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Giudici

1: La terra è del Signore

Giudici 1-5

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Israele era stato chiamato a spazzare via i canaaniti. Il Signore aveva dato la terra di Canaan a Israele cosicché Lui solo sarebbe stato servito in quella terra. Pertanto Canaan rappresenta la terra intera: vi deve essere servito unicamente il Signore. Per ottenere questo risultato, il Signore chiama il suo popolo a ingaggiare senza sosta una guerra spirituale contro qualsiasi cosa contrasti l’onore del suo nome. Sarebbe altrettanto peccaminoso e disobbediente per noi oggi entrare in un accordo spirituale per vivere in pace con le forze dell’incredulità come lo fu per Israele fare un’alleanza con i canaaniti.

Dopo la morte di Giosuè, il desiderio di rinnovare il combattimento con i canaaniti cominciò a montare di nuovo, la tribù di Giuda in particolare fece progressi significativi assistita da Simeone. Ma il desiderio di combattere presto svanì.

Ciò che le tribù temevano particolarmente era fare guerra agli abitanti delle pianure i quali avevano carri di ferro. A volte riuscirono ad assoggettare questi canaaniti tanto da farsi pagare tributi ma non li spazzarono via. La paura, che è sempre l’opposto della fede, li tratteneva dal conflitto.

A causa di questo atteggiamento, le battaglie contro Sisera e i suoi molti carri non avvenne fino a molto tempo dopo. La vittoria su Sisera fu un segno che gli Israeliti non dovevano necessariamente essere dei perdenti anche quando avessero combattuto contro il popolo dei carri. Tutto quello che dovevano fare era credere.

Ora l’Angelo del Signore, il Cristo, pronunciò contro di loro il giudizio: Dio non avrebbe più scacciato i canaaniti davanti a loro. Dovremo stare attenti a non confondere questo giudizio con l’ordinamento divino dei tempi di Giosuè per cui i canaaniti non dovevano essere spazzati via tutto d’un colpo. Al tempo di Giosuè, la ragione per la dilazione fu che in quel modo la terra non sarebbe stata arresa alle forze di devastazione fino al tempo in cui gli israeliti avrebbero potuto popolarla completamente.

Ora, però, il Signore avrebbe risparmiato i canaaniti e questo sarebbe stato per Israele un giudizio e un continuo tormento. Siccome i canaaniti avrebbero continuato ad attaccare gli Israeliti, le generazioni più giovani di Israeliti che non avevano sperimentato la guerra sotto il comando di Giosuè, avrebbero imparato la portata del conflitto, vale a dire che sarebbero giunti a comprendere che i canaaniti e gli altri popoli stranieri si ponevano come nemici. Mediante questa presa di coscienza, la nuova generazione avrebbe imparato di nuovo che Israele apparteneva a Dio. Ci sarebbe stata una benedizione perfino in questo giudizio.

I popoli che erano rimasti in Canaan sarebbero stati una prova per Israele. Per mezzo di quella prova e per mezzo del castigo che risultò dall’infedeltà di Israele, il popolo di Dio sarebbe stato purificato e santificato.

Spesso gli Israeliti si arresero completamente alla tentazione. Fecero alleanze con i canaaniti e si sposarono con loro. Assunsero anche il culto di Baal e di Astarte [1]. La prospettiva degli israeliti infedeli era che ci fossero molti Baal. Il Signore fu ridotto a uno di essi benché il più potente.

Con questa abominazione infransero il patto. Ma il Signore rimase fedele. A dispetto del fatto che Israele trascurasse il proprio dovere, alla fine Egli ripulì Canaan dai suoi nemici e consacrò a sé il paese.

Durante il tempo dei giudici gli israeliti decaddero dal picco spirituale che avevano raggiunto sotto Giosuè. Ora in Israele troviamo fede e incredulità, fedeltà e infedeltà in lotta tra loro. Questo stato di cose durò fino alla riforma sotto Samuele.

          Concetto principale: Il Signore mantiene la sua rivendicazione
                                                  sull’intero paese di Canaan.

