma era stato il Signore a mettere queste parole sulla bocca di Hushai e far influenzare da esse Absalom e i suoi uomini. Il consiglio di Ahithofel fu scavalcato e per il momento Davide era salvo.
Questa fu una sorprendente tornata di eventi perché la gente diceva spesso che un consiglio di Ahithofel era come la Parola stessa di Dio. Raramente era esistito un uomo dotato come Ahithofel. Egli aveva servito Davide, ma nel servirlo non aveva servito il capo del patto, non aveva servito il Signore. Ahithofel non apparteneva al Cristo. Fu il braccio destro di Davide solo esternamente. La chiamata di Dio di Ahithofel e la sua benignità verso di lui erano focalizzate su Davide: Ahithofel doveva servire Davide. E lo servì, ma non fu mai preso da quella vocazione. Si fidava di se stesso e della propria saggezza.
Ora il Signore vanificò il suo consiglio, infatti Ahithofel aveva preso una posizione definitiva contro il patto del Signore. Il suo rigetto del capo del patto lo aveva reso doppiamente astuto. Ma stava combattendo contro il Signore che lo vinse per mezzo di Hushai. Si rese conto di essere stato sconfitto e che la causa di Absalom era persa. Si era erto contro la grazia del Signore che combatte per il suo popolo. Questa fu la ragione per cui andò a casa sua e s’impiccò. Così l’uomo che si era levato in opposizione alla grazia del Signore e al capo del patto perì.
La vittoria. Per mezzo dei figli dei sacerdoti, Hushai aveva avvertito Davide di non rimanere dov’era quella notte ma di passare il Giordano. Questi messaggeri furono quasi catturati dagli uomini di Absalom ma una donna li salvò nascondendoli in un pozzo. Davide ricevette il messaggio e passò a Manhaim, di là del Giordano. Lì radunò i suoi uomini intorno a sé e lì Absalom mandò il suo esercito contro di lui.
A quanto pare i due eserciti si fronteggiarono in Transgiordano. Successivamente potrebbero aver di nuovo attraversato il Giordano per combattere nei paraggi della foresta di Efraim. L’esercito di Absalom fu sconfitto e Absalom stesso fu ucciso da Joab e dai suoi uomini sebbene Davide avesse dato ordine a Joab e all’esercito di risparmiare la sua vita.
I soldati ammassarono un mucchio di pietre sul cadavere di Absalom come segno della sua vergogna. Quel mucchio di pietre non è da confondersi con il monumento che Absalom aveva in precedenza eretto in proprio onore. I suoi figli erano morti da piccoli; gli era rimasta solo una figlia, Tamar. Era per mezzo di questo monumento che avrebbe voluto che la sua memoria continuasse a vivere in Israele. Ma il suo nome perì nella vergogna perché aveva rigettato il capo del patto e in ultima analisi il Signore stesso.
Joab non osò mandare da Davide il figlio di Tsadok, Ahimaats, con la notizia della sconfitta di Absalom, nonostante Ahimaats avesse richiesto insistentemente il permesso di farlo. Joab conosceva il suo padrone; si rese conto di come Davide avrebbe reagito alla notizia della morte di Absalom. L’amicizia di Ahimaats gli avrebbe fatto sentire maggiormente l’amaro dolore. Perciò Joab mandò qualcun altro. Ma più tardi, dopo essere stato ulteriormente supplicato lasciò andare anche Ahimaats. Ahimaats prese una scorciatoia nella valle del Giordano e arrivò prima dell’altro messaggero. Saggiamente non disse nulla della morte di Absalom. Subito dopo di lui giunse anche l’altro messaggero che informò Davide della fine di Absalom.
Davide era rimasto in attesa di notizie tra la porta interna e quella esterna della città. Ora salì nella sua stanza sopra la porta e si lamentò ad alta voce: “Absalom, figlio mio, oh, Absalom figlio mio. Se solo avessi potuto morire io al tuo posto, Absalom, figlio mio!” Tutto l’esercito era ritornato a salutare il re e a riaccompagnarlo vittorioso a Gerusalemme. Ma invece i soldati dovettero rientrare per la porta quatti quatti.
