Numeri 12
Mosè, il mediatore per chiamata di Dio, visse in obbedienza e fedeltà alla vocazione che dominò la sua vita. Nella sua vita non ci fu egoismo, nessun tentativo di prendersi più di quanto Dio gli avesse dato. Era consapevole che nel Regno di Dio nessuno si prende onore da se stesso (Eb. 5:4).
Miriam e Aaronne, invece, vollero più di quanto Dio avesse dato loro. La gelosia nei confronti di Mosè non spiega ciò che fecero. Piuttosto, ciò che vediamo qui è il peccato di spiritualismo e fanatismo. Evidenziarono che anche loro possedevano lo Spirito di profezia. In un orgoglio che era tutt’altro che spirituale, si lasciarono condizionare dalla loro consapevolezza di possedere una posizione di privilegio e rifiutarono di sottomettersi alla vocazione di Dio nelle loro attività profetiche. Il peccato di spiritualismo è sempre così: si sgancia dalla Parola che ha dato la chiamata e va in cerca di un onore a cui non ha legittimo diritto.
La punizione di Miriam fu correlata al suo peccato: colei che aveva vantato un’ordinazione, una unzione da parte dello Spirito santo, fu profanata e disonorata in Israele. L’ira che Dio diresse contro quell’empio spiritualismo fu da paura. Fu come se il padre celeste di Miriam le avesse sputato in faccia.
Miriam fu punita ma Aaronne no. La probabile ragione è che l’orgoglio cominciò con Miriam. Nel suo orgoglio spiritualista disprezzò la donna Etiope che Mosè aveva sposato. Non si sa se Sefora fosse già morta, né è registrato come Mosè abbia conosciuto questa moglie etiope. Sarebbe potuta appartenere alle tribù Camite che vivevano vita nomadica nel deserto del Sinai o al popolo misto che aveva lasciato l’Egitto assieme agli Israeliti. Comunque fosse, ella era al di sotto del livello spirituale di Miriam e Aaronne. A quanto pare un tale orgoglio era sconosciuto a Mosè, egli infatti contrasse matrimonio con una donna non-israelita, un’unione che non era proibita dalla legge.
Concetto principale: Colui che Dio chiama è fedele.
Orgoglio non spirituale. Da Kibroth-Hattavah gli Israeliti si spostarono ad Hatseroth, una nuova tappa nel deserto di Paran. Qui si scatenò un litigio tra tra Miriam e Aaronne da una parte e Mosè dall’altra — una frattura nella famiglia alla guida di Israele. Da un lato c’era il Mediatore, dall’altro il sommo sacerdote e la profetessa.
A quanto pare l’insoddisfazione di Miriam si era accumulata per molto tempo. Non era forse profetessa? Non aveva forse guidato le donne d’Israele nella lode del Signore sulla rive del Mar Rosso? E il Signore non aveva forse parlato per mezzo suo come per mezzo di Mosè? Ma non aveva mai ricevuto il giusto riconoscimento; era sempre rimasta subordinata a Mosè. Un profeta o una profetessa dovrebbe avere un rango superiore a tutto e a tutti!
Che idea sconsiderata da parte di Miriam! Un profeta non deve mai vantarsi di ciò che ha ricevuto dal Signore. Ed è profeta solo in virtù della chiamata che ha ricevuta dal Signore. Un profeta deve necessariamente essere sempre completamente sottoposto alla Parola di Dio che lo ha chiamato. Mosè desiderava dire solo quello che il Signore lo chiamava a dire ma Miriam voleva andare oltre questi limiti.
Ciò che stava fermentando in lei venne a galla quando Mosè prese un’etiope per moglie, una donna non d’Israele ma della linea di Cam. Ciò era permesso dalla legge. Solo il matrimonio con una Canaanita era proibito. Mosè, il mediatore, non disprezzava i pagani e non vedeva disonore in una tale alleanza se il pagano fosse divenuto un credente nel Signore. In tal caso la persona sarebbe stata ricevuta dentro Israele per la sua fede e a motivo dell’alleanza matrimoniale. Neppure il nostro Mediatore Gesù Cristo disprezza i pagani. Anzi li santifica facendo loro riconoscere il Patto del Signore col suo popolo. Ma Miriam, che era orgogliosa del suo dono, pensò che questo matrimonio fosse ben al di sotto della posizione spirituale della sua famiglia. Perciò disprezzò quella donna straniera.
Espresse il suo malcontento a suo fratello Aaronne, un rammollito che diede ascolto a ciò che aveva da dire proprio come aveva dato ascolto alla voce del popolo durante l’assenza di Mosè. Quando Aaronne esitò, ella replicò: “ma non sei tu che porti il pettorale con dentro l’Urim e il Thummim mediante i quali il Signore parla? E non sono io profetessa? Mosè non è il solo mediante il quale Dio parla”. In questo modo vinse la resistenza di Aaronne e lo volse contro il proprio fratello.
Andarono insieme da Mosè e lo rimproverarono per il suo matrimonio. Quando Mosè cercò di giustificarsi dicendo che non era contrario alla Parola di Dio, si ribellarono apertamente. Non avevano anch’essi lo Spirito del Signore? Non conoscevano anch’essi la mente del Signore — forse a volte anche meglio di Mosè?