          Negligenza peccaminosa. Negli anni che precedettero la morte di Giosuè la guerra contro i canaaniti giunse ad una situazione di stallo. Per alcuni anni Israele aveva goduto la terra che gli era stata data. Quando Giosuè morì, gli israeliti compresero che era loro dovere cancellare i nemici rimasti. Perciò gli anziani si riunirono e chiesero al Signore quale delle tribù avrebbe dovuto cominciare il combattimento e dare l’esempio a tutte le altre.

Non dovrebbe sorprenderci che il Signore abbia indicato Giuda come guida del popolo. Giuda era la tribù regale, la tribù da cui infine un giorno sarebbe nato il Cristo. La tribù di Giuda invitò quella di Simeone ad unirsi in battaglia, il territorio di Simeone si trovava infatti all’interno di quello di Giuda. La tribù di Simeone fu d’accordo.

Ma prima che queste due tribù potessero cominciare a conquistare il paese, uno dei re più potenti che c’erano ancora in Canaan, Adoni-Bezek, re di Bezek, li attaccò. Il Signore lo consegnò nelle loro mani ed essi uccisero 10.000 uomini del suo esercito [2]. Ad Adoni-Bezek tagliarono i pollici e gli alluci. Egli stesso la considerò una retribuzione per ciò che lui aveva fatto a 70 re canaaniti. Tuttavia fu un’azione crudele che il Signore non aveva comandato. Poco dopo Adoni-Bezek morì.

Giuda e Simeone quindi procedettero a catturare la città di Gerusalemme che si trovava sul confine dei territori di Giuda e Beniamino. Lasciarono a Beniamino il compito di ricostruirla e abitarla. Ma i Beniaminiti non ci riuscirono mai e presto i canaaniti ripresero possesso della città e la ricostruirono.

Le tribù di Giuda e Simeone conquistarono molte altre città. Ma mentre rimanevano padroni della situazione nella parte montagnosa non era così nella campagna dove in battaglia i loro nemici usavano carri di ferro. Gli israeliti semplicemente non credevano che il Signore intendesse dare questi nemici nelle loro mani. Avevano paura. Quando abbiamo paura non possiamo avere fede.

Le altre tribù non stavano facendo meglio. Efraim e Manasse riuscirono a prendere Bethel e qualche altra città ma a causa della loro incredulità non riuscirono a scacciare completamente i canaaniti. La sola cosa che riuscirono a fare fu renderli tributari.

Le tribù del Nord (Zabulon, Ascer, Neftali) non ebbero maggior successo. La tribù di Dan fu perfino forzata dagli amorei a rimanere nella parte montagnosa. Efraim e Manasse alla fine riuscirono a porre termine alle vittorie degli amorei.

A causa della loro incredulità gli israeliti lasciarono il paese nelle mani dei canaaniti. Il risultato fu che il culto degli idoli continuò nel paese e gli israeliti vissero in pace con gli adoratori di idoli.

Il Signore aveva dichiarato che in Canaan avrebbe dovuto essere adorato unicamente Lui. Rivendicava per sé l’intero paese proprio come ora rivendica per sé il mondo intero. Non vuole vivere in pace con una incredulità che lo rigetta. Dopo tutto, il Signore Gesù permise che il suo sangue venisse sparso in modo che tutto il mondo fosse consacrato al Signore. La purificazione di Canaan sarebbe stata una prefigurazione di quella totale consacrazione.

Il Signore Gesù non avrebbe forse dovuto dire qualcosa agli israeliti riguardo al loro lasciare il paese nelle mani dei nemici di Dio? È esattamente quello che fece. Apparve loro nella forma in cui era già apparso diverse volte: come l’Angelo del Signore.

Un dato giorno gli anziani del popolo si riunirono insieme a Bokim. Lì l’Angelo del Signore venne ad incontrarli. Venne dalla direzione di Ghilgal, il luogo del primo accampamento degli israeliti dopo che avevano attraversato il Giordano nella loro marcia dentro Canaan. A Ghilgal era stato rinnovato il patto ed era stato lì che l’Angelo del Signore aveva promesso di consegnare Gerico (la chiave dell’intero paese di Canaan) nelle mani degli israeliti. Aveva anche promesso che Lui e i suoi angeli avrebbero combattuto fianco a fianco con gli israeliti.