Qui siamo davanti al vero peccato di Davide. L’azione di Joab fu indubbiamente un atto di disobbedienza. Ma Davide mancò di considerare se stesso il capo del patto e Absalom il trasgressore del patto. Davide si lasciò guidare dal suo egocentrico amore di padre per suo figlio, un figlio con questa bella presenza! Che poca consapevolezza della propria vocazione dimostrò Davide in questa situazione! Avrebbe dovuto essere un tipo del Cristo, ma così spesso non ci arrivò nemmeno vicino. Il Cristo è l’unico per il quale la vita fu semplicemente la ricerca della vocazione di Dio.
Joab affrontò il re in modo duro e sfrontato e lo rimproverò per il suo atteggiamento e lo minacciò perfino di disertarlo e di portarsi via l’esercito. Allora il re si controllò e sedette alla porta della città a salutare l’esercito.
Il ritorno a Gerusalemme. Però, Davide non aveva il pieno controllo di se stesso. La sua vita non era governata completamente dalla consapevolezza della sua chiamata. Questo a volte fece sì che non vedesse la cose chiaramente e che facesse cose irragionevoli.
Dopo la morte di Absalom, il popolo rientrò in sé. Era stato stregato da quel bell’adulatore. Non poteva costituire una scusante, ovviamente. Se, per fede, avessero riconosciuto Davide come l’unto del Signore e il capo del patto non si sarebbero mai infatuati di Absalom. Ora, comunque, si ricordarono la liberazione che il Signore aveva loro concesso per mezzo di Davide e i loro cuori furono di nuovo volti a lui. Ma come vacillavano ancora! Non erano uniti nel loro ritorno a Davide e al Signore con una confessione di colpa. Dibatterono invece i pro e i contro del richiamare Davide come re. Come agirono vergognosamente nei confronti dei loro obblighi pattizi!
Quando Davide lo venne a sapere, decise che doveva agire. Non s’informò della volontà di Dio come aveva fatto nel paese dei filistei prima di diventare re, né aspettò l’opera dello Spirito del Signore. L’effetto di questa mossa affrettata fu di rovinare ciò che stava cominciando a muoversi tra il popolo. Il suo appello a Giuda stimolò il sentimento tribale tra la gente della sua stessa tribù.
Fece anche una promessa ad Amasa, che era stato il comandante in capo di Absalom ed era imparentato con Davide alla lontana, ovvero che sarebbe diventato lui il comandante in capo al posto di Joab. Quello fu un atto di vergognosa infedeltà verso Joab indipendentemente da ciò che Joab avesse fatto di sbagliato o quanto disobbediente o insolente fosse stato. Sarebbe stato meglio se Davide avesse disciplinato Joab non appena aveva commesso i suoi crimini anziché aspettare di ripagarlo in questo modo.
Allora, come un sol uomo, la tribù di Giuda scelse a favore di Davide e gli chiese di ritornare. Tuttavia, questo sviluppo divenne successivamente fonte di sofferenza.
Così Davide cominciò il suo ritorno. Al Giordano Scimei gli andò incontro implorando perdono. Sottolineò di essere stato il primo a venirgli incontro, come se quello fosse garanzia di cambiamento di cuore! Quando il fratello di Joab, Abishai, sollecitò Davide che mettesse a morte Scimei, egli rigettò il suggerimento per una certa ostinatezza contro i figli di sua sorella Tseruiah e risparmiò la vita a Scimei. Forse Abishai aveva un personale desiderio di vendetta, ma effettivamente parlò dell’offesa di Scimei contro l’unto del Signore.
Da parte di Davide c’era una non volontà d’agire a causa della morte di Absalom e della propria debolezza. Disse infatti che gli sembrava come stesse diventando ora re d’Israele per la prima volta. Ma qui era governato dai suoi sentimenti piuttosto che dalla consapevolezza della vocazione del Signore. Il male che Scimei aveva fatto non poteva rimanere impunito. Davide ne era consapevole e istruì il suo successore affinché si assicurasse che fosse fatta giustizia (I Re 2:8-9).
Anche Tsiba, che aveva calunniato il proprio padrone Mafibosheth, venne da Davide al Giordano e così fece lo stesso Mefibosheth. Mefibosheth aveva vissuto facendo cordoglio tutto il tempo in cui Davide era stato bandito da Gerusalemme. Questo fece emergere l’imbroglio di Tsiba. Nondimeno, Mefibosheth disse a Davide di trattarlo come gli fosse sembrato meglio. Davide non ne volle più sapere di questa faccenda e decise che Mefibosheth e Tsiba si sarebbero divisi la terra equamente. Questo non era esercitare la giustizia. In questa faccenda il re si stava sottraendo alla propria responsabilità.