Ecco la differenza: Miriam e Aaronne divinavano dai loro cuori, dai loro orgogliosi pensieri, ciò che la mente del Signore avrebbe potuto essere, mentre Mosè semplicemente chiedeva cosa il Signore avesse detto. L’intera vita di servizio di Dio era controllata dalla Parola del Signore. È così facile diventare superbi quando crediamo di sapere qualche cosa. A quel punto gettiamo da parte la legge del Signore e disprezziamo chiunque non sappia ciò che noi crediamo di sapere.
Fedele in tutta la casa di Dio. Di nuovo leggiamo che Dio prese nota di ciò che stava accadendo. Vide l’orgoglio di Miriam e di Aaronne e lo maledì. Poche cose sono abominevoli per il Signore come le persone che si vantano dei doni dello Spirito santo e ne fanno cattivo uso. Questa è la ragione per cui il Signore intervenne improvvisamente. Convocò Mosè, Aaronne e Miriam all’ingresso della tenda di convegno e lì apparve loro. Ad Aaronne e Miriam fu chiesto di fare un passo avanti. Poi disse loro: “Un profeta non deve mai profetizzare dal proprio cuore o dai propri pensieri. Un profeta non deve mai dire altro che quello che io gli rivelo. Di fatto, un profeta dipende completamente dalla mia parola: ciò che deve dire gli sarà fatto sapere in un sogno o una visione. Mosè vive solo per la mia Parola che lo possiede e lo guida. Perciò egli è fedele in tutta la mia casa, nel mio servizio in mezzo al mio popolo. E a motivo di questa fedeltà io gli parlo faccia a faccia; egli vede la sembianza del Signore, una forma della mia gloria. Ode e vede ciò che nessun uomo ha ancora udito o visto. Perché dunque vi siete sollevati contro di lui?”
Che grande onore Dio conferì a Mosè! Egli ricevette questo onore solamente perché si era sottoposto alla Parola del Signore. A causa di questa sottomissione, egli fu fedele in ogni cosa. Fu un fedele servitore nella casa del suo Signore, ovvero in Israele, in mezzo al popolo del Signore.
Mosè è superato dal nostro Signore Gesù Cristo, il quale fece solamente ciò che Dio gli aveva comandato. Egli non fu un servitore nella casa del suo Signore: egli fu un figlio posto sopra la casa di suo Padre — casa che è anche la sua — perché il popolo di Dio è anche il suo popolo (cfr. Eb. 3:1-6 con Nu. 12:6-7).
Quanto spesso pensiamo del nostro fedele Mediatore? In contrasto con tutti gli errori che noi facciamo e a tutto il nostro orgoglio, Egli non va mai contro la volontà del Padre. Il Mediatore è il nostro garante davanti al Padre.
Svergognata per il suo peccato. Adirato il Signore se ne andò e la nuvola si sollevò da sopra la tenda. In questo modo il Signore rese manifesto che l’orgoglio terreno di Miriam e Aaronne era per Lui un abominio. Quando Aaronne guardò Miriam, vide che era lebbrosa, bianca come la neve.
Che vergogna! La profetessa che era consacrata al Signore era ora dissacrata, contaminata. Avrebbe dovuto essere bandita dalla comunità. Aaronne fu profondamente scosso e disse a Mosè: “Abbiamo agito stoltamente, non permettere che il nostro peccato sia visitato su di lei con tale severa punizione”.
Con quanta mitezza Mosè aveva sopportato la loro iniziale ribellione! Benché non fosse stato offeso personalmente, aveva chiaramente visto che Miriam e Aaronne si stavano ribellando a Dio. Era una questione della loro vita in relazione al Signore. Pertanto Mosè potè ora pregare il Signore da parte di sua sorella: “Guariscila, Signore, te ne prego”.
Anche il nostro Mediatore prega per noi, anche dopo i nostri peccati più odiosi. Vede che stiamo peccando contro Dio. Mosè dovette basare la sua supplica sul sangue che un giorno sarebbe stato sparso, ma il nostro Mediatore può esibire il proprio sangue che è già stato sparso per noi.
Il Signore volle ascoltare il mediatore Mosè, ma Miriam avrebbe dovuto portare la sua punizione per sette giorni. Se suo padre le aveva sputato in faccia perché si era comportata male nei suoi confronti, avrebbe dovuto portare la sua vergogna per sette giorni. Ora che Dio aveva fatto sapere che il suo orgoglio era per Lui un’abominazione, lei avrebbe dovuto vivere fuori dal campo sette giorni come lebbrosa.
Il popolo rimase ad Hatseroth sette giorni aspettando che Miriam guarisse e fosse di nuovo ammessa. Fortunatamente, la vergogna della nostra infedeltà e la maledizione sul nostro orgoglio sono state rimosse dalla fedeltà del nostro Mediatore. Per questa ragione Miriam potè essere guarita e accettata di nuovo, e questa è la ragione per cui i peccatori sono accettati ora.