Che intima comunione c’era stata tra Dio e il suo popolo! Ma come s’era allontanato da Dio Israele da allora! In un senso spirituale Bokim era distante da Ghilgal; per questa ragione l’Angelo del Signore venne loro incontro da Ghilgal: volle rammentare al popolo quell’intimità pattizia di un tempo.

A Bokim rimproverò il popolo per la loro infedeltà nel non aver consacrato l’intero paese. Era quella la ragione per cui il Signore era così adirato con gli israeliti. Ed ora annunciò il giudizio: il Signore non avrebbe più consegnato i loro nemici nelle loro mani. Avrebbe usato i loro stessi peccati per punirli. Da quel momento in poi quei nemici sarebbero stati una continua prova per gli israeliti e una continua tentazione: i canaaniti avrebbero tentato gli israeliti d’unirsi a loro nel loro stile di vita e nel loro culto degli idoli. Pertanto gli israeliti avrebbero dovuto imparare ad essere fedeli mentre immersi nell’infedeltà.

Quando il popolo udì le Parole dell’Angelo del Signore, si misero a piangere e offrirono un sacrificio al Signore come pegno del loro pentimento. Ma il Signore non riconsiderò il suo giudizio. Ora Israele sarebbe stato santificato mediante la tribolazione. Perciò il giudizio fu un giudizio di misericordia, un giudizio in favore del suo popolo. Poiché la gente pianse, il luogo ove si erano radunati fu chiamato Bokim, che significa piangere.

          Alleanze peccaminose. Dopo che Giosuè e l’intera vecchia generazione furono morti, sorse una nuova generazione, una generazione che non aveva sperimentato le guerre del Signore sotto Giosuè. Gli israeliti di questa generazione non consideravano più i canaaniti come nemici perché non riconoscevano più che fossero nemici del Signore. Il risultato fu che non solo fecero un patto con i canaaniti ma perfino si sposarono con loro. Non passò molto tempo che gli israeliti si unirono a loro nel culto degli idoli.

Gli idoli dei canaaniti erano i Baal e le Astarte. In effetti questi idoli non erano niente di più che le forze per mezzo delle quali il Signore operava nella natura ma i canaaniti li consideravano dèi e li adoravano. Noi stessi non siamo molto lontani da tale culto idolatrico se assumiamo che queste forze della natura esistano da sé indipendentemente da Dio che governa tutte le cose.

Il culto degli idoli dei canaaniti era intessuto nel loro intero stile di vita: le loro case, la loro agricoltura, tutte le loro attività. Quando gli israeliti cercarono modi per associarsi ai canaaniti e si avvicinarono a loro, assorbirono i loro culti degli idoli. Il Signore era ancora il loro Dio, ovviamente, ma era uno tra i Baal sebbene il più potente. Che abominazione! Con ciò Israele ruppe il patto in cui solo il Signore è Dio. Se il Signore non fosse rimasto fedele che ne sarebbe stato di Israele? Nella sua grazia, che è ottenuta per noi mediante il Cristo, egli è in grado ogni volta di avere la vittoria sul peccato.

Il Signore lo dimostrò ai giorni dei Giudici. A causa dei peccati del suo popolo egli li fece cadere nelle mani dei loro nemici. Anche così il suo proposito era di misericordia: non li fece ritornare a Lui. Quando gridavano a Lui mandava loro dei giudici mediante i quali dava loro liberazione dai loro nemici.

Questi giudici erano capi che ripristinavano le rivendicazioni del Signore sul suo popolo. Sottoponevano di nuovo Israele a quelle rivendicazioni. Mantenevano inoltre la giustizia di Dio nei confronti dei canaaniti. Per odio verso il Signore i canaaniti avevano attaccato il suo popolo. Che il suo popolo fosse libero di servirlo e non di servire i canaaniti era la giusta richiesta del Signore. Dopo tutto li aveva condotti in Canaan per quello scopo.

Ma ora, secondo la Parola dell’Angelo del Signore a Bokim, quei nemici sarebbero rimasti in Canaan in modo che la nuova generazione imparasse una lezione dai loro attacchi, ovvero che i canaaniti erano effettivamente dei nemici degli israeliti e del Signore. La nuova generazione avrebbe quindi perso ogni desiderio di commistione coi canaaniti.