Barzillai, che aveva contribuito al sostegno dell’esercito di Davide oltre il Giordano, accompagnò il re nell’attraversata, ma a motivo della sua vecchiaia rifiutò di andare a Gerusalemme e rimanervi. Sio figlio Kim-Ham andò al suo posto e Davide lo onorò come avrebbe fatto con suo padre.
A Ghilgal, dall’altra sponda del Giordano, tutti gli uomini d’Israele vennero da Davide per riportarlo a Gerusalemme. Espressero la loro ira al re per il fatto che gli uomini di Giuda fossero andati da lui per primi. Dopo tutto, ogni tribù condivideva il re; Davide non era re solo su Giuda. Gli uomini di Giuda risposero che il re era loro parente e che gli si erano avvicinati da soli perché avevano ricevuto dal re speciali favori.
Gli uomini di Giuda risposero con durezza. Davide non seppe cosa fare per placare il diverbio tra fratelli. Era consapevole di averlo provocato lui stesso.
Allora un certo beniaminita di nome Sceba suonò la tromba e dichiarò che gli israeliti non avevano parte alcuna in Davide e avrebbero dovuto ritornare alle loro case. Gli uomini d’Israele fuggirono e seguirono lui disertando di nuovo l’unto del Signore.
Così il popolo commise peccato su peccato. Tuttavia, il Signore non li disertò ma desiderò continuare a benedirli in Davide e nella casa di Davide. Perciò il Signore ristabilì Davide al potere a dispetto dell’infedeltà del popolo.
Davide ritornò finalmente a Gerusalemme. Era stato ristabilito da Dio stesso. Tuttavia, il popolo non era ancora tutto per lui. Più tardi gli israeliti avrebbero dovuto imparare proprio quanto avevano peccato contro il Signore.
A Gerusalemme Davide riportò l’ordine. Le donne che Absalom aveva preso per mogli non furono ristabilite come mogli di Davide. Davide, comunque, provvide per le loro necessità per tutta la loro vita.
Completo ristabilimento. Il re ordinò ad Amasa, l’ex comandante in capo di Absalom, di mobilitare gli uomini di Giuda per combattere contro Sceba per portare di nuovo tutto il popolo sotto il governo del suo re. Nel fare così, Davide stava persistendo nel trattare ingiustamente Joab. Davide avrebbe potuto punire Joab per i suoi crimini, ma metterlo da parte in quel modo era cosa vergognosa da farsi.
Davide non riuscì in questo corso d’azione nei confronti di Joab. A quanto pare gli uomini di Giuda non di fidavano molto di Amasa. In ogni caso, egli non riuscì a radunarli velocemente. Davide temette che questo avrebbe dato a Sceba l’opportunità di rafforzare la propria posizione. Pertanto ordinò al fratello di Joab, Abishai, di inseguire Sceba con tutti i soldati fedeli.
Vicino a Gabaon, Abishai e Joab (che aveva raggiunto il fratello) incontrarono Amasa. Fingendo di volerlo baciare, Joab si avvicinò ad Amasa e lo uccise. Lasciò il corpo a lato della strada e pose qualcuno sul posto per dire agli uomini di seguire Joab e Abishai nella guerra contro Sceba. La gente però si fermava lì. Questo assassinio era troppo anche per loro. Sapevano che la causa del re non sarebbe avanzata con tali mezzi. Così la guardia che era stata posta lì coprì il corpo di Amasa e lo tolse dalla strada. Allora gli uomini seguirono Joab nell’inseguimento di Sceba.
Sceba aveva raffrozato la sua posizione ad Abel di Beth-Maakah. Joab lo raggiunse lì. Ad ogni modo, la guerra civile fu evitata. Una donna saggia accusò Joab di voler distruggere l’eredità del Signore. (Probabilmente Joab aveva già chiesto agli abitanti della città se volevano veramente far causa comune con Sceba.) Su richiesta di Joab, la testa di Sceba gli fu gettata dalle mura. Poi l’esercito ritornò a Gerusalemme e a Joab fu ridata la sua posizione di comandante in capo dell’esercito.
La pace era venuta su Israele di nuovo. Tuttavia non c’era unità interna. Il popolo non aveva confessato il proprio peccato davanti al Signore. Il Signore avrebbe dovuto ancora confrontare gli israeliti con la loro colpa.