In questo modo il Signore mantenne la sua rivendicazione sul suo popolo. A causa dell’infedeltà di Israele per il momento lasciò i nemici nel paese. Un giorno avrebbe purificato completamente il paese da questi nemici.

Mantenne la sua rivendicazione sul popolo e il paese specialmente mediante i giudici. I giudici erano solo esseri umani e il tempo del loro giudicare non durava molto. Perciò un giudice succedeva ad un altro. Ma noi abbiamo un Giudice mediante il quale il Signore non arrende mai le sue rivendicazioni sul suo popolo e sulla terra intera, quel Giudice è il Cristo.

          I primi giudici. Il Signore permise che il suo popolo cadesse nelle mani di Cusan-Risataim, re di Mesopotamia che a quanto pare aveva soggiogato diverse nazioni ed era il capo della potenza mondiale di quel tempo. Questo re oppresse Israele per otto anni. Poi gli israeliti gridarono al Signore. Dopo tutto era un disonore per il suo nome se il suo popolo non viveva in libertà. Il Signore diede loro un liberatore: Otniel, il fratello minore di Caleb. (Otneil era l’uomo che in precedenza aveva conquistato Debir.)

Lo Spirito del Signore venne su Otniel; ciò significa che lo Spirito del Dio del patto aprì il suo cuore di modo che avesse fede nella Parola del Signore e nella sua promessa pattizia. Per fede in quella promessa Otniel avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. Sconfisse il tiranno straniero e per 40 anni Israele ebbe pace.

La fede generata dallo Spirito del Signore aveva prodotto la vittoria. Anche il Signore Gesù Cristo, di cui Otniel fu un tipo, visse per fede mediante lo Spirito santo e divenne vittorioso. Egli desidera darci fede mediante il suo Spirito, una fede per la quale anche noi possiamo fare qualsiasi cosa.

Il risultato della vittoria di Otniel fu che il paese si riposò per 40 anni. Ma non ci fu durevole ritorno al Signore, né il popolo pose fine ai suoi rapporti con i canaaniti. Perciò il Signore, fedele alla sua parola, diede autorità su Israele ad Eglon, re dei moabiti.

Mentre il precedente oppressore era venuto dal Nord, questo venne da oriente. Fece un’alleanza con gli ammoniti e gli amalekiti, si sottopose la transgiordania, si spinse dentro al paese attraversando il Giordano e prese possesso di Gerico, che non era più stata fortificata, e da lì dominava la parte centrale del paese.

Quest’oppressione durò diciotto anni. Durante quel periodo gli israeliti impararono di nuovo a gridare al Signore. Videro che gli altri popoli del paese erano effettivamente nemici di Dio e anche loro. Allora il Signore fece sorgere  un liberatore: Ehud, un beniaminita.

Ehud trattò Eglon come un nemico e perciò ruppe tutti i rapporti tra i moabiti e gli israeliti. Nel nome del Signore dichiarò nuovamente guerra. Ma non tutti i mezzi sono permessi contro un nemico, nemmeno contro un nemico del Signore. Ehud lo dimenticò.

Al tempo gli israeliti erano sottoposti ai moabiti. Erano stati costretti ad accettare un trattato pattizio per il quale pagavano loro le tasse. Ehud, con una delegazione del popolo, portò il denaro delle tasse a Eglon a Gerico. Quivi assassinò Eglon e riuscì perfino a scappare. Fuggi in territorio di Efraim e lì chiamo a raccolta il popolo con la tromba. Dichiarò che Israele e Moab erano ora diventati nemici e che il Signore aveva consegnato i nemici d’Israele nelle loro mani proprio come lui, Ehud, era riuscito ad uccidere Eglon.

Gli Israeliti catturarono i guadi lungo il Giordano e uccisero 10.000 dei moabiti. In questo modo Israele riconquistò la sua precedente autorità su Moab. Se solo il popolo di Dio avesse fede avrebbe sempre la forza di cui ha bisogno. Dopo di ciò ci fu riposo per Israele per 80 anni.

Dopo quel periodo di 80 anni il popolo fu minacciato da occidente dai filistei. Samgar attaccò i filistei e ne uccise 600 con un pungolo da buoi. A quanto pare afferrò il primo oggetto letale su cui potè mettere mano. Era tutto ciò di cui aveva bisogno per trattare coi nemici del Signore. Per mezzo di quell’arma espresse il suo disprezzo per loro. Israele era diventato forte di nuovo, più forte dei suoi nemici.

          Come il sole quando si leva. Dopo il periodo di Ehud, gli israeliti di nuovo non riconobbero di essere il popolo del Signore, chiamati e separati. Nè compresero il comando del Signore di non tollerare i canaaniti. Permisero pacificamente che ricostruissero la città di Hazor, che era stata ridotta in cenere da Giosuè, perchè Jabin, il re di Hazor, era diventato il capo dei re del Nord che avevano formato un’alleanza contro Israele.

Ma Canaan era la santa eredità. Perciò il Signore castigò Israele facendo sorgere un altro Jabin su Hazor. Questo nuovo re oppresse gli israeliti. Non osavano alzare un dito contro Jabin perché Sisera, il comandante del suo esercito, aveva 900 carri a sua disposizione. Gli Israeliti avevano talmente paura di Jabin che non osavano usare le normali strade per andare di città in città ma utilizzavano percorsi segreti.

Che cosa era rimasto dell’onore di Israele? Il nome e il favore del Signore, la Luce di Israele, furono grandemente oscurati. Alla fine il popolo gridò al Signore che aveva loro voltato le spalle e lo sapevano.

Questa oppressione ebbe luogo nel Nord e coinvolgeva specialmente le tribù di Zabulon e Neftali. Nella parte centrale del paese viveva una donna giudice, Debora, che aveva ripristinato la legge del Signore a un posto d’onore tra il popolo. Lo zelo degli uomini d’Israele ristagnava ed essi cercavano d’associarsi con i canaaniti. Ora il signore li mise alla gogna collocando una donna a giudice d’Israele.

Debora era anche profetessa. Nel nome del Signore comandò a Barak, un uomo dell’oppressa tribù di Neftali, d’andare sul monte Tabor con 10.000 uomini. Lì il Signore avrebbe consegnato Sisera nelle sue mani. Ma Barak pensò ai carri di ferro di Sisera ed ebbe timore di eseguire quell’ordine a meno che Debora andasse con lui. È comprensibile che fosse desideroso d’avere Debora con sé e di conseguenza la Parola del Signore. Ma fare della sua presenza una condizione per obbedire era incredulità. Debora andò. Era evidente che nella sua fede la donna era più forte degli uomini. Questo fu simboleggiato anche nella profezia che Sisera non sarebbe stato ucciso da un uomo ma da una donna.

Secondo il comando, Barak radunò 10.000 uomini di Neftali e Zabulon e andò con loro al monte Tabor. Questa montagna si ergeva tutta sola in un’ampia pianura, per Sisera un terreno meraviglioso in cui utilizzare la potenza dei suoi carri. Sisera avanzò. Quando Barak fosse sceso dal monte sarebbe stato fatto a pezzi.

Ciò di cui Sisera non si rese conto fu che era stato attirato nella pianura attorno al Tabor dal Signore stesso.  Al comando di Debora Barak attaccò Siserra dal monte, come provenisse dalla vera presenza di Dio. Il Signore sconvolse l’esercito di Sisera con un segno straordinario della natura. Perciò gli israeliti non dovettero combattere per la vittoria; tutto ciò che dovettero fare fu inseguire gli uomini in fuga.

Su invito di Barak altre tribù si unirono alla battaglia. Ora i fedeli tra tutto Israele inseguirono il nemico. Che potevano significare quei terribili carri per il Signore e per quelli che credevano? In quell’inseguimento, la Luce, l’onore d’Israele si alzò di nuovo sopra Israele. Nella vittoria gli israeliti riconobbero di essere effettivamente il popolo che godeva il favore di Dio.

Sisera saltò giù dal carro nel tentativo di facilitare la propria fuga. Un uomo di nome Eber aveva piantato la sua tenda nella zona in cui Sisera scappò. Eber era un keneo ed era pertanto un discendente di Hobab, il cognato di Mosè. I kenei in realtà vivevano più a Sud, ma Eber era venuto a dimorare più a Nord. Viveva in pace con Jabin, il nemico d’Israele, e non era estraneo a Sisera. Nella sua tenda Sisera sperò di trovare rifugio.

Eber, perciò, non condivideva in pieno il destino di Isarele. Ma sua moglie Jael apparteneva con tutto il suo cuore al Dio d’Israele. Mentre la battaglia proseguiva ella stette all’entrata della sua tenda. Bruciava dal desiderio di sapere qualche notizia della vittoria del popolo del Signore. Poi vide Sisera arrivare di corsa. Comprese immediatamente che il Signore aveva dato Sisera e il suo esercito nella mani d’Israele. Improvvisamente anch’ella sentì il desiderio di combattere per il Dio d’Israele.

Invitò Sisera nella sua tenda. Quand’egli le chiese dell’acqua da bere gli diede del latte e lo coprì con una coperta. Su sua richiesta stette all’ingresso della tenda per riferire che dentro non c’era nessuno. Ma quand’egli s’addormentò ella lo uccise piantando nella sua tempia un paletto da tenda. Fu guidata dallo zelo del Dio d’Israele, benché il modo in cui combatté non sia difendibile.

Barak, che stava inseguendo Sisera, trovò che il suo nemico era stato ucciso dalla mano di una donna, proprio come aveva profetizzato Debora. Gli israeliti presero sempre di più il sopravvento su Jabin finché lo spazzarono via.

Debora e Barak cantarono un cantico su questa battaglia. Deborà lodò il Signore che nella sua fedeltà era nuovamente venuto a Israele proprio come un tempo era venuto in gloria sul monte Sinai. In questo cantico ella giudicò le tribù d’Israele: lodò le tribù fedeli di Neftali, Zabulon, e Issacar dal Nord di Efraim, dal centro del paese Manasse e Beniamino e rimproverò le tribù infedeli. Ruben aveva fatto molti piani di la del Giordano, ma non aveva fatto nulla per mandarli ad effetto; amava il suo riposo. Dan e Asher erano rimasti presso le loro rive del mare. Nel nome dell’Angelo del Signore maledì quelli che non avevano collaborato nell’inseguimento dei nemici, neppure quando la vittoria era già assicurata. Poi descrisse la costernazione e la confusione nei ranghi dei nemici d’Israele.

Per certo la luce del nome del favore di Dio s’erano levati di nuovo sopra Israele. Ancora una volta divenne evidente che gli israeliti erano il popolo in mezzo al quale Dio dimorava nel Cristo, cioè nell’Angelo del Signore. Poiché il Cristo è sempre vittorioso, quelli che credono in lui un giorno saranno vittoriosi per l’eternità. Perciò Debora terminò il suo cantico con queste parole: “Quelli che ti amano siano come il sole, quando si leva in tutta la sua forza!”. Poi il paese ebbe riposo per quarant’anni.

Note:

1  Astarte è la forma linguistica greca. In alcune traduzioni della Bibbia è usata la forma ebraica Ascerah (plurale: Ascerim). La forma ebraica di questo nome può essere fuorviante perché a volte è usata anche in riferimento ad oggetti di culto. La dea Astarte è occasinalmente menzionata anche come Ashtoreth (plurale: Ashtaroth). La ND registra che Salomone adorava Ashtoreth, mentre la NR usa il nome Astarte.

2  Lungo tutto il libro di Giudici e altrove nel Vecchio Testamento, incontriamo questi numeri tondi che rappresentano la quantità di soldati di un esercito o gli uomini uccisi in una data battaglia. Quando consideriamo il loro importo dobbiamo ricordare che l’ebraico del Vecchio Testamento usava parole come numeri e non sviluppò mai un sistema di simboli o caratteri che rappresentasse i numeri. La parola ebraica per mille (eleph) può essere usata anche per fare riferimento ad una divisione dell’esercito o perfino a una famiglia. Gedeone dichiarò: “Il mio clan (eleph) è il più piccolo in manasse. (Gc. 6:15). Pertanto non possiamo essere sicuri che questi riferimenti a “migliaia” siano da comprendersi come migliaia numeriche.


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